Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    05/11/2014    7 recensioni
Difficile, a volte, stabilire chi sia la vittima e chi sia il colpevole.
Difficile, a volte, mantenere saldo un rapporto che fino a poco tempo prima sembrava indistruttibile.
Difficile, quasi sempre, fare delle scelte. Soprattutto se si sa che con la propria scelta si determina il destino di un'altra persona, una persona alla quale si tiene davvero.
Storia scritta un po' di tempo fa e mai pubblicata, non fa parte della mia serie "Dieci ritagli di Cobra 11", che è ancora in corso, e quindi non vedrà come protagonisti i personaggi da me inventati nell'ambito della stessa (Clara, Bronte, Max, Mirtillo, ecc.).
Buona lettura!
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Ben Jager, Kim Kruger, Semir Gerkan, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attraversarono a passo spedito il lungo corridoio e arrivarono davanti alla porta chiusa dell’infermeria interna al penitenziario con il fiatone.
Non appena Susanne aveva chiamato per dire loro della rissa, la Kruger aveva premuto sul pedale dell’accelerazione e i poliziotti erano arrivati al carcere in meno di dieci minuti.
Ma adesso che si trovavano davanti a quella porta, nessuno dei due sembrava voler decidersi a muovere il primo passo.
Semir non faceva altro che lasciar vagare lo sguardo a terra per paura di incontrare quello indagatore del commissario.
Lui non si ricordava chi fosse Ben. Non si ricordava chi fosse.
Doveva metterselo in testa.
Doveva crederci.
Anche se Ben fosse stato in fin di vita... lui avrebbe dovuto fingere di non ricordare.
Finalmente Kim decise di abbassare quella maniglia, pesante come non mai, ed entrò con circospezione seguita dall’ispettore.
Furono accolti da una guardia e da un intenso odore di disinfettante.
L’uomo, che era stato avvisato dalle altre guardie all’ingresso, li fece passare senza problemi e presto la Kruger e il suo sottoposto si ritrovarono in un corridoio con varie porte chiuse tutte sullo stesso lato, simile a quello di un piccolo ospedale secondario.
L’infermiera che li accompagnava indicò una porticina semichiusa ma spiegò loro che il paziente era sotto sedativo e che poteva essere visto solamente da una persona e per pochi minuti.
Non vi fu bisogno di parole.
Semir entrò chiudendosi la porta alle spalle mentre il commissario, sospirando, si appoggiò al muro e attese.

 

La stanza era semibuia, illuminata solo dalla poca luce che filtrava dai vetri delle finestre.
Era essenziale ma sembrava pulita.
Semir individuò tre letti a circa un metro e mezzo di distanza l’uno dall’altro ma capì immediatamente quale fosse quello del collega.
Era nell’angolo e giaceva immobile, come morto.
Semir si avvicinò e si sedette vicino al letto scrutando quel viso che conosceva così bene e che a causa sua era così mal ridotto.
La palpebra dell’occhio destro tendeva al violaceo e sulla fronte c’erano due tagli ancora freschi.
La gamba, che usciva in parte dal sottile lenzuolo, era fasciata con cura: l’infermiera aveva spiegato che Ben era rimasto coinvolto in una banale rissa tra detenuti molto più grossi e robusti di lui, scoppiata alla mensa del carcere senza una reale motivazione. Era stato colpito da un oggetto tagliente all’altezza del femore, ma la ferita per fortuna si era rivelata piuttosto superficiale.
Il detenuto si era però agitato molto e aveva cominciato a chiedere insistentemente di Semir, in preda al panico più totale, per questo avevano dovuto sedarlo e adesso l’ex poliziotto dormiva profondamente.
«Scusami.» mormorò Semir senza riuscire a trattenere le lacrime «Scusa Ben, è tutta colpa mia. Ma come fai ancora a chiedere di me? Come fai? Io ti ho mandato qui dentro, è colpa mia se sei ridotto così! Ti sono venuto a trovare solo una volta in tre mesi di carcere, non sono stato in grado di dire la verità nemmeno a te... e tu ancora chiedi di me? Non me lo merito...».
Il poliziotto fece una pausa accorgendosi di parlare da solo.
Ma non gli importava.
Se il vuoto era l’unico con cui era in grado di confidarsi, avrebbe parlato al vuoto.
O ad un amico addormentato che non poteva sentirlo.
«Ti giuro che non volevo finisse così. Io ho provato a smettere di fingere, ma ho sbagliato anche in questo e adesso quel porco ha preso Aida... tu sei qui e Aida chissà dove, devo trattare Andrea come un’estranea, non posso fidarmi di nessuno... non so come fare, Ben, non ce la faccio più. Ti prego aiutami tu... svegliati...».
Per un attimo gli sembrò di notare un’impercettibile movimento della mano del più giovane ma si costrinse a pensare che fosse stata solo una sua impressione.
Immerso com’era nei suoi pensieri, sussultò al rumore della porta che si apriva piano alle sue spalle.
Ne fece capolino la stessa infermiera di prima, che fece cenno gentilmente a Semir di uscire dalla stanza.
Il turco si alzò, rimboccò dolcemente il lenzuolo a Ben e si asciugò gli occhi prima di uscire dalla stanza, sperando che la Kruger non si accorgesse di nulla.

 

«Gerkhan, tutto bene?» domandò invece il commissario quando, poco dopo, i due stavano per risalire in macchina diretti al laboratorio della scientifica, da cui Hartmut aveva appena chiamato.
Semir annuì chiudendo la portiera e cominciando fin da subito a guardare fuori dal finestrino.
«Si ricorda qualcosa?».
«No.».
«Adesso andiamo alla scientifica, il tecnico è riuscito ad analizzare la terra sotto le scarpe di Hoffman in tempo record.» comunicò Kim accendendo il motore «Sembra che ci siano novità.».
L’ispettore non rispose e la donna partì senza attendere oltre.

 

Varcando per la seconda volta la soglia del laboratorio, Semir si sentì particolarmente stupido a salutare Hartmut con un formale “buongiorno” e si chiese a cosa servisse in fondo quella messa in scena.
In fondo a quel punto Hoffman doveva essere già convinto della sua amnesia. O forse non lo era mai stato e lui semplicemente si stava illudendo che fosse così.
«Cosa abbiamo?» domandò la Kruger precedendolo e avvicinandosi al bancone su cui il ragazzo dai capelli rossi stava lavorando.
«Fortuna!» esclamò il tecnico con un sorriso.
L’ispettore non seppe nemmeno se esserne felice oppure no.
«Il terriccio che aveva sotto le scarpe il nostro caro Micione è piuttosto particolare come composizione. Ha un alto contenuto di sali di...».
«Hartmut, per favore, in sintesi.» lo interruppe il commissario con tono che non ammetteva repliche.
«In pratica, qui a Colonia lo possiamo trovare in due posti in quantità considerevole: nell’area industriale a Ovest dell’A32 o in un cantiere attualmente con lavori in corso sulla A72. Ma considerando che Hoffman deve nascondere una bambina, sicuramente per lui sarebbe più sicura l’area industriale. Ci sono parecchi capannoni, ma si possono controllare senza perdere troppo tempo secondo me.».
«Perfetto.» fece Kim lanciando un’occhiata all’orologio e stupendosi di quanto il tempo passasse in fretta «Cominciamo subito.».
«Commissario... è tardi, si sta facendo buio, non avrebbe più senso cominciare domani mattina?» obiettò lo scienziato storcendo le labbra.
«C’è una bambina in pericolo. E noi la troveremo a costo di setacciare quei capannoni uno per uno e di impiegarci tutta la notte.».

 

Un’ora dopo, la Kruger uscì dall’ennesimo capannone che aveva setacciato seguita da Semir e respirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera.
Erano ormai le ventuno passate e loro non avevano ancora trovato nulla.
Mancavano solo tre capannoni da controllare, dopodiché anche l’ennesima speranza di trovare Aida si sarebbe dissolta come polvere.
Il commissario guardò il suo sottoposto con preoccupazione. Non sapeva se fosse per la luce giallognola delle torce nel buio, ma le sembrava pallidissimo.
Per la prima volta il pensiero che la storia dell’amnesia fosse tutta una finzione le passò nella mente, ma la donna lo scacciò scuotendo il capo.
Quindi si diresse a passo deciso verso il capannone successivo, ma si fermò quando sentì squillare il cellulare nella tasca della giacca.
«Kruger.» rispose sperando in una buona notizia.
«Come? Ho capito, arriviamo subito. No, stiamo arrivando, chiamate la scientifica e dite loro di sbrigarsi.».
«Gerkhan.» disse quindi mettendo via il telefono «I colleghi hanno trovato il capannone, è l’ultimo, quello a quattrocento metri da qui. Aida non c’è ma è stata probabilmente tenuta lì, la scientifica sta arrivando, venga.».
Entrambi salirono in macchina nonostante la brevissima distanza e si diressero velocemente e con il cuore in gola verso il capannone indicato.

La Kruger parcheggiò la vettura di traverso vicino all’ingresso e ne scese di corsa insieme a Semir. Entrambi entrarono in fretta e trovarono all’interno del capannone il resto della squadra e i tecnici della scientifica che erano appena arrivati.
Poi, una grande macchia di sangue scuro ancora fresco sul pavimento.

Al posto di Hartmut, fu un ragazzo nuovo della scientifica ad occuparsi di una prima analisi della situazione. Doveva essere entrato a far parte della squadra da poco, la Kruger non lo aveva mai visto prima e sperò con tutto il cuore che fosse competente e che almeno avesse un minimo di tatto, perché visto il colorito di Semir la donna dubitava che l’ispettore avrebbe retto a brutte notizie, soprattutto se riferite in modo troppo brusco.
Semir, dal canto suo, provava a stare tranquillo, cercando di non tradirsi, ma il pensiero che quel sangue potesse essere di Aida non gli permetteva nemmeno di ragionare.
«Sì, direi che le analisi, trattandosi di un caso urgente, potranno essere pronte già domani mattina.» cominciò il giovane tecnico raccogliendo in una provetta un po’ di sangue misto al terriccio del capannone.
Quindi raccolse un oggetto da terra con i guanti di lattice e lo inserì all’interno di una busta di plastica.
«Questo invece è un oggetto piuttosto particolare, che come vedete ho appena raccolto vicino alla macchia di sangue.» spiegò come se si trovasse ad una classe di liceali e non al padre di una bambina scomparsa.
Semir, la Kruger e Jenny erano in piedi intorno a lui e ascoltavano attenti.
«È la versione moderna di un utensile che utilizzavano gli antichi per torturare i propri nemici catturati in battaglia, quando dovevano ottenere da loro informazioni sulle tecniche di guerra dell’esercito avversario oppure semplicemente quando...».
«Mi scusi.» lo interruppe il commissario esattamente come avrebbe fatto con Hartmut «Giunga al punto per favore, non abbiamo tutta la notte.».
«Certo. Era una tecnica molto dolorosa e consisteva, in pratica, nell’incidere con questo strumento una parte del corpo, la gamba normalmente, provocando al torturato un dolore ineguagliabile e una copiosa perdita di sangue.».
Il giovane fece una pausa e Semir si sentì quasi soffocare. Sua figlia poteva essere stata incisa con quel coso?
«Un adulto» continuò il tecnico con aria grave «Può resistere quasi sicuramente a questo genere di tortura, ma una bambina di nove o dieci anni... ecco ispettore, io sinceramente dubito che una bambina possa sopravvivere a una cosa del genere. Anzi, direi che è praticamente impossibile.».
Semir sentì un senso di nausea che lo invadeva e lo sguardo gli cadde per l’ennesima volta sullo strumento insanguinato tra le mani del tecnico e poi sul sangue che macchiava il terreno.
«Vede la punta dell’utensile? È sporca probabilmente dello stesso sangue che macchia il terriccio e con un esame un po’ più approfondito potremo risalire alla persona su cui esso è stato utilizzato.».
Il giovane continuava a parlare ma Semir non lo ascoltava più. Aveva caldo, gli girava la testa, e gli sembrò che l’odore di quel sangue gli invadesse le narici.
«Infatti probabilmente dalle analisi risulteranno piccoli residui di pelle attaccati allo strumento, dai quali potremmo estrarre il dna e... ispettore, mi sta seguendo?».
«Gerkhan? Gerkhan, si sente bene?».
Anche i richiami della Kruger ormai erano lontani.
Semir sentì le voci accavallarsi una sull’altra e perse l’equilibrio.
Si appoggiò alla parete mentre qualcun altro lo chiamava ancora per nome.
Poi non sentì più nulla.

 

Ahi Ahi!
Grande tatto il nuovo tecnico! La situazione continua a precipitare...
Un bacione grande e grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi silenziosamente e in particolare a voi, miei splendidi recensori!
Sophie :D


  
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