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Autore: __PandaCloe__    08/11/2014    1 recensioni
dal capitolo 1 - A due villette dalla sua sentì una forte musica provenire da un garage.
La porta aperta e la sua irrefrenabile curiosità la spinsero ad entrare con il suo molosso al seguito. Appena entrata vide quattro ragazzi, tre le sembrava di averli già incontrati. La musica si fermò e il ragazzo dai capelli strani le chiese: " E tu chi sei?"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 6
PICCOLE RIVOLTE

 
Venerdì, ore 19.00
I 5 Seconds of summer  arrivarono al McGail’ s pub con circa tre quarti d’ora di anticipo. Anne continuava a ripetersi perché stesse facendo una pazzia simile. Le erano sempre bastati il conservatorio e la scuola. Continuò a ripetersi il fine delle sue azioni come una nenia: aveva paura di scordarlo. E comunque era arrivata ad un punto di non ritorno. Non poteva abbandonare tutto ora che era così vicina a… vicina a cosa? D’un tratto le sue mani smisero di imitare i movimenti sulla tastiera e capì che lei non centrava nulla con quei ragazzi. Loro avevano sempre sognato tutto questo, lei no. Sentì l’ impulso ad alzarsi e andarsene, ma Luke la bloccò appena in tempo chiedendole di aiutarlo a collegare li strumenti agli amplificatori. Salirono sul palco chiuso dal logoro sipario color prugna. Anne accostò l’orecchio al tessuto pesante e polveroso. Il brusio dall’altra parte la fece immobilizzare: voci, tante voci, e tintinnii di bicchieri. Le parve il suono più bello che avesse mai sentito.
“ Sta lontana dal sipario. Cerca di distaccarti dal pubblico il più possibile” Un uomo sulla quarantina le si avvicinò.
Anne si allontanò spaventata dalla sua apparizione improvvisa.
“ Sta tranquilla, non voglio farti niente. Sono Alex McGail”  tese la mano e Anne la stinse non riuscendo a dire nulla. Lo fissava con la bocca aperta poi un vento immobile la schiaffeggiò svegliandola dopo circa mezzo minuto di silenzio catatonico.
“Oh, si mi scusi. Sono A-Anne Wilson”  balbettò. Non aveva mai avuto problemi di timidezza. Forse perché non aveva mai visto occhi così chiari in vita sua. Due pezzi di ghiaccio così ridenti non pensava neppure che potessero esistere. Incutevano timore e rassicurazione allo stesso tempo. Questo duplice effetto la disorientava “volevo ringraziarla per questa opportunità.”
Ora lo sapeva: il segreto era guardagli un  sopracciglio. Non avrebbe dovuto, in questo modo, guardarlo nelle iridi trasparenti ma nemmeno distogliere lo sguardo dal suo viso rischiando di risultare sgarbata.
“Figurati – ripose Il signor McGail – mi auguro che facciate un buon effetto a me e il pubblico. Qui la gente e molto esigente in fatto di musica. Ora è meglio che vi prepariate” disse indirizzando il suo sguardo verso i ragazzi che accordavano chitarre e basso in un angolo del palco. Anne si girò a guardarli e quando si rivolse di nuovo verso l’uomo questo era sparito nel modo in cui era apparso: così all’improvviso che la ragazza pensò di averlo sognato.
Tutti e 5 si misero in posizione e dopo che il signor McGail li ebbe presentati si aprì il sipario. Prima che si spegnessero le luci sul palco intravide vicino al bancone Maddalena insieme a Josh e Carlos. Le bastò un oro sorriso ad annullare tutti i sui dubbi.
     Un mese dopo i 5 Seconds Of Summer avevano spettacolo fosso tutti i venerdì. I cinque ragazzi furono costretti a moltiplicare le prove estendendole a quasi tutti i pomeriggi. Finalmente Anne si sentiva parte di qualcosa di speciale. Ma ciò che faceva in quel garage e al McGail’s andavano contro al volere dei suoi genitori, ai quali non aveva avuto il coraggio di rivelare tutto. Purtroppo aveva anche dovuto saltare parecchie lezioni al conservatorio e sapeva bene che la scusa di andare a studiare da Maddalena non avrebbe retto a lungo.
Quel giorno a scuola Anne ne ebbe la prova. Mentre parlava con i quattro ragazzi all’ingresso dell’edificio Maddalena le si avvicinò. “possiamo parlare un secondo?” le chiese prendendole un braccio con delicatezza.
Anne guardò gli altri per poi risponderle: “Certo.”
Le due si allontanarono dalla massa.
“Anne, che ci prende?”
“Di che parli?”
“Parlo del fatto che ci stiamo allontanando molto negli ultimi tempi. Tu stai sempre o a casa di Michael o al pub. E parlo anche del fatto che non  ne hai ancora parlato con i tuoi. Non potrò coprirti in eterno! Tua madre chiama a casa mia tutti i pomeriggi e io devo sempre inventarmi nuove scuse e sai bene che odio mentire. Per non parlare del conservatorio…” Maddalena cominciava a infervorarsi sull’argomento.
“Non sei mia madre, ok? non devi dirmi cosa devo o non devo fare. Se non ti va di coprirmi non farlo, ma pensavo che tra amiche ci si aiutasse. A quanto pare noi non lo siamo più.”
“Ma smettila, ci conosciamo da quando siamo nate praticamente.” Sbuffò l’altra alzando gli occhi al celo.
“E allora cosa vuoi?- Sbottò Anne - Mad, finalmente sento di appartenere a qualcosa, qualcosa che ho contribuito a formare.”
“E il terzetto d’archi Wilson, il comitato studentesco e  la nostra amicizia? Non fai parte anche di quello?! Anne sono molto felice che tu abbia trovato questo gruppo ma ricordati che esiste un mondo al di fuori dei ‘5SoS’.” Disse mimando le virgolette con le dita.
Maddalena si girò ondeggiando i lunghi capelli biondi e entrando nell’ edificio mano nella mano al suo nuovo ragazzo.
     Quel pomeriggio Anne era più che decisa a raccontare tutto ai suoi genitori. Le parole della sua amica, o ex amica (non aveva ancora capito la posizione presa da lei e Maddalena quella mattina), l’avevano fatta riflettere. Non poteva nascondersi per sempre ed era meglio dire la verità prima di rovinare altri rapporti. Arrivata sul vialetto di casa prese le chiavi, le inserì nella toppa e girò e fece il tutto con una lentezza estenuante. Appena aprì la porta Macbeth arrivò di corsa scodinzolando e abbaiando.
“shhh! Stupido Mac stai zitto!” lo sgridò cercando di fare meno rumore possibile mettendosi un indice davanti alle labbra. Al gesto l’enorme cane si acquattò e dopo qualche guaito il silenzio  tornò in casa Wilson. Anne si tolse le scarpe si diresse in punta di piedi in camera sua. Era quasi arrivata alla porta infondo al corridoio quando la possente voce di suo padre non la fermò.
“Dove credi di andare.” Nn c’era nulla di interrogativo in quella domanda.
“Ciao papi, stavo andando in ca…” rimase immobile con la mano sulla maniglia e lo zaino nell’altra.
“Ah, mi ero illuso che stessi andando in conservatorio.” Anne si pietrificò. Dal tono del padre, completamente fermo e privo di emozioni, capì che sapeva tutto. Imprecò sottovoce e si girò lentamente.
“è più di un mese che non vai a lezione. Perché.” Ancora una volta quella fu del tutto un affermazione.
“Papà, te ne avrei parlato oggi lo giuro. Io non voglio più andare in conservatorio, voglio sperimentare altri generi musicali.”
“Non te ne basta una? Ma tu non ti accontenti mai vero?Hai sempre avuto gli occhi più grandi della pancia.” Disse alzando leggermente il tono di voce.
“No! Ti sbagli! Non capisci mai niente!” Da piccola le avevano dato della cicciona talmente tante volte che la sola parola ‘pancia’ la facevano andare in bestia.
“Anne non ti rivolgere a tuo padre in quel modo!” Greta uscì dalla camera padronale affiancando suo marito.
“Ti abbiamo sempre concesso tutto. Il tuo unico obbligo era rispettare i tuoi impegni e non lo hai fatto.
Hai abusato della nostra fiducia e ora l’ hai persa.” Continuò la donna con voce ferma e un tono poco superiore ad un sussurro.
“Grazie al cazzo! Non mi avete mai lasciato un giorno libero. Ho passato tutti i pomeriggi chiusa in quel buco fatiscente a suonare e a prendermi bacchettate sulle mani!” Anne scoppiò non appena Greta smise di parlare. Conrad spazientito alzò una mano in aria che si abbatté un nano secondo dopo sul viso della figlia lasciandole l’ impronta di cinque dita sulla gota sinistra. Anne per un secondo non capì che cosa fosse accaduto, poi provò una fitta lancinante alla guancia e la copri con una mano mentre la vista veniva annebbiata dalle lacrime salate. Si girò di scatto facendo vorticare la chioma riccia e sbatté tanto forte la porta da creare una piccola crepa nello stipite.
“E oggi pomeriggio ti accompagno personalmente a lezione di canto!” urlò il padre dall’altra parte della porta.
Anne scaraventò lo zaino nell’angolo più distante e si buttò sul letto soffocando le grida di rabbia con il cuscino più vicino. Continuò a piangere finché le palpebre divennero macigni e non sprofondò in un sonno inquieto.
     Dopo circa un’ora la porta si aprì e Anne fu svegliata dal cigolio. Carlos entrò con una tazza di tè fumante in mano e si sedette sul letto accanto a lei. Anne si girò sul fianco e si puntellò con il gomito per guardare suo fratello in faccia e il viso si contrasse di nuovo in una smorfia, ma dagli occhi non uscì niente. Si tirò a sedere e si aggrappò alla t-shirt di Carlos affondando il viso nelle sue spalle larghe e il suo corpo fu scosso in una serie di singhiozzi asciutti.
“Ti ho portato del tè, pensavo fossi ormai disidratata.”
“E a quanto pare avevi ragione” Disse sedendosi accanto a lui. Della sua voce ormai non ce n’era più traccia e il risultato fu un’emissione di fiato alquanto inquietante. Si crogiolò nel pensiero che quello fosse un dispetto perfetto per Conrad e per la sua insegnante di canto e prese in mano la tazza bollente e bevve a piccoli sorsi soffiando sul liquido ambrato e di tanto in tantò poggiò il naso al bordo della ceramica inalando i vapori di quell’ambrosia. Il suo tè preferito: Earl Gray al bergamotto senza né zucchero, né limone, né niente. Semplice e naturale.
“Sai che ti stimo tanto, vero?” parlò all’ improvviso il più grande dei Wilson. Lei in risposta scosse il capo e posò nuovamente il naso al bordo.
“Io e Joshie non avremmo mai avuto il coraggio che hai avuto ad affrontare papà. Noi siamo dalla tua” le confidò accarezzandole il capo. “Non sai quante volte ho pensato di lasciare la musica.”
“Ma come, tu che sei un pianista formidabile e ti sei iscritto anche a scienze del suono? Davvero?” chiese stupita avendo riacquistato un filo di voce grazie al tè.
Carlos annuì. “Ho sempre odiato la musica. Per colpa sua non ho quasi mai avuto una vita sociale. Comunque tu e la tua band siete davvero bravi.” Disse cambiando discorso.
“Dì un po’, come avete fatto a sapere che suonavamo quella sera?” Chiese sua sorelle prendendo l’ultimo sorso e svuotando la tazza.
“Mi ha chiamato Maddalena. Sinceramente non pensavo nemmeno che avesse il mio numero. Ha detto specificamente di portare Josh” disse ammiccando ad Anne che abbassò lo sguardo sulle sua mani al nome della ragazza.
“Non voglio smettere di suonare con quei ragazzi, Carl.”
“Perché dovresti?”
“Papà e mamma” spiegò semplicemente lei.
“Oh insomma Annie! Fregatene. Non lasciarti frenare da loro, vai in quel pub sta sera e spacca il mondo” La sgridò infervorandosi Carlos e lasciandola da sola nella sua stanza. Come fare… Anne prese il cellulare e scrisse un SMS a Maddalena.
Ho detto tutto ai miei e sono nei casini. Ti prego aiutami L
Anne xx.
Dopo qualche secondo le arrivò la risposta.
Hai fatto la cosa giusta. Non ti preoccupare, la tua Mad ti salverà ;)
Maddalena xx.
 
Angolo autrice:
Innanzitutto vorrei scusarmi se questo capitolo è più corto del solito o  se ci dovessero essere incongruenze o errori grammaticali, ma ho auto molta fretta nel farlo. Mi scuso davvero per la mia lunga assenza ma sono contenta che mi abbiate aspettato. È un capitolo molto importate e forse finito
un po’ a … per ragioni sopra citate L
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate ecc. e sopratutto coloro che si fanno sentire lasciandomi bellissime recensioni. Se qualcosa non dovesse essere chiaro o altro non fatevi remore a contattarmi. Ora sono davvero in ritardo quindi vi lascio :*
Anna
 
  
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