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Autore: Lover    23/10/2008    2 recensioni
Un elfo, un umano... La storia d'amore più bella e più proibita di tutte, sullo sfondo una guerra e un intrigo di potere che minaccia di separarli per sempre. Ultimo capitolo postato! baci, Love!
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: Aragorn, Legolas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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quarto capitolo2

Legolas si sedette, cercando non cadere per quanto possibile. Aragorn... Nessuno lo aveva avvertito. Nessuno gli aveva detto che lui ci sarebbe stato. Nessuno si era degnato di prepararlo ad un tale incontro. Lui era giunto totalmente vulnerabile al cospetto di quegli occhi scuri, che aveva puntati addosso e che lo fissavano come se si aspettassero da lui chissà che cosa. I ricordi iniziarono ad attaccarlo, senza che lui potesse fare nulla per fermarli in tempo. La prima volta che si erano visti, lì a Gran Burrone. Le giornate passate ad osservarlo da lontano, chiedendosi come potesse essere sempre tanto arrabbiato con il mondo. L'amore, sbocciato veloce e repentino. La notte in cui si erano amati. La mattina in cui si erano salutati. E poi... più nulla. Quanti anni sprecati ad attendere il suo arrivo, ad aspettare un segno, ad osservare dalla finestra della sua camera la linea dell'orizzonte sperando nella comparsa di Aragorn. Invece niente. Tempo perso. Attimi che non gli sarebbero più stati resi. Non era più stato lo stesso. Suo padre era andato in depressione quando aveva capito che suo figlio non intendeva prendere moglie, per motivi a lui sconosciuti. Ma quella che aveva sofferto di più era stata la madre. Lei sapeva tutto. Lui le aveva raccontato, ma forse non avrebbe dovuto. La sua angoscia era cresciuta di giorno in giorno, a vedere il figlio diventare sempre più grigio, sempre più triste, sempre più solo... Aveva preso a sedersi accanto a lui, accanto a quella finestra, ad attendere. Ma non avevano aspettato tutti e due la stessa cosa: Legolas stava aspettando Aragorn, mentre sua madre stava attendendo il ritorno della sua felicità. Poi avevano smesso. Legolas non ne aveva più parlato. Non aveva più pensato ad Aragorn. Era diventato un guerriero, aveva represso le sue emozioni nell'angolo più profondo del suo cuore, nel tentativo di sedare la disperazione dei genitori.

Gli passarono davanti agli occhi tutti quei momenti, quelle emozioni, quelle sensazioni... Gli occhi di sua madre, lo sguardo perso di suo padre, i propri silenzi, la solitudine. Gli esplosero nella mente con una nitidezza impressionante. Strinse i pugni sulle cosce e alzò lo sguardo più colmo d'odio che riuscisse ad assumere verso Aragorn. Questi sgranò gli occhi, sorpreso, sconvolto, poi li abbassò sul pavimento. Ecco quello che era in grado di fare, di dire dopo tutto quel tempo...

-Hai visto chi ha avuto il coraggio di farsi vedere? Il ramingo.- gli sussurrò all'orecchio il suo compagno, che sedeva al suo fianco.

Già, il ramingo... Quante voci gli erano giunte. Si diceva che vivesse di scorribande, di carità; che fosse un fuorilegge, un santo... qual era la verità? Chi era diventato in quegli anni l'uomo che aveva tanto a lungo amato?

Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce stentorea di Ellrond, che iniziò il suo discorso. Legolas tentò di seguire, per quanto gli fu possibile in quella situazione. Lo ascoltò parlare dell'anello, un mito diventato realtà. Osservò il piccolo hobbit appoggiarlo sul tavolo al centro del poggiolo. Vide Boromir cercare di appropriarsene, e si tappò le orecchie trattenendo il fiato quando Gandalf pronunciò il suo incantesimo per liberare l'umano dal potere dell'anello. Fu quando si cominciò a parlare del destino del monile che Legolas divenne attento. Era lì per conto del padre, per riferire, per agire se necessario. Ma successe qualcosa di inaspettato. Quando Ellrond chiese suggerimenti sul da farsi, Gimli si alzò dal suo scranno. Non si era accorto della presenza del figlio di Gloin. A dire la verità non si era accorto quasi di nulla. Il nano dichiarò che avrebbe preferito morire piuttosto che vedere l'anello in mano ad un elfo, e lanciò una sprezzante occhiata nei confronti di Legolas. L'elfo non poteva sopportare un simile affronto. Scattò in piedi, seguito dal suo compagno e ribatté:-E chi sarebbe il più adatto a conservarlo, quindi? Un nano? Voi non siete altro che dei guerrafondai!-

Il nano aveva sorriso, amaro.

-Parli bene, figlio di Thundraill. La casata dei Verdefoglia non brilla per la giustizia con la quale amministra la giustizia.-

-Come osi offendere mio padre e la mia famiglia?-

-Tuo padre incarcerò degli innocenti!-

-Eravamo in guerra! Anche Gloin lo fece se non mi sbaglio, senza darsi troppi problemi per giunta!-

-Lasciate l'anello agli umani.- propose Boromir, speranzoso.

-Voi umani siete deboli! Non sareste in grado di controllarlo un solo giorno. E poi tu non sei nemmeno il legittimo erede di Gondor!- lo rimbeccò un nobile elfo, seduto alla sinistra di Legolas.

Scoppiò il putiferio. Tutti presero ad urlare e a litigare, rinfacciandosi qualsiasi cosa venisse loro in mente. L'unico che rimase impassibile fu Aragorn. Quando Ellrond e Gandalf cercarono invano di sedare la rissa, si alzò e andò loro incontro per aiutarli.

-Basta adesso.- disse, mettendosi fra Gimli e Boromir. Tutti si zittirono e lo fissarono, perplessi. Aragorn avvertiva lo sguardo penetrante di Legolas su di se e rabbrividì leggermente. Ancora ricordava l'odio con il quale l'elfo l'aveva fissato, poc'anzi.

-E tu chi sei per dirci che cosa dobbiamo fare?- chiese Boromir, altezzoso. Un silenzio glaciale calò su tutti i presenti: a quanto pare il futuro reggente al trono di Gondor non conosceva ancora il legittimo erede. Ognuno abbassò lo sguardo, persino Ellrond fece finta di nulla. Fu allora che Legolas parlò, la sua voce argentina nitida:-Egli è Aragorn, l'erede al trono di Gondor.-

Boromir fissò Aragorn stupito, ma quello che provava lui era nulla in confronto a quello che accadeva nel cuore dell'uomo che aveva davanti. Legolas aveva parlato. Legolas aveva detto il suo nome. Legolas aveva detto quello che nessuno aveva mai voluto dire fino a quel momento. Aragorn si sentì scuotere da un'emozione talmente forte da fargli scoppiare il cuore e mozzare il respiro.

-Siediti, Legolas.- gli sussurrò alla fine, in elfico. Erano anni che non parlava quella lingua. Erano anni che non parlava quella lingua con lui, si corresse. Le parole gli scivolarono leggere come l'aria, delicate come un fiore. L'elfo lo fissò perplesso, ma non infastidito: aveva capito ciò che rappresentava, per l'umano, quell'ordine impartito solo a lui. Nella sua lingua natia. Istantaneamente gli era ritornata alla mente quella notte, la notte che avevano passato stretti l'uno all'altro, mentre lui sussurrava dolci parole in elfico per calmare i singhiozzi disperati del compagno. Erano ricordi così belli, così puri ed incorrotti da sembrare perfetti. Non doveva scordare che erano stati l'inizio della sua fine ma si sentiva in dovere di rendere un tributo a quelle memorie. Quindi, senza dire una sola parola, si risedette. Tutti rimasero a fissare prima lui, poi Aragorn, molto confusi. Quando si fu accertato che tutto era tornato tranquillo e che ogni ospite era seduto al proprio posto, Ellrond riprese la parola.

-Che fare?- chiese, l'aria stanca e rassegnata.

Fu allora che il piccolo hobbit si alzò e si propose per portare l'anello a Mordor, il luogo in cui era stato forgiato e anche l'unico luogo in cui potesse essere eliminato. Tutti rimasero colpiti dal suo coraggio, ma era ovvio che non poteva affrontare da solo un simile viaggio. L'onere andava condiviso. Gandalf fu il primo a proporsi, mettendosi a fianco di Frodo. Gli altri rimasero a fissarsi l'uno con l'altro, in attesa della prossima mossa. Aragorn comprese che quello era un momento importante per lui: se avesse partecipato alla spedizione, avrebbe riscatto il nome della sua famiglia. Se fosse sopravvissuto, nella più rosea della previsioni, sarebbe tornato come un eroe e avrebbe potuto vivere finalmente in pace. Non da re, non da ramingo. Da persona comune, serena. Magari avrebbe potuto costruirsi una casa dove terminare in tutta tranquillità gli ultimi anni della sua vita, senza il peso della vergogna sulla sua testa. Non ci pensò due volte: scattò in piedi e dichiarò:-Hai la mia spada.-

Legolas, dall'altra parte del cerchio, stava giusto pensando di proporsi. Era una buona occasione per rendere suo padre orgoglioso di lui. Rifletteva sui pro e i contro quando vide Aragorn alzarsi e lo sentì pronunciare il suo giuramento, seguito da una serie di borbottii di critica provenienti dalla folla. Quella decisione lo raggelava. Aragorn... non poteva! E se fosse morto? Non si sarebbe mai perdonato di avergli lasciato un ultimo ricordo di sè così orribile...

Ma che c'entrava lui? Non era certo colpa sua, era suo diritto essere arrabbiato! Anche se Aragorn fosse morto, probabilmente se lo sarebbe meritato per tutto quello che gli aveva fatto! Aragorn morto... In tutti quegli anni senza di lui, l'unica certezza che aveva sempre albergato nel suo cuore era che il suo amore era vivo. Chissà dove nel mondo, ma vivo. Ora invece sceglieva di partecipare ad una spedizione pericolosissima, forse mortale. Doveva essere con lui.

Non rimase a riflettere su quella decisione, così incoerente con il resto dei suoi pensieri. Semplicemente si alzò in piedi e disse:-E il mio arco.-

Poi si voltò verso il volto sbigottito di Aragorn, un misto di soddisfazione ed amarezza dipinto sul viso. Sembrava quasi che l'umano volesse dire qualcosa, forse protestare, ma fu preceduto da Gimli che si affiancò all'elfo, tuonando:-E la mia ascia.- con aria di sfida. Legolas lo fissò gelidamente, una furia fredda che bruciava dietro quegli occhi chiari. Aragorn capì che non c'era più modo di farlo desistere. Non ora che il suo più grande nemico era sceso nell'arena e gli aveva lanciato la contesa. Quasi non si accorse che Boromir si era offerto, così come gli altri piccoli hobbit amici di Frodo. L'unico pensiero coerente nella sua mente era l'impellente bisogno di dover parlare con Legolas. Il prima possibile.

Quasi a leggergli nel pensiero, Ellrond disse:-Molto bene, amici miei. Voi sarete la Compagnia dell'Anello. Partirete domani per Mordor. Per questa sera potrete alloggiare qui, e sarà data una grande festa in onore del vostro coraggio.-

Intuendo che la riunione era terminata, tutti iniziarono ad allontanarsi in differenti direzioni. Il compagno di Legolas gli sussurrò qualcosa all'orecchio, poi se ne andò. Quando l'elfo alzò gli occhi, incrociò quelli di Aragorn che lo fissavano, addolorati ed imploranti. L'umano fece un passo avanti e schiuse le labbra per parlare, ma Legolas lo precedette e svanì in un fuscio di vento. Serrò le labbra, contrariato. Accidenti ai poteri elfici... 

Note dell'autrice: non smetterò mai di ringraziare coloro che hanno recensito la mia storia dimostrando di apprezzarla!!! restate sintonizzati su queste frequenze, nei prossimi capitoli ci sarà da leggere! Love

  
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