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Autore: Ari_92    03/11/2014    6 recensioni
Blaine e Kurt; un aspirante scrittore che ha perso l’ispirazione e un futuro studente della NYADA con un sorriso abbastanza convincente da mascherare i brutti ricordi. Le loro strade si incrociano per caso e finiscono per intrecciarsi a mezz’aria in un equilibrio precario. È una caduta a farli incontrare; sono le pagine di un quaderno a raccontarli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez, Wesley Montgomery | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XII
 
 
Beige. Kurt è quasi preso da un moto di commozione nel rivedere il colore del pavimento della sua stanza; sono passate intere settimane dall’ultima volta.
Tutto sommato deve dire di essere abbastanza soddisfatto: ha passato la mattina così, a ignorare l’istinto di svenire sul letto e cadere in letargo fino a primavera in favore di una ben più produttiva catalogazione di ciò che avrebbe e non avrebbe dovuto portare a New York. A mezzogiorno ha già qualche scatolone pieno di fianco al letto e buona parte di quelli vuoti sono ordinatamente addossati alla parete, quindi sì: pavimento beige.
Dopo essersi concesso una prolungata ammirazione del finto parquet della sua stanza Kurt si dà un’ultima occhiata intorno: non può mettere via altro per adesso e questo è un bel problema. È un bel problema perché se non può tenersi occupato i suoi stupidi pensieri hanno la meglio e non c’è modo che non si metta a piangere come un idiota; il mezzo miracolo di qualche ora prima – quando per qualche strana magia è riuscito a non scoppiare in lacrime in faccia a Blaine – non ha alcuna speranza di ripetersi ora, nessuna.
 
Kurt strizza gli occhi, inspira a fondo e si siede ai piedi del letto. Può farcela, lo sente. D’accordo: Santana non l’ha più richiamato e non risponde ai suoi messaggi, e probabilmente domani Rachel si esibirà nella più drammatica e folgorante delle sue scenate, ma non può più tirarsi indietro. Non lo ha fatto quando ha dovuto ammettere a se stesso la verità su Tom: lo aveva amato disperatamente ma poi erano cresciuti, erano cambiati e ora non è più così per nessuno dei due. Quella rottura è stata un bene per entrambi; se lo è ripetuto così tante volte da quando è successo che vorrebbe solo prendersi a calci per non poter fare a meno di stare comunque così da schifo.
 
Gli aveva detto di New York e a quel punto c’erano stati tanti “Mi dispiace” e “È finita” e “Non è per New York, è che è già finita da un pezzo”. Ed era tutto vero, tutto quanto. Quelle parole gli si sono impresse a fuoco nella testa e non riesce nemmeno a chiudere gli occhi senza sentirle bruciare perché è la verità: quel loro grande amore da sedicenni era finito da molto più tempo di quanto fossero disposti ad ammettere, però Tom era sempre stato lì e adesso non c’è più e anche tutto il resto del suo mondo non c’è più; Kurt è seduto sul bordo del letto ma è come essere sul bordo di un precipizio.
 
Respira a fondo e si asciuga velocemente una lacrima con il dorso della mano, pensando che se non altro tutto il gigantesco, glorioso casino in cui è immerso gli permette di non pensare a Blaine. Blaine che in qualche modo riesce a essere l’occhio del ciclone in cui la sua stupida vita si è recentemente trasformata; Blaine che l’ha fatto sentire tutto intero per- beh, per la prima volta.
Se il suo umore non fosse bloccato al livello morte-di-tutti-i-parenti-prossimi potrebbe quasi sorridere al pensiero dei suoi propositi di neanche due mesi prima: voleva sconvolgere la vita di Blaine. Perché Blaine sembrava un ragazzino, con i suoi quaderni, la sua Mona, i suoi occhiali e la capacità di cadere nelle piscine vuote ad ottobre; ma non lo è, non è un ragazzino. Blaine è talmente tante cose che Kurt non sa nemmeno da dove cominciare.
Sa solo che vorrebbe leggere ogni singola cosa che ha scritto – per ora ha avuto accesso solo al prologo di una storia con Mona, la sera del campeggio –, vorrebbe portarlo dappertutto, vorrebbe aggiungere punti a quella loro stupida lista all’infinito e avrebbe voluto che fosse rimasto a dormire da lui quella sera, ma poi non poteva rischiare di non farsi trovare dai suoi genitori la mattina dopo ed era stato necessario accompagnarlo a casa.
 
Kurt viene riportato bruscamente alla realtà dal suono acuto del suo cellulare, sepolto da qualche parte sotto alle coperte; raspa alla rinfusa e nel frattempo si ripromette per la millesima volta di abbassare la suoneria dei messaggi, o almeno di impostarne una che non assomigli all’ululato di un qualche animale castrato. Non appena rinviene il telefono e legge il nome sullo schermo il suo stomaco fa una capriola; apre il messaggio a una velocità impressionante.
 
12:15
HUMMEL.

 
Kurt non fa in tempo a digitare nulla perché il suo cellulare vibra di nuovo.
 
12:15
SE È UN’ALTRA DELLE TUE STRONZATE STAVOLTA TI UCCIDO SUL SERIO.

 
Di nuovo, Kurt tenta invano di rispondere ma poi parte la suoneria che annuncia una chiamata in arrivo e okay, forse ora è abbastanza inutile scrivere un sms.
«Pron- »
«Hummel. Giuro che se tu e quel coglione del tuo ragazzo avete architettato questa stronzata solo perché tornassi a parlare con te è l’ultima volta che senti la mia voce.» Kurt non può negare di essere un tantino spaventato.
«Uhm, Santana- »
«Zitto. Dimmi solo se è vero.»
«Ma di che cosa stai parlando?» Sente Santana prendere un profondo respiro come a voler mantenere la calma e sì, ora ha paura sul serio. Rachel fa quei ridicoli respironi solo perché è la teatralità personificata, Santana li fa per ricordare a se stessa che l’omicidio non è legale.
 
«Okay. Ieri ero a questa festa a West Lima con Brittany e indovina chi vedo? Quel pezzo di merda del tuo ragazzo che si fa un drink con un altro tizio dai capelli di un biondo ossigenato così finto che faceva quasi ridere. Ero – e sono – ancora incazzata a morte con te per la faccenda di Rachel-piattola-Berry e di New York, ma vedere quel deficiente che ti cornificava o qualunque cosa stesse facendo mi ha fatto andare oltre lo stadio di incazzatura. Così sono andata là e gli ho tirato il suo cazzo di drink in faccia.»
«No. Non lo hai fatto sul serio.»
«Mi conosci, lo sai che l’ho fatto. Ad ogni modo il tizio biondo ossigenato – che tra parentesi era così gay che in confronto tu sei l’incarnazione dell’eterosessualità – è scappato via a gambe levate e il tuo Tommy si è messo a urlarmi addosso, così anche io gli ho urlato addosso finché non è venuto fuori che vi eravate appena lasciati e che quindi poteva vedere tutti i biondi ossigenati che voleva e io mi sono detta: se è vero giuro che vado a casa di quel deficiente e lo abbraccio.»
 
Kurt aspetta un secondo, ne aspetta due: niente di niente.
Era praticamente sicuro che la gelosia per quel cavolo di biondino ossigenato l’avrebbe prepotentemente travolto da un momento all’altro, eppure sembra che la stia aspettando in vano. Non prova niente: non vorrebbe essersi trovato al posto del biondino ossigenato, non vorrebbe ucciderlo né strappargli uno ad uno tutti i suoi capelli di dubbio gusto. In realtà è quasi contento. Dopotutto stando così le cose non deve sentirsi in colpa per aver fatto stare male Tom perché a quanto pare non sta poi così male e in qualche modo questo fa sentire meglio anche lui; ma non geloso. Non è geloso del suo biondino ossigenato e wow questo di sicuro è un bene.
«Lo sapevo, è una stronzata. Ti giuro che- »
«No, è vero. Ci siamo lasciati per davvero.» C’è un lungo, interminabile silenzio. Sa che lei è ancora lì solo perché la sente respirare pesantemente.
«Cazzo.»
 
Kurt apre la bocca per rispondere, ma Santana gli ha già sbattuto il telefono in faccia. Lo allontana dall’orecchio e fissa per un attimo lo schermo con le sopracciglia inarcate, come se si aspettasse una sorta di spiegazione da parte del suo stesso cellulare per il recente comportamento della sua amica. Se non altro ha avuto di nuovo occasione di sentire la voce di Santana dopo la disastrosa confessione dell’altro giorno, cosa in cui ormai aveva smesso di sperare.
Kurt sbuffa ed è quasi dell’idea di mettersi a cucinare qualcosa di elaborato per una cena a sorpresa con suo padre – dopotutto gli ha trovato quello che al novantanove percento sarà l’appartamento che affitterà a New York, deve pur ringraziarlo – quando nota qualche scatola più piccola vicino al comodino che ha dimenticato di impilare con le altre. Inizia a raccoglierle, ma la sua si rivela una pessima idea perché sollevando il secondo scatolone qualcosa di non particolarmente leggero gli cade su un piede. Dopo aver soppresso l’istinto di tirare un calcio a qualunque cosa gli abbia appena spappolato le dita guarda oltre le scatole che ha in mano e lo riconosce subito: il quaderno di Blaine, del quale non ha mai odiato così tanto la copertina semirigida.
 
Appoggia le scatole sopra a quelle impilate contro al muro e lo raccoglie: deve averlo dimenticato lì qualche ora prima. Percorre distrattamente il dorso con le dita: le pagine sono vagamente ondulate, segno che deve averle occupate quasi tutte il che è notevole visto che si tratta di uno di quei quaderni tascabili ma piuttosto alti, circa tre o quattro volte un quaderno normale.
Per un lungo momento Kurt si sente formicolare le mani dalla voglia che ha di leggerlo ed è proprio mentre sta per aprirlo e concedersi una full immersion nella testa di Blaine che decide di non farlo. Una volta arrivato momento in cui vorrà farglielo leggere sarà lui a dargli il permesso, e in quelle settimane è sempre stato piuttosto chiaro sul fatto che per ora non può sbirciare proprio un bel niente; Kurt rotea gli occhi e prende il quaderno sottobraccio, deciso ad uscire a comprare gli ingredienti per la sua favolosa cena – della quale non ha ancora deciso il piatto principale, tra l’altro, ma poco importa data la desolazione del loro frigorifero – e già che c’è passare anche a casa di Blaine per restituirgli il quaderno. Così si infila qualcosa di carino, prende le chiavi della macchina ed è pronto per partire. Sul sedile del guidatore rinviene la lattina vuota che ha lasciato ieri sera e che ora appoggia sul sedile del passeggero, insieme al quaderno.
Kurt mette in moto e inizia a fare retromarcia canticchiando una vecchia canzone che sta passando alla radio; per un momento ha il terribile sospetto di sentire un urlo in lontananza, ma non ci da troppo peso; questo finché qualcosa di non meglio identificato sbatte contro al suo finestrino e lui sobbalza dallo spavento, con la parte posteriore della macchina già per metà in strada. È fortunato che è mezzogiorno e che quella è Lima e quindi la normalità è che passi più o meno una macchina all’ora. Inchioda e apre d’istinto la portiera; niente avrebbe potuto prepararlo a ciò che lo aspetta di fronte allo sportello.
 
«Sei impazzita?» Chiede, e non è affatto una domanda retorica. Santana è in piedi davanti a lui con un’espressione indecifrabile e con in mano un fermacapelli di dimensioni gigantesche che Kurt riconosce come l’oggetto misterioso che è recentemente planato contro al suo finestrino. Lei incrocia le braccia al petto.
«Ho provato a dirti di fermarti ma tu come al solito stavi ascoltando la tua schifo di radio e non mi hai sentito.»
«Esistono i cellulari- » Ma Kurt non può concludere il suo pensiero, perché Satana Lopez – non riesce neanche a crederci, proprio Santana Lopez – si è appena piegata verso di lui per abbracciarlo. E lo sta abbracciando sul serio, Santana Lopez lo sta abbracciando.
La cosa più simile ad un abbraccio che avevano mai avuto risaliva a quando lei lo stava trattenendo per evitare che si rendesse ridicolo con Tom. E ora sta succedendo per davvero. Kurt teme di essere finito in una qualche sorta di universo parallelo dove Rachel è stonata, lui ha la carnagione scura, il mondo è governato da un bruco gigante e Santana abbraccia le persone.
«Okay, sei impazzita.»
«Ce l’ho ancora a morte con te, ma quel coglione non è più il tuo ragazzo quindi questo ci voleva.» E Kurt pensa che sì, ci voleva davvero.
 
 
*
 
 
«Blaine, siediti: dobbiamo parlare.»
«Eh?»
«Siediti, tesoro. Solo cinque minuti.» Blaine vorrebbe dire di nuovo “eh?”, ma probabilmente sua madre inizierebbe a sospettare che sia entrato nel “famigerato tunnel della droga” o qualcosa del genere. Però la verità è che un altro “eh?” ci starebbe benissimo, perché a) la sua non è il tipo di famiglia da “siediti: dobbiamo parlare” e b) l’ultima volta che hanno parlato seriamente di qualcosa risale a quando lo hanno candidamente informato che avrebbe iniziato a vedere uno psicologo. Quindi a meno che non vogliano spedirlo da un altro strizzacervelli o che ci sia qualcosa di molto grosso di cui è all’oscuro – una sorta di rivelazione della verità su Babbo Natale ma per diciannovenni – non sa davvero che cosa aspettarsi.
 
Si siede cautamente senza perdere mai il contatto visivo con sua madre: ha paura che se succedesse lei potrebbe prenderlo come un segno di debolezza e approfittarne per ucciderlo, come succede nei documentari. Ora sono seduti; sua madre in poltrona, lui sul bordo più esterno del divano, pronto se necessario a sfruttare quanto imparato sul jogging e darsela a gambe.
«Quindi? Di cos’è che volevi parlarmi?» L’espressione di sua madre si fa cupa e lui inizia automaticamente a sudare freddo.
«Dove sei stato stanotte, Blaine?» Oh, no. Questo è molto peggio di Babbo Natale. Blaine cerca di dipingersi in faccia la migliore delle sue espressioni innocenti; la probabilità di riuscita oscilla attorno all’uno percento.
«Da nessuna parte.»
«E tutte le altre notti? E i pomeriggi? Credi davvero che non me ne sia accorta?»
Sua madre avrà detto un totale di venti parole di fila e lui è già incapace di ribattere. Stare sempre con Kurt gli aveva fatto dimenticare quanto fa schifo nelle interazioni sociali. Abbassa un attimo gli occhi. Dannazione, ora può ucciderlo.
«Uhm- »
«Dimmi solo questo: ti sei rintanato in uno dei tuoi posti per scrivere o eri insieme a qualcuno?» Purtroppo per lui quelle che potrebbe inventarsi non sarebbero bugie a fin di bene, quindi non riesce davvero a mentire. Odia non riuscirci.
«Con qualcuno.» Un lungo, immane silenzio; poi le labbra di sua madre si tendono nel più grande sorriso che Blaine ricorda di averle mai visto in faccia.
 
«Sia ringraziato il cielo! Hai visto che la terapia ti ha fatto bene? Lo dicevo io con tuo padre: “Guardalo! È sempre così allegro e non ha più quel colorito da morto”.» Blaine è completamente pietrificato sul divano e non ha idea dell’ultima volta che ha sbattuto le palpebre. No, non sta succedendo davvero.
«Non- Non ti interessa che sia uscito di nascosto?» Lei sembra quasi indignata.
«Hai diciannove anni, Blaine! Hai idea di cosa facevo io a diciannove anni?» Non ne ha idea e francamente non ci tiene neanche a farsene una. Sua madre si alza dalla poltrona, recuperando la borsetta.
«Ma... E se fossi finito in brutte compagnie?»
«Non sei finito in brutte compagnie. Basti tu come madre iperprotettiva di te stesso, fidati.» Blaine non sa cosa dire, letteralmente.
«Bene, tuo padre è appena entrato in pausa pranzo e lo raggiungo: torniamo in serata. Ti chiederei di venire con noi, ma so che il tuo amico Wes sta per venire qui- »
«Infatti.» Sua madre infila nella borsa un’infinità di mazzi di chiavi e si avvia verso la porta, lasciandolo imbambolato sul bordo del divano.
«Oh, Blaine: d’ora in poi guai a te se mi tieni nascoste le tue uscite. Sono felice che tu metta il naso fuori di casa ma detesto le bugie.» E con quelle ultime parole si chiude la porta di casa alle spalle, mentre Blaine cerca nello stesso tempo di assimilare quella conversazione e non considerare sua madre in preda di qualche effetto collaterale dell’aver da poco compiuto cinquant’anni, cosa che gli risulta più difficile del previsto.
 
Se non altro ha poco tempo da dedicare a sua madre e alle crisi di mezza età, perché poco prima dell’una il suo campanello annuncia con sette modesti trilli l’arrivo di Wes; è più in ritardo del solito, ma non ha intenzione di farglielo notare: lui si irriterebbe – nella sua personale scansione temporale è sempre puntualissimo – e non gli va di gestire un Wes irritato, non proprio oggi che ha mille cose da raccontargli su Kurt e sulla notte appena trascorsa. Altre tre scampanellate.
«Arrivo, calmati!» Urla, mentre raggiunge la porta con un gran sorriso: muore davvero dalla voglia di aggiornarlo sulle ultime novità, senza ovviamente entrare in particolari troppo personali per non tradire la fiducia che Kurt aveva riposto in lui rivelandoglieli.
«Wes, non indovinerai- » Blaine rimane imbambolato sulla soglia di casa, mentre passa rapidamente lo sguardo tra le due – due! – persone in piedi davanti alla sua porta.
«...mai.»
 
«Blaine, questo è Kyle. Kyle, lui è Blaine.»
Wes è il solito Wes, solo con un sorriso molto più ampio e inquietante del solito. Kyle invece è questo tizio alto venti centimetri più di lui con una brutta giacca rossa, i capelli castani e un sorriso da pubblicità del dentifricio che lui non ha mai visto prima. Blaine sta zitto per un po’, probabilmente abbastanza da mettere a disagio Kyle – chiunque diavolo sia.
«Io- Okay. Ci puoi scusare per un secondo, Kyle?» Enfatizza con fin troppa energia il nome del tizio della pubblicità del dentifricio – è praticamente uguale, sul serio – mentre afferra Wes per un braccio e lo trascina senza particolare delicatezza dentro casa.
«Blaine- »
«Sei impazzito?» Una volta arrivati in salotto, Blaine si cimenta in una nuova tecnica che consiste essenzialmente nell’urlare sussurrando e deve ammettere che gli sta riuscendo piuttosto bene. Wes sembra contrariato.
 
«Così Kyle penserà che sei un maleducato.»
«Me ne frego di cosa pensa Kyle, Wes! La storia della nonna non ti ha insegnato niente? Ero disposto a fingermi a chilometri di distanza pur di non incontrare sconosciuti a casa mia e tu ti presenti a tradimento con quel tizio?»
Wes ora è decisamente spazientito. Lui. Lui è spazientito; come se fosse lui ad avere uno sconosciuto davanti alla porta di casa.
«Se ti calmassi e mi lasciassi parlare scopriresti che Kyle è un ragazzo mediamente carino che ogni tanto fa da babysitter a mia sorella – sì, un maschio che fa il babysitter – , che è gay e che vuole conoscerti.» Blaine lo fissa per un lungo, interminabile istante. Non riesce a decidere se preferirebbe che morisse Wes, quel tizio sulla porta o lui stesso.
«Tu- tu non puoi organizzarmi appuntamenti con dei babysitter di nome Kyle senza dirmi niente prima!» Wes allarga le braccia.
«Blaine, te l’ho detto che non ho intenzione di gestire i tuoi drammi quando Kurt partirà e Kyle è un buon modo per pararmi il culo, se permetti. Dimmi che non è carino. Me ne accorgo perfino io che è carino!» Blaine vorrebbe seriamente prenderlo a pugni.
 
«Il punto non è se è carino o meno, Wes. Il punto è che non voglio uno sconosciuto in casa mia e soprattutto non voglio averci un appuntamento o qualunque cosa tu abbia in mente- »
«Ma si chiama Kyle!»
«Buon per lui.»
«Tu andavi matto per Kyle XY.» Blaine sgrana gli occhi e non ha idea da dove provenga la forza di volontà che gli impedisce di strangolare seduta stante il suo migliore amico.
«Kyle XY era un cavolo di telefilm su un tizio senza ombelico, okay?»
«Kyle! Vieni dentro e stai tranquillo: Blaine è solo in quel periodo del mese.» Urla Wes, diretto verso la porta.
Così Kyle XY e il suo sorrisone fanno il loro ingresso in soggiorno e Blaine si sposta leggermente a destra in modo da essere esattamente sotto al lampadario, pregando con tutte le sue forze che si stacchi e gli cada in testa.
 
Dieci minuti dopo Blaine ha appreso tutto ciò che c’è da sapere su Kyle XY, ovvero che adora i bambini – un giorno ne vuole almeno tre perché “tre è il numero perfetto, non trovi?” –, gli piace fare sport – la metà di quelli che ha nominato Blaine non sapeva neanche che esistessero – e, a quanto pare, gli piace lui. Ha iniziato a sospettarlo quando Kyle XY ha abbandonato la poltrona per piazzarsi esattamente al suo fianco sul divano e ne ha avuto una mezza conferma quando gli ha appoggiato una mano su un ginocchio, mano che a quanto pare rimarrà lì per sempre siccome sono già cinque minuti buoni che quella cosa va avanti. Così Blaine sta lì, rigido come un pezzo di legno ad ascoltare gli esilaranti aneddoti della vita di Kyle XY facendo del suo meglio per ignorare gli stupidi occhiolini di Wes e il fatto che il suo lampadario è uno stronzo per non essergli caduto in testa quando doveva.
 
Dopo cinque ulteriori minuti di inutili sproloqui Blaine può affermare che l’unica cosa ad averlo davvero colpito di Kyle XY è il fatto che Kyle XY ci stia provando con lui; insomma, non si è impegnato particolarmente per risultargli simpatico. In realtà si sta impegnando più che altro per farsi odiare, giusto per fare un dispetto a Wes e alle sue idee balzane che per poco non gli fanno venire un infarto. Poi tutto a un tratto il campanello suona e per Blaine quel rumore stridulo è come il canto del più bell’angelo del Paradiso.
«Suonano. Vado ad aprire- »
«No, no, no. Saranno solo gli scout che vendono qualche merendina o roba del genere, ci penso io.» Dice allegramente Wes, scattando in piedi come una molla. Blaine non ha mai odiato tanto qualcuno come odia Wes in questo momento.
«È casa mia e apro io. E poi non ci sono gli scout a novembre.» Peccato che Wes non lo stia minimamente ascoltando e che anzi stia già allegramente saltellando verso la porta al grido di “Gli scout non vanno in letargo”. Vorrebbe ucciderlo. Vorrebbe alzarsi da quel dannatissimo divano e ucciderlo.
 
«Perciò, Blaine.» Già, Kyle XY è ancora seduto lì e il suo tono di voce non gli piace per niente. Blaine si volta cautamente verso di lui solo per trovarsi il suo sorrisone da pubblicità a venti centimetri dalla faccia.
«“Perciò, Blaine” sono due parole che non hanno nessun senso insieme, quindi non saprei cosa ti aspetti che io risponda adesso.» A questo punto ritiene e si augura che Kyle XY lo mandi definitivamente a quel paese, e invece in qualche strano modo riesce a sorridere ancora di più.
«Okay, riproviamo.» Dice Kyle XY con quello che Blaine teme seriamente essere un tentativo di voce seducente; infatti si sposta ancora più vicino e la sua mano dal ginocchio scivola leggermente verso l’alto e Blaine vorrebbe morire. «Sei proprio molto carino, Blaine.»
Oh, beh, fantastico. Peccato che lui non lo sia. O meglio, per essere carino è anche carino, ma non è Kurt.
 
Ed è proprio mentre formula questo pensiero che si vede davanti proprio lui, Kurt.
Non nel senso che una immagine di Kurt prende forma nella sua testa e quindi è come se fosse lì, tipo cliché dei peggiori romanzi per dodicenni. Kurt è davvero lì, nel soggiorno di casa sua, bellissimo come sempre e con gli occhi ben fissi sul punto in cui la mano di Kyle XY è ferma sulla sua gamba.
Blaine ha l’orribile sensazione che non si muoverà mai più da quel divano perché di punto in bianco non riesce nemmeno a respirare, inoltre sente il principio di una crisi di panico montargli nello stomaco e non sa neanche il perché. Kurt ha un’espressione indecifrabile e Wes è appena apparso alle sue spalle e- oh, ovviamente Wes lo ha fatto entrare senza nemmeno avvisarlo. Deve uccidere Wes, sul serio.
 
«Io- uhm. Volevo riportarti questo.» Kurt solleva appena un braccio e wow quello è il suo quaderno. Kurt ha il suo quaderno. Kurt potrebbe aver letto quel quaderno. Ora l’attacco di panico è decisamente in corso.
«Kurt- »
«Ma evidentemente sei impegnato quindi lo lascio qui e- okay, scusate.»
Lascia cadere il quaderno sulla poltrona e si dirige verso l’ingresso a una velocità impressionante.
 
Al che Blaine si rende conto che non c’è alcun pericolo di rimanere paralizzato a vita sul divano; in quel caso, infatti, ora non starebbe correndo.

 
 
 
 

 
 
 
 
Buon lunedì, guys :)
Scusatemi se oggi sono di poche parole, ma sono abbastanza sicura di avere la febbre e al momento ci vedo doppio. Sono soddisfazioni u.u
Bene, prima di imbottirmi di aspirina e andare a letto due parole su questo capitolo:
- Per tutti quelli che l’aspettavano, finalmente una più che dovuta scena Kurtana *-*! A questo punto non ci resta che assistere alla reazione di Rachel... We’ll see u.u
- Vi assicuro che il discorso della madre di Blaine è basato su fatti realmente accaduti... *coff*. A chi, a me? Naaaah.
- Kyle XY, guys. K y l e X Y. Non ditemi che non lo conoscete perché non ci credo. Era sempre lì, ogni pomeriggio su Italia uno, taaanti anni fa - ...Dai. Non ho mai messo un finale cattivo in tutta la FF. Concedetemi un po’ di trollaggine per una volta *si chiede per quale caspita di ragione in TUTTE le sue FF a un certo punto c’è qualcuno che fugge e qualcun altro che rincorre... well*
Non mi trattengo più a lungo per dannatissimi motivi di salute (da notare che era una settimana che non mettevo il naso fuori di casa e come lo faccio bum, malata), e vi do appuntamento alla prossima settimana. Un grazie immenso a tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo nonché alla mia adorata e bellissima moglie. Scusate ancora se non mi trattengo di più ;-; A presto ♥
 
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