Ma salve a
tutti! *w*
Si tratta di una piccola one-shot dedicata a Sasori, costretto ad affrontare quella che ho immaginato potesse essere la sua più grande paura; più la rileggo, e più mi convinco d'esser caduta un pochino nell'OOC, ma ovviamente dovete giudicare voi. La storia racchiude in sé una vena di nonsense che ho adorato inserire, il genere mi piace da morire e lo ritenevo adatto per una fanfiction su una tematica così "particolare".
Detto questo, vi lascio alla lettura, ringraziando Momiko d'aver indetto il concorso e quindi di avermi dato l'idea per la seguente storia, e jess_elric, l'altra autrice che oltre a me ha consegnato la fic, e che mi ha fatto compagnia nell'attesa di sapere le "sorti" del contest. E, ovviamente, ringrazio come al solito tutti coloro che mi stanno vicini e sopportano i miei scleri, mentre scrivo e non. XD
“ Ci vuole più coraggio per soffrire che per agire. ”
Soren Kierkegaard
Nostalgia
Tutti dicevano
che ero un bambino coraggioso.
Un bambino
che non aveva paura di niente.
Tutti
pensavano che non disperassi mai, in silenzio.
La verità
è che sono sempre stato attento a non mostrare a nessuno le
mie lacrime.
E' forse
sbagliato piangere?
L'ultima cosa
piacevole che ricordo, è il sorriso di mia madre.
“ Torneremo
presto. ” mi disse, accarezzandomi una guancia; credo che le
gote
mi siano diventate rosse, in quel momento. In fondo, non ero che un
bimbo come tutti gli altri.
Adesso,
pero', non so più arrossire imbarazzato.
Non sanguino,
non emano calore; non riesco più a piangere.
C'è
chi mi direbbe che sono fortunato...
ed io mi
chiedo cosa la gente ci trovi di errato, nel versare una lacrima.
E dire che ho
desiderato io stesso, d'essere eterno, di vivere per sempre in questo
corpo inumano;
ma per quanto
io ne sia orgoglioso, sento che mi manca qualcosa.
O forse, quel
qualcosa è di troppo.
Perché
provo ancora sentimenti?
Osservo la
mia immagine riflessa in uno specchio, un paio di occhi inespressivi
mi guardano, impietosi.
Sono i
miei.
Ma un
tempo non erano così; perché li rimpiango?
Ricordo che
imprecisati anni fa, amavo dormire fra le braccia dei miei genitori,
dolcemente cullato e deliziato da una ninna nanna.
Perché
continuo a ricordarlo?
Ora non dormo
più, non ne sento il bisogno.
Mi limito a
scostare lo sguardo dal mondo che va in malora attorno a me.
Gente che
cade, incapace di rialzarsi.
Persone che
sanguinano, con le mani su aperte ferite, che chissà se mai
si
rimargineranno.
Io non ho
cicatrici, sul mio corpo.
Un giorno
qualcuno mi disse: “ T'invidio. ”
Egli non ha
più voce, gliel'ho strappata via, assieme al suo cuore.
Cuore
d'essere umano, esattamente come il mio.
Sono io ad
invidiarlo, ora; perché il mio unico organo continua a
battere
incessante, torturandomi ogni minuto, ogni secondo.
Ma mi è
necessario.
Se solo
potessi essere come il burattino seduto nell'angolo della stanza,
allora non proverei più quest'angoscia, questo terrore che
mi
dilania.
Tutti dicono
che sono forte e coraggioso.
Che non temo
niente e nessuno.
Tutti pensano
che io non possa mai sentirmi triste.
La verità
è che non sono più capace di mostrare le mie
emozioni.
Adesso ho
paura.
Paura di
guardare negli occhi coloro che riescono a sorridere con
disinvoltura, o che affrontano le sofferenze a testa alta, senza
rinchiudersi nel proprio guscio.
Voglio
fuggire.
Correre via
lontano, lontano da loro.
Ma qualcosa
mi blocca, mi distoglie dai miei pensieri.
“ Ciao,
come ti chiami? ”
Dove mi
trovo?
“ Uh...
Sasori... ma tu chi sei? ”
Mi guarda con
occhi innocenti, azzurri come il cielo, il bel viso incorniciato da
una fluente chioma di capelli biondi.
“ Sembri
così triste... ”
Come fa
questo bambino a sapere come mi sento?
“ ...vuoi
che giochiamo un po' assieme? Così sarai contento!
”
esclama
sorridendo, entusiasta.
Giocare?
Che cosa
significa?
“ Non ho
tempo, cercati qualcun altro! ”
Il suo volto
ora si fa imbronciato, sbuffa e mi tira per il braccio.
“ No, io
voglio te! ”
Cielo, quanto
sa essere cocciuto questo piccolo essere umano.
“ A che
vuoi giocare? ”
chiedo
rassegnato, liberandomi pero' dalla sua stretta.
Chissà
com'è calda, quella piccola mano.
“ A
rincorrerci! ”
propone, e le
sue iridi s'illuminano.
Rincorrersi?
Che idea stupida. Eppure, non riesco a non accontentarlo; e dire che,
teoricamente, non dovrei avere pietà per questa giovane
anima.
Non ci vorrebbe poi molto; poche mosse, perfettamente calcolate, e la
sua infantile bellezza diverrebbe per sempre mia, imprigionata in una
splendida bambola.
Ma non ci
riesco.
In fondo
anche io, sono stato bambino.
Un tempo.
Forse
neanche troppo lontano.
E così
lui scappa, facendomi cenno di seguirlo; corre veloce sulle esili
gambe, agitando le braccia.
“ Avanti,
prendimi! Sei lento! ”
Cos'è
che sto inseguendo, realmente?
Non riesco a
raggiungerlo, eppure io non avverto la fatica.
Allungo il
braccio per cercare di afferrarlo, ma mi sfugge nuovamente;
è
dannatamente veloce!
Ad un certo
punto, pero', si ferma di sua spontanea volontà, voltandosi
verso il sottoscritto.
“ Hai paura
di me? ”
mi domanda.
“ Cosa? E
per quale motivo dovrei averne? ”
“ Non so...
dimmelo tu... ”
borbotta,
facendo spallucce.
Che diavolo
sta blaterando?
Non lo
capisco, non capisco più nulla.
D'improvviso
alza gli occhi al cielo e indica il sole che brilla, alto e fiero.
“ Non è
bellissimo? ”
mi chiede,
continuando a sorridere,
“ Io penso
che tu non lo guardi abbastanza. ”
sentenzia
poi, fuggendo via, scomparendo dalla mia vista.
Ed io rimango
qui, letteralmente basito; tanto confuso che mi metto sul serio ad
osservare il sole.
In effetti,
avevo dimenticato quanto fosse bello.
Eterno, come me.
Luminoso, come i suoi capelli color dell'oro.
Caldo, come lo erano gli abbracci affettuosi di coloro che amavo.
Vorrei
poter piangere, ora più che mai; perché
ho capito,
cosa quel bimbo voleva dirmi.
“ Hai paura
d'essere felice? ”
In realtà
è questo, che lui mi ha chiesto.
Chissà,
forse è così.
Paura di
soffrire, paura d'amare, e di sembrare agli occhi degli altri troppo
falso, per essere vero.
Mi viene da
ridere, ma la mia bocca non può curvarsi in un sorriso.
Pazienza.
Ho capito
dove sbagliavo.
E' inutile, cercare di comandare al proprio cuore.
Io non dormo
più.
Il mio corpo
non è caldo come un tempo.
Io non sento
più dolore.
Non son più
capace di versare lacrime.
Ma non ho paura.
Perché dentro di me, qualcosa batte ancora.
The End
Note dell'autrice:
Allora, piccolo appunto a proposito della comparsa del bimbo che, penso sia evidente, è Deidara da piccolo; non è un'illusione di Sasori, è semplicemente un'innocente figura che si preoccupa, perché è riuscito a leggere negli inespressivi occhi del rosso, un'evidente paura nei confronti dei sentimenti in generale. Non ho inserito il suo nome fra i personaggi perché non viene specificato nella storia che si tratta di lui, ma suppongo sia facilmente intuibile. Ho faticato un po', a dir la verità, a non cadere nello yaoi ( o comunque nello shonen ai ), che vogliamo farci, a quanto pare è la mia vocazione. XD Per cui, ho sentito proprio il bisogno di inserirci Deidara in qualche modo. XD
Me lo lasciate un commentino? *porge biscotti*