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Autore: A Swiftie Life    05/11/2014    7 recensioni
Luke Hemmings era il ragazzo più antipatico e sfacciato che Charlie avesse mai conosciuto. Voleva credere che fossero talmente diversi da non trovare mai una tregua ai loro continui battibecchi. Ma infondo, Charlie sapeva che non erano proprio due mondi paralleli.
"Ogni estate Kate andava da suo padre a Miami per trascorrere del tempo con lui. In pratica, ospitava me, Emily e Mikey in un'enorme villa a tre piani per circa tre mesi."
"«Potrei avere dell'acqua?»
Ringraziando, afferrai il bicchiere per poi portarlo al tavolo. O almeno quella era l'intenzione. Non appena mi voltai una figura alta mi si parò davanti, facendomi fare un balzo all'indietro. Il bicchiere rimase arpionato alla mia mano, ma un po' di liquido finì sulla maglia nera del tipo.
«Cazzo!» pronunciò.
«Oh mio Dio, scusami tanto!» iniziai. «Beh, è solo acqua, quindi non dovrebb-» lasciai la frase in sospeso quando vidi per la prima volta il viso dello sconosciuto. Era... era... stupendo.
L'espressione leggermente confusa del ragazzo scomparve, lasciando spazio ad un ghigno divertito.
«Lo sospettavo; una ragazzina come te non avrebbe potuto di certo bere del whisky»"
Riuscirà Charlie a sopportare Luke e il suo ego per tre lunghissimi mesi?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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12° capitolo


“You’re beautiful”.

UNA SETTIMANA DOPO.

Il suono del cellulare mi perforò i timpani. Passai una mano fra i capelli mentre cercavo di alzare il busto dal materasso, con gli occhi ancora semichiusi.
Tastai la coperta per afferrare quell’aggeggio infernale e metterlo a tacere. Ma che ore erano?
-Pronto?- ringhiai lasciandomi cadere nuovamente sulle lenzuola, posizionando il cellulare sul mio orecchio in modo da ascoltare.
-Ciao Charlie- riconobbi subito la voce di Luke provenire dall’altra parte della comunicazione. I miei occhi finalmente si aprirono.
Girai il busto in modo da trovarmi supina.
-Luke, hai idea di che ora è?- 
-Sono le undici, bambolina, è ora di alzarsi- lo sentii ridere. Stropicciai gli occhi con la mano e diedi un’occhiata all’orologio della camera. Era vero.
-Odio quando mi chiami bambolina- dissi frustrata cambiando argomento.
-Okay bambolina- 
-Ti odio-
-Oh, io di più-
Repressi l’impulso di sorridere. 
-Allora, cosa vuole alle undici di mattina, di grazia?- chiesi sconfitta avendo realizzato che grazie a lui non avrei più preso sonno.
Scostai le lenzuola dalle mie gambe e mi alzai. 
-Sei sicura di volerlo sapere?- 
Assottigliai gli occhi. -Che vuoi dire?-
Percepivo il suo sorriso strafottente anche se la cornetta ci divideva.
-Penny oggi va in campeggio fino a domattina, e i miei sono fuori per lavoro- disse, dal nulla.
-Mh, bene. Grazie per l’informazione- risposi ironica non capendo cosa volesse dire. 
Sbuffò. -Era per dirti che a me non piace giocare con le bambole di Clary. Quindi, se Madame Capelli Selvaggi volesse farmi compagnia per badare a mia sorella, mi farebbe molto piacere-
-Mi hai appena chiamata ‘Capelli Selvaggi’?- strillai nel telefono per dargli fastidio. La sua risata arrivò dritta nelle mie orecchie.
-Perché, stai dicendo che non hai dei capelli ribelli?- 
-Sei un asso con i complimenti, Hemmings. Sai cosa? Spero tu sappia fare le treccine alle barbie, perché io non ci sarò- ribattei facendo la finta offesa mentre scendevo le scale.
Vidi di sfuggita mio fratello steso sul divano, con le gambe all’aria mentre guardava la solita partita di rugby. Raggiunsi la cucina, dove trovai Kate ed Emily con le teste nelle loro rispettive tazze di caffè.
-Per tua sfortuna sono un asso anche nelle treccine- rispose lui cercando di mantenere un tono di voce piatto.
-Ti odio sempre di più, sappilo- 
Emily alzò lo sguardo verso di me, curiosa di sapere con chi conversavo al telefono. Mimai Luke con le labbra, e quando capì mi fece un cuoricino con le mani. Fanculo, bionda tinta.
-Allora, ci vieni?- avevo completamente perso il filo del discorso.
-Eh?-
-Venire. Tu. Casa. Hemmings?- rispose facendo finta di parlare con un cinese appena sbarcato in America. Evitai di rispondergli a tono.
Piuttosto, le parole “casa Hemmings” mi incutevano più timore di quanto pensassi. Mh.
Casa Hemming. Casa di Luke. Cioè, dove Luke viveva.
Dio, sentivo le viscere aggrovigliarsi; mi era passata quasi completamente la fame.
-Ehm…- non feci nemmeno in tempo a dire ‘si’, ‘no’, ‘banana’, che mi bloccò.
-Perfetto, devi essere qui per le quattro. Ciao bambolina- e chiuse la chiamata. Rimasi accigliata mentre fissavo lo schermo dell’apparecchio. Seguirono poi degli schiamazzi e dei ghigni da parte delle mie due migliori amiche. 
Senza spiegare loro cosa mi aveva riferito Luke, mi sedetti sullo sgabello dell’isolotto e iniziai a mordicchiare la cannuccia del milkshake preparato da Emily come ogni mattina. Ormai in cucina l’unico rumore percepibile era quello che produceva la cannuccia quando bevevo.
«Allora? Cosa ti ha detto?» chiese Kate, maliziosa. La guardai distrattamente. Era passata una settimana dalla sua sbronza, ma non era assolutamente decisa a raccontarci come era andata con Ashton. Anche lui si era rifiutato di parlare. 
Sapevamo solo che lui si era fatto perdonare chiedendo a Kate di uscire; ovviamente tutti noi credevamo che Kate gli avesse confessato i suoi sentimenti, e che magari lui non li avesse mai ricambiati. O che avesse paura di rovinare tutto. 
Era meglio non pensarci, a Kate andava bene che Ashton le avesse proposto un appuntamento. Anche se si era sforzato.
«Devo andare a casa sua per aiutarlo con Clary» spiegai iniziando a picchiettare le unghia smaltate di blu scuro sul bicchiere in vetro.
Kate arricciò il naso. «Clary? La sorellina di Luke?»
Tossicchiai. «Ehm… si?»; sembrava più una domanda che una risposta.
Lanciò un’occhiata a Emily. «Lottie, come hai fatto a conoscere sua sorella?» chiese alzando un sopracciglio.
«Beh, al centro commerciale le abbiamo incontrate»
«Le?»
«Ehm, beh si, c’era anche Penny. Sono adorabili» risposi cercando di non arrossire come una demente per quei ricordi imbarazzanti.
Emily emise un gridolino compiaciuto. 
«Sicuramente ti avrà chiamata per sua sorella, certo» fece la castana ironica, alzando e abbassando le sopracciglia nell’intento di imitarmi. Non solo la situazione era di per sé molto critica, ma ci si metteva anche lei con quelle frasi provocatorie.
Alzai gli occhi al cielo scherzosamente. «Risparmia il fiato, signorina Grey. Non succederà niente, anche perché non credo che la bambina non rimarrebbe traumatizzata dalla visione di una pomiciata esplicita, ammesso che le probabilità che capiti siano accettabili» feci un gesto seccato con la mano, realizzando dopo di aver parlato esattamente come Sheldon di The Big Bang Theory.
Ripensandoci, avevo perso il conto di quante volte Luke aveva provato a baciarmi. Anche se dopo la quasi scomparsa di Kate non ci aveva più provato. Anzi, eravamo diventati molto più che semplici conoscenti, e la nostra amicizia era cambiata in meglio.
Qualcosa doveva avergli fatto il lavaggio del cervello: magari lo shopping dell’altro giorno. Sorrisi fra me e me al ricordo.
«E se fosse tutta una balla?» considerò la mia migliore amica.
Emi rise. «Non credo che Luke arriverebbe a tanto per portare a casa una ragazza» intervenne molto saggiamente. Per mia fortuna, la bionda era sempre dalla mia parte.
«Si, ma penso che per lui Charlie non sia “una ragazza”. Charlie è diversa. Lei è… è Charlie» concluse meno intelligentemente di quanto avesse fatto Emi.
Beh, a meno che mia madre non avesse deciso di cambiare il mio nome in quel preciso istante, ero Charlie.
«Grazie al cielo, avevo paura di essere l’orso Yoghi»
Le mie due amiche risero.
Poi, Michael fece la sua trionfale entrata in cucina, sbadigliando come se non ci fosse un domani. 
«Che succede?»
Lanciai un’occhiata eloquente alle mie amiche.
«Charlie va da Luke oggi pomeriggio!» sbottarono in coro quelle brutte stronze. Le uccisi mentalmente.
Mio fratello si stropicciò prima gli occhi ed emise un altro sbadiglio.
«E quindi?» ah, l’aveva presa bene.
Ritrassi di scatto il volto quando sentii la risposta di mio fratello. «Ehm, niente» feci io prendendo un biscotto dal contenitore vicino al frigorifero.
La cucina piombò in un silenzio tombale, fino a quando Michael non disse: «C’è qualcosa che vorresti dire, Charlie?»
Non avevo capito a cosa avessi voluto alludere con quella domanda: in verità non stavo nascondendo niente di niente. Scossi la testa senza proferir parola.
Mio fratello sembrò essersi ripreso dalla sua fase ‘sono le undici di mattina ma ho ancora sonno’ (da che pulpito) dal momento che si era posizionato con i gomiti sul bancone, e una faccia seria.
«Come va con Luke?» chiese poi, sorridendo.
Aggrottai le sopracciglia. «Siamo buoni amici»
«Sai, credo che tu gli abbia fatto una sottospecie di incantesimo. Non mette piede in un night dall'età della pietra e soprattutto non si porta a letto una ragazza da ben otto giorni» confessò facendo una faccia buffa, che consisteva nell’arricciare sia il naso sia il labbro superiore. Andai in iper ventilazione.
Non sapevo che dire… 
«Davvero? Io ero convinta che prima della festa fosse andato a scop-» mio fratello tappò la bocca di Kate con la mano.
COSA? Rimasi di stucco. E vi potevo assicurare che quello non era un barbatrucco.
«Ah si?» chiesi con finto disinteresse. Oggi Luke morirà.
Gli altri scossero energicamente la testa in una risposta negativa.
«Hey imbecilli, potete dirmelo se Luke si va a divertire. Non siamo di certo fidanzati» feci io ridendo nervosamente. Anche un’iguana aveva capito che stavo schifosamente mentendo. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. 
Okay Charlie, mantieni la calma.
«Quello che volevo dire -mio fratello lanciò un’occhiataccia a Kate, che si strinse nelle spalle- è che gli devi aver fatto un gran bell’effetto» si alzò dallo sgabello per lasciarmi un bacio sulla guancia.
«Sono contento»
Sorrisi.
Emily batté le mani. «Bene. Ma credo che prima di andare dovresti farti una tisana, rischi di svenire davanti alla sua porta d’ingresso»
«Ah-ah-ah»

 
***
ORE 14:13

KATE’S P.O.V.

-Pronto?-
-Katie? Sono Ash- non mi ero nemmeno resa conto di aver risposto al cellulare senza guardare chi fosse. Sentii il cuore accelerare in un baleno.
Presi un profondo respiro e risposi. -Hey-
Si sentivano dei rumori in sottofondo, come se stesso in metro, o cose del genere. Ma Ashton odiava la metro.
-Potremmo anticipare l’appuntamento?- chiese dopo una serie di interferenze. 
-Ehm… Okay- 
-Fantastico, perché sono sotto casa tua- sgranai gli occhi. Allontanai il telefono dall’orecchio e mi avventai sulla porta d’ingresso, trovandolo effettivamente sul mio portico.
Chiusi la chiamata mentre continuavo a fissarlo sbalordita. Mi fece un saluto con la mano e mi indicò la sua auto parcheggiata nel viale.
Senza pensarci due volte chiusi la porta alle mie spalle: non avevo nemmeno prestato attenzione al mio abbigliamento. Sperai solo di non essere uscita con le mie imbarazzanti infradito a fiori. Controllai senza farmi notare e per mia fortuna stavo indossando gli shorts e una maglietta abbinata ai sandali.
Ashton stava camminando pensieroso verso la macchina; poi si fermò davanti alla vettura e mi fece un sorriso prima di aprirla.
«Avvisa gli altri che starai fuori tutto il giorno» disse enigmatico mentre entrava in macchina.
Aggrottai le sopracciglia senza rispondere. Digitai un messaggio da mandare a Charlie perché avvisasse anche Emily; bloccai la schermata e tornai a guardare avanti a me, scoprendo che stavamo già percorrendo la strada.
Osservai il profilo di Ashton: sembrava così a suo agio mentre guidava, come se non fosse successo praticamente niente e fossimo tornati ad un anno fa.
Io ero imbarazzata; non volevo pensare che aveva fatto tutto questo solo per farsi perdonare e non perché aveva voglia di farlo.
Per quanto Ashton potesse essere gentile ed educato, non si poteva capire bene se una cosa la stesse facendo di sua spontanea volontà, e questo mi preoccupava.
Sprofondai nel sedile della sua auto.
«Allora, dove mi porti?» chiesi cercando di non fargli capire quanto stessi in ansia. Si voltò verso di me e sorrise.
«Vedrai»
A volte mi chiedevo se la scelta migliore fosse davvero stata quella di rivelargli tutto: avevo avuto tanta paura di quello che sarebbe potuto succedere. Infatti, era successo…beh… quel che era successo. 
Decisi di non pensarci più e di godermi quella giornata con lui, dato che era stato il mio sogno da qualche mese.
Sorrisi.

 
***
ORE 15:57.

CHARLIE’S P.O.V.


Chiusi la porta alle mie spalle sospirando. Erano quasi le quattro, e stavo raggiungendo casa di Luke con l’ansia di uno che sta per essere immerso nell’acido.
Mi aveva dato l’indirizzo e il numero civico, speravo di non bussare alla porta sbagliata o perdermi.
Casa Hemmings era più vicina di quanto potessi immaginare e questo mi fece stringere ancora di più il nodo allo stomaco: se avessi camminato di più magari mi sarei calmata e un po’ d’ansia sarebbe andata via. 
Ma avevo comunque avuto modo di pensare a tutto quello che era successo. 
Ripensai all’abbraccio di quella maledetta sera in cui scomparve Kate: era stato un turbine di emozioni per me, anche se in quel momento non avevo saputo definirle. Era stato talmente improvviso e stretto che non mi aveva dato il tempo di pensare. Ma riflettendoci, avevo finalmente capito che potevo fidarmi di lui. Non mi aveva abbandonata, era rimasto vicino a me.
Mi aveva tenuta stretta per tutto il tempo di cui avevo bisogno. 
Ma cosa era successo? Perché l’aveva fatto?
Le domande che mi intasarono il cervello furono migliaia. Questo perché Luke non aveva mai agito così con me… Forse con nessuno.
Mi ritrovai senza essermene accorta davanti alla sua porta d’ingresso, su cui c’erano inchiodate delle lettere dorate. “Hemmings”, dettavano.
Suonai il campanello tremante. Lo stavo facendo per lui.
Vidi la porta che si apriva, scoprendo dietro essa la figura minuta di Clary, con i capelli biondi scompigliati e una manina che stropicciava l’occhio sinistro.
I miei occhi si accesero vedendo la bambina. 
«Charlie?» chiese con una voce impastata dal sonno; probabilmente stava dormendo.
«Ciao Clary» feci io abbassandomi per darle un bacio sulla guancia e pizzicandole dolcemente il mento. Sorrise per il mio gesto.
Fece spazio per farmi entrare e chiudere la porta dietro di me. I minuscoli piedini coperti da calzini rosa camminarono fino alle scale che conducevano al piano di sopra.
Si fermò prima di mettere un dito sulle labbra. «Vieni» 
La casa era un po’ buia all’interno. Probabilmente stavano facendo il sonnellino pomeridiano. Anche il piano di sopra era abbastanza buio; alcune avvolgibili erano socchiuse.
Clary, dopo avermi preceduta sulle scale, mi indicò una porta chiusa. Doveva essere la camera di Luke. 
L’aprì con calma e mi spinse leggermente al suo interno; poi, chiuse la porta uscendo. Ebbi un fremito.
Ero nella stanza di Luke, da sola. Era completamente immersa nel buio, solo pochi raggi di sole pomeridiano entravano dagli spiragli della finestra.
I miei occhi scovarono la sagoma del biondo nonostante l’oscurità: era sdraiato sul letto, dormiva. Potevo sentire il suo respiro pesante. 
Non avevo idea di cosa fare, dovevo svegliarlo? Mi avvicinai a piccoli passi, fortunatamente attutiti dalla moquette sul pavimento. 
Una volta raggiunto il lato destro del materasso, mi fermai per guardarlo. Luke era così maledettamente bello, anche mentre dormiva.
Il suo petto era scoperto, si alzava e si abbassava lentamente; i capelli scompigliati e il volto addormentato era rivolto verso la finestra. Quindi nella mia direzione opposta.
Con tutta la calma (e l’ansia) del mondo poggiai le ginocchia per terra e incrociai le braccia sulle lenzuola per osservarlo meglio. Poggiando il mento sul tessuto profumato della coperta, pensai a quante ragazze fossero passate per il suo letto. Quante avevano dormito in quelle lenzuola, quante l’avevano toccato, e quante avevano perso la testa per lui.
E la cosa peggiore, era che stavo per diventare una di loro. Stavo per perdere completamente la testa per lui.
Un sospiro scoraggiato uscì dalle mie labbra involontariamente.
«Ti si fondono i neuroni se continui ad fissarmi» pronunciò una voce bassa e roca. Arrossii di botto e tolsi le braccia dal materasso.
Sentii la risata gutturale di Luke riempire le mie orecchie e la stanza. Quando vidi che aveva girato la testa verso di me, stabilii a me stessa che non mi sarei tirata indietro e che avrei scacciato via l’imbarazzo.
«Non volevo svegliarti» fu la mia risposta al suo commento. Nonostante sentissi la paura e il tremore stagnare in me, continuai a comportarmi come se non stesse accadendo niente che avrebbe potuto mettermi a disagio.
Potei ascoltare i quasi impercettibili cigolii della testiera quando lui si mosse. Era girato di fianco e mi guardava. 
Avete presente quando si dice che il silenzio fa da padrone? Quando non ci sono bisogno di parole? Beh, quella era la situazione in cui mi trovavo.
La nostra battaglia di sguardi si concluse quando Luke parlò: «Vieni» mi fece spazio sul materasso.
Come prima, sentii una serie di brividi percorrermi il corpo. Ringraziando il buio che copriva il mio volto arrossato e senza dire niente, sfilai le converse e mi stesi supina.
Il letto era morbido e accaldato. Luke era sempre steso di fianco, un braccio piegato dietro la testa e un sorriso pigro sulle labbra.
Ricambiai nervosamente. 
«Mi dispiace di avervi svegliato» ripresi a bassa voce guardando il soffitto, posando le mani sulla mia pancia. 
«Naah, ci siamo solo appisolati mentre ti aspettavamo» rispose lui sbadigliando. Annuii non sicura che fosse riuscito a vedermi.
Per scaricare almeno un po’ di tensione, iniziai a picchiettare l’indice sulle nocche della mano. E ora?
«Luke?»
«Mh?» ebbi l’impulso di sorridere sentendo il suo grugnito assonnato. 
«Perché mi hai fatto venire qui?» chiesi dal nulla, sempre tenendo lo sguardo arpionato sul soffitto.
Non rispose. Si limitava a fissarmi. Si sdraiò anche lui supino.
«Luke» lo richiamai sospirando. Stava solo facendo si che il mio cuore accelerasse.
«Te l’ho detto, ho bisogno di aiuto con Clary» soffiò. 
«Devo usare la forza per farti parlare?» lo minacciai assottigliando gli occhi.
Sorrise. «Fammi vedere che sai fare»
L’aveva voluto lui. Sollevai la schiena dai cuscini e scostai le gambe scoperte per posizionarle ai lati dei suoi fianchi. Infine mi sedetti a cavalcioni su di lui, meritandomi uno sguardo sorpreso. Non perse nemmeno un minuto e allungò le mani tenendole saldamente sui miei fianchi per non farmi spostare. 
Non sapevo dove mettere le mani, fin quando non le poggiai sul suo petto nudo e iniziai a lanciargli occhiate di sfida. Lo sovrastavo; forse era la prima volta.
«Ora me lo dici perché vuoi che stia qui?» mi guardava con talmente tanta lussuria che quasi volevo nascondere il viso fra i capelli; ma non era il momento. Non l’avrei più fatto. 
Non avevo paura. 
Anche lui alzò il busto verso di me, facendo scivolare le mie mani sul torace fino a farle finire nuovamente sulle mie gambe. Mi tenne stretta fra le sue braccia, come per chiudermi in un abbraccio, mentre le nostre gambe si stavano toccando.
«Lo sai, si?» sviò la mia domanda con un’altra, non cogliendomi alla sprovvista dal momento che era diventata un’abitudine fra di noi.
Alzai un sopracciglio non capendo cosa volesse dire. Prima che parlasse lo guardai intensamente negli occhi che al buio apparivano di un blu scurissimo, quasi nero.
Sarei potuta affogarci. Ci avrei nuotato fino a quando non sarei morta.
«Cosa?»
Sorrise. 
«Sei bellissima»








SIMMER DOWN, SIMMER DOWN!

Heey girls!
Eccomi qui con un altro capitolo!
Direi che è anche questo uno dei miei capitoli preferiti; allora, Charlie è andata da Luke per un pomeriggio intero, eh?
Cosa succederà? *faccia perversa*
Vi ho già dato un accenno, eheh.
Vi piace? 
Ehm, credo di non aver più niente da dire, a parte che sono consapevole del fatto che ormai il tempo per leggere si è ridotto con la scuola di mezzo e magari non avete tempo di passare, ma mi è dispiaciuto non aver ricevuto pareri sullo scorso capitolo, che è il mio prefetito in assoluto. 
Ma vabbè, non importa, so che avrete sicuramente i vostri motivi.
Ah, vorrei anche ricordarvi che ho iniziato una nuova storia su Luke, Don't.
Vorrei che deste un'occhiata ed esprimeste il vostro parere.
Allora, aggiorno a 4 recensioni, non di meno!

p.s. ho comprato 1989! (non vi frega)
p.p.s. vi amo tutte!

Besos,
Au.

 
  
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