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Autore: CassandraBlackZone    07/11/2014    1 recensioni
Paura? No, lei non aveva affatto paura. Ed era proprio questo quel qualcosa in più.
Correre per lei non era mai stato un modo per scappare, anzi: correre per lei era l’unico modo per superare la monotonia e anche se stancante, era lo svago che più la soddisfaceva. Persino più del contare le statue del Duomo.
Emily amava correre. Da sempre.
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Una valanga. Il solo pensiero che una tonnellata di neve nera, ma soprattutto aliena, potesse ribaltare il TARDIS, indusse Emi e Jeremy ad aggrapparsi per l’ennesima volta al corrimano vicino alla consolle, aspettandosi un enorme scossone. Cosa che non successe.
“Siamo… già morti?” sbottò Jeremy con la voce strozzata.
“Non lo so…” gli rispose a tono Emi.
“Ma che domande… certo che non siete morti.”
La voce tranquilla – anche fin troppo- del Dottore indicò ai due umani il via libera e riaprirono gli occhi: il gallifreyano e i sei batheri erano davanti a loro intenti a non ridere, per la loro posizione fetale.
In imbarazzo, il primo a staccarsi dal corrimano fu il biondo “I-io… sono un po’ confuso…”
“Questo lo avevo notato” ridacchiò il Signore del Tempo “sembravate un paio di bertucce.”
“Dottore… ma quella valanga… si stava avvicinando al TARDIS! Avrebbe dovuto sommergerci.”
“Emi, solo perché si chiama Neve Nera, non vuol dire che sia davvero neve.”
“Neve, Dottore!” agitò le braccia Jeremy “ Se si chiama neve è neve.”
“E io ti dico di no. Quello era aerogel.”
A-aereogel?”
“Aerogel,” corresse l’amico Emi “è una miscela particolare di solido e gas, usato come isolante termico o acustico.”
Il Dottore schioccò le dita in approvazione “Esatto.”
“Ma quello non è fatto di silicio o altro, vero?” ,aggiunse la mora, “ Il colore comune dell’aerogel non è il nero, ma l’azzurro.”
“Difatti quello era un gas completamente diverso dal silicio, o dal cromo e quant’altro. E’ un gas che viene prodotto da una parte particolare di questo pianeta: il batheranios.”
“E’ un gas molto tossico” si intromise Mar, il bathero più grande di tutti “ appare sì pesante all’esterno, ma in realtà è molto leggero.”
“Di nuovo esatto. Una sola inalazione, e sei spacciato. Non esiste alcuna cura, persino a Nuova Nuova New York. Nemmeno una. Ora, la mia domanda è… perché oggi?”
“In che senso, Dottore?”
Qualcosa dietro ad Emi, tirò con una certa delicatezza la sua camicia per attirare la sua attenzione. Una piccola bathera con delle treccine lunghe fino alle spalle, si nascondeva dietro a Mar, incantata dai quadretti sull’indumento ai suoi occhi estranei.
“Oggi… non è il giorno della Neve Nera” disse con un filo di voce “ doveva succedere domani.”
“Caspita, dovrei chiamare questo giorno il giorno degli esatti, stiamo dando tutti delle ottime risposte. La Neve Nera è un fenomeno che su questo pianeta dovrebbe avvenire una volta ogni trentacinque anni precisi alle… dodici e trentacinque, ma invece del, per noi, 25 aprile del 3027 il fenomeno è avvenuto un giorno prima. Perché?”
“Questo dovremmo saperlo?” disse scorbutico Jeremy.
“Assolutamente no, ma prima dobbiamo avvisare l’intero villaggio dell’accaduto. Loro lo sanno, tu, coi capelli rasati a zig zag?”
“Sono Mar, comunque non lo sa nessuno! Ogni mattina andiamo verso la foresta per esercitarci con le arti delle erbe e ci siamo accorti della neve nera.”
“Perfetto. Allora possiamo tornare giusto una mezz’ora prima del nostro incontr-… Ah!!”
I due umani erano alquanto sollevati che questa volta non si erano sognati lo scossone e l’ennesimo rimbombo dei rintocchi nella sala.
“C-che cosa sono questi rumori?” disse terrorizzato Warat, il più piccolo del gruppo.
“Dottore, ora che cosa sta succedendo?” chiese Emi.
“Non è possibile…” la ignorò l’alieno “ Non riusciamo ad entrare nel vortice del Tempo! È come se… fosse bloccato.”
“Come sarebbe a dire bloccato?” protestò il biondo.
“Il TARDIS non riesce a crearsi un varco come suo solito.”
“E come faremo ad avvisare il villaggio di questi ragazzi?”
Il Dottore controllò il suo orologio da polso d’oro. Valeva la pena di tentare, pensò. Ce l’avrebbero fatta“Non possiamo viaggiare nel tempo, ma possiamo almeno spostarci da qui al villaggio. Dovremmo farcela.” Con una certa decisione, il gallifreyano abbassò la leva più grossa della consolle e il suono dei freni abbassati coprirono i pesanti rintocchi dell’orologio. Due minuti sarebbero bastati per arrivare.
 
“Ecco qua il rapporto.” Shila appoggiò soddisfatta sulla postazione di Jay la cartella con tutte le splendide imprese di Randy nel 2014.
Il cacciatore le sfogliò velocemente senza soffermarsi alle didascalie o ai grossi timbri rossi su ogni singolo foglio. Sapeva già cosa c’era scritto. “Bene. Allora è stato degradato.”
“Peggio, mio caro Jay,” ridacchiò lei “è stato buttato fuori dalla Loto. Per sempre.”
Jay spalancò gli occhi incredulo sull’ultimo foglio, dove un Randy reduce da una tortura completamente gonfio e pieno di lividi lo fissava con occhi carichi di odio. Sembravano fissare lui stesso e urlare traditore.
“Oh, andiamo Jay. Non è stata colpa tua”, gli lesse nella mente Shila, “era la cosa giusta da fare.”
“No,” chiuse violentemente la cartella “ciò è successo per un mio capriccio.”
“Jay, Randy ha volontariamente rubato una serie di androidi cacciatori per una missione già archiviata. È contro le regole della Loto. Tu non c’entri proprio nulla.”
Il conforto delle parole di un suo superiore, di un’amica, non bastavano a tranquillizzarlo.
“Jay…” cercò di farlo ragionare per l’ultima volta.
“Sì, va bene” rispose schietto lui “non ci penso più. Promesso.”
Shila sorrise istintivamente. Spostato di lato un ciuffo biondo scuro dalla sua fronte, la cacciatrice gli stampò un lungo bacio sopra. “Sappi, Jay, che io per te ci sono. Sempre.”
 
Gli ultimi ad uscire dal TARDIS furono Emi e Jeremy, che rimasero incantati davanti a quegli edifici futuristici dai colori caldi e dalle forme che variavano dall’ovale alla sferica, in un paesaggio naturale e incontaminato, il tutto racchiuso in una cupola di arbusti e foglie che coloravano l’intero villaggio di diverse tonalità di verde.
“E questo sarebbe un villaggio?” si lamentò Jeremy col naso all’insù.
“C’è una bella differenza fra il 2014 e il 3027, giovane Jeremy”disse il Dottore senza guardarlo.
“Mar?”
Riconosciuta la voce, il giovane bathero si voltò alle sue spalle. Era Gemo, suo padre, nonché capo villaggio, che corse verso di lui assieme a sua moglie, rimasta incantata dalla misteriosa cabina blu apparsa all’improvviso.
“Labic!” che significava padre nella lingua batheriana.
“Mar! Figlio mio, cosa ci fai qui? Non ti stavi esercitando? Chi sono loro?” indicò prima i due umani e poi il gallifreyano. “Che cosa è successo?”
“Mi dispiace terribilmente interrompervi”, si intromise il Dottore, “Non ho voglia di utilizzare la carta psichica, perché non abbiamo tempo.”
“Tempo per cosa?” chiese tranquillamente il bathero, concentrato sul buffo farfallino bordeaux. Non ne aveva mai visto uno prima di allora.
“Io sono il Dottore. Ultimo Signore del Tempo. Ho più di mille anni – o almeno credo – , viaggio assieme ai miei due amici Emi e Jeremy: Emi la mora, Jeremy il caschetto, e ho salvato suo figlio e i suoi amici dalla Neve Nera.”
Gemo cercò invano di stare dietro al gallifreyano per quanto parlava veloce. Mi prende in giro, diceva il suo sguardo rivolto prima a Mar e poi a sua moglie, altrettanto sorpresa.
“Ma di cosa sta parlando? La Neve Nera travolgerà il pianeta domani e non oggi.”
“E’ la verità!” intervenne Mar. Le sue iridi erano diventate completamente bianche, le pupille dilatate: paura. Era evidente che non stava mentendo.
“Allora… la Neve Nera sta veramente iniziando a propagarsi? Con un giorno d’anticipo?”
“Purtroppo è così.”Continuò il Dottore “Dovete evacuare il villaggio e andare nella città sotterranea. Subito!”
“S-sì!”
In qualità di capo villaggio, era lo stesso Gemo che doveva dare l’allarme per l’arrivo della valanga nera. Come gli aveva insegnato suo padre fin da quando era solo un bambino, doveva praticare il canto e il ballo tradizionale del pianeta, che per farli doveva raggiungere in fretta il gazebo di quarto rosa nella piazza centrale.
“Dottore, un momento! La Neve Nera colpisce l’intero pianeta? Sul serio?!”si allarmò Emi.
“Esattamente. L’aerogel ricopre tutta Teràbithia in meno di venti minuti, e rimane sulla superficie per circa due giorni. Vedi il gazebo su cui ora Gemo sta salendo?”
“Sì.”
“Non è un semplice gazebo rosa cresciuto naturalmente, ma è anche una potente trasmittente collegata a tutte le altre degli altri villaggi.” Controllò di volata il suo orologio “ Si deve sbrigare a iniziare. Mancano solo quindici minuti. Intanto noi dobbiamo chiamare tutti i batheri, muoviamoci!”
In posizione al centro del gazebo, Gemo iniziò a cantare nell’antica lingua bathera, che  il TARDIS riusciva a tradurre solo a pezzi.
 
L’oscurità incombe sulla nostra foresta arcadica.
Il suo respiro che uccide per due cicli solari è impaziente di prendere le nostre vite.
Combattere è lecito, ma sono i nostri figli la luce del nostro futuro!
 
Il canto raggiunse ogni singolo edificio, dove ogni bathero  prendeva in braccio i suoi figli , i suoi averi più cari, e corsero confusi in massa verso il pannello gravitazionale che li avrebbe portati nella città sotterranea d’emergenza.
“Forza. Dobbiamo andare con loro!” Mar prese per mano Emi, i piccoli Jeremy e Grema, la madre di Mar, il Dottore.
“Aspettate! Non possiamo lasciarlo lì!” protestò l’umana.
“Lac melit”, non preoccuparti,  la tranquillizzò Grema con un sorriso forzato, “ Lui ci raggiungerà. Farà in tempo.”
Proprio come aveva detto il Dottore, il canto di Gemo aveva raggiunto gli altri villaggi che cantavano in coro assieme a lui. Prima dieci, poi cento fino ad arrivare a un milione e passa di voci che riecheggiavano nell’intero pianeta come in un immenso teatro.
Emi ne era rimasta affascinata, dimenticandosi per un attimo di star correndo per sopravvivere.
“Abbiamo ancora sette minuti” la riportò alla realtà Mar “Ecco, siamo alla piattaforma.”
“Ma  Gemo…” riprovò l’umana.
“Il gazebo è anch’esso una piattaforma che scende nella città. Non preoccuparti.”
Saliti con un salto sulla placca di ferro circolare, all’arrivo di Jeremy e gli altri, sotto di loro si aprì una voragine e iniziarono a scendere. Tutti rabbrividirono, non appena scorsero la neve nera davanti alla cupola di arbustri.
“Kaja! Bartha!” disperata e tra le lacrime, una bathera spingeva tra i suoi coetanei urlando. Le iridi colorate di viola, erano segno di preoccupazione “Figli miei! Dove siete!”
Dabic!Dabic!” due voci flebili in pianto, urlavano e chiamavano a perdifiato la loro mamma.
Col terrore negli occhi, la donna alzò lentamente la testa davanti a sé. Da viola, le sue iridi sbiancarono in un battito di ciglia “KAJA!BARTHA!” Intenta a correre verso di loro, due batheri la trattennero a malincuore. Gli occhi arancioni dalla vergogna e dal dispiacere.
“Lasciatemi!! Lasciatemi andare! I miei figli! Salvate i miei figli!”
Emi, che era ancora aggrappata alla mano di Mar, gliela strinse, onde evitare che corresse al posto della donna. Nonostante la tentazione fosse forte.
Ci sarebbe riuscita, pensò al volo lei, erano bambini piccoli sui cinque massimo sei anni, li avrebbe sollevati e sarebbe ritornata indietro con loro sani e salvi, ma doveva pensarci in fretta. La placca stava arrivando all’altezza del petto, dopodiché non sarebbe più riuscita a saltare.
Devo provarci. Si abbassò per prendere bene lo slancio. Devo provarci!
“Grema, dammi le due maschere.”
Preceduta di un secondo, il Dottore, con un salto quasi felino, ritornò sulla superficie con in mano quelle che agli occhi di Emi sembravano maschere antigas all’avanguardia, e corse verso i due bambini più veloce di quanto la ragazza avesse visto.
“Dottore!”
Il Signore del Tempo perse un paio di battiti, appena vide che la massa informe del pericolosissimo aerogel nero, aveva ormai raggiunto i due piccoli batheri.
“No no no! Forza!” con un ultimo sforzo, il Dottore ignorò i terribili crampi ai polpacci e si lanciò sui due bambini. Letteralmente.
“NO! DOTTORE!”
Gallifreyano e batheri, vennero inghiottiti dall’apparente neve,  mentre la giovane madre esalò il suo ultimo grido prima di svenire del tutto.
   
 
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