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Autore: MorganaSanders    07/11/2014    2 recensioni
Dal capitolo 3
«-Beh... ti va di fare sesso?-
-Cosa?- chiedo, incredula.
-Hai detto anche tu che ti manca fare sesso...-
-Sì, ma... con te? Cioè, siamo amici.-
-Appunto per questo. Non siamo legati poi tanto sentimentalmente. Siamo amici e possiamo renderci conto quando fare certe cose e quando non farle. Saremo passionali e controllati proprio come due amici che fanno sesso per... passare il tempo, diciamo così. Allora: cosa ne pensi?-
-Niente sentimenti?-
-No.-
-Niente coccole dopo averlo fatto?-
-No.-
-Niente parole dolci?-
-No.-
-Solo e soltanto sesso?-
-Esattamente.-
-Ci sto.-»
Tratto dall'omonimo film.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

















 












Aileen’s pov



Siamo andati avanti così per parecchio tempo, più di quanto ne avrei scommesso, a dirla tutta.
Ma capivo che, nel frattempo, qualcosa stava cambiando...
Il “solo sesso” che ci eravamo ripromessi stava lasciando spazio a qualcos’altro, forse... sentimenti... e sentivo che, per quanto quella situazione mi divertiva, per quanto mi piaceva stare a letto in compagnia di Brian, non poteva andare avanti.
Insomma, mi mancava quel Brian con cui si poteva sempre scherzare su tutto, dalla più piccola sciocchezza alle cose più serie e delicate.
Per quanto potessi starci male, lui cercava in ogni modo di tirarti su il morale e non si arrendeva finché non ce l’aveva fatta.
Era questo il Brian che mi mancava...
Al mio fianco non volevo il Brian che a letto era una bomba, -perché, diamine se ci sapeva fare... Con lui ho goduto come poche volte in vita mia!-... Io avevo bisogno del Brian migliore amico, colui di cui mi sono fidata al primo sguardo, a cui ho voluto bene fin dal primo momento.
E poi, in quei mesi, avevo capito di volere altro da una relazione, di necessitare di tutti quei limiti che ci eravamo prefissati noi due nella nostra relazione basata soltanto sul piacere fisico.


 
 
 
 
 
 





















-Brian, devo parlarti...- dissi una sera, entrando in salotto e trovando lui disteso sul divano intento a trovare qualche programma simpatico da guardare.
-Dimmi.-
-Ehm... Io credo di volerla finire qui.-
Lui si fermò un attimo e si voltò a guardarmi.
-Perché?-
-Perché ho capito che voglio qualcos’altro da una relazione, qualcosa che tu non puoi darmi... non ora e in questo stato, almeno. Quindi... amici come prima?- chiesi, imbarazzata.
.Beh, non posso negarti che mi dispiace non fare più sesso con te, perché... Piccola, ci sai fare tu! Credimi! Ma sì, per me va bene.- e si alzò, per venire ad abbracciarmi forte da amico, oserei quasi dire fratello.
 
 
 
 
 
 
 


























Poche settimane dopo quel discorso, incontrai per caso un ragazzo, mentre stavo lavorando.
Ricordo ancora l’occhiataccia che mi tirò dopo che gli finii contro con cinque cani a passeggio.
-Dio, scusami. Non ti avevo proprio visto...- dissi, cercando di farmi perdonare.
-No, non è nulla, non preoccuparti.- mi sorrise. –Ehm, ci siamo già visti?- cercò di attaccare bottone.
-No, credo di no.-
-Ah, beh... Io sono Caleb.- mi porse la mano.
-Aileen.- gliela strinsi, con non poca difficoltà visto i cinque guinzagli che dovevo trattenere.
-Uhm... Ti va di... andare a bere qualcosa?-
-Ora?-
-Ehm, sì...-
-Sto lavorando adesso... E, in verità, dovrei anche andare... Ma sì, mi farebbe piacere andare a bere qualcosa fuori, un giorno...-
-Bene. Ehm... questo è il mio numero.- mi lasciò un bigliettino fra le mani. –Magari mi chiami...-
-Certo. Allora ciao, Caleb.-
-Ciao.-
E così, iniziammo ad uscire insieme.
Inizialmente credevo ci fosse feeling tra di noi, la stessa sintonia che dovresti provare con il tuo lui, ma andando avanti capii che non era quello giusto.
Precisamente, lo intuii quando, dopo aver trascorso alcune ore insieme a casa sua, mi disse semplicemente che potevo ritornarmene a casa, nel cuore della notte.
Gli chiesi spiegazioni e lui mi disse soltanto che era abituato a fare così, che tra di noi non c’era ancora nulla di serio, perciò poteva cacciarmi di casa quando voleva e che lui, in realtà, non era il vero principe azzurro per me.
Ed io non potei far altro che tornarmene a casa e consolarmi fra le braccia di Brian, che mi infuse un po’ di quella sicurezza che avevo perso nell’ultima mezz’ora.
Inoltre mi disse che stava per partire e mi chiese di andare con lui, cosa che io accettai immediatamente.
 
 
 
 
 
 























Sapevo già dove lui viveva, perciò accettare il suo invito era il minimo che potessi fare.
Il giorno seguente, dopo circa otto ore passate in viaggio, di cui cinque in volo, arrivammo ad Huntington Beach.
Inutile dire che quella era una città meravigliosa, in cui dominavano supremi il sole cocente in alto nel cielo, il caldo torrido a volte smorzato da una folata di vento, l’oceano sempre azzurro, le lunghe distese di spiagge, ma soprattutto la vitalità che regnava davvero sovrana in tutta l’intera area.
Brian mi disse che avremo passato tutto il week-end del quattro luglio a casa dei suoi e che lui aveva già parlato di me a tutta la sua famiglia.
Non che la cosa non mi facesse piacere, soprattutto dopo aver capito da lui stesso che i suoi famigliari erano ben felici di accogliermi, ma tutto ciò mi creava una certa sensazione di ansia e disagio proprio a livello dello stomaco.
Appena scesi in aeroporto, ci vennero a prendere i fratelli di Bri, Brent e McKenna, che da subito si mostrarono cordiali e molto gentili nei miei confronti.
Nel tragitto verso casa, ci dissero qual era il programma per i prossimi tre giorni, con tutte le celebrazioni che si tengono in giro per gli Stati Uniti interi.
McKenna mi disse che sua madre, Suzy, era davvero molto brava in cucina e che, insieme al padre dei ragazzi, avrebbero preparato un ottimo barbecue per tutti noi.
Ricordo che ci divertimmo tanto ad ascoltare musica e che McK mi disse che aveva una band e proprio la sera stessa aveva un concerto in un piccolo locale e che ci teneva molto che io l’andassi a seguire –cosa che, ovviamente, feci! Pensai subito quanto fosse incredibile la somiglianza fra lei e Brian, sia in termini di fisionomia, che per il carisma sul palco.-.
E ricordo anche che, appena arrivati a casa, pensai subito che quella della famiglia di Brian era davvero una bella dimora.
Con colori chiari sia all’esterno che all’interno e adornata di molte pianti rampicanti, l’abitazione si affacciava direttamente sull’oceano.
Tutto all’interno aveva il profumo dei fiori orientali e, unito a quello salato e pungente dell’acqua oceanica e alla brezza marina, regalava una dolce sensazione di relax.
La prima che venne a salutarci fu Suzy, che, dopo aver abbracciato Brian, accolse me come fossi una vera e propria figlia.
Subito dopo, ci raggiunse anche il padre, Brian, Sr.
La prima cosa che pensai fu “Suo figlio è davvero identico a lui!”.
Ed infatti, ciò si dimostrò subito quando venne verso di me e, prima di abbracciarmi, mi disse chiaramente -Sei anche tu caduta nella trappola di mio figlio? Mi dispiace tanto.-
Lì per lì, rimasi abbastanza allibita dalla sua affermazione, ma Brian venne in mio aiuto.
-Papà, smettila! Falla entrare almeno con tutti e due i piedi all’interno della casa e poi inizi a parlar male di me!-
-Uhm, ma quanto sei permaloso...-
-Non sono permaloso! Ti sto soltanto dicendo che, una volta tanto, potresti risparmiarti di criticarmi davanti agli ospiti...-
-Va bene, va bene...- conclude il padre.
-Siete già andati a letto insieme?- mi chiede ancora, quasi sussurrando.
-Papà!- urla, ora, Brian.
-Va bene!- alza le mani lui, in fare di resa.
-Lascia perdere tuo padre, caro, e andate di sopra a sistemare i vostri bagagli.- ci congeda Suzy.
E noi la seguimmo alla lettera, infatti salimmo delle imponenti scale poste proprio vicine alla porta d’ingresso che ci portarono al piano superiore, dove vi erano le diverse camere da letto e due toilette.
Brian mi indicò la seconda porta alla nostra sinistra ed io mi avvicinai ad essa, portandomi dietro il trolley rosa che mi avevano regalato anni fa e che io avevo modificato con delle strisce nere appena abbozzate, con un effetto zebrato non troppo delineato.
Entrai in camera e notai che essa era una stanza di un tipico ragazzo di vent’anni, amante della musica.
Brian mi aveva già detto che era ormai un paio d’anni o poco più che non tornava a casa, perciò la camera era rimasta pressappoco la stessa di quegl’anni, con poster dei suoi gruppi preferiti, una cappelliera in cui, però, non vi erano poi tanti cappelli e tanti disegni con strani mostri raffigurati.
-Cosa sono questi?- gli chiedo, prendendo un disegno posato sulla scrivania.
-Disegni... Adoro i mostri, come ben vedi dai miei tatuaggi.-
-Già...- lo riporto sulla scrivania e mi volto a vedere il resto della camera e come sistemare la mia roba.
Sì, perché, appena prima di partire, Brian mi aveva detto che avremmo dormito insieme in camera sua, visto che era l’unica ad avere un letto abbastanza grande da ospitare due persone e perché suo padre era convinto fin dall’inizio che tra di noi ci fosse una storia in corso.
-Puoi sistemare la tua roba qui, su questi ripiani...- mi disse Brian, indicando un lato del suo armadio che era rimasto libero dai quei vestiti che probabilmente aveva portato via tutte le volte che era tornato a casa.
-Mi ha detto Suzy che dovremmo scendere per le otto...- mi parlò ancora.
Io mi volsi per guardare l’orologio digitale posto su un comodino: le 17.
Avevo un paio d’ore, perciò, e l’unica  cosa che avrei voluto fare era rilassarmi, invece che disfare i bagagli.
Mi ero seduta sul letto e piano distendevo la schiena contro il materasso, guardando il soffitto, su cui avevo notato delle piccole stelle attaccate.
-Ma sono quelle fosforescenti?- chiesi.
-Sì. Ti piacciono?-
-Stai scherzando? E’ da quando son piccola che le cerco, ma non sono mai riuscita a trovarle.-
Mentre rispondevo, Brian andava verso il grande balcone posto sulla nostra sinistra e faceva scendere la veneziana, in modo che in tutta la camera ci fosse quasi il buio più totale.
Soltanto dei sottili raggi di luce sferzavano l’oscurità che si era creata e ciò faceva in modo che le stelle si illuminassero, regalando una sensazione magica all’ambiente, quasi come fossimo stati per davvero sotto un cielo stellato.
-E’ meraviglioso...- mi ero lasciata sfuggire.
Brian si sedette vicino alla mia destra e mi accarezzò i capelli con la sua mano.
Mi voltai verso di lui e lo guardai, per quello che la poca luce mi permetteva.
Ricordo che mi baciò poco dopo, ricordo che per la prima volta non facemmo del semplice sesso, bensì l’amore... e ricordo che in quell’istante, io fui felice, dopo tanto tempo.
 
 
 
 
 
 


















 







Morgana’s corner


Prima che possiate prendere dei sassi e linciarmi (?), sono io la prima che si scusa per essere sparita dalla circolazione. Spero di esservi mancata almeno un po’. Mi dispiace davvero tanto di non aver pubblicato per tutto questo tempo, ma devo dire che questi mesi non sono stati dei migliori, tra lo studio e i vari problemi. E devo dire che l’ispirazione mi ha ormai abbandonato da tempo e, per quanto mi sforzi, ho difficoltà a buttar giù anche solo qualche riga. Ritenetevi fortunati (o sfortunati, dipende dai punti di vista haha) del fatto che abbia deciso di pubblicare questo capitolo, perché ciò è dovuto soltanto alle diverse pressioni di una mia amica, che mi ha quasi pregata affinché postassi di nuovo (Lid, ti voglio bene, lo sai <3). C’è da dire anche che l’idea di rileggere questa storia e risistemarla non mi entusiasmava più di tanto, forse perché essa mi ricorda tanto una situazione che sto vivendo e che spero si risolva, poiché mi manda spesso in confusione... quindi, sì, ho avuto delle difficoltà. Ma non sto ad annoiarvi con queste cose. Spero solo che il capitolo vi sia piaciuto e... alla prossima.

Un bacio, da


 
MorganaSanders
 


 


 
  
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