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Autore: kathy black    03/11/2014    2 recensioni
Questa è una sera di festa, di ali di fata, di ragni di gomma e pipistrelli di plastica, di trucco sbavato e rossetto viola, di glassa e di torta alla zucca. E un mantello solitario, passa quasi inosservato in questa meraviglia di decorazioni viola, rosse e arancioni nel nero della sera.
Questa è la seconda storia che pubblico, e la prima nella sezione Harry Potter. Lasciate una recensione!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, James Potter, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Dopo la II guerra magica/Pace
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Urla e risate. Un cappello da strega, un nastro colorato, il sapore del caramello nell’aria e dell’innocenza dei bambini. Lo scoppiettare della legna in un camino, il profumo di biscotti, i dolci mangiati nel tepore della famiglia. Il vento muove le ultime foglie rimaste sui rami, che osservano dall’alto il soffice tappeto giallo e rosso che ricopre la terra. Un piccolo pirata si sfrega le mani lasciando ondeggiare pericolosamente il suo bottino di dolci e caramelle, il freddo e l’umidità di fine Ottobre sembrano poter entrare anche sotto la pelle. Due bambini si rincorrono sui ciottoli di una stradina, il cappello da strega vola via, quando la piccola finisce gambe all’aria, ma non importa, è un giorno di festa e di follia. Un giorno in cui tutto sembra più leggero, più facile da sopportare, ci facciamo beffe delle nostre più profonde paure per vincerle, per allontanarle. Ci travestiamo da zombie o da scheletri per sbeffeggiare la morte e per una sera ci sentiamo più forti, più potenti. È solo una finzione, una fantasia, ma per un attimo cancella le quotidiane difficoltà, le rimanda. Questa è una sera di festa, di ali di fata, di ragni di gomma e pipistrelli di plastica, di trucco sbavato e rossetto viola, di glassa e di torta alla zucca. E un mantello solitario, passa quasi inosservato in questa meraviglia di decorazioni viola, rosse e arancioni nel nero della sera.
 Un mantello solo, ancora più scuro nel nero della sera illuminato dai pallidi raggi di una sottile falce di luna, spettrale nel silenzio con cui sfiora il terreno, non un suono, non un fiato, solo un lieve fruscio serpentesco. L’istante di respiro che precede una maledizione, un salto nel vuoto. “È molto bello il tuo costume” è il timido complimento di una bimba entusiasta. Sorride mostrando due fossette graziose e un finto rivolo di sangue che esce da un angolo della bocca. È l’innocenza del suo sorriso e della mano in quella della madre che le impedisce di riconoscere il mostro, il male davanti a sé, dietro quello che crede un costume. Non tutte le maschere si possono cancellare una volta tornati nel caldo della propria casa. Alcune rimangono cucite, marchiate a fuoco nell’anima. E questa maschera ha ormai preso il sopravvento sull’uomo. Non c’è nulla sotto il mantello. Non ci sono sentimenti, nemmeno pietà. Solo uno sguardo freddo, due occhi rossi che non hanno più nulla di umano, una mascella contratta nell’attesa del trionfo imminente, un artiglio in tensione sulla bacchetta pronta a falciare di nuovo vite innocenti, a dilaniare un’anima in frantumi.
Ormai vicino vede la villetta e ride, una risata diabolica, demoniaca, perché quelle vite stanno per essere spezzate, per colpa della debolezza del sentimento che lui non ha mai ricevuto e che per tutta la sua esistenza ha disprezzato, l’amore. Amore sul volto dell’uomo che tiene in braccio un fagottino dai capelli neri, se possibile più spettinati dei suoi, mentre la sua faccia si piega in smorfie strane e buffe che divertono il piccolo. Amore negli occhi verdi della donna che osserva la scena fingendosi esasperata e ridendo di nascosto. Amore dietro gli occhiali dell’uomo che raggiunge la donna sul divano e tenendo il piccolo sulle ginocchia si mette a giocare con i capelli rosso fuoco della moglie. Amore nello sguardo della donna, che si rispecchia negli stessi occhi verdi del figlio e negli occhi nocciola del marito, occhi innocenti di chi è rimasto bambino, di chi sa di essere fortunato, pur nel mezzo di una guerra, per il semplice fatto di poter vivere quel momento. Amore nel calore della casa, delle fiamme del camino, amore nei ritratti che sorridono alle pareti, amore nella foto che il piccolo sta indicando, in cui tre ragazzi vestiti eleganti e sorridenti circondano un giovane con i capelli arruffati e gli occhiali storti e una ragazza raggiante nel suo vestito bianco e nei capelli rosso fuoco, mentre uno dei ragazzi, capelli lunghi e occhi grigi profondi, stringe la spalla del giovane in primo piano. È l’amore di una casa, di una famiglia, di un abbraccio sul divano, di un bentornato a casa, della protezione di un padre, del bacio di una madre.
E sembra poco, un attimo, un respiro, un battito, e tutto questo finisce. Non c’è più calore, né sicurezza, solo macerie e distruzione, una cornice vuota, il frammento di un manico di scopa. La mano esangue di un padre a sbarrare la strada, lo sguardo vitreo di una madre che ha compiuto l’estremo sacrificio, i frammenti di un’anima dilaniata, il pianto di un bambino che, solo, cerca braccia che non lo stringeranno mai più, una voce che non lo cullerà più in un mondo di dolci sogni. Ci sono solo incubi stanotte, solo mostri, ma non come nei racconti di papà, dove ad un certo punto arriva un baldo giovane Grifondoro con una spada di rubini e tre magici amici, che sconfiggono qualsiasi pericolo. Non ci sono giovani coraggiosi, né spade. Non stasera. Stasera non ci saranno fiabe. È vero, è la fine della guerra, ma in questa stretta via di Godric’s Hollow sono i mostri ad aver vinto, il male, il buio, il freddo, la disperazione. Non conta che il mago oscuro più potente dell’ultimo secolo o forse millennio sia appena stato sconfitto, non conta il fatto che domani il mondo magico potrà svegliarsi senza dover fare i conti con lo spettro costante della paura o della morte. Il silenzio immobile di una luna impotente è rotto solo dal pianto disperato di chi ha perso tutto, una casa, una famiglia, l’amore.
Due piccole streghe e un vampiro si rincorrono per strada, finalmente trovano una panchina libera in un parco e con il sorriso sulle labbra iniziano a scartare caramelle colorate e a sgranocchiare invitanti dolci alla zucca. Ridono spensierate, niente scuola, né compiti, dolci con gli amici, costumi scintillanti. Le loro risate sembrano cancellare il freddo e la nebbia che sta oscurando il paesaggio. Godric’s Hollow è un tripudio di colori: zucche intagliate, ossa e pipistrelli finti decorano tutti i negozi, luci colorate, festoni arancioni e viola decorano il centro della cittadina. Foglie gialle, arancioni e rosse ricoprono i marciapiedi e i giardini come a volersi confondere con le decorazioni della festa. Le luci dei lampioni creano infiniti percorsi per i più piccoli, che bussano felici ad ogni casa, il naso arrossato dal freddo della sera inglese. Sfrecciano per le strade, e non sembrano far caso ad uno spiazzo di erba incolta fra due villette ben curate. Tutti sembrano troppo occupati persino per notare due figure solitarie che silenziose davanti a questo spazio vuoto sembrano scomparire nel nero della notte. Nessuno nota come una testa di capelli neri e spettinati sia dolcemente posata sulla spalla di una ragazza illuminata da capelli rossi come un fuoco scoppiettante. Forse sembrano solo due ragazzi come tanti, innamorati, il capo di lui sulla spalla di lei, stretti in un abbraccio che ha il sapore di amore e conforto. Ormai è finita. Tutto è finito, la guerra, i segreti, le fughe, le battaglie, le aggressioni, il terrore costante. Niente più vittime né orfani, la possibilità di costruirsi un futuro. Gli occhi verdi del ragazzo, tanto simili a quelli della madre, osservano commossi ciò che resta della casa, ciò che resta della sua casa. Sono passati ormai 17 anni ma la mancanza della famiglia è sempre un ferita aperta. Osservando la casa gli sembra quasi di poter vedere il sorriso della madre mentre lo tiene in braccio, l’orgoglio del padre nel vedere il figlio sfrecciare per la casa con una scopa giocattolo, l’amore incondizionato di entrambi, anche nel gesto più comune e banale, una mano tesa, una faccia buffa, un bacio sulla fronte. Loro se ne sono andati ma non davvero. Sono ancora lì, con lui, dentro di lui. E la metà della casa rimasta quasi intatta è lì a ricordare che c’è sempre speranza, che mai nulla è perduto finché non ci si è arresi. Quella casa è come loro: distrutta dalla guerra ma non crollata, salda sulle sue fondamenta, pronta ad accogliere un nuovo giorno, una nuova famiglia. E nonostante gli anni di guerra, di dolore, nonostante le perdite e le lacrime, i due giovani ora sorridono, perché oggi è un nuovo inizio, una nuova vita, una nuova avventura. E la stessa luna che quella notte assisteva impotente allo spezzarsi di due giovani vite, sembra ora sorridere agli occhi verdi che fissano il cielo in un dolce saluto, mentre un raggio lunare illumina una vecchia cicatrice a forma di saetta, un nuovo futuro.
  
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