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Autore: _Cthylla_    08/11/2014    1 recensioni
Due "misteriose" ragazze arrivano non si sa come nel mondo di Ultimate Muscle, e...ne combineranno di tutti i colori!
I Avviso: sono presenti elementi dell'universo Transformers: Prime. Non abbastanza da giustificare il tag "crossover", trattasi di citazioni.
II Avviso: essendo una raccolta di one-shots non ha una vera e propria continuità. E nemmeno una vera e propria trama. Sono solo...due pazze che fanno un sacco di danni e relative descrizioni! xD
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kid Muscle, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Deviant Team: Madness is Everywhere!'
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« quindi picche. Io non ascoltavo granché, quindi volevo la conferma».

«sì e no. Alla fine abbiamo ridato buona parte delle vincite al vecchiardo che abbiamo pelato. Non il primo, il secondo, quello con la moglie incinta».

«beh Mintà, il primo non è che aveva granché da darci eh».

«effettivamente no».

«ma comunque ecco, al secondo vecchio, che tra l’altro da quel che ho capito dovrebbe essere il padre del tizio che non mi piace, giusto?...» il “tizio”, ossia Kevin «visto che sua moglie è incinta ed ha insistito tanto e menate varie ci siamo tenute solo il cottage ed il terreno che va da lì fino alle sorgenti termali …incluse!» disse Deathstar ad Hammy, con un largo sorriso «anche se credo che Elsa non fosse contenta».

« non era contenta no, visto che il marito ha perso pure le mutande contro voialtre» obiettò Stylequeen. Era ammirabile come anche su quel terreno riuscisse a camminare così bene su stiletti di quindici centimetri. Pur essendo ben curata infatti la tenuta dei Mask non aveva la perfezione di quella dei Lancaster, dove i fili d’erba erano tutti alla stessa altezza, il terreno aveva ovunque la stessa consistenza, e non si sarebbe trovato un sasso su cui inciampare nemmeno a pagarlo oro.

«Elsa avrebbe dovuto ringraziarci per esserci tenute solo questo!» ribatté Deathstar «fosse stato per me non avrei ridato niente a nessuno, cioè, una volta che una cosa l’ho vinta l’ho vinta, punto».

«guardate che non si chiama Elsa, si chiama Alya Figlia del Sorcio Psicotico Kalinina» le fece notare Hammy.

«lo dici perché non hai capito la citazione del film “Frozen: il regno dei ghiacci”…» giustamente Deathstar e Mintaka fino a poco tempo prima non avevano idea di come si facesse una doccia, ma se si trattava di film e simili amenità sapevano abbastanza; i primi tempi in cui loro e il resto del gruppo erano arrivati sulla Terra, nella dimensione da dove provenivano, non avevano fatto altro che guardarseli, un po’anche per capire come si comportavano gli esseri umani. Solo che come per molte altre cose tendevano a ricordare solo le cose più cazzare, invece che quelle che potevano servire, o ricordare cose giuste applicandole nel contesto sbagliato.

«pff…che poi come regina dei ghiacci sta bene» commentò Stylequeen sollevando un sopracciglio. La sua collega dottoressa infatti non le era particolarmente simpatica, indipendentemente dal fatto che le sue -sempre indiscutibilmente educate- rimostranze fossero state giustificabilissime e Stylequeen stessa in precedenza avesse detto alle sue compagne di restituire tutto.

Forse era colpa dei caratteri e degli atteggiamenti diametralmente opposti, o anche del fatto che non si fossero incontrate in un buon momento, ma stava di fatto che grazie ad un’alzata di ingegno di Deathstar per le tre deviate del Deviant Team Alya Nikolaevna Kalinina era diventata “Elsa”… senza possibilità di scampo.

«forse è un filo eccessivo» obiettò Emerald, per poi passare subito ad altro «sì però dai, adesso che non ci sente nessuno ammettetelo…» disse, col borsone verde smeraldo che le sbatteva contro un fianco.

«che?» le domandò Mintaka.

«che baravate! Dai, una cosa in quel modo non è possibile, qualunque combinazione avessero Robin Mask, Kevin o il porcello voi avevate le carte per batterla! Non è certo la prima volta che vedo gente giocare a carte, ma non ho mai visto una cosa del genere…» lei stessa a volte era abbastanza fortunata quando giocava, ma una cosa ai livelli di quella che aveva visto era impossibile.

«perché tu non viaggi con queste due da quanto ci viaggio io» evitò di dire che erano precisamente nove milioni di anni «personalmente ho smesso di sorprendermi da un pezzo. E ti ribadisco che non hanno bisogno di barare».

«e comunque le botte di culo sono sue, a me arrivano di riflesso» specificò Mintaka. Anche lei, come tutte le altre, aveva un borsone. A giudicare dal fatto che si stavano dirigendo verso la sorgente termale l’intenzione delle quattro ragazze era quella di farsi un bagno, e tutto sommato era il minimo essendo volate a Londra giusto per dare un’occhiata alla nuova proprietà.

Per Emerald, che a casa sua aveva ben di meglio -anche se non altrettanto naturale!- a dire il vero si trattava più che altro di divertirsi alle spalle dell’odiato Robin Mask, ma erano dettagli.

«è quella la sorgente?!...sì!!! la vedo! Pistaaaaaaaaaaa!!!» urlò Deathstar correndo verso le calde acque termali, che sembravano immerse nella nebbia per il gran vapore.

«perdiamoci nella dimensione della nebbia!!!» gridò a sua volta Mintaka andandole dietro, distanziando Emerald e Stylequeen di vari metri.

«quindi dici che anche a me arriverebbe un po’di fortuna di riflesso, stando vicino a voi?» indagò Hammy, sempre abbastanza scettica.

«teoricamente è così. Tutto il nostro team solitamente è abbastanza fortunato, ma i colpi di fortuna di Mintaka -che sta sempre appiccicata a Deathstar- si avvicinano quasi a quelli di Deathstar stessa» le spiegò la dottoressa.

«eppure a me è parso che quelle due finiscano spesso in mezzo a situazioni strambe di vario genere e disastri non meglio definiti» obiettò Emerald «ti ho detto dello stadio? O del luna park?»

«mi hai sentita dire che non si mettono nei casini? Certo che lo fanno! Però né loro né chi è con loro si fa male. Di solito».

«un po’di botta di culo sai a chi servirebbe? Al porcello».

«eeeh, quanto la fai lunga con questo porcello…aspetta! Sei cotta persa di lui!!!» esultò Stylequeen, ormai sulla riva della sorgente «ho capito tutto!»

«m-ma che…non è vero! Non è vero niente!» ribatté seccata «è un porco antipatico che non si spiccica, e basta!»

«mh! Sì sì! Crediamoci!» continuarono a parlare ignorando i “tuffi”, gli schizzi e le urla belluine delle altre due «però lui dietro ti ci sta…» era abitudine di Stylequeen vedere cuoricini dappertutto, anche dove non ce n’erano.

O “non ce n’erano”.

«io so solo che come lo sfioro un po’più svestita il suo fratellino si sveglia e non torna a nanna».

«“fratellino”? Parli del suo organo riproduttore?»

«eggià ‘Queen, a proposito, da quant’è che non ne vedi uno?» i discorsi potenzialmente sconci avevano attirato l’attenzione di Deathstar, che ora sguazzava pigramente nell’acqua, mentre Mintaka cercava di capire da un punto di vista scientifico il motivo per cui quell’acqua fosse calda e con un odore strano quando invece tutte le altre pozze d’acqua simili erano sempre fredde, odore strano o meno.

«da poco, e se non mi fossi trovata qui per colpa vostra…»

«ma non è colpa nostra!!!» esclamarono in coro le due.

«…avrei avuto l’occasione di iniziare a frequentarmi stabilmente col mio dottore. È così pieno di stile…»

“ma questa con lo stile c’è proprio fissata neh” pensò Emerald, mettendosi in costume ed entrando in acqua facendo un sospiro di sollievo avvertendo il calore rilassarle le membra. «non è la piscina termale con l’idromassaggio di casa mia, ma ha il suo perché».

«hai una piscina con l’idromassaggio e non hai detto niente?!» trillò Stylequeen «meglio quella, piuttosto che questa pozza fangosa!...qualcuno ha un elastico? Non vorrei che quell’acqua mi rovinasse i capelli» nell’altra forma non li aveva, ma trovandoli belli non voleva sciuparli «io amo questi capelli…grazie, Emerald» disse quando questa le passò il proprio elastico, decidendo che a lei non serviva.

«di niente».

Una volta tutte dentro chiacchierarono a lungo, così Emerald venne a sapere che le altre si erano conosciute tutte quante a quella che avevano chiamato “la scuola base”, che erano partite per una specie di anno sabbatico, che Stylequeen avrebbe potuto diventare una stella della danza mentre invece era una dottoressa “autodidatta”, che a Mintaka c’era mancato tanto così dal finire a lavorare con un eminente scienziato delle loro parti, e che Deathstar o avrebbe lavorato nell’azienda del padre o -più probabilmente- avrebbe condotto una vita bohémienne tra musica, pitture strampalate ed ozio.

«ma è andato tutto a puttane. In patria, quando siamo partite, c’era già una situazione abbastanza tesa» spiegò Mintaka «abbiamo evitato il disastro appena in tempo, la guerra civile è scoppiata senza di noi, ma nessuno del gruppo ha più potuto tornare a casa, anche perché di case in cui tornare non ce ne sono più. Quanto alle nostre famiglie…parte della mia attuale ed unica famiglia la vedi qui con me» indicò Deathstar e Stylequeen «non so se gli altri due siano anche loro da queste parti o no».

Emerald avrebbe voluto approfondire, ma da come aveva interpretato quelle poche frasi di Mintaka aveva anche capito che non era il caso di girare il coltello nella piaga. Anche se da come si comportavano non avrebbe mai detto che provenissero da una nazione in guerra, piuttosto il contrario. Ma d’altra parte non sarebbe stata la prima volta in cui le apparenze l’avevano ingannata.

«capisco».

«e tu che combini?»

«prima ero una dj a tempo perso. Ora sono una chojin…sempre a tempo perso. Sono andata a fare l’addestramento solo perché non volevo che una mia amica finisce trinciata, per darle una mano, in pratica».

«caruccia, s’è fatta un mazzo così per aiutare l’amica!» rise Deathstar battendo le mani.

«eh, mentre invece voialtri, Pkangu incluso…» ossia l’unico maschio del gruppo «non vi sudate nemmeno a venire a liberarmi quando mi rapiscono!» sbottò Stylequeen.

«e a che serve? Tanto ti restituiscono sempre dopo massimo due giorni! Sarebbe fatica sprecata».

«ehm…parlate come se il suo rapimento fosse una cosa normale» intervenne Emerald, un po’perplessa.

«esatto!» risposero contemporaneamente Deathstar e Mintaka.

«sì, beh, diciamo che più o meno lo è» aggiunse quest’ultima.

«tienilo a mente, cocca, rapiscono sempre la bellona!»

«quarantadue volte» concluse tetra Stylequeen.

«…ma mi prendete per il culo?»

«no!»

“ma con che gente giro…?” pensò Hammy.

 

[…]

 

«allora Robbie, ho sentito che hai perso diverse tue proprietà giocando a poker, sbaglio?»

Contrariamente alle quattro ragazze, in un altro punto della tenuta c’era chi non si stava divertendo per niente. Né Robin Mask, costantemente nervoso da dopo quella fatidica sera, né sua moglie, per la quale Howard H.R.J. Lancaster era come fumo negli occhi.

Non le faceva granché piacere vederlo come suo paziente, figurarsi ritrovarselo in casa, anche senza “esercito”. Se poi si considerava la pessima influenza che esercitava su Robin la cosa diventava ancora più pesante, ed aveva volentieri lasciato la stanza dopo i saluti contemplati dal galateo, traendone giovamento nonostante fosse andata in una stanza abbastanza vicina da far giungere fino a lei le voci molto ovattate dei due uomini.

L’ultima cosa di cui aveva voglia era vedere Howard Lancaster, Alya era ancora abbastanza irritata sia per come il marito aveva perso una parte piuttosto consistente della tenuta, che per il modo in cui le loro due nuove “coinquiline” si erano comportate quando aveva chiesto loro quanto più cortesemente possibile di restituire tutto.

D’accordo, alla fine avevano reso a Robin l’intera villa, i vari terreni perduti e il novanta per cento dei soldi che si era giocato, ed era già molto. Ma, primo: Alya si era resa benissimo conto che la moretta con i capelli a caschetto, tale Deathstar, non lo aveva fatto perché in realtà era la cosa giusta da fare, quanto piuttosto su insistenza dell’allenatore di Kid Muscle e per gli sbuffi della ragazza più rosa che avesse mai visto.

E questo passi, perché alla fine quel che contava era riavere quel che Robin aveva perso.

Secondo: nel trattare con Deathstar e la ragazza in rosa -l’altra, Mintaka, non aveva detto praticamente niente- si era sentita presa in giro e stressata come poche volte nella vita, perché se non avesse ottenuto quello che voleva a lei Robin sarebbe rimasto poco e niente, se non i rispettivi stipendi.

Era stato snervante trattare con una tizia che si ostinava di proposito a sbagliare il suo nome, a domandarle se aveva una sorella di nome Anna, a chiederle di continuo “come sta Anna”, a dirle di vergognarsi per aver disconosciuto sua sorella quando Alya aveva risposto negativamente alla prima domanda, e a chiederle se avesse sposato Robin perché sapeva che vecchio com’era sarebbe morto presto col dire “ti capirei, lascia un pacco di quattrini, non c’è bisogno che lo neghi, non c’è di che vergognarsi!”…e così via discorrendo. Il tutto mentre la tizia rosa ed in rosa sbuffava risate e non, faceva commenti non sempre graditi e dava risposte più o meno pungenti. Alya aveva capito di non esserle simpatica, forse per aver rovinato lo spassoso gioco delle sue amichette?...ma quell’antipatia era ricambiata, di quello si poteva star sicuri.

Le cose non erano migliorate quando pure Warsman -nudo eccetto che per una sciarpa attorno alle parti intime- aveva tentato di intromettersi, non sopportando che rompessero le scatole a sua figlia incinta.

Costume adamitico o meno avrebbe anche potuto fare il suo effetto, invero, se Emerald Lancaster non avesse sciolto il nodo che teneva su la sciarpa facendogli fare una figura anche peggiore della precedente, tutto per “allentare la tensione”, e rendendo le trattative ancora più difficili visto che sia Deathstar, che Mintaka e anche tutti gli altri -eccetto Meat, Warsman stesso, Kevin, e Robin che era furioso e debole per il precedente svenimento- non la smettevano più di ridere.

«primo, tutto quello che ti vedi intorno è ancora mio e quindi non è vero niente, secondo, in ogni caso non sono affari che ti riguardano, terzo, vattene di qui…ora!» concluse con un ruggito.

«lo sai, quando fai così mi ricordi il leone che non hai mai preso» sorrise sottilmente il marchese «quanto al resto, sono costretto a contraddirti. Da quello che so, il cottage e la sorgente termale in cui sei quasi annegato circa diciotto anni fa…»

«silenzio!!!» sbottò Robin, con le vene sulle tempie che pulsavano pericolosamente ma che nessuno poteva vedere «non è vero che stavo annegando! Sono solo inciampato perché ero ubriaco fradicio, indovina per colpa di CHI!»

«…erano e sono rimasti persi» lo ignorò Howard «e da quel che dice mia figlia le ragazze che ti hanno vinto anche le mutande si sono anche accontentate di poco. Ad ulteriore prova che la tua signora, nella gestione di simili situazioni, si dimostri più abile di te».

Suonava come un complimento, in fin dei conti Howard aveva avuto modo di riconoscere che Alya sapeva il fatto suo, al di là dell’essere una semi bestia per discendenza paterna…dettaglio questo che, pur non dandolo a vedere, il marchese tendeva a non dimenticare, e che tra le altre cose lo rendeva completamente impassibile di fronte all’avvenenza della dottoressa.

Per bello che possa essere, un animale è sempre un animale. Come le tigri albine, per esempio, se ne riconosceva la bellezza ma non per questo una persona normale si sarebbe mai sentita sessualmente attratta da loro. Non gli importava del fatto che fosse una Deva del pianeta Amazon, non aveva pregiudizi verso le razze aliene, ma solo verso le bestie che si fregiavano pure del titolo di “lord”.

«dimmi che diavolo vuoi da me e poi vattene! Se non l’avessi capito, non sei il benvenuto in casa mia» chiarì Robin, come se ce ne fosse stato bisogno.

«sinceramente? Volevo farmi due risate riguardo la tua ira verso quelle ragazze, che tuttora perdura!» si perfino una breve risata «e dire che una volta il poker non ti riusciva poi così male, avevi spesso delle belle carte in mano…»

«BARAVANO!!! Non sono riuscito a dimostrarlo, ma baravano, perché…perché non c’è altra spiegazione» borbottò «ed ora, te lo ripeto per l’ennesima volta, vai-fuori-di-qui! E guai a te se torni a seccarmi!!!»

Alya sperò che stavolta se ne andasse sul serio, perché si era bell’e scocciata di sentire il marito urlare e ringhiare, come se in quei giorni non l’avesse fatto già abbastanza, e di un’idiozia per la quale poteva prendersela solo con se stesso.

«o beh…vorrà dire che raggiungerò Emerald nella tua sorgente termale… oh che sbadato! Volevo dire nella sorgente delle sue amiche. Dovrebbero essere dentro in questo preciso istante».

Sotto la maschera Robin era diventato di mille colori. Quella sorgente era il posto in cui lui ed Alya avevano concepito la figlia che stava per arrivare, lo riteneva un luogo “simbolico” in un certo senso, e non gli piaceva l’idea che altri ci sguazzassero dentro. «non ti azzardare, carogna, e che quelle non si illudano che lascerò loro il luogo in cui io e mia moglie…!» si interruppe bruscamente, come sempre quando ormai la frittata era fatta.

E nonostante per le donne di Amazon come Alya il sesso non fosse un argomento tabù, non significava neppure che potendo scegliere sarebbe andata a raccontare di quel momento con Robin proprio a Mr. Lancaster.

«oh. Sei riuscito a smorzare un po’la voglia di un bagno caldo, ma tant’è…» gli occhi dell’uomo ebbero un luccichio che a Robin non piacque «così facendo andremmo quasi in pari!»

«che…aspetta un attimo, che vorrebbe dire?!»

«arrivederci, Robbie».

«eh no!...adesso tu mi dici che vuol dire!»

«spiacente, sono stato più volte da te congedato, è bene che vada».

«no maledizione! Spiegati!»

«qualcuno ha detto qualcosa?...sento come un ronzio…»

Quanto ad Alya, non era sicura di voler sapere cosa intendesse. Perché poi avrebbe dovuto interessarsene?

Improvvise urla femminili simil barbariche interruppero i suoi pensieri.

«MOSCAAAAAAA!!! L’ALIENO DEL PIANETA MOSCA!!!»

Alle grida seguirono rumori di colpi e di cose che venivano distrutte in mille pezzi, il tutto mentre Robin e la servitù urlavano.

Più velocemente che poteva, Alya si affacciò nel corridoio.

Che diamine stava succedendo?!

 

 

Howard Lancaster doveva ammettere di essere quasi attonito.

Non era cosa di tutti i giorni vedere quattro ragazze, tra le quali la sua principessa, sfondare il portone principale della villa dei Mask.

E specialmente farlo in quel modo, con Emerald ed una mora con un trikini blu, grigio e nero che trasportavano su una carriola un’altra mora ancora col trikini nero, rosso e bianco e la ragazza più rosa che avesse mai visto, entrambe in piedi, che cercavano apparentemente di uccidere un’innocua mosca con una vanga ed un rastrello.

«mosca!!! Mosca!!!» strillava Emerald cercando disperatamente di non scoppiare a ridere.

«’Queen, schiaccia quel diavlo di alieno!!!»

«non è colpa mia se non sta ferma, e poi sei tu quella che ha una…quella cosa che non so come si chiama!» ossia la vanga «che sembra meglio di questo arnese!!!»

«uccidetela prima che deponga le uova dentro qualcuno!!! Non dobbiamo permettergli di invadere la Terra!!!»

E nel tentativo di colpire la mosca sfracellavano vasi, finestre, quadri, arazzi, e tutto quello che capitava loro davanti. Perfino la povera Santiago, che era stata la balia di Kevin Mask, si beccò una bella vangata in testa -ovviamente data per errore!- mentre Robin Mask se ne prese tre -date un po’meno “per errore”-. Howard si era allontanato a sufficienza da ripararsi, mentre Alya era indecisa se chiamare la polizia o cercare direttamente dei calmanti belli forti.

«Emerald! Si può sapere cosa sta succedendo?»

Sentendo inaspettatamente la voce del padre la ragazza si voltò e corse da lui abbandonando la carriola, dalla quale dunque Deathstar e Stylequeen furono costrette a smontare visto che Mintaka non ce la faceva a muoverla da sola con loro due sopra, continuando l’opera di devastazione in tre.

«eeeh…ciao papà. Diamo la caccia all’alieno del Pianeta Mosca».

«“l’alieno del Pianeta Mosca”» ripeté lentamente l’uomo.

«loro tre» indicò le tre deviate che stavano fracassando mobili a non finire senza che nessuno riuscisse a fermarle «dicono che si tratta di pericolosi alieni simili ad una mosca antropomorfa che invadono gli altri pianeti assumendo forme che sembrano innocue e deponendo uova dentro gli indigeni. Dicono di averci avuto a che fare, e che non è stata una bella esperienza…per cui, in quanto chojin mi sono detta che non potevo certo permettere all’alieno di infettare un mio ex istruttore, o sua moglie!» aggiunse, sorridendo al padre con aria complice.

Non serviva altro per intendersi.

«ed in quanto ex appartenente alla Muscle League io stesso non posso esimermi dal contribuire a fermare una potenziale invasione, ne andrebbe nel mio onore. A me una mazza chiodata!» esclamò il marchese, raccogliendo da terra quella di una delle armature medievali che le tre deviate avevano divelto. Inutile dire che come Emerald ovviamente Howard non credeva ad una parola riguardo gli alieni del Pianeta Mosca, ma ogni scusa era buona per distruggere la villa di Robin!

«posa quella mazza!!!» urlò Robin, vedendolo assestare colpi al mobilio e alle pareti con gran gusto, ovunque si fermasse la mosca.

«altro che posarla, prendine una anche tu Robin, o ci troveremo a fronteggiare un’invasione aliena!»

«ma che vai blaterand-»

«poche discussioni» Howard gli appioppò un candelabro «vai e colpisci».

Ma la mosca intanto si era allontanata, sempre con le tre deviate ed Emerald dietro, ed il rumore di un’ennesima distruzione rimbombò nel corridoio mentre un allarme assordante iniziava a risuonare e tutti quanti venivano infradiciati dal sistema antincendi. Evidentemente le ragazze avevano colpito il pannello di controllo.

«m-ma si può sapere che cosa succede?!» avendo sentito il rumore allontanarsi Alya si era decisa ad uscire dalla stanza.

«siamo a rischio di una potenziale invasione, mia signora» la informò serissimo Howard Lancaster «stiamo tutti quanti agendo di conseguenza!»

«a me sembra che stiate solo facendo un disastro!...e tu perché hai quello in mano?» Alya si riferiva al candelabro di Robin. Passi Howard con una mazza chiodata -pericolosissimo- ma che Robin sembrasse aver preso sul serio quella storia assurda dell’invasione aliena non era possibile.

«io…uh…volevo darlo in testa a lui!» rispose Robin, indicando l’ex amico.

«non ce l’avresti fatta nemmeno provandoci mille volte…»

Un improvviso strillo di Emerald lo richiamò all’azione, perché sembrava essere spaventato davvero. Sia Alya che Robin poterono assistere ad una “trasformazione” che rese i duri i lineamenti del marchese, e di una freddezza inumana il suo sguardo.

«devo andare».

Corse via in direzione del grido, e Robin guardò Alya. «chiuditi in camera, che qui c’è davvero qualcosa che non va».

«sicuro che-»

«ci penso io. Per favore, vai!» le disse un’ultima volta per poi fiondarsi dietro ad Howard.

Quel che vide quando arrivò lasciò Robin senza parole perché a quanto pareva Howard Lancaster ed Emerald, ripresasi immediatamente dopo lo spavento iniziale, se la stavano vedendo veramente contro una mosca antropomorfa -per fortuna di dimensioni accettabili- che sembrava menare colpi alla cieca e non sentire minimamente quelli della mazza chiodata e del cric che Emerald doveva aver trovato nel largo sgabuzzino in cui si stava svolgendo il combattimento. Lo scaffale caduto a terra durante la lotta costituiva solo un ulteriore impiccio.

«cos’è quell’affare?!!»

«LO AVEVAMO DETTO!!! Lo avevamo detto che c’era l’alieno!!!» strillò Stylequeen, rincantucciata in un angolo insieme a Deathstar e Mintaka.

Avevano avviato quell’inseguimento vedendo la mosca svolazzare sopra la sorgente, col dire “Meat diceva che le mosche sono solo mosche qui, ma se si sbagliasse?”, tanto convinte da aver rubato carriola e attrezzi al giardiniere vedendo che la mosca tentava di volare più in alto, e a quanto sembrava quella volta avevano avuto ragione.

Il PDBDC di Deathstar aveva voluto che quando l’alieno del Pianeta Mosca aveva assunto una forma antropomorfa seppure non gigante Emerald fosse riuscita a spingerlo contro uno scaffale facendoglielo cadere addosso, e che l’alieno fosse stato accecato da una tanica di solvente che si era aperta durante l’urto. Meglio così, visto che quell’essere sembrava invulnerabile anche ai colpi di pistola congiunti che i due Lancaster avevano iniziato a sparare vedendo le brutte.

«una mano no, eh Robbie?... dobbiamo almeno far cadere questa cosa a terra! Se solo avessi il fucile…»

«non funziona, pa’, non funziona!»

«e se voi continuate a sparare io come faccio ad avvicinarmi per colpirlo?!» sbottò Robin.

«colpirlo non serve!...non avrei potuto avere un istruttore più imbec-»

«Hammy, linguaggio».

«scusa».

«DATEGLI FUOCO!!!» urlò Mintaka «dovete dargli fuoco!»

«complicato da farsi visto che l’antincendio continua ad inzupparci!» replicò Howard.

Emerald sgranò gli occhi.

Fuoco…

«ce l’ho!!! Avevo la soluzione in tasca!» contrariamente alle altre tre lei uscendo dall’acqua si era rimessa almeno i pantaloncini, nei quali aveva tre di quelle che sembravano innocenti gomme da masticare, ma che in verità erano un regalo del suo caro amico albino psicopatico.

«togliamoci di qui!!!» strillò Deathstar, preda di quel “non sapeva cosa” che ogni tanto la induceva a compiere azioni che puntualmente le salvavano la vita, afferrando le mani delle sue compagne ed abbandonando l’angolo appena prima che Emerald lanciasse le “gomme da masticare” contro l’invasore del Pianeta Mosca. Tutti quanti, Robin incluso trascinato via per un polso da Howard, uscirono dalla stanza giusto l’istante che precedette l’esplosione incendiaria chiudendosi la porta tagliafuoco alle spalle.

Sentirono distintamente i versi di stridula sofferenza dall’alieno morente, ma il peggio intanto era passato.

«credo che d’ora innanzi tutti quanti guarderemo le mosche con occhi diversi» fu Mr. Lancaster a spezzare il silenzio.

«credevo fosse tutto per distruggere la mia villa! E invece…»

“in effetti lo era, fino a quando non ho scoperto che quelle ragazze avevano ragione!” «a questo punto sei in grado di vedertela da solo. Emerald, andiamocene via. E anche voi!»

L’intero gruppo se ne andò via di corsa, lasciandosi alle spalle quell’immane devastazione compiuta “per una buona causa”, raggiungendo dapprima la sorgente termale per recuperare le poche cose che le ragazze si erano portate dietro per poi fuggire quanto più velocemente possibile nella limousine che avrebbe portato tutti nella tenuta dei Lancaster; Howard era arrivato in auto perché nonostante fossero “vicini di casa” gli ingressi delle due ville risultavano ben lontani tra loro, e comunque quello a piedi era un arrivo ben poco nobile. Vedendo i tacchi di Stylequeen si offrì cavallerescamente di portarla in braccio durante la corsa, e lei chiaramente ebbe il buonsenso di non rifiutare.

«Jordan, portaci tutti a casa».

«sissignore».

«uuuh…che lusso» commentò Deathstar. Inutile dire che le tre deviate si erano già del tutto riprese, perché per loro quella era normale amministrazione «il posto dove andiamo è lontano? Già, a proposito, ma lei, chi diavlo è?»

Giustamente, prima entravano in auto di un estraneo e solo dopo gli chiedevano  chi fosse!

«è mio padre!» rispose Emerald.

«ah, allora ok».

«complimenti, signore, la sua vettura è meravigliosa» si congratulò Stylequeen.

«grazie. Tengo molto al fatto che le mie automobili siano perfettamente tenute…piuttosto, devo complimentarmi con voi sia per le vostre capacità di ripresa che per aver quasi mandato in rovina il caro Robin Mask qualche giorno fa! E potete tranquillamente darmi del tu, in fin dei conti siete amiche di mia figlia».

“e avete distrutto la villa di Robin mentre fermavate un’invasione aliena, il che è encomiabile” aggiunse mentalmente.

«ok» Mintaka tese la mano «Mintaka».

«Deathstar!» disse l’altra imitandola.

«Stylequeen. Piacere di fare la tua conoscenza!» disse con un sorriso smagliante, tendendo a sua volta la mano. Howard strinse la mano a tutte, nell’ordine in cui le avevano tese.

«piacere mio. Dunque, immagino che proveniate da piuttosto lontano se siete riuscite a riconoscere un invasore alieno di cui io non conoscevo neppure l’esistenza…»

«dicono di venire da un pianeta che sta in un’altra galassia e-» avviò a dire Hammy, venendo rapidamente interrotta.

«ma noi veramente abbiamo fatto tutto a caso, cioè, non sapevamo mica se quella era una mosca normale o un alieno, ma a quanto pare lo era, stavolta! E Meat diceva “ma non esistono gli alieni del Pianeta Mosca, pwah pwah pwah”! Sssseh! L’ho visto, com’è che non esistono!»

«l’importante è essere riusciti a fermarlo» Howard si ripromise di spargere in ogni dove l’ordine di dare fuoco a qualunque mosca non si riuscisse ad uccidere normalmente.

Arrivarono a destinazione pochi istanti dopo, e scesero tutti quanti dall’auto.

«dai che ora vi porto nell’idromassaggio di sotto» disse Emerald.

«un momento!» il marchese tirò fuori dalla tasca interna della giacca il libretto degli assegni realizzato in uno strano materiale repellente all’acqua ed ignifugo, brevettato Lancaster Tech «eccovi il ringraziamento per aver dato per prime l’allerta invasione…nonché la distruzione della villa di Robin Mask, d’accordo, devo dirlo».

«quel vecchiaccio non mi piace!» esclamò Deathstar mentre Stylequeen prendeva l’assegno.

«ti ringraziamo tutte quante».

«giusto! Grazie!!!»

E lì Deathstar e Mintaka fecero qualcosa di assolutamente inaspettato, che avevano visto fare in qualche film degli umani da delle ragazze: baciare sulle labbra “per ringraziamento”. E così Howard Lancaster, attonito come mai, si trovò improvvisamente le labbra aggredite da tutte e due le ragazze contemporaneamente!

«m-ma non c’era bis-»

«Howard Hogan Robert John Lancaster, tu sei un traditore!!!»

Lo strillo isterico di Janice gli diede una stretta gelida allo stomaco.

«Janice!...non è come pensi, aspetta, posso spiegare!»

«TRADITORE!!!» la minuta donna bionda afferrò un vaso di fiori scagliandolo rabbiosamente contro il marito, mancandolo clamorosamente.

«mamma, non è come pensi t-»

«oh, e tu stai zitta, che lo copriresti anche dinnanzi all’evidenza!!!» guardò truce Howard, che tentava ancora di mettere due parole in fila per spiegarle che lui non aveva fatto nulla di male «non ti voglio più vedere!» concluse Janice, scappando via in lacrime con tutto l’intento di chiudersi in camera e bandire definitivamente il marito dal talamo coniugale. A mente più fredda gli avrebbe dato modo di spiegare la faccenda, ma essendo gelosissima del marito una reazione così impulsiva ed esagerata non era sorprendente. Janice solitamente era una donna molto tranquilla, dolce e pacata…ma in quelle occasioni tirava fuori un temperamento completamente inaspettato per i più.

«Janice…Janice, torna qui!...cielo, che razza di testarda…» borbottò, correndole dietro «Janice, ti giuro che hanno fatto tutto da sole! Sono amiche di nostra figlia, che posso volere da loro?! Janice!!!»

«complimenti, avete fatto un bel danno! Adesso mia madre non lo farà entrare in camera per almeno una settimana!» sbottò Hammy, piuttosto irritata.

«ma lo abbiamo solo ringraziato. Non si fa così tra gli umani? L’abbiamo visto in alcuni film…» disse perplessa Mintaka.

«ma io quanto volte ve l’ho detto che non tutto quel che si vedeva in quei film era vero?!» le rimproverò Stylequeen «dove andate fate danno!»

«a beh…spero che le cose si risolvano, noi mica abbiamo fatto apposta!»

Niente da fare. La Premiata Ditta ‘Star&’Taka portava problemi ovunque…e a chiunque!

   
 
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