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Autore: Jane_sfairytales    03/11/2014    0 recensioni
Essere rifiutati dall'istante esatto in cui si è venuti al mondo, non è sinonimo di un buon inizio, soprattutto se della vita ci viene precluso qualsiasi piacere. Quando però finalmente Niamh sembra aver trovato il proprio posto in un mondo che non la vuole, coloro che l'hanno rifiutata ritornano a scombussolare il suo equilibrio precario: come potrà affrontare tutto questo? Scopritelo entrando nel suo mondo di ELFI, NANI, UMANI e terrificante MAGIA.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Turn it off!'
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CAPITOLO II
Il riflesso nel lago che stavamo guadando mi rivelò che i miei occhi erano tristi. Non ci avevo mai riflettuto ma stare con i nonni mi piaceva e il posto dove vivevamo era diventato anche casa mia. Non che ci alloggiassimo poi così spesso, ma mi trovavo bene con loro due e questo bastava. Nel nostro ambiente c’erano molti personaggi inclini a filosofeggiare che sostenevano che “casa è dove uno si sente a casa”, ed io mi ero sentita a mio agio in mezzo a tutti quegli sconosciuti del corpo di guerrieri scelti, esperti combattenti che davano la caccia ai mostri che ancora popolavano questo mondo. Avevo scoperto di saper fare delle cose e addirittura di poter essere utile, anziché la bestia sconsiderata e stupida che amava tanto dipingere Rosaline. E adesso stavo per andare a vivere il mio inferno personale da lei. Caddi in uno stato di apatia e rassegnazione che non somigliava affatto all’impassibilità che tanto si erano impegnati ad insegnarmi, ma non sapevo davvero come riscuotermi né volevo: l’autocommiserazione non lede nessuno no? A parte se stessi naturalmente…
Dopo un po’, gli alberi si diradarono e una villa in stile neoclassico comparve davanti ai nostri occhi, elegante e mastodontica. Non era esattamente l’abitazione tipica della nostra razza, ma evidentemente Rosaline adorava sentirsi una principessa in ogni campo e i fiori rosa acceso la dicevano lunga sul suo gusto.
Un esercito di valletti, camerieri e maggiordomi, ci accolse disponendosi lungo il vialetto che portava alla scalinata d’ingresso davanti a cui ci fermammo. Immediatamente gli attendenti si dedicarono ai miei bagagli, i quali occupavano la stragrande maggioranza del carro: in fondo erano la testimonianza di due anni di vita a casa dei nonni nonché tutti i miei averi. Guardandoli sfilare mi accorsi che non erano poi gran cosa. Smontammo da cavallo e i padroni di casa ci vennero incontro accogliendoci.
- Benvenuti nella nostra umile dimora, spero possiate trovarvi bene qui con noi: saremo lieti di ospitarvi tutto il tempo e tutte le volte che vorrete. – chiocciò Cristopher.
- Prego entrate. – rincarò la futura sposa.
Louis ci attendeva dentro, baciò la mano alla nonna e si inchinò al nonno, poi mi scrutò con i suoi occhi azzurri in attesa di una mia mossa: avrebbe dovuto trattarmi da donna o da uomo questa volta? Percepivo l’impazienza e il fastidio nel suo sguardo, quasi fossi una noiosa incombenza da cui non poteva svincolarsi, così mi decisi a chinare leggermente il capo nella sua direzione: l’accenno d’un inchino; lui rispose allo stesso modo e poi smise di interessarsi a me, come se non fossi mai esistita. Un sorriso divertito increspò l’angolo sinistro della mia bocca: se tutti m’avessero sempre trattata così, avrei vissuto una vita molto più tranquilla e gradevole.
Grazie mille fratello. Pensai appollaiandomi su una poltrona del salotto quanto più decentrata possibile, boicottando il giro della casa senza che nessuno se ne accorgesse. Chiusi gli occhi e mi godetti quegli attimi di solitudine, ascoltando comunque le voci che mi giungevano chiare dal piano di sopra, facendomi una mappa mentale delle stanze.
- Che cosa ci fai qui?- mi chiese il ragazzo stupito. Non aprii neanche gli occhi, lo avevo sentito arrivare.
- Medito. La meditazione è molto importante. –
- Adesso? Non hai avuto tutto il viaggio per meditare? – la sua voce era sprezzante: non mi rispettava e lo infastidivo, doveva considerarmi una gran seccatura. Mi alzai in piedi e mi avvicinai finché non fummo a pochi centimetri di distanza: se avessi fatto bene i calcoli, non mi sarei approssimata così tanto visto che adesso i suoi occhi erano almeno cinque centimetri più in alto dei miei.
- Ogni momento è buono per meditare e io ho la tendenza a coglierli tutti. Non temere, non sono io quella che ti farà penare anzi, credo proprio che riuscirai addirittura a dimenticarti della mia presenza. – gli sorrisi fredda e poi uscii in giardino per sdraiarmi sul ramo di un albero.
 
- Niamh! Niamh insomma, dove sei? – aprii un solo occhio e guardai quel turbinio di gente che mi cercava incessantemente; evidentemente starsene per i fatti propri non era permesso in quella casa. Balzai giù dal ramo e atterrai accovacciata dopo un salto di oltre quindici metri. Tutti nei dintorni si voltarono stupiti, compreso Louis che non riuscì a celare del tutto la propria ammirazione. Mi rialzai ed inarcai un sopracciglio nella sua direzione.
- Dovresti prepararti per la cena. – feci spallucce e mi avviai lungo il vialetto, ma lui mi afferrò per un braccio.
- Non vai a cambiarti? –
- Abbiamo anche dei vestiti per la cena? – annuì.
- Tua nonna ti spiegherà il tema della serata. –
- Come scusa? –
- Ci sarà la mia famiglia. –
- Quindi è un banchetto. – annuì di nuovo.
- Allora devo davvero cambiarmi, mio nobile fratello. –
- Non sono tuo fratello. – sibilò lui ed io ghignai.
- Attento a non farti sentire da qualcun altro. – e me ne andai alla casa-albero su cui alloggiavamo io e i nonni, poiché richiamava i “barbari costumi delle comunità più primitive della nostra razza”. In realtà, era come la casa dov’era vissuta Rosaline da bambina, nonostante facesse la superiore; era come la casa dov’ero vissuta anch’io fino a che lei non decidesse di stravolgermi la vita.
 
Non avevo trovato nulla di decente da indossare, nulla! Il guardaroba fornitomi, o per esser più precisi impostomi, da mia madre era veramente ignobile.
Avrebbe fatto meglio a studiare davvero la moda neoclassica, così almeno non ci ritroveremmo in questa situazione assolutamente penosa! Alla fine scelsi uno dei pochi vestiti da donna che avevo usato nelle missioni: totalmente grigio tortora, in cotone, a maniche lunghe con scollatura quadrata non troppo profonda e taglio sfilzato; arrivava fino al pavimento e io non calzavo scarpe: in fondo avremmo camminato sull’erba.
- Non era nei programmi. –
- Infatti. – rispose mio nonno, forse ancora più serio di me. – Non sappiamo neanche cosa abbia raccontato in giro tua madre, in ogni caso, fa parlare me. – feci spallucce.
Ma il nostro piano non era destinato a funzionare visto che i genitori e la famiglia del fratello di Cristopher non fecero altro che tartassarmi di domande per tutta la cena.
- Allora Niamh, tua madre ci ha detto che hai frequentato un prestigiosissimo istituto in Irlanda del Nord. – la risposta fu data da Jonathan.
- E cosa hai imparato? –
- Non quanto avrei sperato. – risposta di Rosaline.
- In quale disciplina sei più portata? Tra un anno e mezzo dovrai affrontare i test attitudinali, in cosa ti senti più sicura? – risposta di nonna Eveline.
- Oh insomma, lasciatela parlare. – si spazientì infine il padre di Cristopher. – Sai parlare vero ragazza? –
- Sì, ma mi è stato insegnato a farlo solo per questioni di estrema rilevanza. – l’uomo si rabbuiò offeso.
- Mamma! – esclamò la futura sposa. – Avevi giurato che l’avresti educata a dovere, è disdicevole! –
- Non pensavo volessi trasformarla nell’anima delle feste: dopo tredici anni di istruzione incentrata sull’essere discreti, non puoi certo pretendere un cambiamento così radicale e repentino. –
- Certo che lo pretendo! Sono sua madre e lei mi obbedirà. Scusati e rispondi adeguatamente al signor Arnold. –
- Non era mia intenzione offenderla o mancarle di rispetto signore, ma mi è stato insegnato che abbiamo due orecchie ed una sola bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà, e considerando che io non sia affatto una grande oratrice, immagini quanto sia ridotta la quantità di parole che lasci le mie labbra. Ad ogni modo, la ringrazio per il gentile interessamento, estremamente gradito e lusinghiero, ma valutando le mie carenti doti esplicative, credo che finché le risposte alle sue domande possano venire da altre labbra, ne gioveremo entrambi. –
- Io non so perché tu non voglia parlare ragazza, ma se quello che ho appena udito è carenza di doti declamatorie, non oso immaginare cosa accadrebbe se ti insegnassero l’arte retorica. – chinai il capo in un cenno di ringraziamento. Per il resto della cena pronunciai sì e no tre parole e mangiai ben poco. Quando il dessert fu sparito, le cuginette di Louis proposero a lui ed al fratello un gioco ed entrambi accettarono. Pensavo che mi avrebbero ignorato, ma prima di sparire, il mio fratellastro ricordò le buone maniere.
- Desideri unirti a noi Niamh? Ci farebbe immensamente piacere e le regole sono davvero semplici. – la voce era gentile ma i suoi occhi mandavano bagliori fastidiosi.
- No grazie. Siete molto gentili ma il viaggio mi ha provata più di quanto avessi immaginato: credo che andrò a letto. Con permesso. – aggiunsi rivolta al resto dei commensali che mi diedero la buonanotte. Quando fui finalmente sola, mi allontanai dalla casa e mi arrampicai su un albero al limitare del bosco; fu lì che mi addormentai.
 
Nei giorni successivi, per fortuna, non ci fu tempo per vedere nessuno poiché i preparativi imperversavano frenetici. Anziché andare con le donne a scegliere addobbi e cose simili, rimasi al sicuro col nonno a montare gazebi e altre attrezzature; mi svincolai dicendo che avevo un gusto orribile e che senza far nulla mi sarei annoiata: non è normale che due ospiti facciano il lavoro degli attendenti.
Piantammo l’ennesimo palo nel terreno, poi Jonathan mi fece un cenno col capo. Balzai su una delle aste e lui mi porse una trave che inchiodai velocemente prima di completare l’assestamento al palo successivo: fu così che nel giro di mezza giornata avevamo terminato tutti i padiglioni, e fu così che Cristopher e Louis mi trovarono: in equilibrio precario a volteggiare da una trave all’altra.
- Niamh! – esclamò sconvolto il padrone di casa. – Fa attenzione, non è un lavoro per te. –
- Veramente gli ultimi tre gazebi li ha composti tutti lei in questo modo qui. – spiegò placidamente il nonno.
- Ma… - boccheggiò l’altro non sapendo cosa ribattere, mentre atterravo leggera sull’erba dopo aver assicurato l’ultimo palo.
- Se suo padre dovesse ancora chiedere cos’è che so fare meglio, gli dica che è questo ciò che so fare meglio. – e me ne andai verso la casa-albero.
 
- Vieni qui maschiaccio. Oh, sei un caso disperato. – sospirò pateticamente mia madre e mi trascinai in camera sua dove stava avvenendo una chiassosa prova vestiti: mancavano appena due giorni al “grande giorno”. Era tutto un turbinio di vaporoso e disgustoso tulle rosa.
- Indossalo. – mi ordinò la megera porgendomi uno di quei vestiti.
- Non riuscirò mai a portarlo con eleganza. – soffiai tentando di essere il più educata possibile.
-Hai visto? Hai visto! – urlò lei isterica. – Tutto per la tua assurda caparbietà: se fossi venuta con noi due mesi fa adesso sapresti come portare un abito del genere e non rovineresti il giorno più importante della mia vita! – mi stava umiliando davanti a tutte le nipoti, dirette o indirette, del suo futuro sposo.
- Beh, sfido chiunque a riuscire a sembrare leggiadra con un coso del genere addosso. – sbottò la nonna irritata: la troppa vicinanza con la figlia, in quei giorni, l’aveva portata ad un collasso nervoso.
- Solo perché voi siete ancora delle primitive! Loro ci riescono magnificamente! – ribatté l’altra indicando le damigelle già abbigliate che ridacchiavano.
- Allora non vedo perché il tuo matrimonio così alla moda debba essere rovinato da una primitiva: non è scritto da nessuna parte che tu debba avere nove damigelle e che quindi io debba farne parte! – mi voltai e me ne andai prima di perdere del tutto il controllo. Per le scale andai a sbattere contro Louis che indossava uno splendido completo blu che gli metteva in risalto gli occhi; inarcò un sopracciglio senza accennare a scansarsi.
- E’ questa la tua mise per il matrimonio? Non ho affatto intenzione di arrivare all’altare con te vestita così: mi farai sfigurare. –
- Perché una nuvola rosa non è di per sé sufficientemente orribile. –
- Certamente, ma se l’indossatrice è veramente un fiore, nessuno noterà più di tanto la bruttezza del suo vestito: penseranno tutti a come sarebbe piacevole sfilarglielo. –
Sinceramente, quel ragazzo mi faceva ribrezzo. Lo scrutai con sufficienza.
- Non ti facevo così schizzinoso per una passeggiata di appena trenta metri. Potrai spogliare chi vorrai non appena la cerimonia sarà terminata. – e mi defilai lasciandolo sulle scale.


Spazio d'autrice.
Salve e benritrovati!
Piccola informazione di servizio: il nome NIAMH si pronuncia NIEV o NI'V.
Cosa ne pensate dei personaggi? Di Louis, di Rosalin e Cristopher? E della situazione in cui è costretta a vivere la ragazza?
Fatemi sapere le vostre opinioni,
con affetto, Jane.
  
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