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Autore: Argentine    09/11/2014    0 recensioni
Matias è un bambino a cui non piace giocare con i suoi compagni di scuola, inorridisce al contatto fisico e le cui attività preferite sono fare calcoli, camminare in punta di piedi e ricordare gli eventi passati. In una giornata apparentemente normale, mentre è in classe, la sua matita rossa e blu comincia a parlare, ricordandogli che c’è qualcosa di molto importante che deve fare. Matias non sa se sia una buona idea fidarsi di una matita, ma non potendo chiedere consiglio nemmeno al suo miglior amico, Benji, decide di seguire le indicazioni di quello strano interlocutore e vedere fino a dove lo porteranno.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Matias aveva compiuto nella sua vita ben sette compleanni, che ricordava tutti nei minimi dettagli, o almeno questo sarebbe potuto essere il suo vanto, se non avesse avuto difficoltà a ricordare i primi tre. Papà aveva detto che era “normale” non ricordarsi tutto quello che si era fatto durante la propria vita, ma Matias aveva una opinione diversa. Non capiva il perché, se aveva vissuto qualcosa, di non poterla ricordare. Aveva un cervello quando aveva un anno? E quando ne aveva due? O tre? Papà aveva detto di si. Quindi perché lui non poteva ricordarsi dei suoi primi tre compleanni?
Tralasciando queste imbarazzanti mancanze, Matias ricordava praticamente tutto di quei quattro giorni in cui aveva compiuto gli anni. Quando ne aveva sei per esempio erano venuti esattamente ventisette invitati. Matias ricordava i vestiti di ognuno, i profumi che aveva sentito, tutti i regali che gli erano stati consegnati, ricordando perfino i temi delle carte regalo e la sua prima impressione quando li aveva visti. Erano regali piuttosto noiosi, Matias si ricordava di averli messi a fianco a sé praticamente tutti e di non averli più toccati, ma c’era stato un regalo che gli era piaciuto particolarmente. Sua nonna gli aveva regalato un matitone con una punta affascinante, che, divisa in due, mostrava il blu e il rosso. Matias l’aveva provata su un foglio e aveva notato con piacere che se teneva la matita in posizione perfettamente verticale la linea tracciata risultava blu e rossa, perfettamente divisa, mente se la inclinava a destra o sinistra poteva ottenere linee monocolore. Era rimasto estasiato da questa bellissima ambivalenza e aveva passato il resto del suo tempo testando le caratteristiche di quello strumento.
Adesso che aveva sette anni portava la matita sempre con sé. La metteva in una piccola tasca interna del suo unico giubbino blu e gli piaceva, quando di malavoglia doveva seguire papà fuori casa, poter sentire quella protuberanza famigliare al livello del cuore, che gli dava un senso di sicurezza e familiarità. Un'altra cosa che lo seguiva ovunque andasse era il suo amico Benji. Benji era un pigrone, non camminava da solo, per cui il bambino doveva sempre portarlo in braccio, ed era anche piuttosto ignorante, perché l’unico suono che gli usciva dalla bocca era un brontolio di protesta quando Matias gli schiacciava la pancia. Non era però stato sempre così, fino a qualche anno prima Benji era perfettamente in grado di parlare e dire frasi di senso compiuto, poi nel tempo le aveva perso quella sua capacità. Matias non sapeva il perché, ma si ricordava di aver sentito una volta dire dalla maestra, che se non fai una cosa che sai fare per molto tempo, poi non riesci più a farla, quindi probabilmente per Benji era stato così. Un giorno si era stufato di parlare e aveva deciso di non farlo per un po’, si doveva poi essere trovato fregato e non si era più ricordato come si faceva a formulare delle parole. Benji era proprio un pigrone.
Quel giorno in particolare Matias, una volta sceso dalla macchina, aveva litigato con papà. Sembrava fino ad un attimo prima una cosa di una estrema importanza. Forse aveva alzato anche la voce, ma quando la maestra era andato a prenderlo e a chiedergli se voleva andare in classe con lei, si era improvvisamente dimenticato cosa lo stesse disturbando tanto. Matias si era messo a camminare in punta di piedi e aveva seguito l’insegnante fino dentro la scuola. Era spaventato, ma non si riusciva a ricordarsi da cosa. Il non ricordare che cosa lo aveva infastidito cominciò ad infastidirlo e, seduto al suo banco, tirò fuori dalla tasca la matita rossa e blu. Prese un foglio bianco dalla sua cartella e cominciò a tracciare linee a caso. Il lavoro non lo soddisfò appieno, erano linee troppo irregolari per i suoi gusti e proprio quando sentì salirgli alla gola un enorme senso di soffocamento, qualcuno cominciò a cantare. Matias si guardò attorno, facendo attenzione di tenere lo sguardo basso: i suoi compagni stavano ascoltando la maestra e nessuno di loro aveva la bocca aperta. Cominciò a pensare di essere lui stesso a star cantando, fino a che non vide qualcosa muoversi sopra la sua matita. La parte finale, il tappo rosso in legno, si era staccata frontalmente e con una elasticità che solitamente non gli apparteneva, si apriva e chiudeva a ritmo di musica:
“ Buongiorno” salutò educatamente la matita rossa e blu, interrompendo la sua esibizione.
Matias, che non sapeva se fosse buona norma tra le matite dover essere ricambiati da un saluto o meno, rimase zitto, sperando che la matita non si offendesse:
“ Ho detto: buongiorno!”
Ma nemmeno in quel caso Matias disse nulla. La matita rossa e blu si scrollò, staccando due sottili parti del legno che la componeva, una a destra e una a sinistra. La prima cosa per cui le usò fu per grattarsi la testa e poi puntando contro di lui quelle fragili braccia, colorate una rossa e una blu, esclamò:
“ Ma tu non dovresti essere qui caro maleducato ragazzo mio. Non ti ricordi di quella cosa?”
“ Quella cosa…?” chiese il bambino a bassa voce.
“ Si, quella cosa. Quella cosa che deve essere fatta proprio oggi”
“ Non ne so niente”
La matita scosse lentamente il tappo che aveva in cima e lo aprì per farne uscire un sospiro di rassegnazione:
“ Fuori. Vai via da qui”
Matias avrebbe voluto protestare che non gli era permesso uscire durante le lezioni, ma la matita portò la mano rossa proprio davanti al tappo e con un tono autoritario ordinò:
“ Basta parlare! Bisogna agire. Nessuno ti ha insegnato che le chiacchiere sono sempre dannose?”
Matias guardò Benji, che se ne stava tranquillo nella sua cartella e desiderò per un momento che potesse parlare, per dargli una sua opinione. Conosceva però molto bene quel pigrone e pensò che probabilmente gli avrebbe detto di rimanere dov’era. Benji non aveva mai molta voglia di andare in giro. Matias prese dalla sua cartella Benji e lo infilò in una dette tasche del suo giubbino, che decise avrebbe portato con sé. Alzò la mano come gli era stato insegnato e chiese alla maestra di poter andare in bagno. Una volta fuori dalla classe si infilò il giubbino e chiese alla matita che teneva in mano:
“ Dove andiamo?”
“ Fuori” disse la matita con solennità “Fuori di qui”   
 
Buongiorno a tutti!
Mi chiamo Argentine e scrivevo su questo sito un bel po’ di anni fa. Ho deciso di riprendere questo account per esercitarmi di nuovo a scrivere. Sarò felicissima di ricevere opinioni e anche le dovute critiche su questa storia. Esprimetevi liberamente, non rischiate di offendermi! ;)

P.S.Scusatemi per il "muro di testo" iniziale, penso che pochi coraggiosi arriveranno fino alla fine. Vi prometto che i prossimi capitoli metterò molti più dialoghi.
  
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