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Autore: GraceElgortBower    02/11/2014    1 recensioni
"Enya ti scongiuro, non farlo" mi implora Nithael.
Mantengo i miei occhi ancorati ai suoi, e riesco a scorgere allo stesso tempo paura e diffidenza, e anche quello che sembra essere dolore. Rimango impietrita.
"Quindi è così che reagisci alla possibilità che io ti tocchi Nithael? Appaio così ripugnante ai tuoi occhi?" chiedo ferita.
"No, tu non capisci. Io sono pericoloso, sono nocivo. Dovrei restare il più lontano possibile da te." mi dice, e io non posso fare a meno di sentirmi una stupida.
"Ho capito Nithael. Se avevi intenzione sin dall'inizio di starmi lontano forse non ti saresti mai dovuto avvicinare." gli rispondo, e nonostante i miei sforzi sento le lacrime pungermi gli occhi, sul punto di fuoriuscire.
Senza lasciargli modo di replicare corro via, il più veloce possibile.
Mi rimane impressa nella mente l'immagine di lui con il volto addolorato, catturata nell'istante prima che mi voltassi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I guess I'll never learn.
 
Tremo.
Sento le coperte attorcigliate alle gambe.
Devo essermi rigirata parecchio nel letto mentre dormivo.
Sono frastornata.
Apro gli occhi e fisso per un momento il soffitto prima di rendermi conto di essere a letto, nella mia camera.
Per un momento ho quasi avuto la sensazione di trovarmi ancora a casa di Nithael, come la mattina precedente.
E purtroppo non riesco ad ignorare il sentimento di delusione che mi si fa strada nello stomaco.
Lo blocco sul nascere, troppo codarda per affrontarlo, e guardo sul telefono per vedere che ore sono.
Sono appena le cinque meno dieci del mattino ed è troppo presto perfino per me.
Mi rimetto di nuovo a letto, con le coperte addosso questa volta e tento di addormentarmi, ma non riesco a smetterla di tremare.
Ho i brividi ed è come se ci fosse una corrente di aria fredda che passa proprio nella mia direzione, ma la finestra della camera è serrata.
Mi guardo in giro non riuscendo a capire da dove provenga quel gelo quando noto la porta del bagno spalancata.
Di solito la chiudo, devo essermene dimenticata.
Mi alzo di malavoglia, metto al piede le pantofole e mi dirigo verso la stanza adiacente.
Mentre entro poggio la mano sulla parete in cerca dell'interruttore, e quando lo trovo accendo la luce nell'abitacolo.
Non appena l'ambiente si illumina vedo la tenda della finestra che soffia contro di me e mi copro il viso con le mani in preda alla paura.
Dopo poco però mi rendo conto che è solo il vento che la fa muovere e ridacchio di me stessa per essermi fatta spaventare così.
Accosto le ante in modo che ancora un filo d'aria riesca a passare e finalmente ritorno a letto.
Mi infilo sotto le coperte e dopo nemmeno cinque minuti prendo di nuovo sonno.

Non riesco a capire dove sono.
Mi sembra di trovarmi in un parco, non lo riconosco ma mi è stranamente familiare.
È chiaramente autunno, infatti gli alberi sono spogli e l'erba è completamente coperta da un tappeto di foglie gialle rosse ed arancioni.
È così bello che sembra una foto, non mi pare reale.
Di fronte a me c'è una panchina in metallo nera, ha un design molto complesso, artistico quasi, tanto che non sono del tutto sicura che ci si possa sedere sopra.
Mi avvicino perchè noto al centro della spalliera una sorta di targhetta anch'essa in metallo con sopra un incisione:
No men is an island.
-M.
Non riesco a capire a cosa possa riferirsi la frase, ma per qualsiasi ragione è come se mi provocasse una marea dentro.
È come se sapessi già il suo significato, ma non riuscissi a ricordarlo.
È come se significasse qualcosa per me, qualcosa di importante.
Improvvisamente i miei pensieri vengono interrotti da una risata fanciullesca e cristallina che si diffonde nell'aria circostante.
In lontananza riesco a vedere due bambini di circa 14- 15 anni che corrono verso di me.
La ragazzina gioca con le foglie, le lancia in aria su di sé e quando le ricadono sopra chiude gli occhi, come se fosse pioggia, e ride.
Il ragazzetto che è con lei invece le gira intorno e la osserva mentre lei ha le palpebre abbassate.
La guarda come se fosse un animale misterioso e sconosciuto di cui avere paura e allo stesso tempo una creatura soprannaturale e mitica, unica.
Ad un certo punto poi, lei apre gli occhi e coglie il ragazzo in fallo mentre la fissa.
Allora inizia a rincorrerlo ridendo, e lui scappa ma continua a guardarsi indietro, verso di lei, come se non volesse toglierle gli occhi di dosso.
A causa della sua distrazione poi il ragazzino cade sul tappeto di foglie, senza farsi male, e lei gli si butta addosso e insieme rotolano sull'erba finché non vengono frenati dal tronco di un albero.
Mentre io sono intenta ad osservarli qualcosa di inaspettato succede.
I contorni del parco, quasi come fossero i margini di una foto, cominciano a prendere fuoco, e tutto attorno inizia a diventare rosso, arancione e giallo, ma non quello delle foglie, non quello dell'autunno bensì quello delle fiamme che divampano e divorano tutto.
Grido, mi agito e tento di attirare l'attenzione dei due ragazzi affinché si mettano in salvo.
Ma loro sono distratti, si guardano negli occhi e ridono senza rendersi conto del caos intorno a loro.
È come se fossero immersi in una bolla che gli impedisce di reagire a ciò che li circonda, eppure questa non li salva dal calore e dal fumo.
Come il resto del parco anche loro finiscono in fiamme.
E il sogno diventa cenere.


Mi sveglio di soprassalto, turbata come non mai e completamente fradicia di sudore.
Rimango seduta sul letto per qualche minuto in modo da riprendere fiato e poi mi alzo.
Un altro incubo, nel giro di tre notti.
Non riesco a capire cosa possa essere il motivo di tutti questi cattivi sogni, e sinceramente mi rifiuto di starmene qui ad analizzare qualsiasi dettaglio che possa aver indotto la mia psiche a generare panorami del genere.
Ho già parecchi problemi da affrontare senza che vi si aggiunga la preoccupazione per il mio inconscio, il quale ha chiaramente deciso di torturarmi senza nessun motivo apparente.
Non mi fermo nemmeno a metabolizzare il sogno e mi butto direttamente nella doccia, per lavare via il freddo, il sudore, il turbamento e l'ansia.

Una volta uscita, ancora gocciolante e avvolta dall'asciugamano, do un'occhiata all'orologio per rendermi conto di quanto tempo mi rimane di questa mattinata.
Sono le undici meno cinque.
Questo significa che da quando mi sono svegliata durante la notte ho dormito altre sei ore all'incirca.
Mentre rifletto su quanto mi faccia male dormire troppo mi ricordo improvvisamente che ieri sera stavo parlando con Onika e che aspetto ancora una riposta da lei.
Vado velocemente accanto al letto dove ho lasciato il telefono e mi accorgo che non c'è ancora nessun messaggio da parte sua, allora inizio a preoccuparmi sul serio.
È già mattina inoltrata e non è possibile che non abbia ancora controllato il cellulare.
Le possibilità sono due:
 non sa cosa rispondermi e quindi si sta prendendo tempo per formulare un consiglio adeguato, ma dubito fortemente che Onika non si sia mai trovata in una situazione simile alla mia;
 oppure senza rendermene conto le ho detto qualcosa di sbagliato che l'ha fatta arrabbiare, ma non capisco proprio cosa possa essere.
Il mio cervello allora comincia a sfogliare tutti i vari scenari alternativi che possano averla portata a non voler rispondere, ma nessuno di questi mi sembra realistico.
Così decido di concederle un'altra ora o magari due, dopodiché mi farò sentire io cercando spiegazioni.
Intanto inizio a vestirmi ma non ho ancora idea di cosa fare durante il resto della mattina.
So solo che mi rifiuto di rimanere in casa.
Girovago per casa per vedere se c'è qualcosa che mi manca, quando mi viene in mente che il primo giorno dopo il trasloco mi ero ripromessa di andare in giro a cercare qualche quadro da appendere e delle cornici da riempire con le mie foto, l'unica cosa che mi rimane di Portland, l'ultima cosa che mi rimane di casa.
Così decido di andare nel negozio di interni che avevo notato ieri accanto alla libreria.
Afferro tutte le foto poggiate sul comodino che mi ritraggono assieme ai miei amici e alla mia famiglia e le infilo nella borsa, così da essere sicura di scegliere cornici della giusta dimensione e mi dirigo fuori dalla porta.

Mentre attraverso il piccolo vialetto che separa la mia casa dalla strada adiacente non posso impedirmi di gettare un'occhiata verso le abitazioni di fronte.
Ovviamente mi soffermo sulla casa di Nithael, con la speranza di vederlo attraverso le finestre o magari anche fuori sul portico intento a leggere qualcuno dei suoi libri o delle sue poesie, ma lì non c'è nessuno.
Inoltre le tende delle quattro finestre visibili sulla facciata anteriore sono tutte tirate, e impediscono la visione all'interno.
Abbasso immediatamente lo sguardo e non posso che darmi della stupida mentalmente. Sembro una stalker alle prime armi quando l'unica cosa che dovrei fare e lasciarlo semplicemente perdere.
Decido che è probabilmente saggio chiamare un taxi, visto che tutta quella strada da percorrere a piedi darebbe alla mia mente troppo spazio per riflettere, cosa che cerco di evitare da molto ormai.

Aspetto solo 10 minuti prima che il taxi arrivi e in un batter d'occhio siamo subito di fronte al negozio, che si chiama Sweet Home.
Solo varcando la soglia mi rendo conto di quanto quel nome risulti appropriato.
Sembra quasi di entrare in una casa delle bambole.
Ci sono moltissime persone dentro e sospetto che sia perché il Natale si avvicina e tutti stanno ridecorando le loro case.
Comincio a vagare in giro finché non trovo la sezione dedicata alle cornici.
Metto le mani nella borsa e tiro fuori le foto, che appoggio sullo scaffale di fronte.
Afferro tutte le cornici che catturano la mia attenzione e inizio a confrontare le dimensioni con quelle delle mie foto.
Mentre sono tutta impegnata a prendere e posare cornici su cornici e foto su foto sento qualcuno che mi batte sulla spalla.
Mi giro per vedere chi si tratta e mi trovo di fronte dei capelli borgogna accesi e un viso pallido pieno di piercing che mi sorride.
Riconosco immediatamente in quei tratti Amelia, la ragazza che Gabriel mi aveva presentato al parco assieme ad Onika e Mickey.
Mi affretto ad abbracciarla e lei ricambia calorosa.
"Ehi KeyKey, come ti va la vita?" domanda lei mentre l'abbraccio si scoglie.
"Tutto okay, tu come stai?" chiedo a mia volta per educazione.
"Mah, potrebbe andare meglio." dice lei con una smorfia.
"Cosa ci fai qui?" replico, incuriosita.
" Sono qui perché studio design di interni all'università e mi è stato assegnato un progetto impossibile. Sono venuta per cercare ispirazione. Sono felice di averti incontrata!" risponde e mi sorride.
Improvvisamente mi ritorna in mente tutta la storia con Onika, e siccome immagino che le due ragazze siano amiche provo a confrontarmi con Amelia, in cerca di una risposta.
"Ehi Mel posso chiederti una cosa?" comincio io.
"Certo, dici pure."
"Ieri sera parlavo con Onika in cerca di consiglio e dopo un po' ha smesso di rispondermi. Sai cosa possa esserle successo?" le dico tutto d'un fiato.
"Ci ho parlato stamattina con lei, sta bene se è questo che ti domandavi. Non so perché non ti abbia risposto. Di cosa parlavate?"
"Beh, Gabriel mi ha chiesto di uscire e io ho rifiutato. Solo che adesso non so come comportarmi con lui e cercavo qualche dritta."
"Ah, ecco spiegato il motivo. Probabilmente non dovrei dirtelo, ma mi sei simpatica Kayla. Onika ha una cotta spaventosa su Gabriel da quando aveva circa undici anni. Lui è un argomento delicato per lei e sentire che ti ha chiesto di uscire deve averla probabilmente turbata." ribatte lei, e io non posso che sentirmi di merda.
"Oh, che figura! Io non lo sapevo altrimenti non glielo avrei mai detto. Mi dispiace, non intendevo farla stare male. Probabilmente dovrei chiamarla non credi?" chiedo ad Amelia mentre divento rossa per l'imbarazzo.
"No tesoro, dalle un po' di tempo. Sarà lei a farsi sentire. Adesso devo scappare, alla prossima Key." dice la ragazza mentre mi lascia un leggero bacio sulla guancia e sparisce verso l'uscita.

Dopo aver saputo di Onika sono decisamente poco in vena di continuare con lo shopping così raccolgo le foto che avevo lasciato sullo scaffale mentre parlavo con Amelia assicurandomi di prenderle tutte e esco dal negozio anche io.
Quando arrivo finalmente fuori dalla porta di casa metto le mani nella borsa per prendere le chiavi e nel tentativo di tirarle fuori faccio cadere a terra le foto.
Mi chino a raccoglierle e mentre le osservo mi rendo conto che ne manca una.
Immergo nuovamente la testa nella borsa nella speranza che sia ancora lì dentro ma purtroppo non c'è.
Ripasso a mente tutto ciò che ho fatto nel negozio, per rendermi conto di come ho mai potuto perderla visto che sono assolutamente certa di averle prese tutte prima di andarmene.
Ma mentre rifletto mi accorgo che per un certo periodo di tempo mentre parlavo con Mel non avevo le foto sott'occhio.
Con tutte le persone che erano lì in quel momento chiunque avrebbe potuto prenderla, quindi le speranze di ritrovarla sono sotto zero.
La foto in questione è una delle più importanti che io possiedo e averla persa mi rompe il cuore visto che non c'è modo di recuperala.
Sono consapevole del fatto che probabilmente sto reagendo in maniera esagerata ma tutto lo stress accumulato negli ultimi giorni si fa sentire e non posso impedirmi di scoppiare in lacrime.
Mi siedo sullo scalino di fronte alla porta nel tentativo di calmarmi.
Guardo in basso sul cemento mentre le lacrime continuano a scorrere sulle mie guance.
Mentre mi passo una mano sul viso per asciugarlo mi accorgo di un paio di scarpe che entrano nel mio campo visivo.
Alzo lentamente lo sguardo per rendermi conto di chi sia e rimango a bocca aperta quando i miei occhi incontrano il suo viso.
  
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