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Autore: KaterinaVipera    04/11/2014    1 recensioni
Rileggendo le due storie mi sono resa conto di non aver spiegato bene alcuni punti, creando, forse, delle lacune o dei punti poco chiari.
Così ho deciso di scrivere alcune one-shot per spiegare meglio la storia e tutto quello che è intercorso tra i personaggi principali delle ff ''Grazie a lei'' e ''La Gemma dell'Anima'': Cat e Loki.
Sono solo brevi capitoli che inserirò in ordine temporale e specificherò quando si ambientano.
ENJOY!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache dei Nove Regni'
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Le si era gettato addosso per farle da scudo con il proprio corpo, evitando così che venisse ferita od attaccata una seconda volta dalle schegge dell'Aether che, in quel momento, era andato in mille piccoli frantumi dopo un potente attacco da parte di Thor. Il Dio del tuono si era scagliato con il suo Mjolnir contro il nemico proprio nel momento in cui era più debole, ovvero quando stava tentando di impossessarsi di quell'arma di distruzione.
Abbassò lo sguardo sulla mortale di suo fratello e vide impresso sul suo volto l'espressione più limpida e cristallina di paura ed impotenza, lei così piccola e fragile per quel mondo così crudele e barbaro.
Vederla lì, sotto di lui, tremante ed impaurita dopo che era stata solleva di un paio di metri e scaraventata a terra, gli fece ritornare in mente la sua mortale sulla Stark Tower. In fondo, le due donne, non erano poi così diverse: entrambe avevano messo a repentaglio la propria vita per ritrovare coloro a cui tenevano di più.
Più volte da quando era stato ricondotto ad Asgard si era domandato che cosa stesse facendo e se, come Jane, lo stesse cercando oppure lo avesse dimenticato. Più volte sul suo volto si erano impressi i segni della disperazione, della follia, di lunghe notti insonni passate a domandarsi se quella ragazza fosse umana o strega, perché non riteneva possibile che lui, principe austero e rigido, si potesse dannare a causa sua o se, invece, quella ragazza fosse una benedizione; la sua unica via di redenzione che gli avrebbe permesso di vedere, finalmente, un po' di luce nel suo mondo fatto solo di tenebre.
Fu un rumore sovrannaturale a riscuoterlo dai suoi pensieri.
Thor non era riuscito a distruggere l'Aether e adesso le schegge si stavano riunendo sotto il potere di Malekith che era intenzionato a farlo entrare nel proprio corpo. Una volta che il fluido rosso venne accolto con successo dal corpo dell'Elfo Oscuro, ciò che si presentò agli occhi dei due asgardiani e dell'umana fu alquanto angosciante. Il loro piano era miseramente fallito poiché ora che l'Elfo aveva in se il Potere era indistruttibile e niente avrebbe potuto fermarlo.
La battaglia ebbe allora inizio mentre Kurse ed il suo signore, dopo avergli lanciato un'occhiata complice, se ne ritornavano alla loro nave per dare inizio al loro piano di distruzione.
Thor partì alla carica per primo, come suo solito, scaraventando a terra i suoi nemici in una sola volta con la sua forza e con il suo fedele martello con l'intenzione di fermare Malekith. Kurse, accortosi dell'intenzione del Dio, afferrò una bomba e la scagliò contro Loki e la mortale che erano rimasti in disparte. Il Dio degli Inganni fece appena in tempo a gettare a terra Jane per evitare che venisse risucchiata dal flusso della bomba prima che si azionasse e venisse a sua volta coinvolto in quel risucchio mortale.
L'aveva salvata un'altra volta, suo fratello era in debito con lui e questa volta avrebbe trovato il modo per far si che le sue buone azioni giocassero a suo favore.
A niente sarebbero valse, però, le sue premeditate azioni se fosse stato risucchiato dalla bomba; per sua fortuna venne salvato da Thor che, dopo aver guardato il fratello con intesa, si precipitò contro i suoi avversari prima che mettessero piede sull'aeronave. Ricevette un potentissimo colpo da Kurse che lo fece volare a molti metri di distanza, contro una parete rocciosa tipica di Svartalfaheimr, per poi continuare a pestarlo senza subire alcun danno dal biondo Dio. Nel frattempo anche Loki venne circondato da quattro elfi ma, decisamente più elegante ed agile di suo fratello, li fece fuori con il suo pugnale in pochissimo tempo. Quando anche l'ultimo elfo stramazzò a terra, si precipitò in soccorso di Thor che era indiscutibilmente in svantaggio.
Raccolse un'arma elfica trapassando, da parte a parte, il torace del mostro che non si era accorto della sua presenza; prima che Loki si potesse allontanare, venne afferrato da Kurse che lo trafisse a sua volta. Riuscì comunque ad azionare la bomba, che aveva attaccata alla cintura della sua armatura, mentre aveva ancora la lama nel proprio torace facendo si che venisse distrutto.
L'urlo disumano che emise Thor alla vista di Loki ferito a morte riecheggiò macabro per tutta la deserta ed oscura vallata.
“Ci vediamo all'inferno mostro!” esclamò Loki, con le poche forze che gli erano rimaste, una volta che era stato gettato a terra esangue.
In pochissimi istanti l'essere dannato venne avvolto da un'aurea rosso fuoco che lo risucchiò nel suo vortice iridescente e fatale, sparendo qualche attimo dopo non lasciando alcuna traccia della sua esistenza.
Thor accorse immediatamente da suo fratello, sollevandolo un poco da terra e tenendolo tra le braccia gli disse “Sei un folle, perché non mi hai dato ascolto?”
“Si lo so, sono un folle, sono un folle.” ripetette con la voce tremula e bassa, iniziando ad avere gli spasmi.
“Guardami Loki.” Thor gli impedì di guardarsi la ferita, non voleva che vedesse quel tremendo squarcio verticale sul suo torace.
“Mi dispiace, mi dispiace.”
“Va bene, dirò a nostro padre cosa hai fatto qui oggi.” cercò di consolarlo mentre due lacrime gli solcavano il viso e gli arrossavano i bei occhi azzurri.
“Io non l'ho fatto per lui.” gli rispose il fratello, calmo, senza più il tremolio della voce, con una nuova consapevolezza che, adesso, non lo spaventava più.
Continuarono a guardarsi fino a che Loki non chiuse gli occhi ed il suo corpo iniziò a diventare grigio a causa dell'arma usata per ucciderlo.
“Noooo!” urlò Thor, preda del dolore e dello sconforto, capendo di aver perso anche suo fratello proprio nel momento in cui sembrava averlo ritrovato.
Jane si era avvicinata al Dio, spaventata da quell'urlo che di umano gli rimaneva poco e si ritrovò confusa nel vederlo piangere accasciato in terra.
“Thor, che sta succedendo?” domandò vedendolo così disperato, senza capirne il reale motivo. Se era per il fallimento del loro piano avrebbero sicuramente trovato un modo, non c'era bisogno di farla così tragica.
“Loki.... è morto.” rispose con un filo di voce incrinato.
“Ma cosa dici?” chiese la donna, ancora più confusa. “Loki è qui.” e indicò con l'indice l'uomo che le stava di fianco.
Infatti il Dio delle Malefatte era effettivamente accanto a lei, che si godeva lo spettacolo di suo fratello con un ghigno a dir poco beffardo sulle labbra.
“Non ho saputo resistere.” si giustificò il Dio moro, riuscendo a stento a trattenere una risata.
Il Loki che stava sorreggendo Thor scomparve sotto una luce verde ed il Dio del Tuono si ritrovò a sorreggere l'aria. Immediatamente si alzò, pronto per colpirlo e fargli smettere con quegli scherzi pessimi e di cattivissimo gusto. Riuscì ad assestargli un colpo in pieno viso prima che Jane si intromettesse tra i due, evitando che la situazione degenerasse. C'era una cosa più urgente da risolvere: fermare Malekith e la minaccia dell'Aether.

 

Palazzo Reale, Asgard
qualche tempo dopo

Il primo sole primaverile stava riscaldando ogni cosa, riportando la vita in ogni essere, da un semplice fiore del giardino, ad un albero che, pian piano, si liberava dal freddo abbraccio della brina e rinasceva, fino alle persone che passeggiavano allegramente per i viali, affollavano le via della città e vi riportavano la vita.
Il primo sole di primavera corrispondeva anche ai primi giorni di pace dopo il ritorno degli Elfi Oscuri e della loro minaccia; niente, quindi, era più idoneo di una bellissima e limpida giornata di sole come quella.
I raggi illuminavano e riscaldavano ogni cosa ed ogni persona sulla quale si posavano, donandole quel tepore tanto ricercato ed agognato in inverno. Tutti, tranne uno. E non perché, a lui, il sole primaverile non piacesse, perché quel clima mite, calmo e idilliaco si intonava perfettamente con la sua personalità ma perché i raggi solari non riuscivano a scavare così in fondo, fin dentro il suo petto, fin dentro al suo cuore, per poterlo riscaldare e fargli apprezzare ciò che avrebbe gradito un tempo. Si limitava, perciò, a leggere fuori sul balcone delle sue stanze dalle quali difficilmente usciva, per ricercare, almeno in parte, quel senso di calore che tanto gli mancava e che tanto gli era caro.
E così, anche quel giorno, aveva deciso di restare sulla terrazza a leggere un libro di vecchie rune arcaiche, ormai perdute, quando ad un certo punto qualcosa catturò la sua attenzione, facendogli alzare lo sguardo dal libro e guardarsi intorno con circospezione.
Guardò dentro la camera da letto e non vi trovò niente se non l'ordine quasi maniacale con cui sistemava ogni cosa, eppure era sicuro che qualcosa o qualcuno lo stesse osservando.
Lo aveva percepito, abituato com'era a guardarsi le spalle sempre con aria guardinga, sempre con le orecchie tese per non essere mai colto alla sprovvista. Si alzò dal triclinio sopra il quale era sdraiato e con passo lento e felpato entrò dentro la stanza da letto alla ricerca dell'intruso. Sapeva che ce ne era uno, poteva sentire i suoi occhi fissi su di lui, come una presenza sgradita e maligna; circondato da questa sensazione cominciò ad ispezionarsi intorno e più non trovava traccia dello sconosciuto e più in lui si faceva largo la convinzione che lo stessero spiando.
Si trovava nel centro della stanza quando, all'improvviso, un dolore simile a delle punture di spillo iniziò ad espandersi dalla testa, per poi scendere lungo tutto il corpo, in un crescendo continuo tanto da costringerlo a chiudere gli occhi per qualche istante.
Quando li riaprì il dolore era cessato e con suo sommo stupore, nonché  terrore, vide che non si trovava più ad Asgard, a Palazzo, ma era stato trasportato in un pianeta freddo, deserto ed impervio. Il terreno era duro, morto, inadatto a qualsiasi forma di vita, ma sapeva benissimo che nonostante queste condizioni era abitato. Lo sapeva perché era lo stesso dei suoi incubi che, ogni notte, lo tormentavano e lo lasciavano senza sonno.
Mosse qualche passo, sapendo che colui che gli stava facendo questo si sarebbe ben presto fatto vedere; conosceva il suo avversario e sapeva come si muoveva.
Quello che non sapeva e che mai si sarebbe aspettato – perché quello scenario faceva parte solo dei suoi sogni ed i sogni sono tali e niente più –  fu vedere a qualche metro di distanza, sopra un cumulo di rocce grige e spugnose il corpo senza di vita di una persona che riconosceva fin troppo bene, benché fosse di spalle e la sua pelle fosse ricoperta di sangue. E come in uno dei suoi sogni le si avvicinò ed inginocchiandosi accanto a lei la girò verso di se, stringendo il suo corpo senza vita tra le mani.
Lei aveva sempre la pelle calda ed ambrata, il profumo dolce e fruttato che emanava era un inno alla vita stessa; vita che però adesso l'aveva abbandonata, lasciandola sola in quel luogo maledetto e venefico. Non aveva più il corpo caldo, un calore che aveva sempre spinto il Dio a ricercare la sua compagnia, non aveva più la pelle color dell'ambra che creava un dolce contrasto con la sua e non aveva più quel dolce profumo che tanto lo aveva attirato. Era riversa tra le sue braccia, gli occhi vitrei, freddi e spenti, la bocca leggermente dischiusa e le belle labbra ruvide e screpolate; il corpo della fanciulla era ricoperto interamente di sangue, pieno di bruciature e ferite, alcune delle quali ancora fresche.
Era morta da poco e sul suo viso c'era ancora impressa l'espressione di dolore e di paura.
Lei aveva avuto paura e lui non era al suo fianco per proteggerla come si era promesso di fare. L'aveva lasciata sola, abbandonata a se stessa, credendo che sulla Terra fosse più al sicuro, mentre capiva di aver sbagliato ogni cosa e che lo scotto lo aveva pagato lei ed anche parecchio caro.
Lasciò vagare il suo sguardo lucido sulle innumerevoli ferite che aveva e solo allora si accorse che ce n'era una, in particolare, nella zona del ventre, che predominava per profondità e per la crudeltà con la quale immaginava fosse stata inferta.
Le passò una mano sul viso, ogni proposito di chiamarla e di gridare per la frustrazione rimase impigliato nella trachea, rischiando di farlo soffocare.
Morire? Per lui sarebbe stato un sollievo, una benedizione, piuttosto che averla morta stretta a se.
“Ben tornato, asgardiano.” pronunciò una voce alle sue spalle, bassa, profonda, piena di scherno.
Un brivido di consapevolezza gli si propagò lungo tutta la spina dorsale, avrebbe voluto gridare, si sarebbe voluto scagliare contro quel mostro che aveva ucciso l'unica creatura di cui aveva caro l'amore invece rimase fermo, ancora inginocchiato mentre con la mano sinistra chiudeva gli occhi della ragazza.
“Di solito i vecchi amici si salutano.” lo canzonò ancora l'altro, che lo stava guardando divertito. Per lui quello era uno spettacolo sublime, traeva il maggior godimento possibile nel vedere gli altri soffrire per mano propria. Il dolore stesso era fonte del suo divertimento e del suo piacere. Vedere come era riuscito a piegare il Dio degli Inganni, con quella semplice e banale mossa, lo rendeva ancora di più spietato e soddisfatto.
Ancora una volta ignorò il proprietario di quella voce e cercando di mantenere una calma ed una razionalità che sentiva andargli via troppo alla svelta si alzò in piedi, sollevando il corpo della ragazza con l'intenzione di riportarla a casa; non avrebbe mai permesso che rimanesse su quel pianeta a marcire, facendo si che almeno la sua anima – perché lo sapeva, lo aveva sempre saputo, lei aveva un'anima pura ed innocente – potesse trovare un po' di pace, cosa che lì non avrebbe mai avuto.
Una volta presa, si avviò verso un punto imprecisato di quel luogo per poter far ritorno su Asgard con l'uso della magia ma gli venne impedito da colui che lo aveva portato lì.
“Non credere di poter andar via tanto facilmente. Dobbiamo parlare, io e te abbiamo una questione in sospeso.”
“Noi non abbiamo niente da dirci.” tagliò corto Loki, voleva scappare da lì per poter naufragare ed affogare nel suo dolore, non aveva veramente niente da dire a quel mostro.
“Io credo proprio di si.” ribattè l'altro con un ghigno a dir poco malvagio.
“No e lei ne è la prova.” disse cercando di mantenere il suo solito distacco e sollevò di poco il cadavere della terrestre per fargli capire che non c'era più bisogno delle parole.
Thanos rise di gusto, divertito da tale gesto, sapendo che quell'allocco del principe c'era cascato in pieno.
Allora non è furbo come dicono le voci. Peccato, non ci sarà gusto così.
“Oooh, tu credi che sia veramente morta. Ma lei non è morta, è ancora viva e sta bene...” fece apparire un cerchio nell'aria attraverso il quale permise ad entrambi di vedere Caterina seduta sopra un telo in spiaggia, mentre leggeva con un certo interesse un libro molto spesso, con una matita tra le labbra per sottolineare le frasi che più la colpivano, mentre si lasciava riscaldare dai raggi del sole in costume da bagno. La vide poi riporre il libro nella sua tracolla, dopo aver dato un'occhiata all'orologio del telefono e, dopo essersi infilata una maglietta più grande di lei di almeno due taglie, alzarsi per ritornare verso casa.
“...per ora.” finì di parlare e sparì l'immagine di Cat.
“Che cosa vuoi?” ringhiò, a quel punto, pieno di rabbia ed interiormente sollevato nel vederla ancora viva.
“Voglio le Sei Gemme dell'Infinito.” rispose con naturalezza il re di Titano
“E chi ti dice che sarò io a portartele?” domandò tagliente e duro il Dio.
“Lo farai, certo che lo farai. Sai a cosa accadrebbe a quell'inutile umana e sai anche che non sarà per niente indolore.” sorrise, sapendo di averlo in pugno, facendo svanire l'ologramma del cadavere della ragazza dalle sue mani e facendola apparire davanti a lui, vestita con un lungo e semplice abito turchese.
"Loki, ti prego, salvami!"lo supplicò con la voce flebile e tremula, gli tese le mani ma quando Loki cercò di prenderle, lei si dissolse come fumo ed il Dio in un attimo si ritrovò nuovamente nella sua camera da letto, in piedi, in mezzo alla stanza proprio come quando aveva avuto quella visione.
Perché proprio di questo si trattava: di una visione. Ma era anche un pericoloso e minaccioso messaggio. Se non faceva ciò che Thanos gli aveva ordinato per la mortale non sarebbe andata a fine per niente bene.
Non era intenzionato a cedere, non lo avrebbe mai fatto. Avrebbe sconfitto quell'essere una volta per tutte ma sapeva che non poteva farlo da solo, non aveva abbastanza mezzi per poterlo fare e per quanto la cosa gli desse fastidio e per quanto non si sarebbe voluto abbassare a tanto, era conscio che doveva chiedere aiuto all'ultima persona a cui si sarebbe voluto rivolgere.
Si sarebbe recato sulla terra e al diavolo gli ordini di quel vecchio orbo che lo vedevano costretto a non mettere piede fuori Asgard.



Era una giornata come tante, passata all'osservatorio su carte astronomiche, alla ricerca di stelle, galassie su cui lavorare, fare confronti e scrivere rapporti.
E, come ogni giorno, una volta a casa i due scienziati erano sempre più stanchi ma non per questo, meno entusiasti del proprio lavoro.
Il primo ad entrare fu il dottor Selvig, un uomo dai capelli grigi con i primi segni della calvizia, con indosso un maglione blu notte, un giacchetto marrone ed una pesante sciarpa di lana a righe nere e marroni, che si fece da parte per far passare anche Jane, coperta da capo a piedi perché ancora, dopo mesi, non riusciva ad acclimatarsi con il clima freddo di Londra seguita da Thor, prima di premere l'interruttore per illuminare la stanza e di vedere che ad aspettarli di fronte alla finestra c'era una persona che mai si sarebbe aspettato di vedere. In tutta sincerità sperava proprio di non doverlo rivedere mai più.
Rimase paralizzato, la bocca aperta che non emetteva nessun suono, neanche riusciva a respirare, nel vederlo voltarsi e rivolgergli un sorriso sghembo, la postura eretta, dignitosa e le mani dietro la schiena.
“L-loki!?” balbettò infine il povero dottore, facendo si che anche gli altri due si accorgessero della sua presenza.
A differenza di Erik, Jane e Thor reagirono in maniera molto più tranquilla e calma nel vederlo; c'era da capirlo pover'uomo, lui lo aveva nella sua testa e non era affatto una cosa piacevole.
Thor fu così contento di vederlo che gli andò incontro e lo abbracciò, con un trasporto sincero e quasi fanciullesco, sorridendogli speranzoso che loro padre avesse cambiato idea riguardo alla sentenza emessa per il figlio minore.
“E' bello vederti, fratello. Nostro padre ha finalmente capito.” dette voce a quel pensiero ma fu presto contraddetto.
“A dire il vero, il Vecchio non sa che sono qui. Non ancora.” disse inumidendosi le labbra e sfoggiando un sorrisino che gli fece venire delle fossette ai lati della bocca. “Ti devo parlare di una questione urgente.” abbassò il tono della voce, non voleva che anche gli altri sentissero che gli stava chiedendo aiuto, aveva ancora una reputazione, un onore ed una dignità da difendere dopotutto.
Thor fattosi immediatamente serio accennò un assenso col capo e gli indicò un'altra stanza dentro alla quale avrebbero potuto parlare indisturbati.
“E' stato un piacere rivedervi.” aggiunse Loki, inclinando la testa in un inchino, col tono fintamente sincero, mentre spariva dietro la porta seguito dal Dio biondo, lasciando gli altri due disorientati dalla sua apparizione e dal motivo che lo aveva spinto a fare ritorno sulla Terra.


“Mio Signore.. mio Signore..” chiamò una guardia semplice, la voce trafelata per la corsa con quella pesante armatura, mentre cercava di attirare l'attenzione del suo sovrano.
Odino era in piedi davanti ad un tavolo rotondo, in compagnia del Generale a discutere di alcune incombenze del regno, quando si sentì chiamare con così tanta urgenza. Si voltò verso il giovane soldato, girandosi solamente col busto e facendo appena forza sul suo scettro.
“Mio Signore, devo informarvi di una grave azione.” disse una volta giunto al cospetto del suo re, chinando il capo e portando la mano destra chiusa a pungo all'altezza del cuore come segno reverenziale, mentre cercava di riprendere fiato.
“Forza, parla dunque!” lo esortò, sapendo di star perdendo tempo prezioso per la questione che trattava con il Generale Theoric.
“Si tratta del Principe Loki, mio Signore.” riferì la guardia, alzando a fatica gli occhi da terra per paura di incontrare quello furioso di Odino. “E' fuggito.” sputò tutto insieme, prima che la vigliaccheria prendesse il sopravvento.
“Cosa?! Quando?”
“Non sappiamo con certezza, sire. Qualche ora o forse un giorno.”
“Come? Come è potuto accadere?” domandò Odino, quasi fuori di se, la voce appena più alta.
“Non lo sappiamo, sire. Crediamo che abbia usato una delle sue illusioni.” più andava avanti nel riportare i fatti e più si sentiva sprofondare, arrivando addirittura a chiedersi cosa glielo avesse fatto fare di fare il guerriero.
Il re congedò il soldato con cenno della mano e si mise a guardare il pavimento, alla ricerca di una soluzione.
Che cosa era mai successo per far fuggire Loki da Asgard? C'era sicuramente qualcosa e lui la stava covando, meditando, da chissà quanto tempo. Ecco spiegata tutta quella collaborazione da parte sua, il suo non volere discutere gli ordini e tutta quella accondiscendenza.
Stolto. Era stato uno stolto troppo debole e dal cuore troppo tenero.
Troppo vecchio. Sono anche troppo vecchio. Si ritrovò a pensare il Padre degli Dei.
Doveva capire cosa c'era dietro alle sue azioni. Perché scappare e dove andare.
“Mio Signore, volete che mandiamo i tre guerrieri a cercarlo?” domandò l'uomo al suo fianco, suo fedelissimo comandante e consigliere.
Odino stava ancora riflettendo e più sentiva di essere vicino alla soluzione, più questa gli sfuggiva.
Quando Theoric lo richiamò una seconda volta, il Dio si ridestò sapendo che cosa doveva fare.
“No. Heimdall lo troverà ma non voglio che venga catturato. Ordinagli di sorvegliarlo, voglio sapere ogni sua mossa, ogni sua azione. Voglio sapere dov'è e perchè è lì.”
Il Generale si congedò con il solito inchino e uscì dalla sala del trono per avvisare degli ordini il Guardiano.
Gliel'aveva fatta proprio sotto il suo naso e lui non si era mai reso conto di niente.
Si, stava decisamente invecchiando.










 

~~Angolo dell'autrice

Salve a tutti bella gente!!!! Scusate se ho aggiornato con un giorno di ritardo ma ieri ho passato tutto il giorno stravaccata sul divano dopo una giornata devastante e bellissima a Lucca XD
Comunque, bando alle ciance....
Questo capitolo è da inserirsi alla fine del primo della seconda FF, ve lo dico giusto per rinfrescarvi le idee...
Il prossimo capitolo sarà fuori dalla raccolta di queste one-shot perché avrà un rating estremamente rosso, quindi per motivi tecnici sarà separato...
Fatemi sapere cosa ne pensate in un commento, anche piccolo piccolo, tanto per mettermi l'anima in pace e vedere se devo continuare oppure no :-)
Detto ciò, vi saluto e ringrazio tutti coloro che mi seguono e leggono i capitoli..
Un abbraccio ;-)

KV


 

  
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