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Autore: Raya_Cap_Fee    06/11/2014    5 recensioni
Erzsébet Báthory, parente dell’ononima e famosa contessa del XVI secolo, discende da una delle famiglie magiche e purosangue più potenti dell’est Europa. E’ iscritta alla Scuola di Magia di Durmstrang ma in seguito alla morte del padre, Erzsébet e sua madre sono costrette a trasferirsi in Inghilterra, dove la ragazza comincia a frequentare il sesto anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Nella nuova scuola, la ragazza un po’ troppo sicura di sé fa nuove conoscenze di cui una molto interessante con un certo Draco Malfoy, tormentato da un compito che non riesce a portare a termine.

«I Báthory considerano un solo modo per mantenere intatta la linea di sangue puro… » disse Erzsébet con calma sfogliando il libro di Storia di Hogwarts «… ed è quello di sposare un altro Báthory» concluse sollevando gli occhi verdi dalle pagine ingiallite per posarli sul gruppo di Serpeverde seduto davanti al camino. Pansy Parkinson si volse a guardarla, il viso da carlino atteggiato in una leggera smorfia. Era evidente che non avesse gradito la sua intromissione nel discorso.

«Permettimi di aiutarti, Draco » disse Erzsébet, i capelli biondi illuminati dalla luce aranciata del tramonto.
Genere: Dark, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio, Serpeverde, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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A STONE IN THE HEART



 
CAPITOLO NOVE
 
 
Erzsébet,

non so nemmeno perché ti sto scrivendo questa lettera ad essere sincero. Forse mi sei sembrata l’unica a cui potesse importare qualcosa di me, in questo momento. O forse mi sbaglio e mi rispedirai indietro il gufo senza aver nemmeno letto.
Quindi, nel caso in cui tu stia leggendo questa lettera, voglio darti ragione. Ho l’acqua alla gola, Erzsébet, e ho bisogno di aiuto per quello che devo fare.T
Buon Natale.
Draco
 
 
La strega fissò quella breve lettera e una ruga di preoccupazione le solcò la fronte. Aveva l’impressione che Draco avesse voluto aggiungere qualcos’altro –lo testimoniava la sbavatura dopo il punto che non si era preoccupato di correggere- e allora perché non l’aveva fatto? Stava chiedendo aiuto a lei?

Rilesse ed emise un leggero sospiro. Doveva rispondergli ma…la sua famiglia. Se la sua famiglia l’avesse saputo non aveva idea di quello che sarebbe successo. O meglio, un’idea ce l’aveva ma non voleva pensarci. I Báthory sapevano essere terribili.

 Inspirò profondamente dal naso e ripiegò la lettera di Draco. Il gufo l’aveva raggiunta nella stanza e ora la guardava, appollaiato al fianco di Fizkò, in attesa che rispondesse. Non lo fece. Si alzò in piedi e rimise alla zampa del gufo la lettera. La ceralacca era rotta e Draco si sarebbe accorto che non gli aveva risposto di sua volontà. Si sentì meschina e, per la prima volta, si pentì di essere così egoista.

Draco le piaceva. Riusciva a ricordare perfettamente i suoi baci e come si era sentita. Ed era sbagliato.

“Riposati un po’ e poi torna a casa” si rivolse al gufo dandogli una breve carezza sulla testa.
Aveva detto a Draco di chiedere aiuto e l’aveva fatto. Alla persona sbagliata.
 
 Ritornò in salotto dopo essersi calmata un po’ ma nessuno fece domande. Era ovvio  che le avessero creduto, d’altronde perché avrebbe dovuto mentire alla sua famiglia?  


 
Quando ritornò nella sua stanza, a sera, il gufo era sparito e con lui la possibilità di rimediare a quello che, per tutto il giorno, le era sembrato un grosso errore. Che cosa avrebbe pensato Draco?
Si era ripetuta che non gli importava ma non era vero.  Si morse un labbro e si sedette sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Qualcuno bussò alla porta.

“Avanti” mormorò lei, sedendosi meglio. Pál fece il suo ingresso, due bottiglie di burrobirra incastrate per il collo tra le dita di una mano.

“Erzébet, Erzsébet…” disse lui con un tono di rimprovero “Una volta eri una festaiola”

La Serpeverde guardò il cugino e socchiuse appena gli occhi. Cosa ci faceva lì?

“Non è vero” ribattè inarcando appena un sopracciglio. Pál sorrise e si fermò davanti a lei tendendole una bottiglia “Sei strana oggi. Più del solito”. Una delle qualità di Pál era quella. Capiva sempre quando c’era qualcosa che non andava. Lei scrollò appena le spalle e accettò la Burrobirra senza ribattere.

“Cosa ci fai qui?”

“Mi era sembrato che avessi bisogno di compagnia”

“Istók potrebbe irritarsi”

Pál rise e bevve un sorso dalla sua bottiglia, sedendosi sul letto accanto a lei “Beh, almeno ammireremmo qualche espressione sul suo faccino”. Lei si appoggiò con la schiena a una colonna del baldacchino e guardò il cugino. Era la seconda sera che trascorrevano insieme.
“Ovviamente posso andarmene se ti dispiace per Istók”

“No. Rimani”

Lui la guardò e sollevò un angolo delle labbra in un sorriso “Vuoi parlarmi, Erzsébet, dirmi quello che succede?”

Erzsébet scosse la testa e bevve. Non poteva parlare nemmeno con Pál riguardo a Draco Malfoy.

“Vorrà dire che parlerò io allora” ribattè suo cugino.


 
Quando l’orologio in corridoio battè le due di notte, Pál si alzò a sedere in mezzo al letto “Immagino di dover tornare nella mia stanza”
Erzsébet sdraiata su un fianco e con indosso ancora il vestito della cena annuì. Suo cugino era stato di parola. Aveva parlato per tutto il tempo e, nonostante sulle prime fosse stata un po’ scostante, si era ritrovata a ridere più di una volta.
Era riuscita a dimenticare la lettera di Draco. Chissà come aveva passato il Natale…

“Pál?” mormorò chiamando il cugino

 “Mhm?”

I loro sguardi si incrociarono alla luce della luna che filtrava dalla grande finestra “Grazie”. Pál sorrise e si allungò verso di lei, che avvertì il suo respiro sul viso “Buonanotte, Erz” mormorò scostandole dal viso una ciocca di capelli. Lei non si scompose e continuò a guardarlo.
Pál si avvicinò e le sfiorò una tempia con le labbra.

“Buonanotte, Pál” sussurrò nel mentre che lui si alzava dal letto. Le rivolse un breve sorriso e poi uscì di soppiatto. Erzsébet  si voltò supina ed emise un sospiro.

Sapeva che nel suo futuro non c’era spazio per nessun uomo che non fosse un Báthory. Forse si era sbagliata nei confronti di Pál, nell’accantonarlo per Istók.Strinse forte le palpebre cercando di immaginarsi al fianco di uno dei due ma, tutto ciò che vide, fu il viso di Draco Malfoy.


 
 
Erzsébet Báthory era cresciuta avendo tutto ciò che voleva e per questo non si era mai lamentata. Sapeva di essere fortunata e sapeva che il merito era tutto della sua famiglia. Eppure, nei giorni che seguirono l’arrivo della lettera di Draco, era certa di desiderare qualcosa che non avrebbe mai potuto avere: la libertà di stare con chi voleva davvero.

E lei voleva Draco Malfoy.

Magari era una cosa temporanea, una cotta passeggera, ma per una volta desiderò di essere una strega comune senza il peso dell’essere una Báthory sulle spalle. Quella mattina si svegliò con gran mal di testa e la voglia di cruciare chiunque l’avesse disturbata.

Peccato non potesse cruciare Istók, l’unico seduto al tavolo, intento a fare colazione. Si sedette al suo fianco con un sospiro, ancora in pigiama. Se sua madre l’avesse vista…
“Bel completino, Erz” mormorò Istók. Non le sembrava nemmeno che l’avesse guardata. In realtà indossava un pigiama con pantalone e maglia a maniche lunghe, blu scuro e semplicissimo.

“Cosa ti porta a fare colazione a quest’ora, Istók? Non è troppo tardi per te?”

“Ho dormito più del previsto”

Erzsébet allungò una mano verso il pane ma suo cugino la precedette e le porse la sua fetta, già ricoperta di marmellata alle fragole accuratamente spalmata. Rimase sorpresa da quel gesto ma l’accettò mormorando un ringraziamento.Rimasero in silenzio un po’, mentre Istók si preparava un’altra fetta di pane. Era sicura che avrebbe potuto benissimo usare la magia per essere più veloce ma non sembrava avere alcuna fretta.  Lo guardò di sottecchi.
Un po’ come lei aveva la capacità di apparire bellissimo anche appena sveglio, al contrario di Pál.  Almeno non sarebbe stato traumatico svegliarsi al suo fianco.

“Mi stai fissando, Erz”

Lei non distolse lo sguardo e si limitò ad addentare la sua colazione. Nonostante non si fossero più trovati da soli dopo la spiacevole chiaccherata in biblioteca, non avevano smesso di studiarsi a vicenda.

“Anche tu mi fissi”

Lui alzò gli occhi blu dalla marmellata e incrociò il suo sguardo “Bene”

“Bene”.

Mangiarono guardandosi a vicenda e, quando Erzsébet si alzò, Istók la trattenne per un lembo della maglietta. Lei inarcò un sopracciglio, aveva sempre questa mania di toccarla quando stava per andarsene.

“Erzsébet?”

Era nervosismo quello che aveva udito nel suo tono? Istók era una delle persone più sicure di sé che avesse mai conosciuto. Sembrava che niente potesse scalfirlo o intaccare l’espressione che decideva di mantenere.

“Sì?” 

Lui alzò appena il capo per guardarla e lei aspettò “Verresti con me in città, oggi pomeriggio?” chiese lasciandole il pigiama, sicuro che non sarebbe scappata. La Serpeverde sbattè un paio di volte le palpebre, sicura di non aver capito bene.

“In città? Io e te da soli?”

 Istók sorrise lievemente “Certo”.

“Dovrò chiedere il permesso a mia madre”

“Sarà d’accordo”. Certo che lo sarebbe stata.

Erzsébet si morse appena il labbro inferiore “Verrò”

“Molto bene. Sono contento” disse Istók e, per una volta, le parve vero.
 
 
Quel pomeriggio perciò, Erzsébet si ritrovò in compagnia di Istók lungo le strade affollate della città più vicina. Doveva ammettere che quella di uscire un po’ dal castello era stata una buona idea visto le poche attenzioni che i Báthory prestavano al Natale.
E lei amava il Natale.

Era una città interamente Babbana per cui le decorazioni non erano granchè, ma lei si accontentò. Nevicava e faceva freddo ma ciò non demoralizzava le famiglie a passeggiare tra i negozi illuminati o a pattinare nella grande pista al centro della piazza. La Serpeverde si strinse appena nel lungo cappotto nero –reso impermebile da un incantesimo di Istók- e un sorriso aleggiò sulle labbra.
“Ti è sempre piaciuto il Natale” commentò la voce di Istók e lei si voltò a guardarlo. Anche lui indossava un cappotto nero e un cappello di lana a coprirgli la testa, in quel modo la sua pelle bianca e gli occhi blu spiccavano in maniera inequivocabile. A quella semplice affermazione lei sorrise appena, e lanciò un’occhiata fugace alla pista di pattinaggio dove alcuni Babbani schiamazzavano. Certamente, non aveva nessuna voglia di mischiarsi a loro.

“Vuoi pattinare?”

Lei sorrise ancora e guardò il cugino “Cos’hai, Istók? Quasi non ti riconosco”

Sembrava aver perso un po’ della solita boria che lo distingueva dalla massa. Ricordava bene le parole che si erano scambiati in biblioteca e forse lui stava cercando di scusarsi. Istók rimase serio “Volevo scusarmi per…quello che ho detto. Non avevo alcun diritto di parlarti come a una ragazza comune, Erzsébet. Mi dispiace”

Lei lo scrutò in volto qualche istante e poi scrollò le spalle “Ti ho già perdonato. Non serve umiliarti”

“Non mi sto umiliando. Mi sto scusando perché sono stato maleducato”

“Va bene allora”

“Tu sarai una donna importante nella mia vita, Erz. Non voglio offenderti in nessun modo, mai”

La strega trattenne il respiro a quelle parole e si girò completamente verso Istók “Parli sempre come se fossi sicuro della mia scelta” parlò e fu poco più di un mormorio. Lui la sentì lo stesso perché rispose “Noi due ci somigliamo troppo per non sceglierci”.

Quella frase la colpì allo stomaco con la forza di un bolide. Era vero. Chinò appena la testa e si guardò la punta degli stivali. Erano entrambi egoisti, pieni di sé, calcolatori. Si meritavano a vicenda.

Scostò con la punta della scarpa un po’ di neve. Non aveva idea di come avrebbe funzionato il loro matrimonio. Sarebbe stata felice?

Lo amava? No. Ne era attratta? Molto.

“Erzsébet?” la chiamò lui e il suo tono era basso, quasi dolce. Lei alzò la testa e tirò su con il naso, rimanendo in silenzio. Istók la guardò in viso “Vieni, ho un posto da farti vedere. Sono sicuro che ti piacerà” disse cogliendola di sorpresa.
 
 
Quando rientrarono, era già buio e non incontrarono nessuno nel mentre che risalivano le scale principali. Erzsébet si sentiva strapiena di dolci e cominciava ad avvertire un lieve mal di stomaco. Istók l’avera portata in una pasticceria Babbana e, per quanto i dolciumi non fossero quelli di Mielandia, aveva davvero apprezzato. Tutto.

“Credo che portarmi in un luogo pieno di dolci sia stato estremamente meschino, Istók” sorrise lei sbottonandosi il cappotto. Lui, a sorpresa, ricambiò il sorriso “Zia Griseldis mi ha detto che vai matta per i dolci. Babbani e non”

“Mia madre farebbe bene a non rivelare in giro dettagli così poco eleganti sul mio conto. Penserai che sono una che si abbuffa e che tra qualche anno somiglierà a un troll di montagna in quanto a stazza”

Istók ridacchiò e lei si lasciò sfuggire un altro sorriso. Non aveva mai visto, da quando ricordava, suo cugino sorridere così spesso.

“Non credo, Erzsébet”

La strega alzò appena il mento, quando si fermarono davanti alle porte della sua stanza. Raramente avevano scherzato tra loro e tantomeno senza Pál a spronarli. “Credo proprio che andrò a farmi in bagno fin tanto che riesco a entrare in una vasca” mormorò ed entrambi sorrisero ancora.

“Buonanotte allora”

“Buonanotte, Istók”

Lui si avvicinò e le punte delle loro scarpe si sfiorarono “Posso baciarti?”
Le si strinse lo stomaco a quella richiesta improvvisa e schietta. Nessuno tra Istók e Pál l’aveva mai baciata. Guardò bene il ragazzo di fronte a lei. I capelli neri erano un po’ arruffati da quando si era tolto il cappello e qualche ciuffo gli sfiorava la fronte. Gli occhi blu sembravano appena più scuri ora che la guardava.

Voleva che la baciasse?

Deglutì e d’istinto gli guardò le labbra “Sì” si ritrovò a rispondere dopo un attimo. Le mani calde di Istók si appoggiarono ai lati del suo collo e i pollici  le accarezzarono il mento. Erzsébet sentì un brivido percorrerle la schiena mentre alzava appena la testa. Il ragazzo era così vicino che non riusciva a distinguere nient’altro che il suo volto e il suo profumo. La Serpeverde chiuse gli occhi quando le labbra di Istók si posarono sulle sue, calde e morbide. Lei schiuse appena le sue e un sospiro sfuggì dalle labbra dell’altro, che gli passò un braccio intorno alla vita per attirarla a sé.

Gli strinse il maglione all’altezza del petto, avvertendo sotto i palmi la solidità di quel torace e ricambio il bacio, inebriata. Prima di Hogwarts le era capitato di fantasticare spesso su Istól, doveva ammetterlo.

E fu proprio lui a staccarsi per primo, quando entrambi rimasero a corto di fiato. Una mano le accarezzò un fianco mentre si scrutavano a vicenda “Credo che dovresti andare, ora” sussurrò lei con voce roca. Istók annuì e si chinò sul suo orecchio “Se anche diventassi un troll di montagna, Erzsébet, io ti vorrei lo stesso. Ti vorrei sempre” le sussurrò.
In altre occasioni di sarebbe infuriata per il fatto che avesse davvero preso in considerazione l’idea che diventasse un troll, ma non quella volta. Prima che potesse ribattere lui le aveva già voltato le spalle e si stava incamminando al lato opposto del corridoio. Entrò nelle sue stanze si appoggiò con la schiena alla porta, portandosi le mani nei capelli biondi.


 
Angolo Autrice: Eccomi tornata con un enorme ritardo ma siate clementi. Non è stato un periodo facile e con tutte le storie in corso è stato un po’ difficile dedicarmi a tutte. Tuttavia, eccomi qui con il capitolo nove. Mi è piaciuto un sacco scriverlo e…potete ammirare la stronzaggine di Erzsébet in tutto il suo splendore. Non è forse così? Ammettetelo pure. Sono consapevole che c’è ben poca Magia ma..tornerà. Lo prometto. E tornerà anche Draco, vedrete xD Intanto ammiratevi Istók ahahah. Alla prossima e lasciatemi una piccola opinione se vi va, quelle sono sempre importantissime per me.
Raya_Cap_Fee

 
   
 
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