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Autore: V@le    22/10/2008    3 recensioni
Mi ricordo montagne verdi, e le corse di una bambina, con l'amico mio più sincero, un coniglio dal muso nero...
L'inizio di questa splendida canzone di Marcella Bella dice tutto, ve ne accorgerete leggendo.
[Partecipante al concorso AU Special indetto da DarkRose86]
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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AU KibaHina

 

 

 

 

MONTAGNE VERDI…

E L’ARCO

 

 

L’arco. Tutti quei mattoncini in fila… fin da piccola, ogni volta che ci passava sotto, non poteva fare a meno di alzare lo sguardo meravigliata, chiedendosi quale strana magia riuscisse a tenerli sospesi.

Il paese era la sua città fantastica; quell’arco la porta per la felicità.

Quanti pianti ricordava consumati lì, aggrappata alle sue care amiche.

Quante risate e quanti infantili complotti, nell’età in cui non ci si preoccupava di nulla se non del presente.

Hinata sentì gli occhi inumidirsi e portò un debole pugno alle labbra.

Non voleva partire, non voleva lasciare quel luogo che aveva tanto intensamente vissuto.

A piccoli passi raggiunse le vecchie care scalette, che avevano piacevolmente sporcato i pantaloni degli ultimi anni a forza di chiacchierate e confessioni, d’imbarazzi e momenti tristi.

Si strinse nella felpa per ripararsi dall’abituale freddo che arrivava a Settembre.

Le lacrime lottavano per uscire,lo sentiva…

“Ciao.”

Alzò appena gli occhi, per non mostrarli lucidi.

“Ciao, Kiba.”

Il ragazzo le si sedette accanto.

Indossava la solita giacca che portava quando andava in moto… strano che non l’avesse sentito arrivare.

“Così domani parti.”

Hinata pensò di udire queste parole. Dopo due secondi invece realizzò che le aveva chiesto come stava.

“Non molto bene” rispose.

Con Kiba non serviva mentire. In primo luogo, se ne accorgeva sempre; in secondo luogo… che senso aveva dire bugie a un amico come lo era lui?

Perché lui era un amico speciale.

Avevano riso troppo insieme e troppo si erano sostenuti per lasciare che un piccola bugia rovinasse tutto. Soprattutto quando quel ‘tutto’ sembrava poter diventare qualcosa di più.

Ma l’indomani ci sarebbe stata la partenza, quindi non aveva più importanza.

Almeno così la pensava Hinata.

Il ragazzo la fece scendere dolcemente dalle nuvole circondandole le spalle con un braccio e facendola appoggiare a sé.

“Vedrai che, quando ti ci abituerai, non sarà così male.”

Allora lei non ce la fece più: si aggrappò al collo di Kiba e si permise di piangere, maledicendo senza voce tutto quello che la stava allontanando dall’amato paese, dall’amato arco e dall’amato amico.

Quest’ultimo, con un sorriso amaro di tristezza, la strinse, lasciandola sfogare e lasciandosi andare, perché sentiva che sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe sentita tanto vicina.

“Vuoi che ti accompagni io a casa?” le sussurrò all’orecchio.

Hinata sollevò un poco lo sguardo, vedendo la moto in lontananza.

“Giù in piazza c’è la nebbia.”

“Andrò piano” la rassicurò, per poi baciarla sulla fronte e aiutarla ad alzarsi.

Da lì in poi la mente di Hinata non recepì più lucidamente, forse per la tristezza, forse per l’emozione.

Percepì solo le proprie dita intrecciarsi con quelle di un’altra mano e il calore di un altro essere umano che diventava la sua forza ad ogni passo.

Le sembrò di sentirlo parlare, e anche di rispondere.

Immaginò un abbraccio e sognò un bacio.

Si risvegliò da quello strano stato di trance solo quando si ritrovò davanti alla porta di quella casa ormai vuota, che l’indomani avrebbe abbandonato per sempre.

O forse no.

 

 

Fine

  
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