Fanfic su artisti musicali > B2ST/Beast
Segui la storia  |       
Autore: Monijoy1990    04/11/2014    1 recensioni
Questo racconto rappresenta il proseguimento di "Love story". Quindi invito chiunque non lo abbia letto a farlo prima di iniziare.
Roberto è un ragazzo arguto e intelligente con un futuro già scritto a lettere cubitali nel suo destino e un sogno in minuscole chiuso in un cassetto. Avvocato, dottore o ingegnere questo ciò che vorrebbero i suoi genitori per lui. Ma cosa vuole davvero Roberto? Diventare un cantante. Così il Giappone diventerà la sua strada e la Kings Record la sua meta. Durante il suo viaggio verso il successo il destino gli tenderà tante sorprese improvvise. Riuscirà grazie alla sua arguzia e al suo buon cuore a superare le sue insicurezze? Tra triangoli amorosi e amicizie inaspettate, sarà in grado di realizzare il suo sogno? Troverà la sua strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 7
 
AMORE O FALSE ILLUSIONI?
 

ITALIA
 
Eichi era appena rientrato in albergo. Nei giorni seguenti avrebbe partecipato a un concorso musicale con la sua classe del conservatorio.  Avevano appena terminato le prove del mattino.
Distrutto, si lasciò scivolare sul letto a due piazze della stanza. Con la mano sfiorò il materasso morbido sul lato libero e spazioso alla sua destra. Mary gli mancava incredibilmente. Non era facile per lui gestire le sue continue assenze. Per certi versi Eichi e Marco vivevano nella medesima situazione: entrambe le loro mogli erano sempre in giro per lavoro. Girandosi su un fianco, tirò dalla tasca sinistra dei suoi pantaloni un cellulare. Con incertezza se lo rivoltò tra le mani.
“Se la chiamo mi risponderà? Sarà troppo impegnata?” A malincuore rinunciò a quell’idea.
Tornando a pancia in su prese a osservare il soffitto bianco e vuoto. Un pensiero non aveva fatto altro che torturarlo per tutto il giorno. Sollevando la sua mano destra per aria la esaminò come farebbe un archeologo che ispeziona un reperto raro e indefinito.
“Come ho potuto schiaffeggiare Roberto in quel modo? Quando è iniziata questa battaglia? Quando abbiamo smesso di capirci? Più ci penso e più non riesco a venirne a capo. Mi manca incredibilmente il bambino ubbidiente con il caschetto nero che ascoltava tutti i miei consigli con occhi attenti e fiduciosi. Mi mancano i nostri momenti seduti sul pontile bagnato dal caldo sole del tramonto. Quando è cambiato tutto? Perché deve essere così difficile fare i genitori?”
Proprio in quel momento il telefono vibrò. Lo recuperò. Le sue labbra si distesero in un caldo sorriso. Si trattava di sua moglie. Era incredibile come Mary riuscisse a intuire, anche a chilometri di distanza, quando avesse più bisogno del suo caldo conforto. Più sollevato rispose.
 
 
 
Marika era seduta su quella fredda sedia, davanti a quel freddo banco. La campanella suonò. Ancora pochi giorni e sarebbero iniziati gli esami di stato. Aveva sempre immaginato la sua notte prima degli esami al fianco di Roberto, a studiare fino a tardi, magari con un termos di caffè nero e fumante sulla scrivania della sua stanzetta, ma ovviamente adesso non sarebbe stato così. Diede un’occhiata al cellulare mentre gli altri ragazzi recuperavano i libri dalle loro cartelle per l’ultima ora di lezione. Ancora nessuna risposta dal suo amico. Sconfortata ripose il telefono nella tasca e prese anche lei i libri di matematica. Ancora due ore e sarebbe potuta fuggire via da quella prigione che gli ricordava troppo l’assenza di Roberto,l’assenza del suo unico amore oltre che della persona più importante della sua vita. Tornare a casa senza di lui non era la stessa cosa. Ogni tanto si perdeva in quei momenti pieni e felici che avevano vissuto insieme. Erano passati solo due giorni, ma già gli mancava incredibilmente. Il professor Falco fece il suo ingresso, il chiacchiericcio all’interno dell’aula si interruppe immediatamente. La sua presenza era veramente ingombrante e non solo in senso letterale.  
Marika lo ignorò annoiata volgendo il suo sguardo oltre la finestra.
“Chissà cosa starà facendo Roberto? Starà bene? Cavolo, perché non risponde ai miei messaggi?”, due colpetti al fianco destro la riportarono alla realtà. Maria, la sua compagna di banco, l’aveva appena richiamata. Il professor Falco oggi avrebbe torturato lei, ma quello era l’ultimo dei suoi pensieri.  La sua più grande preoccupazione al momento era Roberto. Aveva un brutto presentimento. Come se non solo la distanza fisica, ma anche qualcos’altro, sarebbe arrivato presto o tardi ad allontanarli inevitabilmente l’uno dall’altra.
Si sollevò annoiata dalla sedia e, sfidando sicura il professore, avanzò verso la lavagna. A mento altro e sguardo fiero, osservava il docente. L’interrogazione stava per iniziare, ma Marika aveva nella testa e nel suo cuore solo Roberto.
 
GIAPPONE
 
Roberto era arrivato alla Kings Record, era ormai sera inoltrata proprio come gli aveva suggerito Nami. Dopo una decina di minuti, tre insolite sagome incappucciate avanzarono nella sua direzione. La più bassa delle tre si levò il cappuccio. Era Nami. Gli sorrise soddisfatta, sventolandogli sotto il naso un mazzo di chiavi.
«Toshi, mi ha dato queste. Potremo sfruttare la sala prova della casa discografica. Seguimi» lo spronò avviandosi verso l’enorme porta seguita dagli altri due ospiti ignoti.
«Scusa Nami, ma loro chi sarebbero?» gli chiese lui sussurrandole a un orecchio e indicando i due soggetti incappucciato oltre le sue spalle.
«Loro, sono i nostri ballerini. Non preoccuparti, appena saremo entrati ti spiegherò tutto» detto questo i quattro entrarono nel palazzo.
Erano finalmente nella sala prove in cui spesso Toshi ripeteva le coreografie.
Le due figure scure finalmente si sfilarono i loro cappucci neri. Erano due ragazzi, potevano avere la stessa età di Roberto.
«Loro sono i T&G. Ci aiuteranno con la coreografia. Nella gara di ballo ci si esibisce in gruppo e loro saranno le tue spalle durante l’esibizione. Stai tranquillo, puoi fidarti di loro. Sono veramente bravi. È stato Take a raccomandarmeli» lo rassicurò Nami avvicinandosi alla console e inserendo un CD. Roberto accennò un inchino verso ognuno dei ballerini che ricambiarono in silenzio quel saluto rispettoso. Senza parlare iniziarono il loro riscaldamento. Non sembravano una coppia molto loquace. Roberto aggrottò la fronte. Quei due non lo convincevano per niente. Nonostante le rassicurazioni di Nami era ancora abbastanza perplesso sulle sue reali possibilità di farcela.  Quei due tipi strani sarebbero davvero riusciti a prepararlo in tempo per la gara? È vero che imparava facilmente ma ci sarebbe riuscito anche questa volta?
Improvvisamente il suo sguardo si accese di curiosità. Se lui avrebbe ballato con T&G, Kei con chi si sarebbe esibito?
«Nami se loro balleranno con me, chi ballerà al fianco di Kei?» le chiese preoccupato.
«Immagino ballerà con Shin e Jona. Mio fratello si occuperà della musica, e Take sono sicura che rimarrà in disparte per non condizionare troppo l’esito della gara». Dopo aver spinto il tasto play la musica partì. Il ritmo era carico e coinvolgente.
«Questa te la manda mio fratello» gli spiegò Nami avviandosi nella sua direzione.
«Nonostante Kei abbia voluto mettersi contro di te, gli altri invece sembrano credere molto nelle tue capacità. Quindi non puoi assolutamente permetterti di deluderli. Mi hai capito? Sono tutti dalla tua parte e anche io lo sono» detto questo, la ragazza gli diede una pacca amichevole sulla schiena, andandosi a posizionare subito dopo, in un angolo isolato della stanza. Era arrivato il momento di darsi da fare. I due ragazzi si disposero ai lati di Roberto. Il tempo per rilassarsi era finito, adesso si doveva fare sul serio.
“Roberto, puoi farcela. Anzi, no. Devi farcela!” dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Nami attraverso l’imponente specchio davanti a sé, iniziarono le prove.
 
Kei era con Jona e Shin nel garage di Take che ripassavano la coreografia già per la sesta volta.
«Kei, possiamo fare una pausa? Sono veramente distrutto» lo supplicò Shin buttandosi al suolo scompostamente e incrociando le gambe.
«Shin, non possiamo fermarci! Deve essere perfetta, non lo capisci? Alzati!» lo rimproverò Kei sollevandolo prepotentemente per un braccio e costringendolo a recuperare la sua posizione.  Jona lo osservava infastidito. Proprio non capiva il senso di quelle prove massacranti. La coreografia era perfetta. In realtà quello che capiva ancora meno era il senso di quell’inutile competizione. Proprio non voleva gareggiare contro Roberto. Ma non poteva neanche tirarsi indietro.
Doveva ammettere che allenarsi con Kei era massacrante per più di un motivo, inoltre quel suo caratteraccio era largamente peggiorato dopo che Shin aveva riferito loro di aver visto Roberto e Nami entrare alla Kings Record in compagnia di altre due persone.
Che non fosse più così tanto sicuro di farcela?
«Kei, siamo distrutti. Cosa ne dici di fare solo una piccola pausa?» gli propose Jona.
«Non so che tipo di abitudini abbiate in America, ma qui in Giappone non tolleriamo i pappamolle. Adesso finitela di lamentarvi e riprendete» detto questo fece ripartire la musica. Il suo sguardo irremovibile era fisso sugli altri due.  Attraverso lo specchio impolverato osservava attento ogni loro movimento.
Per lui era ancora molto difficile ammetterlo, ma vedere Nami così vicina a quello straniero, metà giapponese metà italiano, gli aveva acceso qualcosa dentro. Non era semplice gelosia… più che altro non poteva tollerare che un approfittatore come lui godesse già del favore di tutti. dopotutto era arrivato lì con la pretesa di sfruttare le loro abilità per raggiungere i suoi fini.
Questo proprio non poteva accettarlo. Tutti avevano delle capacità da condividere con il gruppo: Take era un ballerino e un cantante eccellente, Toshi oltre a essere un ballerino e un cantante, era anche un ottimo arrangiatore musicale. Jona dalla sua aveva anni di studio, una preparazione eccezionale in diversi campi compresa la recitazione e dei contatti influenti, mentre lui era un ottimo rapper, ma Roberto cosa aveva da offrire loro? Nulla, se non un idea anche molto rischiosa. Perché tutti avevano deciso di seguirlo senza riflettere prima sulla possibilità che si stesse solo approfittarsi di loro?
Questo proprio non poteva sopportarlo. L’ingenuità era qualcosa che non era contemplata nel suo vocabolario.
Avrebbe dimostrato le scarse capacità di Roberto. Non gli avrebbe permesso di ripararsi dietro la fama di suo padre. Non poteva permettere che la sua inesperienza costasse loro un fallimento.
Più convinto riprese gli allenamenti.
 
 
Roberto era appena uscito dagli spogliatoi. Aveva appena finito di fare una bella doccia rigenerante.
“Mi ci voleva proprio una bella rinfrescata! Cavolo le braccia e le gambe mi fanno un male atroce, sono completamente fuori gioco.”
Stremato raggiunse la sala prove mentre con un asciugamano si tamponava i capelli neri e lisci.
Dentro, ad attendere il suo ritorno, era rimasta solo Nami, gli atri due ragazzi erano andati via. Era sul pavimento con la schiena appoggiata alla parete opposta a quella dell’enorme vetrata. Con le gambe raccolte e le braccia appoggiate alle ginocchia reggeva il peso della sua testa. Stava dormendo. Intenerito Roberto la raggiunse, sedendole accanto silenziosamente. Con un tocco leggero le scostò dolcemente un ciuffo di capelli dal viso. Era la prima volta che accettava l’aiuto di qualcuno, o meglio era la prima volta che aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno.  Ed era anche la prima volta che si trovava a fare i conti con qualcosa in cui non era abile. Tutto sommato era abbastanza divertente mettersi alla prova. Più fissava Nami e più provava tenerezza per lei.
“Come si può trattare freddamente una ragazza così? Kei è proprio un idiota. Lasciarsela sfuggire in questo modo è proprio da stupidi.”
Improvvisamente Roberto si ricordò di Marika.
“Ma chi sono io per giudicare? Dopotutto non ho trattato Marika nello stesso modo? Anzi peggio, io l’ho illusa per poi distruggerla. Più ci penso e più penso di aver sbagliato quella sera. Non avrei dovuto cedere. Forse sarebbe stato meglio per entrambi non superare quel limite.”
Dilaniato dal dubbio recuperò il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni. In alto l’icona dei messaggi lampeggiava insistentemente.
Non aveva avuto nemmeno il coraggio di aprirlo e scoprire cosa lei gli avesse scritto. Aveva imparato a leggere tra le righe e Marika la conosceva più di quanto conoscesse se stesso. Sapeva che avrebbe finto di stare bene anche se dentro soffriva da cani. Quanta sofferenza avrebbe dovuto sopportare prima di arrendersi alla realtà? Era davvero giusto che soffrisse così per colpa del suo egoismo? Non meritava il suo amore, non avrebbe mai dovuto cedere alle sue labbra peccaminose e a quel desiderio insano. Era stato egoista fino all’ultimo. Quella sera si lasciarono con una promessa avida e irrazionale. Bagnati dalla pallida luce della luna e immersi nelle fredde acque del lago, si erano scambiati delle promesse irreali. Lui le aveva promesso che sarebbe tornato da lei un giorno, ma nel momento stesso in cui quelle parole uscirono dalla sua bocca si pentì di avergliele dette. E se lui non fosse riuscito più a tornare? Forse non avrebbe dovuto lasciarle quella speranza così labile. Forse la soluzione migliore adesso era lasciarla libera, anche se questo avrebbe significato rinunciare a lei. Ma era davvero pronto a lasciarla andare? Con tensione malcelata, aprì il messaggio.
 
Da Marika:
 
Ciao Roberto. Come va in Giappone? Qui la scuola è una vera noia. È ironico, adesso che non devo più aspettarti fuori dalla tua classe, mi ritrovo a passarci davanti continuamente. Non so, forse lo faccio perché infondo mi aspetto di vederti uscire da quella porta con la tua solita faccia da cane bastonato. Mi viene quasi da ridere se ripenso a quante volte mi hai implorato di perdonarti per i tuoi continui ritardi.  Scusami, forse non dovrei scrivere queste cose deprimenti. Dimentica tutto e lavora sodo. Io credo in te. Ti aspetterò, ma più di tutto aspetterò il tuo successo. Dai il meglio di te. Fighting !!!  
 
Roberto stava per risponderle quando avvertì qualcosa solleticargli il collo. Si girò alla sua destra scoprendo Nami a pochissimi centimetri dal suo viso che leggeva quel messaggio con occhi curiosi.
Roberto, spense lo schermo e nascose il telefono nella tasca dei pantaloni.
«Tranquillo, l’italiano non lo capisco. Visto il modo e la fretta con cui lo hai tirato via suppongo si tratti di qualcuno di speciale. È la tua ragazza?» gli domandò con interesse.
Roberto si sollevò di scatto, recuperando l’asciugamano e la sua bottiglietta di acqua.
«Non sono fatti che ti riguardano.» le rispose infastidito.
«Non deve esserle stato facile…»
a quelle parole Roberto si arrestò immediatamente ormai vicino la porta con la mano sulla maniglia«Cosa?».
«lasciarti andare. Questa ragazza deve essere o molto coraggiosa o molto stupida. Devo ancora capire se lasciare andare chi si ama sia un atto poco intelligente o al contrario quasi eroico».
«Non credo ti riguardi, quindi ti prego di non ficcanasare. E comunque non ci siamo detti addio, un giorno tornerò. Gliel’ho promesso».
«Promesso? Ma stai scherzando? Cosa hai intenzione di fare se non riuscirai, se la vita non te lo permettesse? La lascerai davvero lì a torturasi nell’attesa di un tuo ritorno? Sei sicuro che rimarrà lì ad aspettarti in eterno? Forse dovresti semplicemente farla finita, prima che diventi troppo difficile farlo».
«Cosa ne sai tu! Pensi sia così semplice? ».
«Rinunciare a chi si ama non è mai facile, io lo so benissimo, ma …»
«Si è fatto tardi, sarebbe meglio andare», la interruppe Roberto prima di spalancare la porta e uscire. Nami lo rincorse per i corridoi. In silenzio erano finalmente fuori dall’imponente palazzo. Roberto non poteva sopportare le parole di quella ragazzina invadente. Non poteva tollerarle perché infondo sapeva che rappresentavano la verità.
«Roberto, mi dispiace. Non avrei dovuto intromettermi. Dopotutto una ragazza così stupida come me, che continua a insistere con un amore a senso unico, che diritto ha di giudicare gli altri… » si rammaricò chinando il capo e fissando la punta delle sue ballerine. Roberto la ignorò mentre ostinatamente fissava la gente che, sul marciapiede opposto sfilava frettolosa da entrambi i lati.
“Forse ho esagerato..” per un flebile istante si pentì di aver alzato la voce in quel modo. Si voltò appena in tempo per incontrare un insolito sorriso tirato di Nami, la stessa dopo aver incrociato il suo sguardo si aggiustò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio spostando lo sguardo altrove.
«Comunque, perché tu lo sappia, oggi non te la sei cavata male. Ci vediamo domani» detto questo Nami fermò un taxi salendoci dentro in gran fretta.
Roberto rimase lì fermo mentre la vettura bianca gli sfilava davanti. Era sicuro di aver visto una lacrima scendere sul suo viso candido. Forse aveva esagerato davvero. Era proprio destino, le ragazze era solo bravo a farle soffrire.
Strinse i pugni.
“Forse Nami ha ragione, dovrei farla finita prima che Marika sprechi la sua vita aspettandomi inutilmente. Quella promessa potrei non mantenerla mai… Non voglio che soffra per colpa mia”.
Preso il cellulare dalla tasca aprì quel messaggio e coraggiosamente scrisse la sua risposta.
 
Da Roberto.
Marika, scusami, non ho avuto il coraggio di scriverti prima. La verità è che sono un codardo e un bugiardo. Avevi ragione quella sera, non sono altro che questo. Non credo sarebbe giusto per entrambi vivere condizionati da una promessa irragionevole come quella che ti ho fatto l’ultima volta. Non voglio che tu sprechi la tua vita aspettando un ragazzo che forse non potrà più tornare da te. Non voglio privarti della libertà di vivere una vita piena solo per colpa di una speranza inconsistente. Ti amo, ma non voglio condizionare la tua vita.
 
 
Spinse invio. Ripose il telefonino nella tasca dei pantaloni. Dopo due minuti ricevette una risposta.
 
Da Marika:
Non essere ridicolo, ti ho aspettato per 18 anni, non mollerò di certo adesso. Se davvero mi ami non smettere di credere in noi. Perché finché avrò vita io non lo farò. Non cancellarmi dalla tua vita credendo di farlo per il mio bene, non importa quanto dovrò aspettare, io rimarrò qui ad attendere il tuo ritorno. Ti aspetterò come ho sempre fatto, così a scuola così nella vita. Non potrei vivere senza di te.  Abbi fiducia in noi. Ti amo.
 
Roberto stringeva il telefono nella sua mano destra.
“Cosa dovrei fare? Andrà davvero bene così?”
 
Da Roberto:
Tornerò.
 
Il bus si fermò a pochi metri da lui, più sicuro delle sue intenzioni si incamminò verso di esso. Aveva deciso, non si sarebbe lasciato scoraggiare da niente e da nessuno. Non si sarebbe mai dimenticato di lei. Avrebbero superato anche questo ostacolo insieme. Non voleva e non poteva ancora rinunciare al suo amore. Un amore che non avevano ancora trovato il tempo di vivere appieno.
 
 
ITALIA

Clara aveva appena fatto cassa a una coppia di ragazzi. Con una mano si asciugò la fronte. Era davvero stanca e poi faceva davvero caldo. Diede un’occhiata all’orario dal suo orologio da polso. Ancora venti minuti e avrebbe chiuso il negozio.
Impaziente osservava la lancetta dei secondi avanzare. Una voce sommessa ma anche virile la richiamò. Sollevò i suoi occhi verdi e incrociò il viso di un ragazzo alto e molto affascinate, con dei capelli biondi e lucenti come il sole, lunghi fino alle spalle tenuti stretti in un codino e degli occhi grandi e azzurri come il cielo. Aveva un completo elegante e un portamento regale. Non doveva avere più di trent’anni.
«Prendo questo» le indicò uno spartito. Clara lo recuperò impacciata dalle sue mani. Le dita di quel ragazzo erano davvero molto lunghe e sottili mentre i suoi occhi erano inaspettatamente limpidi e gentili, l’opposto della sua corporatura alta e imponente. Per un attimo i fogli, che aveva appena recuperato, gli scivolarono dalle mani. Subito il ragazzo elegante corse in suo aiuto. Per pochi istanti le loro mani si sfiorarono. Clara diventò rossa come un peperone, e impreparata a quel contatto indietreggiò a disagio.
«P… p… prende solo q… q… questo?» improvvisò balbettando come una idiota.
L’uomo le sorrise divertito. Doveva essere abituato a suscitare quel tipo di reazione nelle ragazze.
«Si, per il momento» aggiunse cortese.
«Sono dieci euro» completò lei deglutendo vistosamente. L’uomo recuperò il suo portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloni. Clara approfittando di quel momento di distrazione si osservò sulla superficie specchiata del bancone. Si aggiustò i capelli alla meglio e squadrò il suo trucco ormai inesistente. Tutto questo nell’arco di pochissimi secondi.
«Ecco, tenga pure il resto» la richiamò cogliendola di sorpresa. Clara spostò il suo sguardo sorpreso dal  viso angelico del ragazzo al bancone, appena in tempo per notare una banconota da cinquanta euro abbandonata a pochi centimetri dal punto in cui si era appena specchiata.
«Non posso accettare, è davvero troppo.» provò a convincerlo riconsegnandogliela cortesemente. L’uomo le sorrise divertito.
«Allora, li consideri come un versamento per acquisti futuri. Tornerò presto in questo negozio. C’è qualcosa di davvero interessante che devo assolutamente tornare a prendermi» completò salutandola cortesemente inchinando leggermente il capo in avanti, poi recuperato il suo acquisto uscì lasciando Clara con un’espressione da ebete sul viso.
“Ha detto che tornerà…  c’è ancora qualcosa che gli interessa qui… ” con una mano si tastò il petto. Il suo cuore era in subbuglio per la prima volta nella sua vita.
 
 
 
TOKYO
 
Kei aveva appena raggiunto l’edificio della Kings Record. Erano appena le otto di sera. Non sapeva neanche perché era finito lì davanti.
“Cosa diamine ci faccio qui? Non dovrei preoccuparmi. Quel pivellino non ce la farà mai a vincere contro di me. Eppure sono qui. Allora cosa mi preoccupa tanto?” Kei osservava, nascosto dietro un palo, l’ingresso della Casa discografica.
Due colpetti innocenti e improvvisi alla spalla destra, lo fecero sobbalzare.
«Cosa ci fai qui?» era Nami.
I suoi occhi si fecero freddi e indifferenti per mascherare invece la sorpresa di essersela ritrovata improvvisamente alle spalle.
«Quello che faccio non sono affari che ti riguardano» le rispose scontroso come al solito.
Nami arricciò il muso indispettita.
«meglio così, anche volendo non avrei avuto il tempo di discuterne con te. Io e Rob abbiamo cose più importanti da fare» detto questo lo superò con aria indifferente.
“Rob? Da quando in quando lo chiama così? Dopo neanche due giorni si è presa così tanta confidenza con quel tipo?”
Kei, non poteva sopportare il fatto che avesse improvvisamente deciso di ignorarlo, o forse più semplicemente lo infastidiva che le sue attenzioni adesso fossero rivolte verso qualcun’altro. La bloccò per un braccio prima che lei potesse attraversare la strada.
«Cosa vuoi adesso?» lo riprese lei con uno sguardo sorpreso e contrito che colpì Kei dritto al cuore. La sua mano tremò incerta.
“Perché diavolo l’ho bloccata?”
Qualcuno inaspettatamente si intromise tra loro, allontanando in malo modo la mano forte di Kei dal braccio esile di Nami.
«Tutto bene?» chiese Roberto alla ragazza, accarezzandole il viso premuroso. Lei gli acconsentì con un sorriso timido e imbarazzato.
Kei strinse i pugni. Da quando in quando, Roberto era diventato il principe azzurro e lui l’antagonista spietato?
Era davvero assurdo. Non poteva credere che dopo tutte le sue moine da ragazzina innamorata, Nami lo avesse messo da parte così facilmente. Stava per voltarsi e allontanarsi quando Roberto lo fermò.
«Volevi qualcosa da NOI, Kei?» gli chiese mettendo l’accento sul termine NOI e stringendo a sé Nami.
Il ragazzo con il ciuffo sull’occhio sinistro si fermò appena in tempo sorridendogli beffardo. Non gli avrebbe concesso il lusso di vederlo perdere la pazienza. Era quello che voleva, lo aveva capito.
«Ero venuto per invitarvi alla nostra esibizione di questa sera al Blue Night. Ho pensato che sarebbe stato istruttivo per te vedere dei veri professionisti all’opera. Magari, se sarai attento, riuscirai ad imparare anche qualcosa. Non che tu abbia molto tempo ormai per apprendere i rudimenti, figuriamoci per perfezionarti…»
«Non preoccuparti troppo per me, ancora non mi conosci. Sono un tipo che impara para molto in fretta, sai? .»
«Lo vedremo…» detto questo si allontanò dai due ragazzi con la sua solita aria di superiorità, con le mani nelle tasche anteriore e a passo spedito.
«Credimi Nami, non so davvero cosa ci vedi in lui» proseguì Roberto riportando la sua attenzione sull’amica. La stessa aveva stretto con la mano destra il punto in cui l’aveva bloccata Kei poco prima. I suoi occhi erano increduli e vivaci allo stesso tempo.
«È la prima volta che mi blocca in questa maniera. Non posso crederci…» proseguì incredula.
«Sei un caso patologico, lo sai?»
«Beh, non credo di essere la sola, arrivata a questo punto… » Roberto le sorrise scompigliandole i capelli da bravo fratello maggiore.
«Andiamo» la spronò prendendola per un polso.
«Dove mi stai portando? Guarda che l’ingresso è da quella parte… ».
«Sono proprio curioso di vederli esibirsi. Penso che su una cosa Kei avesse ragione, sarà davvero molto istruttivo».
  
Dietro le quinte della pista da ballo i tre ragazzi aspettavano impazienti il loro turno. Jona e Kei sedevano su un divano rosso mentre Shin ansioso si muoveva da una parte all’altra sfilando davanti gli altri due seduti. Kei, seppure dovesse concentrare tutte le sue attenzioni sulla loro esibizione di quella sera, non riusciva ancora a rimuovere quell’immagine dalla testa. Nella sua mente il pensiero di Roberto e Nami così intimi, continuava a turbarlo e infastidirlo.
“Quella ragazzina… perché dovrei preoccuparmi per lei adesso? Dopotutto ho rinunciato tanto tempo fa a questo genere di cose… no, devo smetterla. Che lui si approfitti pure di lei. Non sono fatti che mi riguardano. E poi io ho cose più importanti a cui pensare per il momento”
Shin notando l’espressione afflitta del fratello cercò di richiamare la sua attenzione.
«Kei, avevi ragione. Testare la coreografia un giorno prima è stata proprio una bella idea. Potremmo vedere se funziona. Nel caso contrario perfezioneremo quello che non va. Sono così eccitato…» completò saltellando elettrizzato. Kei accennò un leggero sorriso. Shin si emozionava davvero per poco.
«Shin calmati, se continui a saltellare così mi farai venire il mal di testa. Se continui potresti farti male e non ho proprio il tempo di cercare un sostituto in questo momento».
Shin si immobilizzò all’istante, reclinando il capo sconfitto e portando in avanti il labbro inferiore in un’espressione tenera da bambino imbronciato.
«E va bene, ma dopo andremo a mangiare ramen? Me lo hai promesso…» completò prendendo posto tra i due. Kei gli sorrise scompigliandogli i capelli neri e corti.
«Certo che ci andremo, ho intenzione di vincere e guadagnare un bel gruzzoletto con le scommesse».
Shin acconsentì in brodo di giuggiole. Per lui Kei era come l’eroe dei fumetti per un bambino. Era un punto di riferimento fermo, era la persona che cercava di emulare al disopra di tutti.  Lo stimava ed era fiero di lui. 
Mentre Kei e Shin scherzavano tra di loro. Jona in silenzio controllava il suo cellulare. La sua casella di posta e il registro delle chiamate era tristemente vuoto. I suoi genitori non dovevano esserci accorti ancora della sua assenza.
Tutto questo era davvero sconfortante.
Dopo poco una ragazza li chiamò. Era arrivato il loro turno.
 
 
Roberto e Nami erano tra la folla concitata. Il giovane intruso italiano si sentiva letteralmente su un altro pianeta. Era tutto così strano. Mentre esaminava ogni dettaglio, dal palco alle luci, notò su un piano rialzato Toshi che inseriva le tracce audio. Nami gli aveva spiegato che spesso sostituiva il Dj. Amava molto mixare le tracce e fondere gli stili e i generi musicali. A parer suo aveva un ottimo orecchio musicale. Accanto a lui Take aveva appena finito la sua esibizione e osservava con interesse i gruppi successivi.   Nami improvvisamente si avvicinò a Roberto sfiorandogli l’orecchio sinistro con le sue labbra vellutate.
«adesso si esibiranno loro… non ti lasciare condizionare da quello che saranno in grado di fare. Tu li straccerai domani» detto questo gli ammiccò complice prima di ritornare al suo posto.
Proprio in quel momento, accompagnati da urla esultanti, fecero il loro ingresso Kei, Jona e Shin. Proprio accanto a Roberto un paio di ragazze iniziarono a acclamare il nome di Kei ad alta voce.
“Deve essere abbastanza famoso da queste parti”, constatò stupito. Dal canto suo Nami aveva uno sguardo carco di astio. Se solo avesse avuto il potere di farlo, le avrebbe sicuramente incenerite all'istante. Roberto trattenne a stento una risata. Nami era davvero unica, la sua espressione era troppo buffa.
La traccia partì e i tre si predisposero per la coreografia. I loro movimenti erano ben calcolati e perfettamente a tempo. La sincronia era una delle componenti principali in quel genere di esibizione. Doveva ammetterlo, erano veramente favolosi. Nami accanto a lui esaminava attenta i passi della coreografia. Dalla sua faccia era evidente che qualcosa la preoccupasse. Prima che l’esibizione finisse prese Roberto per un polso e lo strattonò fuori dal locale. L’aria fresca si riversò rapida su di loro entrando prepotente nei loro polmoni. Quel locale era davvero troppo affollato.
«Che ti prende?» le domandò Roberto.
«Non possiamo perdere tempo, dobbiamo prepararci» gli spiegò frettolosamente.
«Hai ragione, ma non possiamo finire di vedere l’esibizione prima?»
«Non abbiamo tempo. Dobbiamo apportare una modifica alla coreografia. Con la nostra attualmente non vinceremmo mai»
«Cosa vuoi fare?»
«Voglio inserire un salto o una mezza acrobazia. Kei non ne proporrà mai una…»
«Ma io non so se sarò capace di farla. Questo genere di cose non rientra proprio nelle mie corde»
«Non temere ti aiuterò io» detto questo i due si mossero verso la Kings Record.
 
Erano le tre di notte ormai entrambi i ragazzi erano distrutti. Nami aveva imparato molti passi da suo fratello. Così ebbe modo di insegnarli a sua volta a Roberto. Stremati dopo quattro ore di allenamento erano stesi sul parquet della sala prove a pancia in su.
«Nami ci sei?» le domandò Roberto.
«Certo che ci sono, anche se sono mezza morta, quindi diciamo che chi ti parla è il mio zombie» gli rispose recuperando l’aria a grandi boccate.
«Grazie» le disse Roberto a bruciapelo, mettendosi su un fianco e reggendo la sua testa con un gomito sul pavimento. Nami ruotò appena la testa nella sua direzione. Erano davvero molto vicini.
«Non dovresti ringraziarmi, dopotutto non lo sto facendo solo per te. Ricordi? Ci stiamo facendo un favore a vicenda»
Roberto le sorrise dolcemente. Nami più osservava il volto di quel ragazzo più gli sembrava riempirsi di una luce nuova.
“Quando sorride è davvero molto carino” pensò scorrendo rapida ogni dettaglio del suo volto. Dagli occhi scuri al naso piccolo alle labbra carnose. Roberto era molto bello.
«Non ti stavo ringraziando per questo, ma per quello che mi hai detto l’altra sera» Nami si mise anche lei su un fianco.
«Intendi quello che ho detto sulla tua ragazza…» completò interessata.
«Si, ci ho pensato e dopo quello che mi hai detto ho capito che non posso e non voglio rinunciare a lei. Non posso e non voglio dimenticarla. Devo fare di tutto per mantenere quella promessa.»
Nami si mise seduta sciogliendosi la codina alta e lasciando che i suoi capelli tornassero a incorniciarle il viso tondo.
«Amare qualcuno ed essere amati allo stesso modo deve essere meraviglioso. Spero davvero che tu riesca a mantenere la tua promessa» dopo un sorriso amaro e con fare malinconico si rimise in piedi. Avvicinatasi a Roberto gli porse una mano. Lui l’accettò volentieri tirandosi su a sua volta. Il movimento però fu troppo brusco o forse semplicemente le braccia di Nami non erano ancora pronte a sostenere un altro sforzo. Entrambi si ritrovarono stesi l’uno sull’altra sul pavimento. Roberto percepiva chiaramente il corpo di Nami premere sul suo. Avvertiva i seni di lei fare pressione sul suo petto e quei capelli neri e lucenti accarezzargli il volto. Nami a sua volta percepiva il caldo respiro di Roberto sul suo volto. Era la prima volta che si ritrovava a una distanza così poco raccomandabile con un ragazzo. I loro visi erano a pochissimi centimetri l’uno dall’altro. Se non avesse avuto i riflessi pronti probabilmente sarebbero finiti per baciarsi lì e a causa di una stupida caduta come quella. Invece grazie al cielo era riuscita ad attutire il colpo con le sue braccia. I loro occhi si incontrarono intensamente per qualche secondo, poi Roberto la scostò dolcemente da sé, recuperando una distanza più che raccomandabile. Entrambi erano visibilmente in imbarazzo. Nami di sottecchi analizzava l’espressione agitata di Roberto. Che situazione era mai quella? Lei era innamorata di Kei, eppure perché il suo cuore stava battendo così forte per un altro ragazzo?
Roberto provò inutilmente a ignorare lo sguardo di Nami, ma non ci riuscì. Con una mano si tastò il petto. Il suo cuore stava battendo così forte ma per quale motivo? Non poteva essere che lui… No, per Roberto esisteva solo Marika. Superato l’imbarazzo si sollevò recuperando il proprio borsone e porgendo una mano a Nami. Lei l’accettò ancora rossa in viso.
«Siamo proprio due imbranati, scene di questo tipo dovremmo riservarcele per quando c’è Kei nei paraggi» esordì con quella frase che efficacemente fece ritornare il sorriso sul volto di Nami e cancellò l’imbarazzo di quel momento.
«Hai proprio ragione» entrambi uscirono spegnendo la luce.
Erano fuori dalla Kings Record. Come sempre Roberto attendeva fermo sotto la capannina il suo autobus mentre Nami aspettava il primo taxi. In silenzio indugiavano in attesa dei loro mezzi di trasporto.
«Roberto, questo allora è il nostro ultimo allenamento. Caspita come è passato rapido il tempo. Riposa, domani sarà un grande giorno» completò sorridendogli prima di richiamare con una mano un taxi bianco a una certa distanza. Roberto si mosse spinto da un desiderio irrazionale. La raggiunse e tirandola a sé l’abbracciò.           Prima che lei potesse fare un passo verso il taxi bianco ormai fermo a meno di un metro, si ritrovò avvolta tra quelle calde braccia.
«Grazie di tutto Nami. Sono felice che tu mi abbia aiutato» lei rimase immobile ad accettare quell’abbraccio. Era la prima volta che un ragazzo la ringraziava. Kei non si era mai sprecato neanche a fare quello per lei. Poteva una semplice parola come quella rendere così tanto felice una persona? Dolcemente Roberto allontanò Nami da sé sorridendogli come sempre.
                                                                                                                                                   
Nami non sapeva più cosa pensare, voleva solo sdebitarsi con lui per quel dono prezioso e inatteso. Sollevandosi sulle punte dei piedi e tendo stretto il volto di Roberto tra le sue mani sottili, lo baciò.
“Cosa cavolo sta facendo?” gli occhi di lui si spalancarono all’istante per la sorpresa. Nella sua testa un solo pensiero: Marika. Aveva appena accettato il bacio di un’altra ragazza?
Perché non riusciva a muovere un solo muscolo per allontanare Nami da se?
Lentamente lei distanziò le sue labbra morbide da quelle calde di Roberto.
«Adesso, devo andare» improvvisò imbarazzata dirigendosi verso il taxi.
«Si, certo…» proseguì Roberto ancora stordito da quel contatto inatteso. Lei lo salutò e aperto lo sportello della vettura salì. La stessa partì poco dopo. Con la mano destra Roberto si sfiorò le labbra.
“Cosa diavolo significa? Non aveva detto che gli piaceva Kei? Diamine questa non ci voleva…”
 Non ebbe il tempo di tornare sotto la capannina che qualcuno alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Il colpo fu preciso e diretto privo di esitazione e carico di rabbia.  Talmente forte da fargli perdere l’equilibrio e farlo cadere di schiena sul freddo asfalto. Il dolore fu allucinante.          A denti stretti e occhi chiusi cercò di contenerlo. Lentamente riaprì gli occhi mettendosi seduto e asciugandosi un rivolo di sangue dalla bocca. A incombere su di lui, Kei lo fissava furibondo. Senza consumare parole inutili, lo sollevò prepotentemente dal collo della maglietta. Roberto fu di nuovo in piedi.
Gli occhi di Kei erano infuocati. Non c’era pietà ma solo odio, rancore e fervente gelosia.
«…non devi toccarla. Mi hai capito?» detto questo, ancora combattuto se colpirlo una seconda volta o meno, mollò la presa spingendolo in malo modo.
Roberto non poteva rimanere lì fermo ad accettare quelle provocazioni senza far nulla. Dopotutto con quel ragazzo aveva ancora un conto in sospeso. Non gli avrebbe mai perdonato il modo in cui aveva messo in discussione la sua posizione nel gruppo e soprattutto non poteva perdonarlo di aver tirato in ballo anche suo padre.
«Non è un mio problema se maltratti chi ti sta vicino. Non dirmi che davvero credevi che ti starebbe stata vicino per sempre.  Dovevi immaginartelo che primo o poi avrebbe capito che c’è di meglio in giro.»
«Brutto stronzo. Come ti permetti?»
«Cos’è? non sai accettare la verità? Più che prendertela con me è te stesso che dovresti rimproverare. Se l’hai persa è solo colpa tua che non hai saputo tenertela vicino e apprezzarla come avresti dovuto. L’hai mai davvero apprezzata come merita? Hai mai notato le facce buffe che fa quando è gelosa delle altre ragazze? Ti sei mai soffermato ad ammirare il suo sorriso? Immagino tu non lo abbia mai fatto altrimenti adesso non starebbe al mio fianco ma al tuo. Ora se non ti dispiace vado, l’autobus è appena arrivato. Ci si vede», detto questo Roberto si lasciò Kei alle spalle per salire sul bus. La sua vera vendetta l’avrebbe avuta domani, quando lo avrebbe stracciato davanti a tutti.
Il ragazzo fermo ancora sul marciapiede osservava immobile quell’imponente vettura allontanarsi mentre le sue mani si richiudevano in due pugni indignati.
“Non può essere vero. Davvero a Nami non interesso più? Cosa diamine mi prende, perché sto permettendo a una ragazza come lei di farmi questo? Quell’idiota dice che è colpa mia, ma lui cosa ne sa. Io non posso permettermi il lusso di amare qualcuno. Ho troppe responsabilità e non voglio deludere chi mi sta vicino. Voglio diventare un cantante famoso a tutti i costi. Anche volendo ammettere di aver provato qualcosa per lei come potevo accettare il suo amore sapendo che un giorno l’avrei dovuto distruggere con le mie stesse mani? A che scopo incoraggiare una relazione che non avrebbe comunque futuro?   Dopo tutto quello che è successo ai miei genitori è chiaro che l’amore costruito su false speranze non può che portare al dolore.  A che scopo amare se il risultato è questo? Primo o poi entrambi ci saremmo pentiti di averlo fatto, lo so. Questo è vero eppure adesso sono qui con un dolore alla mano destra e con una fitta ancora più dolorosa al cuore. Il suo primo bacio, diceva che lo avrebbe dato a me e invece… Perché fino a due giorni fa riuscivo a controllarmi mentre adesso non riesco più a gestire questa dannata morsa allo stomaco? Cosa è cambiato? Perché adesso non sopporto l’idea di perderla… perché? che mi prende? Mi sarò davvero rammollito? Ho sempre creduto che frasi scontate come “le cose più importanti le noti solo dopo averle perse”, fossero delle scuse belle e buone inventate da gente poco coraggiosa, ma adesso che mi trovo in questa situazione mi sembrano così vere. Questo vuol dire forse che, fino ad oggi, sono stato solo un altro codardo su questo pianeta?”
Kei camminando a capo chino era finalmente giunto dinnanzi l’orfanotrofio. Quella camminata gli aveva fatto bene, gli era servita per mettere un po’ di ordine nella sua testa. Sollevando il capo, si perse nella volta celeste stracolma di stelle. Un giorno avrebbe costruito un futuro luminoso, per lui e per le persone che amava. Ecco qual’era il suo sogno. Ricambiare la fiducia che JJ e Shin avevano riposto in lui. Con il suo sudore e con il suo sacrificio avrebbe guadagnato abbastanza soldi per ricomprare la loro casa. La stessa casa in cui era ancora viva la presenza di Akiko. Ci sarebbe riuscito a tutti i costi.  Li avrebbe resi orgogliosi di lui, anche se questo avrebbe significato rinunciare all’amore, lo avrebbe fatto. Riconquistata la propria sicurezza s’incamminò verso l’ingresso dell’orfanotrofio. Facendo meno rumori possibili aprì la porta. Tutto taceva all’interno. Con movimenti lenti e misurati salì le scale che conducevano al piano superiore. Aprì la porta e dopo essersela richiusa raggiunse il letto di Shin. Suo fratello stava dormendo tranquillo. Dopo aver mangiato tutto quel ramen era più che logico che fosse sprofondato in un sonno profondo come quello. Facendo molta attenzione sollevò le coperte e adagiandosi sul materasso morbido accanto a Shin le richiuse. Aveva davvero bisogno di lui quella sera. Si sentiva cos’ solo. Lentamente i suoi occhi si chiusero trovando il conforto tanto desiderato nel respiro profondo e sereno di suo fratello. Come una dolce carezza una brezza leggera dello stesso odore dell’oceano entrò dalla finestra aperta accarezzando la fronte dei due ragazzi. Per un attimo Kei aprì gli occhi, sicuro di aver sentito il tocco leggero di Akiko sfiorargli il viso. Quella brezza si acquietò improvvisamente. Doveva essersi sbagliato. Dolcemente richiuse i suoi occhi mentre, con la testa appoggiata alla spalla di Shin, cedeva anche lui a un sogno sereno e privo di incubi. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > B2ST/Beast / Vai alla pagina dell'autore: Monijoy1990