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Autore: koorime    02/11/2014    1 recensioni
A un anno dalla sparizione della Nogistune e della fine definitiva di Kate 2.0, il branco si ritrova a dover affrontare una nuova emergenza: qualcosa blocca Derek e Malia nelle loro forme animali e proprio quando gli omicidi rituali ricominciano.
(Partecipa alla I edizione del Big Bang Teen Wolf Italia)
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Titolo:  Beyond the wolf
Fandom: Teen Wolf
Pairing/Personaggi: Sterek ( ♥ ) ,  stiles/OMC, Scott McCall, Sceriffo Stilinski, un po’ tutti
Rating: R
Charapter: 4/8
Beta: Nykyo
Genere: future!fic a partire dalla 3B, circa
Warning: slash stuff, magical stuff, avventura, azione, one side!Derek, pomiciamento più o meno spinto.
Summary: A un anno dalla sparizione della Nogistune e della fine definitiva di Kate 2.0, il branco si ritrova a dover affrontare una nuova emergenza: qualcosa blocca Derek e Malia nelle loro forme animali e proprio quando gli omicidi rituali ricominciano.
Note: Questa storia è stata scritta durante la pausa tra la 3B e la 4 stagione e durante la 4 stagione, ma prende una discreta distanza dagli avvenimenti di quest'ultima.
È, in pratica, un enorme pov Derek, ed è nata per prendere in giro un'amica e il suo odio per le tirate chilometriche sugli occhi che ogni tanto si trovano in certe fic. Quindi, lasciatemela dedicare a Nadia: è stato divertentissimo vedere come da una sciocchezza sia nata una storia che mi ha accompagnato per mesi, mi ha fatta dannare e mandare al diavolo la stupidità di Derek
La storia, inoltre, partecipa alla prima edizione del Teen Wolf Big Bang Italia e si avvale, quindi, di gift bellerrimi da parte di due fanciulle adorabili. Lasciatemi quindi ringraziare dal più profondo del cuore AlexCoffeegirl per questa bellissima art e Phoenix Bellamy per questa bellezza di fanmix  Sono state bravissime e le devo un grazie dal cuore per aver scelto la mia storia e fattomi emozionare con i loro lavori
And last but not least, fatemi dare un grosso bacio e dire un enorme grazie a Nykyo per aver betato e seguito questa storia con amore e attenzione

DISCLAIMER: vorrei tanto possedere Derek, ma no, né lui né nessun altro mi appartiene .__. Neanche Stiles, no *sigh*

 

 

 

 

 

Quando si era reso conto che le cose erano cambiate, era ormai troppo tardi. Era da tempo che Derek riteneva Stiles qualcosa in più di un amico, parte integrante del branco, la cosa più vicina alla famiglia che potesse avere, insieme a Scott, Isaac e Cora. Era per questo che era sempre stato restio a eliminare la nogitsune uccidendo lui. Stiles era un bravo ragazzo, un innocente e l’aveva salvato più volte di quante preferisse contare – in più modi di quanto fosse naturale. Stiles non meritava la morte, come non meritava la sofferenza e la devastazione che la nogitsune aveva fatto della sua mente e del suo corpo.

Derek aveva accolto la sua nuova àncora quasi con gratitudine. Avere un branco, sapere di far parte di qualcosa di così forte e profondo, era stato quasi liberatorio una volta beta. Si era riscoperto più forte, più equilibrato, più sereno – una bella novità, dopo gli anni di solitudine e di rabbia repressa. Sentiva ancora la necessità di doversi addossare le responsabilità del branco e della difesa di Beacon Hills, ma aveva imparato che esistevano altre vie per fare ciò che desiderava e che aiutare Scott a sfruttare il suo potenziale era l’opzione migliore per tutti. Erano un branco strano, una sorta di amalgama di umani e lupi, con perfino una spruzzatina di banshee a condire il tutto, ma erano forti e stabili, come lo era stata la sua famiglia quando sua madre era stata Alpha. E tutto, strano a dirsi, era cominciato con Stiles.

Perché nonostante fosse Scott l’Alpha, nonostante fosse Scott quello che faceva la differenza, era stato Stiles a dimostrare a Derek che essere umani non significava, per forza, essere deboli e indifesi, che, anzi, spesso, essere umani era la più grande forza che si potesse possedere.

Stiles non si era mai lamentato, non davvero, neanche quando era in fin di vita, neanche quando il dolore nel suo corpo era diventato insopportabile e la nogitsune lo aveva spaccato in due. Aveva stretto i denti ed era andato avanti, lottando per salvare Lydia e poi chiunque altro, fedele e leale come ogni volta.

Derek, quella volta, era stato poco utile e poco presente, entrambe cose che lo avevano spinto, nei mesi successivi la sconfitta della nogitsune, a tenere un occhio su Stiles e sulla sua ripresa.

Era stato così che aveva scoperto dell’insonnia quasi cronica e degli incubi che lo assalivano quando la stanchezza vinceva e Stiles crollava in coma più che addormentarsi. Era stato così che aveva notato come Stiles evitasse di parlarne, come se non fosse un problema, come se non ci fossero state conseguenze.

Derek gli aveva dato dell’idiota, tra sé e sé, e aveva cominciato a seguirlo più da vicino – e continuava a farlo, a distanza di un anno. Anche in quel caso, con sua sorella seduta sul bordo del letto di Stiles e Stiles che tentava di mantenere il sorriso più innocente del suo repertorio – fallendo miseramente. Cora era arrivata a Beacon Hills quel pomeriggio, dopo aver preso il primo aereo per la California appena conclusa la fallimentare telefonata con Stiles.

«Racconta. O ti obbligherò io a farlo e non ti piacerà» Cora incrociò le braccia sotto il seno e fissò Stiles, che la guardò di rimando. Derek, accucciato tra loro, li osservò dal basso, col muso poggiato sulle zampe.

«Sai già tutto.»

«Non è possibile.»

«Ti dico di sì!» sbottò Stiles, allargando le braccia. Dietro di lui, sulla scrivania, il suo cellulare squillò. Stiles lo ignorò e cominciò a passeggiare avanti e indietro per la stanza, sotto gli occhi attenti degli altri due, passandosi le mani tra i capelli. «Eravamo nel bosco ed è successo. Prima a Malia e poi a Derek, e non ne sappiamo il motivo. Magari c’è qualche incantesimo o wodoo o non lo so, okay? Ci stiamo lavorando» disse d’un fiato, e si morse il labbro inferiore, con nervosismo. Cora lo guardò in silenzio per un lungo momento, quasi soppesandolo, cercando l’agitazione nel battito del suo cuore e nell’irrequietezza delle sue mani.  

Derek borbottò un rimprovero a sua sorella e lei gli lanciò un’occhiata di rimando, più che consapevole di ciò che lui voleva dirgli. Cora alzò gli occhi al cielo, ma non rispose, tornando a concentrarsi su Stiles, che aveva fermato il suo andirivieni ansioso e li fissava, incuriosito dal silenzioso dialogo che stava avvenendo tra loro.

«Tu lo capisci?» domandò, con una punta più che evidente di infantile divertimento. Per quanto fosse maturato, Stiles restava ancora più che facile alle battute sui cani. Soprattutto se riguardavano Derek. Una volta, a casa di Lydia, aveva fissato Derek con grande aspettativa per sapere cosa stesse borbottando Prada nel sonno. Derek gli aveva dato uno scappellotto sulla nuca che, per quanto soddisfacente, non lo aveva fatto desistere dallo stuzzicarlo ancora un altro paio di volte prima che si separassero.

«Vuoi un pugno?» fu la risposta – diplomatica – di Cora che fece arretrare Stiles istintivamente.

«Sei proprio sua sorella» borbottò il ragazzo, e si lasciò ricadere sulla poltroncina. Slittò appena all’indietro e si arrestò contro il bordo della scrivania. «Quindi, resti?» le chiese, battendo ritmicamente con le dita sulle cosce. Il cellulare squillò di nuovo, per avvisare dell’arrivo di un nuovo messaggio, ma anche questo fu ignorato.

«Ovviamente» rispose Cora, inarcando un sopracciglio. «Non andrò da nessuna parte finché non sarò sicura che Derek stia bene» mormorò e Derek si sentì invadere dall’affetto di sua sorella. La raggiunse e si accucciò ai suoi piedi, alzando il viso verso di lei e vedendosi regalare un sorriso quasi impossibile da notare, ma che non fece altro che aumentare la sensazione di calore nel suo stomaco. Era bello averla lì di nuovo.

Ci fu un nuovo squillo del cellulare e Cora inarcò un sopracciglio, voltandosi verso Stiles, che aveva l’aria innocente di chi non sapeva cosa stesse succedendo.

«Non controlli?»

«Non controllo cosa?»

«Il tuo cellulare.»

«No, non è vero.» Neanche volesse smentirlo, il cellulare trillò di nuovo e il sopracciglio di Cora si inarcò ancora di più. Stiles vagò per un lungo istante con gli occhi, quasi non sapesse cosa fare, e ignorò ancora il suo telefono.

Non aveva bisogno di guardare per sapere chi fosse. E lo stesso valeva per Derek. C’era solo una persona che gli scriveva così frequentemente nell’ultimo periodo, ma il perché il quel momento Stiles lo stesse ignorando per Derek era un mistero.

«Puzzi di menzogne» ribatté Cora e Stiles arrossì appena, ma scosse la testa, negando spudoratamente l’evidenza.

«Non so di cosa tu stia...» La frase rimase a metà, interrotta da un sommesso bussare alla porta. Derek scattò col muso verso quest’ultima, annusando l’aria e drizzando le orecchie, consapevole di chi fosse prima ancora che si facesse vedere.

Lucas fece un mezzo passo incerto nella stanza con un sorriso di scuse e Stiles scattò in piedi come una molla.

«Ehi! Ehi… ciao» balbettò, passando lo sguardo dall’ultimo arrivato a Cora, pieno di nervosismo.

«Ciao… disturbo? Eri in ritardo e non rispondevi e… non sarei dovuto venire, vero?» chiese Lucas con un’espressione di scuse. Stiles batté le palpebre, confuso, e aggrottò la fronte, cercando, evidentemente, di fare mente locale.

«Dovevamo vederci per...?»

«Il film... The Maze Runner?» gli ricordò Lucas e Derek sentì più che vedere il ricordo che riaffiorava nella mente di Stiles.

«Il film» ripeté Stiles, contrito. Si passò nervosamente una mano tra i capelli e guardò l’altro dispiaciuto. «Scusa. Ho avuto un contrattempo e… e me ne sono completamente dimenticato.» Si sgonfiò come un palloncino per la mortificazione, ma tutto ciò che ricevette da Lucas fu un sorriso di divertimento, quasi di rassegnazione. Poi Cora si sporse e attirò lo sguardo di Lucas su di lei – e su Derek, ai suoi piedi.

«Il contrattempo, immagino» le chiese, offrendole la mano in segno di saluto.

«Così possiamo dire» rispose lei, rispondendo alla stretta di mano.

«Lucas.»

«Cora.»

Lucas si tirò indietro e guardò Stiles prima di tornare su di lei. «Cora Hale? La sorella di Derek?» le domandò e sia Cora che Derek s’irrigidirono d’istinto. «Sei qui per Mr Fluffy?»

«Mr...»

«Guarda che ora è, Cora. Non avevi quella cosa da fare?» s’intromise Stiles. La prese per le spalle e la spinse di peso fuori la camera, tra le proteste vivide di lei.

Derek sentì sua sorella ringhiottare contro Stiles, che la indirizzava verso le scale e la pregava di non parlare e che poi le avrebbe spiegato tutto ma che ora doveva davvero andare e che si sarebbe preso cura di lui, di Derek e che non doveva preoccuparsi. Cora ringhiò ancora, ma non parlò, quindi Derek la prese come un consenso a stare a quelle stupide regole e prima che se ne rendesse conto, Cora era fuori da casa Stilinski, Stiles era risalito in camera e Derek era chiuso nella stanza con una coppia di adolescenti innamorati.

«Ti ha aperto mio padre?» chiese Stiles, gesticolando verso la porta.

«Non esattamente. Stava uscendo e mi ha lasciato entrare. Ha detto che faceva un salto al market e che potevo salire» Lucas si fece nervoso e incerto. «Non dovevo?»

«Cosa? No! No, sono felice che sia venuto, davvero.» Stiles sorrise e fece un passo verso di lui, con quella timidezza che sembrava coglierlo ogni volta che Lucas era troppo vicino o che le loro mani si toccavano. Derek distolse lo sguardo, ma non poté impedirsi di sentire i loro cuori accelerare e l’emozione invadere l’aria attorno a loro.

«Quindi... tuo padre non c’è?»

«Così sembra.» Risero entrambi, intrecciando le dita. Derek fissò la sua attenzione sulla porta, sul bianco del suo legno, sul riflesso artificiale della maniglia e cercò di chiudere fuori qualunque altra cosa. Come sempre, quando si trattava di Stiles, non servì a molto. «Tornerà presto, è dannatamente abile a tornare nei momenti meno opportuni. Posso raccontarti mille volte in cui ha aspettato l’attimo perfetto per...» Le parole morirono nella gola di Stiles quando Lucas lo spinse sul letto e lo baciò. Derek guardò la finestra e poi la porta. Per un attimo pensò di tentare un salto verso l’albero poco distante dal davanzale, ma lo scartò subito quando notò che, per una volta tanto, la finestra era perfettamente chiusa, con tanto di gancio inserito.

Fece un passo indietro e tornò a concentrarsi sulla porta, chiusa ma possibile da aprire anche in quella forma, ignorando qualunque altra cosa. Stiles, Lucas, non esistevano – bugia, erano più che presenti per i suoi sensi, ma Derek era sempre stato bravo a negare a se stesso la verità, a fingere di non soffrire per qualcosa che invece lo dilaniava dall’interno. L’aveva fatto con Kate e l’incendio, con Jennifer e prima ancora con Paige. Lo faceva ogni volta che si guardava allo specchio e i suoi occhi baluginavano d’azzurro. Poteva negare che il suo passato lo tormentava ancora così come poteva negare che restare lì, in quella stanza, era la tortura peggiore a cui fosse stato sottoposto.

Derek grattò la porta e riuscì a ruotare la maniglia. Uscì dalla stanza quando i sospiri divennero ansiti. Non era così masochista da restare, non quando poteva sentire il morso di gelosia combattere per fargli scoprire i denti e ringhiare. Uscì dalla camera e dalla casa senza pensarci due volte. Essere un lupo – umano o animale che fosse – implicava avere un udito fine e un olfatto fin troppo sviluppato e questo, in determinate situazioni, non giocava a suo vantaggio. Soprattutto se riguardava Stiles.

Per sua fortuna non dovette fermarsi né aspettare, solo scivolare tra le gambe dello sceriffo quando questi entrò dalla porta d’ingresso.

«Ehi, Derek!» lo chiamò, ma lui non si fermò e prese invece a correre lungo la strada, tagliando per scorciatoie adatte alla sua forma. Corse finché non fu certo di non essere seguito – se mai lo fosse stato – e continuò a correre quando seppe di essere ormai vicino alla sua meta. Il loft non aveva mai avuto una serratura che potesse essere chiamata tale, lui non aveva mai creduto di averne necessità – se qualcuno avesse voluto entrare per fargli del male non sarebbe stata certo una serratura a fermalo – ma in quella forma anche così non avrebbe potuto aprirla.

Derek si alzò sulle zampe posteriori e grattò con quelle anteriori contro il metallo pesante, più volte, le orecchie in allerta verso i suoni all’interno, per seguire Cora dal divano alla porta, che tirò di lato, lasciandolo entrare. Lei non disse nulla, lo guardò solamente entrare e annusare l’aria. Derek saltò sul divano e si accucciò, continuando ad ignorare gli occhi di sua sorella su di lui e tutte le domande inespresse che si portavano dietro. Non ne aveva mai parlato con lei, ma Cora sapeva perché era riuscita a leggerglielo nella voce giorno dopo giorno durante le loro telefonate, perché quando erano piccoli e Kate Argent doveva ancora entrare nella sua vita e distruggerla, lei era quella capace di capire cosa fosse successo studiando solo la piega delle sue labbra o la luce nei suoi occhi. Non aveva mai avuto bisogno di altro e neanche i nove anni che li avevano tenuti divisi le avevano strappato via quel potere. A volte Derek lo odiava, altre volte, come in quel caso, lo adorava, perché significava che Cora non avrebbe fatto domande, non finché lui non fosse stato pronto.

Cora si sedette accanto a lui, raccogliendo le gambe al petto, le braccia sulle ginocchia e il mento su di esse.

«Sei un idiota» lo ammonì, allungandogli una grattatina con l’indice sul muso, poco sopra il naso.

Derek sbuffò e, di tutta risposta, le spinse una zampa sulle cosce finché lei non le abbassò entrambe, permettendogli così di appoggiare la testa. Cora arricciò un angolo della bocca e gli accarezzò il pelo morbido sotto l’orecchio, sistemandosi meglio e tirandosi lui più addosso. Derek chiuse gli occhi poco alla volta sotto le sue dita, steso su un fianco, completamente rilassato con le zampe abbandonate di lato.

Il loft era silenzioso e pacifico, e il battito ritmico del cuore di Cora lo cullò, cancellando, almeno in parte, l’angoscia che sentiva.

«Assomigli alla mamma» la sentì mormorare, nel dormiveglia.

 

 

***

Derek tornò alla coscienza con il fragore della porta spalancata, l’odore di Stiles nelle narici e la sua voce nelle orecchie. La sua voce arrabbiata.

«Sei un idiota!» Stiles avanzò a passo di marcia nel loft, verso Derek. Cora, ancora accoccolata sotto di lui, abbassò il libro. «Che diavolo ti è saltato in mente, mh? C’è un darach fuori, Derek. C’è Jennifer lì fuori da qualche parte e tu cosa fai?» Stiles si piantò a pochi passi da lui e gli puntò un dito contro il muso. Derek arretrò appena con la testa, alzando gli occhi per guardarlo in faccia. «Scappa di nuovo e giuro che ti uccido.»

Cora inarcò un sopracciglio, evidentemente perplessa dalla logica dietro quella frase. Derek, invece, sentì una stretta allo stomaco – piacevole, calda, piena della preoccupazione di Stiles. Se fosse stato umano avrebbe dovuto sopprimere un principio di sorriso, perché non avrebbe potuto mostrare all’altro come la sua preoccupazione lo rendesse felice. Ma, probabilmente, se fosse stato umano, Stiles non si sarebbe preoccupato per lui. A ben vedere, se fosse stato umano non sarebbe stato in camera di Stiles mentre lui e Lucas – il suo ragazzo – pomiciavano, non avrebbe sentito l’istinto di ululare premergli nel petto e non sarebbe dovuto scappare.

Solo in quel momento gli tornò in mente Lucas e Derek si chiese dove fosse e perché, effettivamente, Stiles fosse lì al loft.

«Dove hai lasciato il tuo bello?» domandò di punto in bianco Cora, evidentemente arrivando alle sue stesse conclusioni. L’espressione decisa di Stiles vacillò e svanì in una fiammata di rossore che gli incendiò le guance. Abbassò la mano e scrollò le spalle, fingendo di non essere in imbarazzo come se non fosse nella stessa stanza con due licantropi – beh, un licantropo e un lupo.

«Gli ho detto che sarei tornato subito» mugugnò, sviando lo sguardo.

«Quindi... cosa, c’è un adolescente eccitato che ti aspetta in camera?» Cora ghignò, godendosi il suo rossore che, a ogni istante che passava, prendeva possesso anche di fronte e orecchie.

«No, idiota, se n’è tornato a casa!» sbottò e quando sia lei che Derek lo guardarono sorpresi, rifuggì di nuovo il loro sguardo «È normale, no? Non è che può stare ai miei desideri ogni volta. Non vive mica in mia funzione» borbottò. Si mordicchiò il labbro e Derek inclinò la testa di lato, confuso. Che diavolo passava per la testa di quel benedetto ragazzo? Possibile che non si rendesse conto che Lucas era cotto di lui? Possibile che, ancora una volta, non credesse di essere all’altezza dell’altra persona?

Possibile che fosse colpa di Derek?

Il lupo ebbe l’istinto di ululare per lui, di attirare la sua attenzione e di scacciare la tristezza che leggeva sul suo viso facendo qualcosa – qualunque cosa. In quella forma era quasi naturare per lui volersi fare carico della mestizia, soprattutto se riguardava Stiles.

«Tu...» Cora gli mostrò il pugno, minacciosa. «Sei così stupido che mi fai venir voglia di picchiarti!» sbottò e Stiles arretrò di nuovo, a metà tra l’offeso e lo spaventato. Poi si lasciò cadere sul divano, accanto a Derek, che si arricciò maggiormente per lasciargli spazio. Stiles vagò con le dita nel suo pelo folto, lasciandosi andare a un sospiro mesto e Derek non riuscì a trattenere un uggiolio di colpevolezza, perché era a causa sua se Stiles era triste. Era colpa della sua fuga, colpa della sua gelosia se Stiles lo aveva seguito e se Lucas di conseguenza se n’era andato.

«Guarda che non c’entri tu, eh» mormorò Stiles, regalandogli un sorriso morbido. «Sono io che ho dimenticato l’appuntamento e poi l’ho mollato lì da solo per fare altro.»

Se avesse potuto, se solo non fosse stato bloccato in quella forma inutile e limitativa, Derek gli avrebbe detto che non era vero, che lui non aveva colpe, che Lucas avrebbe dovuto aspettarlo, perché è così che si fa quando si è innamorati, si aspetta, anche a discapito dell’amor proprio – non era vero, se fosse stato umano Derek non avrebbe detto nulla del genere. Sarebbe rimasto in silenzio, combattuto tra la voglia di abbracciare Stiles e il desiderio di allontanarlo da sé e di ricacciarlo tra le braccia di un altro uomo, pur di saperlo sano e salvo.

Cora scattò in piedi come una molla, ringhiando. Le dita di Stiles si fermarono a metà di una carezza e il suo sguardo seguì il passo furioso di Cora fino alle scale.

«Che diavolo ti prende, ora? Dove vai?»

«Lontano da qui, prima di prendervi a pugni» sbottò Cora.

Derek incassò il muso tra le zampe e finse di non capire il senso del borbottio di sua sorella su quanto lui e Stiles si meritassero a vicenda.

 

   
 
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