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Autore: StringimiLukey    03/11/2014    1 recensioni
"con ogni colpo si avvicinava, con ogni movimento diventavano più connessi tra loro, con ogni tocco morbido venne a vita sotto il suo. Era così vicino, ed ancora ad un migliaio di chilometri di distanza"
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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"It's too cold outside, for angels to fly" 

"Fa troppo freddo fuori, perchè gli angeli possano volare"

~Ed Sheeran | The A Team

Settembre 2013 Manchester U.K

La notte vegliava sulla cittadina di Manchester. Le luci spente. e il silenzio ignoto regnava meticolosamente, accompagnato solamente dal fruscio delle foglie d'autunno che ondeggiavano assieme al leggero vento. Lo stesso vento che spostava i capelli corvini della ragazza dagli occhi quasi oro. Labbra rosee , sorriso spento e sguardo perso, gravavano sul viso della diciassettenne privata della sua infanzia, che adesso meditava realizzando che anche la sua adolescenza stava andando a fuoco. 

Come la fiamma ossidrica.

La sua vita non era come nei telefilm che guardava quando fino a qualche anno fa -quando, allora c'era ancora sua madre-. Era tutt'altro che perfetta la sua di vita. Lei sognava una vita, così. semplice. Con le amiche, le feste, le prime cotte. Il primo bacio.

Ebbene si. 

Lei non aveva ancora dato il suo primo Bacio. 

Eppure, era così bella. 

Non aveva amici. Perchè nessuno osava avvicinarsi a 'quella con il padre alcolista', 'Quella strana' Era così che la etichettavano. Strana. Per gli altri era strano, che una ragazza della sua età preferisse rintanarsi nella biblioteca, piuttosto che andare alle feste, per loro era strano, che lei fosse così buona e disponibile con tutti. Già, Angel non era un grado di odiare. E per loro era anche strano che avesse tutti quei cerotti alle punte delle dita. Non sapevano che suonava la chitarra. La stessa chitarra che fino a qualche anno fa suonava assieme a sua madre. 

Che ora, se n'era andata. 

No, non era morta.

Semplicemente, un giorno, decise di andarsene. Così. Svanendo nel nulla. Troppo giovane per sostenere la responsabilità di una famiglia. 

Li aveva lasciati spiazzati. Soprattutto il padre, che la amava più di se stesso. Li abbandonò, lasciando, un padre inesperto e giovane alle prese con una figlia di soli nove anni, che spesso gli chiedeva dove fosse la madre, lui rimaneva in silenzio, perchè non riusciva neanche lui a darsi una risposta.

E dovette dare ragione alla sua famiglia, quando gli consigliarono di non sposarsi con una come lei.

Ribelle. Trasgressiva. Testarda. Irresponsabile. 

Ed era proprio quello che lo colpì di più. La sua sfacciataggine nel fare le cose. L'essere così goffa e terribilmente testarda. Diversa dalle altre. 

Tutto l'opposto di sua figlia.

E fu lei a decidere di proseguire la gravidanza, quando, quel giorno, scoprirono che qualcosa era andato storto quella notte. Quando si donarono a vicenda.

Uno sbaglio. Un errore. Era così che spesso si autodefiniva Angel. Colei che vive nell'ombra di una ragazza solitaria, dietro alle sue insicurezze sempre presenti, ed il suo autodistruggersi in qualche modo. Lei viveva nelle ombre di tutto e di tutti.

Nell'ombra di sua madre, che le aveva trasmesso la sua estenuante bellezza. Viveva nell'ombra della solitudine e dei libri. Nell'ombra della musica. Senza la quale non avrebbe mai potuto vivere. 

Amava la musica, e raccimolava soldi per comprarsi un mp3, costavano poco. 

Perchè Angel era povera. Povera di denaro. Ma ricca di sapienza. Povera di amore ricevuto. Ma lei dava tutta sé stessa alle persone. Come a suo padre, che da anni era finito nel giro dell'alcol. Quel tipo di giro, che una volta entrato è quasi impossibile uscirne. Una sorta di dipendenza. Per dimenticare.

Per dimenticarla.

Ma lei era fatta in questo modo: perdonava tutti. E lo comprendeva.

Perchè Lei era buona.

Siedeva su una delle tante panchine di quel parco guardandosi intorno quando, un paio di ragazzi poco più grandi di lei le passarono davanti mentre si scaldava con il calore che emanava dalla sua bocca, e si faceva più piccola stringendo le braccia al petto cercando di darsi calore attraverso quella giacca fin troppo fine.

"Hey Parker, cosa ci fai qui tutta sola?" alzò lo sguardo incontrando gli occhi color ghiaccio di James. Si guardò intorno e stette in silenzio. L'unica cosa che voleva in quel momento, era stare sola, accompagnata dal suono dei suoi pensieri. Scosse la testa e decise di non dare peso alle parole di uno di tanti ragazzi che a scuola si prendevano gioco di lei.

A lei non importava. Perchè sapeva che quella era una sorta di insicurezza non conscia. Guardavano i difetti degli altri per coprire i propri, o comunque per autoconvincersi di non essere poi così male.

Il ragazzo ridacchiò.

"Ti hanno mangiato la lingua eh Parker?" E, per l'ennesima volta le parole del castano, le entrarono da un'orecchio, e le uscirono dall'altro.

Non era la prima volta che cercava di parlare. Invano.

Posò lo sguardo su un ragazzo affianco a James che attirò la sua attenzione.

Non l'aveva mai visto da quelle parti.

Si alzò dalla panchina dove siedeva alzando il cappuccio della felpa mettendosi le cuffiette, mise le mani in tasca e il suo sguardo fu catturato da due paia di occhi smeraldo che la scrutavano attenti. Lei lo osservò mentre lui la fissava in silenzio e James continuava a guardare i due confuso. Si soffermò sul viso, che più la colpì, aveva gli occhi verdi ed una massa ricci color cioccolato, che spesso alzava infilandoci le lunghe dita. Mascella serrata, labbra carnose ed un'espressione dura sul volto. Aveva Le spalle larghe ed il corpo lungo e slanciato, perfetto. la sua altezza torreggiava su di lei, alzandosi ad un metro e novanta - se non più - da terra. Distolse lo sguardo scuotendo la testa. C'era qualcosa in quel ragazzo che non riusciva ad identificare. 

Una sfumatura. 

"Ciao James" quasi sussurrò prima di andarsene, lasciando perplesso Il castano. Non gli aveva mai rivolto la parola. 

Si stese sulla sua solita panchina, sotto un salice piangente che adorava osservare. Oramai, quasi le apparteneva quel suo piccolo angolo di mondo. 

Mise le mani sotto al collo, con il volto rivolto verso i piccoli punti luminosi alti nel cielo e sorrise ricordando gli occhi color smeraldo del ragazzo senza nome. 

Non era da lei sorridere.

Ma quel smeraldo che risplendeva anche nel cuore nella notte, e che al quale spesso ti ci potevi affogare, la confusero. Fù quella la sensazione che provò lei.

Confusione.

Ripensò a quel verde che dava l'impressione di non avere un fondo.

Come l'oceano.

Eppure non erano azzurri. 

Eppure erano gli occhi più belli che lei avesse mai visto.

---

"Hey, amico, ci sei?" Lo richiamò il castano ridacchiando per poi dargli una pacca sulla spalla.

"Si, scusa, stavo pensando" il riccio serrò le labbra prima di inumidirsele.

"Che hai Haz? Non ti facevo un tipo così sommerso dai pensieri, sei sempre stato così estroverso e sorridente" disse sinceramente il castano rinvolgendogli un sorriso con un leggero velo di preoccupazione.

"No, tranquillo. Non ho niente" corrugò la fronte mordendosi le labbra, era un suo strano segno di menzogne. Ma era così bravo a mentire, da non destare alcun sospetto a nessuno. Solo chi sapeva osservare e captare ogni piccola sfumatura, poteva riconoscere quando lui mentiva.

"Che c'è? È una nuova tattica per sedurre le ragazze? No, perchè se avere l'aspetto da ragazzo tenebroso funziona, allora dammi qualche dritta. Vedrai Styles, quante ragazze carine qua a Manchester" l'altro annuì distrattamente deglutendo il groppo alla gola per poi sorridere mostrando le sue adorabili fossette.

"Farai strage con queste maledette fossette, possibile che tutta la nostra famiglia le abbia tranne me?" Ridacchiò per tirare su il morale al riccio. l'altro gli rivolse un sorriso sincero.

"I cugini Styles si faranno tutta Manchester, stanne certo cugino" 

"Sicuramente. Emh Dì un pò, c'è una qualche palestra da queste parti?" Chiese e le sue pupille si dilatarono dalla speranza di sentire un 'si'.

"Umh, si, ne conosco una, perchè me lo chiedi?"

"Mi ci voglio iscrivere"

"Perchè? Voglio dire, hai un bel fisico ben allenato, dovrai dedicare molto tempo alla palestra" il riccio gli rivolse uno sguardo freddo per poi serrare la mascella guardando davanti a sè. Strinse i pugni fino a far imbiancare le nocche sotto lo sguardo impaurito del cugino.

"Non capiresti" disse infine rilassando i muscoli prima irrigiditi.

"Conosci quella ragazza?" Chiese infine cambiando discorso.

"Quale?" Il castano si guardò intorno mentre si dirigeva verso casa.

"Quella di prima" 

"Oh, parli di Angel"

"Si chiama Angel?"

"Si, non perdere tempo con lei, rifiuterebbe ogni conversazione, credimi, ci hanno provati in molti, è bella ma strana. È una perdente Haz. Meglio che ti dedichi a quelle raggiungibili"
  
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