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Autore: LeoValdez00    04/11/2014    7 recensioni
I sette della profezia sono partiti, ma già da tempo i romani hanno smesso di cercarli.
Ad Octavian non interessa più
"Cosa voglio? Potere Reyna. Solo potere. Pensavo l' avessi capito"
Vuole diventare Pretore, ad ogni costo.
E se questo vuol dire che dovrà imprigionare, torturare, uccidere, chi glielo vuole impedire...
Non si farà scrupoli.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Octavian, Reyna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Ci mise molto a svegliarsi e a capire cos' era successo.
Non era più legata ad una sedia, non era neanche nella stanza dorata, ma era nel proprio letto del Campo.
Per un' attimo, pensò quasi di aver fatto solo un incubo, un terribile incubo, ma il dolore generale che l' accompagnò mentre si alzava testimoniava il contrario.
Stava male, ma era nulla a confronto di quando era prigioniera.
Cercò di capire in che modo era arrivata al Campo, ma, l' ultima cosa che ricordava, era un viso familiare offuscato, poi il buio.
Come aveva fatto ad arrivare fin lì?
Dov' era Octavian?
Perché l' aveva lasciata libera?
Una volta in piedi, notò un pezzo di carta sul comodino altrimenti sgombro.
"Scusa"
Era la scrittura dell' augure.
Cosa significavano quelle scuse?
Si era forse pentito?
Reyna si vestì in fretta e furia per uscire dalla sua camera.
Voleva rivedere il suo Campo.
Nuova Roma era esattamente come lei l' aveva lasciata, un paio di mesi prima.
Orde di semidei in armatura giravano per l' accampamento, mentre la vita di molte persone trascorreva placida nella città.
Fu una ragazzina che sembrava avere appena 12 anni, che la vide per prima.
Le corse incontro, per poi farle un breve inchino, accompagnato dallo sferragliare della pesante armatura che aveva indosso.
"Pretore, eravamo tutti molto allarmati dalla sua assenza. Cosa le è successo?" chiese tremante la ragazza, osservandola attentamente in volto, forse cercando una spiegazione a tutte quelle cicatrici.
Non poteva dire la verità.
Se l' avesse fatto, Octavian sarebbe stato esiliato, o peggio, costretto alla pena capitale.
"Tranquilla, soldato, dovevo solo fare delle ricerche per il Campo" rispose allora, ostentando sicurezza.
"Potrei chiederle come mai non ha avvertito nessuno? Qui a Nuova Roma eravamo tutti molto in pensiero per lei, è molto tempo che la cercavamo" insistè la ragazzina, non distogliendo lo sguardo dalle ferite di Reyna.
"Non volevo allarmarvi, ho solo avuto degli imprevisti che mi hanno impedito di tornare velocemente al Campo"
Probabilmente capendo che il Pretore non le avrebbe detto nulla di più, la ragazza si congedò.
Reyna sapeva che presto, molto presto, avrebbe dovuto dare delle vere spiegazioni riguardo la sua assenza.
In quel momento, però, aveva qualcosa di molto più importante da fare.
Aveva capito, aveva capito tutto.
Doveva vedere un' ultima volta una persona, ed era praticamente certa di sapere dove trovarla.
Si strinse nel lungo mantello viola e partì alla volta della città.
***
Sapeva di trovarlo lì.
Octavian era nel loro giardinetto, con la sua fedele spada d' oro imperiale, a colpire nemici invisibili.
Metteva tutta la sua forza in quei colpi, come se l' immaginario bersaglio cercasse di ostacolarlo.
Era madido di sudore e teneva lo sguardo concentrato fisso davanti a sé.
Reyna restò ad osservarlo, nell' ombra, svariati minuti.
Lui non si fermava neanche a riprendere fiato, come se ne andasse la sua stessa vita.
Stoccate, affondi, parate contro l' invisibile avversario.
La ragazza decise di uscire dal proprio nascondiglio.
"Non pensi che sarebbe meglio allenarti con me, rispetto all' amico invisibile?" disse, con un sorriso tanto ironico quanto amaro.
L' augure si voltò di scatto verso di lei.
"Reyna..." sussurrò, quasi fosse un miraggio.
Il Pretore si avvicinò al ragazzo, tirando fuori dal fodero la lucente spada.
"Reyna, io non..." iniziò a dire l' augure.
"No, Octavian. Sono qui solo per allenarmi" lo interruppe la ragazza in modo brusco.
Era lì, ma non poteva perdonarlo.
Le era impossibile.
Il ragazzo era ancora immobile, come se non riuscisse a credere che lei fosse davvero lì, davanti a lui.
Reyna iniziò allora con un affondo, accompagnato da un generale irrigidimento dei muscoli, a cui non volle far caso.
Lui parò facilmente il colpo, rispondendo a tono.
Dopo pochi minuti, l' allenamento divenne un vero e proprio combattimento.
Il Pretore si era tolto il pesante mantello, ed anche l' augure era rimasto con solo la maglietta.
Erano attenti, nessuno dei due aveva la neppur minima intenzione di ferire l' altro.
L' avevano già fatto fin troppo in passato.
Non si parlarono.
Nemmeno una parola interruppe il loro allenamento.
Continuavano a tirar di spada, come se fosse l' unica cosa che contasse davvero.
Non fecero pause, riprese di fiato, niente che li distraesse.
Continuavano.
Si annullavano nei colpi, come se il mondo al di fuori di loro due e delle loro spade non contasse nulla.
Dopo quelli che a loro sembrarono solo minuti, si fermarono insieme, quasi di comune accordo.
Si appoggiarono alla candida balaustra in pietra che dava sulla città, fianco a fianco, ad osservare l' orizzonte.
Non se ne erano neppure accorti, ma ormai il sole stava calando, erano passate ore da quando lei era arrivata.
Erano vicini, ma le braccia non si toccavano.
Tra loro c'era una sorta di distanza di sicurezza, necessaria ad entrambi.
Rimasero ancora in silenzio, le parole, tra loro, non erano mai servite.
"Reyna, lo sai che devo andarmene, vero?" chiese il ragazzo, rompendo l' irreale silenzio.
La ragazza si girò, per guardarlo attentamente negli occhi azzurri, e annuì.
Lo sapeva.
Anche in quel momento, davanti a lui, non poteva permettersi di perdonarlo.
L' augure abbassò la testa, come fosse quasi in lotta con se stesso.
Diede le spalle al bellissimo panorama, e la guardò nuovamente negli occhi, voltando leggermente la testa.
La ragazza osservò lo sguardo azzurro di Octavian, sapendo che forse non l' avrebbe mai più rivisto.
Il ragazzo chiuse un' attimo gli occhi, per poi uscire il più velocemente possibile dal giardino, senza voltarsi, lo sguardo puntato a terra.
Reyna lo guardò andarsene.
Non sapeva dove stava andando, ma sapeva perché partiva.
Si era profondamente pentito di quello che le aveva fatto, lo si leggeva nei suoi occhi, e doveva pulire la propria anima.
Doveva perdonare sé stesso prima di ogni altra cosa.
Lei non sapeva se sarebbe mai riuscito a farlo, ma ci sperava con tutto il cuore.
In ogni caso, lei sarebbe sempre stata lì, nel loro giardinetto, ad aspettarlo.
Perché se mai fosse tornato, lei sarebbe stata in quel luogo, ad accoglierlo, a braccia aperte.
Perché se lui fosse mai riuscito a perdonare sé stesso per tutto il male che aveva fatto, lei sarebbe senz' altro riuscita a perdonarlo.
E tutto sarebbe tornato come ai vecchi tempi.
Un sorriso, il primo vero da settimane, le attraversò il volto stanco.
Loro due, dopotutto, erano una squadra.
La migliore del mondo.

 


#AngoloDiLeo
E con questo capitolo, chiudo finalmente la mia prima long...
Devo essere sincera: ho amato scrivere questa fanfiction.
Ogni capitolo è entrato a far parte di me, ogni avvenimento che ho raccontato mi faceva provare le stesse sensazioni dei personaggi.
Spero che anche voi che siete arrivati fino alla fine di questa storia, l' abbiate apprezzata.
Vorrei davvero sapere cosa ne pensate di questo capitolo conclusivo...
Siete d' accordo con la scelta di Octavian?
Pensate che Reyna faccia bene ad aspettarlo?
Pensate che davvero sia la cosa giusta perdonarlo anche dopo tutto quello che ha fatto?
Spero che lascerete una piccola recensione a questa storia, a cui mi sono veramente affezionata...
Grazie a tutti!
Un bacio <3
LeoValdez00

   
 
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