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Autore: Chaotic Alaska    02/11/2014    2 recensioni
~ Prima classificata al contest "Heal my wounds" indetto da Stareem ~
Metaforicamente parlando, immaginate questa scena. Siete soli, state camminando in un bosco enorme, che forse non ha neanche una fine. Camminate, infreddoliti, e cercate un punto di riferimento, qualsiasi cosa, perché vi siete persi.
E intanto, scende la notte, come una coperta gettata sul mondo.
Poi, all'improvviso, scorgete un chiarore lontano, tra gli alberi. E, sui rami degli alberi, ci sono delle lanterne accese, che diffondono questa luce meravigliosa e allontanano il buio.
Sapete che vi indicheranno il cammino fino a casa, l'avete capito fin dal primo momento in cui le avete viste. E allora, le seguite, fino alla fine del bosco.
Bruce, tu mi hai riportato a casa, perché la mia casa sei tu.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Even with my broken wings, I still want to fly.



"Time went by, many memories died

I'm writing this down to ease my pain"
— Shamandalie, Sonata Arctica




«Cristo santo, Cece, intendi abbassare il volume?» Rose, sbuffando, si chiude la porta di casa alle spalle, lottando per liberarsi dalla giacca.
Non rispondo, fissando apaticamente lo screen-saver del mio PC: un acquario con pesci rossi e bollicine. Inizio a contare le bolle, muovendo appena le labbra per tenere il conto.
«Mi fai paura quando inizi a sussurrare cose. Ho sempre il dubbio che tu mi stia lanciando una maledizione, o qualcosa del genere» aggiunge la mia coinquilina, scrollando le spalle e dirigendosi verso la cucina.
36, 37, 38.
«Vuoi del thé? C'è questa specie di infuso alla melissa, o melassa, o Dio sa cosa...» Sento Rose rovistare in uno scaffale. Mi concentro sullo screen-saver del computer, ma accidentalmente pigio un tasto e lo schermo si illumina. Bruce mi sorride dalla foto che ho come sfondo e decido che, improvvisamente, mi è venuta voglia di thé. Così mi alzo, azzero il volume della musica e raggiungo Rose in cucina.
«E quindi?» le domando, mentre lei versa dell'acqua calda in due tazze.
«Il tuo E quindi? è un modo per chiedermi se ci ho parlato?» replica lei, alzando gli occhi al cielo.
«Mmmh.» Afferro la mia tazza e immergo la bustina del thé nell'acqua.
«Sì, abbiamo parlato.» Ovviamente, Bruce è il migliore amico di Rose: può esistere sfiga peggiore? Da quando ci siamo lasciati, non ho fatto altro che tormentarla con domande, più o meno utili, riguardo le condizioni psico-fisiche del mio ex ragazzo. Come sta? Gli manco? Chi è quella troia che ha messo "mi piace" al suo stato su Facebook? Quante volte è andato in bagno oggi? Gli alieni esistono? Fortunatamente, Rose è una persona fin troppo paziente.
«Sta meglio» aggiunge lei, stringendo la sua tazza tra le mani.
Incasso la notizia stoicamente. Dovrei essere felice per lui, immagino: sta meglio, wow. Questo significa che mi ha completamente dimenticato e sta pensando di partire per il Canada, a salvare gli orsi. Ok, forse sto un tantino esagerando, ma sono io l'unica cogliona a stare ancora male? Ho passato le ultime due settimane a piangere, vedere film romantici strappa lacrime, ascoltare musica deprimente e mangiare cioccolato. E lui sta meglio.
«Oh, sto decisamente meglio anch'io» replico, quasi aggressiva «Sto molto meglio senza di lui.»
Rose mi fissa, scettica. Così abbasso lo sguardo, improvvisamente molto interessata al mio thé. La verità è che mi manca, costantemente. Ho questa voragine nel petto, un buco nero in espansione che inghiotte qualsiasi altra cosa, ogni altro pensiero. E vorrei con tutto il cuore stare meglio, essere felice di nuovo, ma credo di non sapere più come si fa.
«Cecile.» Rose sa quanto mi dia fastidio il mio nome e, di solito, evita accuratamente di usarlo. Dev'essere un discorso serio, quindi. «Sono del parere che tu debba capire, prima di tutto, cosa potrebbe far stare bene te.» E mi porge un quadernino dalla copertina azzurra.
Le lancio uno sguardo interrogativo, prendendo il quaderno. Le pagine sono completamente bianche.
«Beh, Bruce ti manca, ok. Daresti un rene, ma anche tutti e due, per avere una seconda possibilità con lui. Ma sei sicura che sia quello che vuoi realmente
«Rose, che stai dicendo?» Tento di farla arrivare al succo del discorso.
«Ecco, credo tu sia ferita. E non serve gettare altro sale sulle ferite, o sbaglio? Devi prenderti il tempo per guarire.»
«Solo lui può curare le mie ferite. Da sola, non posso far altro che peggiorarle. Continuerò a tormentarmi, pensando a come sarebbero potute andare le cose.»
«Sì, ma non sono andate» ribatte Rose, con semplicità. Non vuole ferirmi, lo so perfettamente, ma un altro pezzo di me si stacca e scivola via, attratto dall'orbita del buco nero. «Tu vuoi restare qui ad aspettarlo. E io non ti biasimo, ma a cosa sarà servito? Non tornerà.» Il suo tono è definitivo e mi chiedo cosa le abbia detto Bruce. Perdo l'ennesimo pezzo del puzzle e, istintivamente, stringo le braccia attorno al petto, in una forma di estrema difesa. Il problema è che non posso difendermi da ciò che porto dentro, non posso cancellare i ricordi come file dal computer.
Ho ancora in mano il quadernino con la copertina azzurra.
«Questo a cosa dovrebbe servire?» chiedo a Rose, indicandolo.
«Scrivi» risponde lei, con un mezzo sorriso «Scrivi per alleviare il dolore. È la medicina più efficace.»


Apro il quadernino azzurro alla prima pagina e un brivido di paura mi attraversa.
Prima, un foglio bianco non mi avrebbe spaventato, penso con una punta di rimpianto: ora, invece, mi sento come un gladiatore che scende nell'arena. Sto per mordere, consapevolmente, la mela avvelenata che sono i miei ricordi. Sto per ripercorrerli, per sigillarli con un filo sottile d'inchiostro, per confrontarmi con i miei errori. E trovare la forza di andare avanti, nonostante il buco nero che si allarga sempre di più, divorandomi il cuore. Ripenso al suo volto, a quei lineamenti non perfetti, non belli nel senso convenzionale del termine, ma suoi.
Lui era esattamente come avrei voluto che fosse
e non gliel'ho mai detto. O almeno, non in modo tale da essere presa sul serio. E penso che, se potessi tornare indietro, lo stringerei a me, con la forza di Atlante che regge il mondo sulle sue spalle, e glielo sussurrerei. Perché Bruce era così, e mi rendo conto di parlare al passato come se non esistesse più, ma in fondo è così. Nel mio universo personale, l'ho congelato, una bellissima statua di ghiaccio. Lui è ancora lì, ma è come se non ci fosse più: è un ricordo, ma fingo che sia la realtà. In queste due settimane, la notte dormivo stretta a un ricordo, perché era meno doloroso rispetto all'ammettere che Bruce non ci fosse più.
Insomma, lui era così. Incosciente della sua profonda bellezza. Lui, che avrebbe brillato più di un cielo pieno di stelle.
Mi ripeteva che non era così, che mi sarei presto resa conto che non ne valeva la pena. Aveva queste paure ridicole, ve l'assicuro, ed era convinto di non essere abbastanza. Troverai qualcuno di migliore, diceva. E ne era davvero convinto, giuro. Avrei voluto prestargli i miei occhi per fargli vedere cosa lui fosse per me, così non avrebbe più trovato nulla da ridire. Ho amato, e continuo ad amare perché l'amore è bastardo, ogni singolo millimetro di lui, del suo corpo come della sua anima.
Metaforicamente parlando, immaginate questa scena. Siete soli, state camminando in un bosco enorme, che forse non ha neanche una fine. Camminate, infreddoliti, e cercate un punto di riferimento, qualsiasi cosa, perché vi siete persi. E intanto, scende la notte, come una coperta gettata sul mondo. Si fa buio e la vostra ricerca si fa quasi disperata, ma niente, non ritrovate la strada. Insistete ancora un po', una lacrima silenziosa vi scivola lungo il viso e piove giù, sulla neve fresca. Poi, all'improvviso, scorgete un chiarore lontano, tra gli alberi. Correte verso quella luce, increduli e speranzosi, possibile che sia lì proprio per voi? E, sui rami degli alberi, ci sono delle lanterne accese, che diffondono questa luce meravigliosa e allontanano il buio. Sapete che vi indicheranno il cammino fino a casa, l'avete capito fin dal primo momento in cui le avete viste. E allora, le seguite, fino alla fine del bosco.
Bruce, tu mi hai riportato a casa, perché la mia casa sei tu.


«Come sta procedendo?»
Rose si getta sul mio letto, giocherellando con un peluche, e mi lancia un'occhiata interrogativa.
«Non credo che sia grandiosa, come idea» commento, stancamente. Mi sento svuotata. A che serve riempire pagine e pagine di inchiostro, se non mi riporteranno Bruce indietro? Rose sembra intuire quello che sto pensando.
«Cece, si tratta di te. Non posso stare a guardare mentre ti trasformi in uno zombie. Devi reagire.»
«Tu la fai facile» commento, amareggiata. «Ma ho fatto di lui la mia àncora. E ora, si è spezzato il filo che mi teneva legata a terra.»
«Non dev'essere per forza una cosa negativa. Volerai da un'altra parte, mio piccolo palloncino, e vedrai posti nuovi, luoghi misteriosi e inesplorati. Ti divertirai un mondo, ma devi prima lasciare che il vento ti soffi via, senza opporre resistenza. All'inizio farà male, vivere in balia delle tempeste: ma, una volta che ti sarai abituata, imparerai a volare di nuovo.»
Provo a immaginare di andare avanti senza Bruce e mi sembra che il mondo perda di colpo i suoi colori. È tutto grigio, banale, senza di lui che illuminava ogni cosa. Ho sempre sostenuto che i suoi interessi fossero noiosi e ripetitivi: Dio santo, provate a stare con un ragazzo convinto che sia normalissimo passare le proprie giornate a guardare partite di tennis, ininterrottamente. La verità, però, è che lui sapeva rendere emozionante qualsiasi cosa. E lo amavo in maniera quasi dolorosa quando parlava di qualcosa che amava, perché aveva questa luce che brillava sul fondo degli occhi scuri, la voce che si faceva concitata, viva. Finivano per piacermi le sue fissazioni, le sue piccole manie, le sue ossessioni, perché riuscivo a vederle come le vedeva lui. Mi innamoravo del loro riflesso nei suoi occhi.
«Rose, ho paura di ricordare, ma anche di dimenticare» sussurro.


Quelli furono i giorni più belli e più freddi della mia vita.
La prima volta che andai a trovarlo, sarebbe dovuta essere una sorpresa, ma io e Rose rovinammo tutto. Lui, però, si finse sorpreso comunque. Passai la serata a fissarlo, come tentando di convincermi che non fosse un sogno, che lui fosse realmente lì. Mi sembrava di vivere improvvisamente a 30 centimetri di distanza dal suolo, nulla aveva più importanza, se non la sua mano che stringeva la mia. I nostri occhi si cercavano, come viaggiatori stanchi che trovano finalmente un'oasi nel deserto. Uscimmo dal locale affollato in cui ci eravamo chiusi e camminammo, arrivando fino a una collina. L'aria era gelida e io tremavo, ma non avrei cambiato una singola virgola di quell'attimo. Le stelle, sopra di noi, erano un'infinità, avremmo potuto passare intere vite a contarle. Lui mi baciò ed io capii che il mio posto era lì, tra le sue braccia, con il calore del suo respiro che mi sfiorava il volto. Il mio posto sarebbe sempre rimasto quello, decisi. Lui giurò di amarmi da lì alla Nuova Zelanda ed io finsi di offendermi, anche se non ricordavo bene dove fosse, sono sempre stata negata in geografia. Era abbastanza lontana, o no? Io lo amavo fino alle stelle e ritorno. I nostri corpi si incastravano alla perfezione, il suo sorriso splendeva più brillante della luna.


Mi sveglio di soprassalto e fuori è ancora notte. Accendo la luce per scacciare la paura irrazionale che mi ha invaso e comincio a piangere, silenziosamente. Le lacrime mi bagnano il volto e piovono giù, sulle mie mani aperte, vuote. Quel sogno era così maledettamente reale.
Tento di calmarmi e, alla fine, ci riesco. Ho combattuto talmente tante battaglie, nelle ultime due settimane, da non avere quasi più la forza di star male sul serio. Ora vorrei solo dormire, andare in letargo e svegliarmi quando sarò pronta a vivere di nuovo. Quando le mie ferite si saranno rimarginate, quando le impalcature attorno al mio cuore saranno state smantellate, e lui sarà più resistente. In un libro, ho letto che i cuori si rompono davvero una volta sola, il resto sono solo graffi. Così, ho immaginato il mio cuore nuovo, rivestito di adamantio come gli artigli di Wolverine, indistruttibile. Mi chiedo quanto ci vorrà affinché torni a battere e mi rispondo che il tempo guarisce ogni cosa, anche se non ne sono molto convinta.
Eppure, sceglierei sempre e comunque di non dimenticare. Sarebbe facile, indolore, svegliarmi domattina senza alcun ricordo di lui, della nostra pazzesca storia d'amore, di quanto mi abbia reso felice e di quanto mi abbia distrutto perderlo. Ma io non voglio dimenticarlo, non voglio dimenticare il suo sorriso da bambino, le sue dita lunghe e sottili come bastoncini di zucchero, il neo che aveva sotto l'occhio, la curva delle sue spalle, l'odore che si portava addosso. Non voglio perdere l'eco della sua risata, il ricordo della sua voce, che cominciano lentamente a sbiadire.
Io e Bruce siamo la prova vivente che l'amore non basta, per quanto titanico, sovrumano. Ci amavamo con irruenza, abbandonandoci completamente l'uno all'altra, puntandoci a vicenda la pistola alla tempia: chi sparerà per primo? Eravamo pronti ad accettarlo, che uno dei due alla fine premesse il grilletto. E, da così vicino, era impossibile sbagliare la mira. Il grilletto, alla fine, l'abbiamo premuto insieme: e insieme, ci siamo distrutti.
Siamo crollati in pezzi sotto il peso dei nostri errori, urlandoci addosso il nostro amore con violenza, baciandoci come a volerci soffocare. Continuo a scrivere sulle pagine ormai non più bianche del quadernino azzurro, con un fiume d'inchiostro ammetto i miei sbagli e imploro perdono. E so che nessuno arriverà a salvarmi, forse solo la luce del giorno, o Rose che si alza e prepara il caffé. O sarò io stessa a salvarmi, in fin dei conti.
Mi sveglierò una mattina, spalancherò la finestra e la luce irromperà nella stanza, prepotente. Avrò il coraggio di valutare i danni. Il cuore? Un po' stanco, ma batte ancora. Il medico consiglia di non innamorarsi più, almeno per qualche secolo. Il cervello? Dice "io ti avevo avvisato". Ed io, io come sto? Stai meglio. Guarirai, ne sono sicura. Le ferite iniziano già a cicatrizzarsi, non vedi?
È vero.


«Sono ancora innamorata di lui, Rose.»
La mia amica mi guarda, aspettando che io aggiunga qualcosa.
«Niente, il punto è questo, lo amo ancora. Penso che non abbia senso andare avanti senza di lui, perché mi perderei tutto il divertimento, tutta la felicità di questo folle viaggio che chiamiamo vita. Quindi lo aspetterò, sperando che si sbrighi.» Un sorriso mi illumina il volto. «Però, immagino che avrà bisogno di un po' di tempo. Quindi, intanto, ho deciso che farò come hai detto tu.»
So bene di non essere guarita, non ancora, ma l'aver preso una decisione mi fa sentire più forte. Ti aspetterò, Bruce, perché penso che ne valga la pena, per te. Penso che possiamo rimediare ai nostri errori e trovare un nuovo equilibrio, insieme. Perché le tempeste arrivano, spesso inaspettate, e buttano tutto giù, fanno crollare il nostro mondo fino alle fondamenta, e tocca a noi rimettere insieme i pezzi. Ricostruiremo le nostre fondamenta più forti, te lo prometto, e lo faremo insieme. Tu sei la mia felicità, sei l'unico compagno che voglio nelle epiche avventure che ci aspettano. Quindi, non importa quando, ma torna da me.
Rose alza gli occhi al cielo, ma sorride, come se l'avesse sempre saputo. Il suo ruolo sarebbe quello di riportarmi coi piedi per terra, ma credo che sarà più felice di darmi una spinta per salire più in alto.
«Ho deciso che, intanto, imparerò di nuovo a volare
   
 
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