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Autore: Selhen    07/11/2014    1 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~Era l'odore del sangue frammisto a quello dell'etere, che impregnava l'aria della fortezza di Asteria, quella notte.
Araziel era nel suo elemento. Le sue mani possenti stringevano due luminosi revolver scarlatti, rossi come il sangue, come il fuoco. Incandescenti come il suo animo irrequieto e indomabile.
Con un attento balzo calibrato e un'improvvisa apertura d'ali era piombato in mezzo alla battaglia. Non si era risparmiato un colpo, gettandosi nella mischia. L'odore del sudore e del sangue era pregnante mentre le sue mani saettavano al grilletto e poi al caricatore.
Caricatore. Grilletto. Caricatore. Grilletto.
Un gioco così familiare da essere in ogni secondo fulmineo e calcolato.
Le file degli elisiani si assottigliavano finché, solo un po' frastornati dal dolore della resurrezione, tornavano a difesa della fortezza più numerosi di prima.
"Sono troppi, finiranno per sterminarci", si era lamentato rivolgendosi al chierico di legione tutto intento a tenerli in vita ripristinandone la salute e alleggerendo loro la stanchezza con potenti incantesimi di guarigione.
Lohan, lo sparuto ragazzetto dai capelli neri, aveva annuito con consapevolezza, cosciente che presto sarebbe divenuto lui il principale bersaglio degli elisiani.
"Ho paura che saremo costretti alla ritirata" aveva annunciato con la sua voce pacata divenuta un po' stridula per superare gli strepitii e lo scrosciare delle armi.
Ad un certo punto un'orda di elisiani più compatta delle precedenti, come un enorme gigante furioso, aveva spinto contro di loro.
Araziel si era sentito sballottare tra i corpi dei suoi compagni asmodiani. Aveva appena fatto in tempo ad aprire le ali che già la metà dei propri compagni giaceva carponi sul freddo prato che circondava la fortezza, con le timide ali richiuse su se stessi.
"Lohan!", aveva urlato quando aveva visto il compagno accasciarsi esile e privo di respiro su una roccia.
Ebbe appena il tempo di schivare un calibrato colpo di spadone a due mani quando si accorse che un templare elisiano si era lanciato al suo inseguimento nel vederlo issarsi in volo.
Si concesse solo qualche secondo per riflettere. Una frazione di secondo per capire cosa avrebbe dovuto fare. Scappare o affrontare il nemico?
La resistenza e la tempra dei templari era inaudita. Erano in grado di resistere contro un avversario più grande di loro per un lungo, lunghissimo tempo.
Ma non per un tiratore scelto svelto e calcolatore come lui. Un tiratore che era in grado, con la velocità, e conoscendo i punti giusti, di uccidere un nemico più forte di lui con la sola rapidità dei movimenti e con la mira.
Con un profondo battito le sue ali nere permisero che si librasse nell'aria notturna pregna d'etere. I suoi revolver scattarono fulminei in entrambe le mani e i suoi occhi avvamparono di furia.
"Non questa volta, amico", disse risoluto cosicchè solo lui potesse sentirsi.
Uno contro uno. Uno scontro più che equo che sarebbe finito esclusivamente con una vittoria. La sua.
Il revolver destro scattò e una pallottola colpì il templare ad una spalla facendogli perdere il controllo del peso dell'arma. Approfittando dell'incertezza del giovane e robusto elisiano, Araziel strinse l'impugnatura del suo revolver sinistro e si mosse ancora, prendendo le distanze dall'avversario prima di lasciargli contro una bomba intrappolante che lo trattenesse per qualche secondo in quel punto, senza permettergli di spostarsi. Infine, sfruttando quell'immobilità forzata che per una classe fisica come il templare era letale, sparò un calibratissimo colpo al cuore dell'elisiano che stramazzò sfinito perdendo anche il controllo delle ali. Lo vide precipitare nel vuoto e oscuro universo d'etere che era l'abisso, attorno all'illusoria e paradisiaca fortezza di Asteria.
Senza pensarci più di qualche secondo Araziel si gettò nuovamente in picchiata, cercando il manto erboso di quello sprazzo di terra. Doveva recuperare il corpo di Lohan e portarlo da un bravo guaritore dell'anima perché si occupasse personalmente della sua resurrezione da daeva, senza rischi ulteriori.
Si guardò intorno. Sovrastando la folla accalcata della battaglia.
Per quella notte gli asmodiani avevano perso. Non era un mistero.
I pochi superstiti arrancavano in mezzo a eserciti inferociti di pallidi elisiani le cui ali bianche quasi stonavano nell'oscurità dell'orizzonte.
Asteria era persa, e lui per quella notte doveva solo recuperare il suo amico ed andare il più lontano possibile da quel posto.
Lo vide. Le piccole ali rinchiuse. Abbandonato su una sporgenza di terreno e per poco quasi non calpestato dai piedi degli altri combattenti.
I suoi occhi verdi rivolsero infine un ultimo sguardo alla fortezza perduta. Dal basso di quel campo di battaglia vide gli ultimi compagni asmodiani cadere, prima di stringere le braccia robuste attorno all'esile vita di Lohan e issarsi nuovamente in volo alla volta del teletrasporto che li avrebbe condotti all'abisso inferiore, e quindi all'approdo asmodiano. Il loro porto sicuro. La fortezza di Primum.

Araziel era un Daeva piuttosto schivo. I suoi compagni di battaglia lo conoscevano poco, e quel che conoscevano di lui era forse il lato più superficiale della sua personalità.
Era un asmodiano totalmente votato alla sua schiera. Come ogni asmodiano sano di mente odiava a morte gli elisiani e quando ne incontrava uno per strada, sapeva bene come ucciderlo il più in fretta possibile, evitando che un eccessivo indugio potesse ritorcerglisi contro.
Il giovane asmodiano era fermo nei pressi di un lago di Altgard. Aveva voglia di riposare. Sciacquare il corpo dal sangue raggrumato, suo e dei suoi compagni, che la battaglia gli aveva lasciato addosso.
Il corpo senza vita di Lohan giaceva silenzioso al suo fianco.
Sospirò stizzito. La resurrezione di un Daeva non era un bell'affare. E lui che era un vero soldato, ne era più che cosciente.
Più di una volta quel rituale lungo e doloroso lo aveva sfinito talmente tanto da costringerlo a rimanere inattivo e debole per intere settimane.
Ogni volta che l'anima di un Daeva risorgeva dalle ceneri si sciupava un po' di più. E a lungo andare, le eccessive risurrezioni potevano sfiancarlo.
Con un gesto fermo e deciso girò il corpo di Lohan lasciando che i suoi occhi chiusi fossero rivolti alla volta stellata di Altgard. Era una notte serena, priva di nuvole. Niente pioggia. Sebbene gli piacesse starvi sotto e sentirla scorrere sui suoi vestiti in pelle. Adorava la sensazione dell'acqua piovana che gli inzuppava i capelli.
Si scostò il ciuffo incrostato di sangue. I suoi capelli erano rossi, rossi come il sangue di tutti i daeva che in vita sua aveva visto morire.
Era giovane. Ma era parte della guerra sin dalla più tenera età.
Il rombo delle armi batteva all'unisono col suo cuore. Era questo che aveva scelto di diventare, sin da bambino. Un guerriero, un combattente.
Data la sua prestanza fisica gli avevano proposto di arruolarsi tra le fila dei gladiatori e dei templari. Ma lui aveva preferito un'altra strada.
Quella dell'ingegnere.
Era troppo facile manovrare uno spadone, uno scudo. Ma un revolver a etere... un macchinario così sopraffino e pericoloso. Quella era un'altra storia.
Erano solo gli ingegneri ad essere in grado di usarli. Era la classe dei daeva più all'avanguardia.
Non si affidavano a formule magiche, a incantesimi o melodie arcane.
Il loro era tutto un lavoro di ingegno e rapidità.

Stava ritornando all'obelisco di Altgard col corpo esanime di Lohan tra le braccia quando la vide.
Usciva da una taverna e sembrava andare così di fretta che non si era nemmeno accorta di lui.
Non si era accorta o lo aveva totalmente dimenticato?
Araziel sbattè le palpebre un po' perplesso. Selhen stava pagando l'addetto al teletrasporto e si stava tuffando in fretta nel varco.
I suoi capelli bianchi svolazzarono al balzo, poi sparì oltre quella barriera eterea.
Il giovane tiratore scosse il capo. Si lisciò pensieroso il pizzetto rosso e sorrise tra sè.
"Svampita e matta come sempre...", pensò con un mezzo sorriso.
Ricordò la notte di molti anni prima. Quando ancora, entrambi, frequentavano l'accademia.
Ricordò il loro primo incontro. Lei gli era sembrata altezzosa, antipatica, perfino un po' sciocca.
Poi, in varie missioni che si erano ritrovati a condividere, l'aveva conosciuta un po' meglio.
Eh sì, si era lasciato prendere ogni giorno di più dalla sua ingenuità. Si era abbandonato a quel senso di protezione che lei, delicata ma a volte falsamente risoluta, gli ispirava.
Per quanto facesse la forte, Selhen era la solita insicura. E lui era riuscito a capirla in poco tempo.
Avevano avuto così tante cose in comune!
Quante volte si erano ritrovati a pranzare all'Apellbine insieme, solo perchè Selhen aveva insistito a sentire la cantante della taverna che ogni settimana si esibiva con lo stesso brano che lei tanto adorava?

Don't cry for me, how easy love has gone
Try to see, how deep my despair is
Come the winds of fate and time
Take all my tearful memories

Call out to thee sing your name in sweet harmony
But only echos fade away...

La ricordava, ne ricordava ogni parola. E sembrava quasi parlasse di loro...
E tante volte era tornato là, da solo, ad ascoltarla.

Gli occhi verdi di Araziel scorsero in lontananza un Guaritore dell'anima.
Abbandonò quei pensieri del suo passato. Solo l'immagine di un bacio balenò tra i suoi ricordi per qualche attimo. Poi si spense anche quella.
Lohan era ancora esanime sulle sue spalle.
"Su, piccolo idiota, è il momento di tornare in vita", ridacchiò parlando al vento.
Era certo che Lohan non potesse sentirlo.

[Beeene bene, ecco qui lo speciale 30 recensioni. Tutto per voi e con un nuovo personaggio tutto da scoprire :D
Dopotutto anche la nostra Selhen ha un passato.
Quanto alla canzone che ho trascritto, è realmente una canzone di Aion. Una delle mie preferite dal titolo: Fogotten Sorrow, per chi la volesse ascoltare.
Grazie per la vostra costante presenza. Sono contenta di vedere, quando entro nel mio account, che qualcuno di nuovo ha inserito la mia storia tra le preferite o tra le seguite.
Recensite numerosi, al prossimo capitolo u_u Un bacio, Selhen]

  
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