«Semir!»
lo chiamò la Kruger dandogli ripetuti
schiaffetti sul viso «Semir, maledizione!».
L’ispettore aprì finalmente gli occhi e
guardò il suo capo con aria stranita.
«Cosa... cosa è successo?».
«È svenuto. Come si sente?».
Semir si guardò intorno e immediatamente si
ricordò ogni cosa. Era seduto per
terra con le spalle appoggiate alla parete impolverata del capannone e
affianco
a lui risaltava ancora quella grande macchia di sangue sul terreno.
«Semir, mi sta ascoltando?» continuò la
Kruger «Chiami un’ambulanza.»
ordinò
poi rivolta verso Jenny, che afferrò immediatamente in mano
il cellulare.
«No!» esclamò allora il poliziotto
«Non serve, sto... sto bene.».
Kim gli lanciò un’occhiata preoccupata e lo
aiutò a rialzarsi.
Dopo aver verificato che l’ispettore si reggesse in piedi, si
allontanò con lui
di qualche passo rispetto al gruppo di persone che si era riunito
lì intorno
pochi secondi prima.
«Gerkhan... lei non ha nessuna amnesia, non è
così?» sussurrò il commissario in
modo che nessun altro dei presenti potesse sentire.
«Perché lei capisce sempre qualsiasi
cosa?».
«Perché conosco i miei uomini. Ora mi ascolti,
Hoffman è in nostra custodia e
per ora non può fare niente, deve cogliere
l’occasione per testimoniare contro
di lui. Se lo fa, quell’uomo finirà in galera a
vita.».
«Ma ha mia figlia!» ribatté Semir con
insistenza.
«Non ha sua figlia, Gerkhan! Io penso che sia Gehlen ad avere
sua figlia, e
allora tanto vale arrestare Hoffman perché Gehlen si
terrebbe comunque Aida,
Gehlen ce l’ha con lei! Dovrebbe saperlo meglio di me. E a
lui non importa che
il Giaguaro sia in prigione o no, se non vuole liberarla non la
libererà
comunque.» spiegò la Kruger con una logica che non
ammetteva errori di alcun
genere.
Il turco annuì.
«Va bene...».
«E provi a stare tranquillo, non è detto che quel
sangue sia di sua figlia,
chiaro? Hartmut farà le analisi al più presto e
già domani mattina ci saprà
dire. Ora mi dia retta, la riaccompagno a casa.».
«Ma capo...» provò ad opporsi il
poliziotto.
«Niente “ma”, Gerkhan, io la riaccompagno
a casa. Hoffman verrà trasferito al
comando dell’LKA domani mattina presto, il caso a questo
punto è
definitivamente di loro competenza. Noi seguiremo il trasferimento,
dopodiché
lei entrerà nel comando dei colleghi e deporrà
contro quel mostro.».
Nove
ore dopo...
Si prospettava
una mattina tiepida nonostante
settembre fosse ormai alle porte.
Al comando c’era movimento e a Hoffman venne da sorridere
vedendo gli sbirri
che si affaccendavano in fretta per fare in modo che tutto quella
mattina
andasse per il verso giusto.
Lui sarebbe stato trasferito al commissariato dell’LKA, dove
i colleghi lo
avrebbero tenuto in custodia tormentandolo con le solite, inutili
domande.
E poi avrebbero trovato una scusa, un qualsiasi indizio per poterlo
trattenere
ulteriormente, ne era sicuro.
Il Giaguaro stava inesorabilmente perdendo la sua libertà.
Ma un Giaguaro in cattività non può resistere a
lungo.
Illusi.
Lui non sarebbe mai arrivato al comando dell’LKA.
«Tutto
a posto?» domandò la Kruger, alla guida della
sua auto di servizio appena dietro al cellulare che da pochi minuti
viaggiava
tranquillo in autostrada.
Semir, accanto a lei, non distoglieva lo sguardo dal furgone nemmeno
per un
istante.
«Sì.».
«È riuscito a riposare un po’
stanotte?».
«No. Non
potrei mai dormire con mia
figlia tra le mani di quel bastardo. Gehlen... non gli avessi mai
sparato!
Tanto a cosa è servito? Non ha riportato indietro Tom, ha
causato solo guai.».
«Lei non poteva sapere che sarebbe andata a finire
così. Ma troveremo Aida,
glielo prometto.» fece Kim con un breve sorriso di
incoraggiamento.
Semir annuì senza convinzione.
«È nervoso?» proseguì.
«Ho paura che Hoffman combini qualcosa. Sa benissimo che una
volta varcata la
soglia del comando dell’LKA sarà praticamente in
trappola e secondo me sa anche
che io posso testimoniare contro di lui, che mi ricordo ogni
cosa.» spiegò
l’ispettore con un filo di voce.
«Il furgone è ben scortato, dubito che possa
accadere qualcosa.» obiettò il
commissario «A proposito, dall’infermeria del
carcere hanno detto che Ben si è
svegliato, che la ferita guarirà in fretta e che lui sta
bene... almeno
fisicamente. Si è trattato di una rissa tra detenuti, capita
a volte.».
«Non so se mi perdonerà mai.»
mormorò Semir dopo un attimo di silenzio.
La Kruger abbozzò un sorriso «Sì, lo
farà. Ne sono certa.».
I due colleghi non parlarono più per qualche minuto, almeno
fino a quando la
suoneria del telefono della donna non interruppe il silenzio.
Kim lesse il nome sul display ed esitò a rispondere,
sperando che le notizie di
Hartmut fossero diverse da quelle che lei si aspettava.
Premette quel piccolo tasto aprendo la comunicazione e pregò
mentalmente
selezionando l’opzione del vivavoce.
«Commissario?»
esordì la voce del
tecnico dall’altra parte della linea.
«Sì Hartmut, sono in vivavoce in macchina con
Semir, ha novità?» domandò cauta
il commissario.
«Ho i risultati delle analisi, ho
fatto
il più velocemente possibile.».
La Kruger lanciò un rapido sguardo
all’ispettore che aveva accanto prima di
tornare a concentrarsi sulla strada «Allora?».
«Ecco...»
balbettò lo scienziato
cercando di nascondere il lieve tremolio della voce.
«Hartmut, ti prego, dimmi solo che non è
lei.» sussurrò Semir mentre una
tenaglia gli serrava lo stomaco e la gola senza permettergli nemmeno di
respirare.
«Semir...» fece
il tecnico esitando
ancora «Il sangue e i residui di
pelle
che abbiamo trovato sull’utensile non sono di
Aida.».
L’ispettore chiuse gli occhi, rilassò le
mani prima strette in pugni
serrati e sospirò facendo nuovamente arrivare aria ai
polmoni.
«Grazie Signore!» disse con un filo di voce
«E di... di chi sono?».
Per qualche lungo istante si sentì solo silenzio
dall’altro capo del telefono,
poi Hartmut si decise a parlare «Semir,
ti sembrerà assurdo ma ho provato il riscontro
più volte e ho ricontrollato
l’esame tappa per tappa fino a impararlo a
memoria...».
«Hartmut, di chi è quel
sangue?».
La Kruger, continuando a guidare, era diventata partecipante muta di
quello
scambio di battute che la stavano tenendo inevitabilmente con il fiato
sospeso.
«Di... ecco, quel sangue
è di... di Tom
Kranich.».
Semir rimase immobile come pietrificato e dovette ripetersi quella
risposta più
volte nella mente prima di riuscire a formulare una frase sensata da
pronunciare.
«Come... come hai detto scusa?».
«Tom...».
«Hartmut... Tom è morto quasi otto anni
fa.».
«Lo so Semir ma te l’ho
detto, gli esami
sono corretti. E anche a me sembra incredibile ma a questo punto le
possibilità
sono due: o Tom aveva un fratello gemello di cui non ci ha mai parlato,
e direi
che possiamo escludere questa ipotesi a priori, oppure lui è
ancora vivo.».
«No.» fu la semplice risposta del turco.
«Semir, ti ripeto che le
analisi...».
«Me ne frego delle tue analisi, Hartmut!»
sbottò Semir alzando la voce «Il
tuo computer si sarà sbagliato, ricontrolla, deve esserci un
errore!».
«Non c’è nessun
errore, credimi.».
«Hartmut, Tom è morto otto anni fa.
È morto sotto quel dannatissimo
temporale, tra le mie braccia. Tra le mie braccia, hai
capito?» si ritrovò ad
urlare l’ispettore.
«Gerkhan, si calmi per favore.» si intromise la
Kruger afferrando il cellulare
in mano e rivolgendosi quindi al tecnico della scientifica
«Hartmut, la
richiamo dopo.» disse chiudendo la comunicazione e posando
quindi lo sguardo su
un totalmente sconvolto Semir.
«Capo, Tom è morto, l’ho visto io,
è morto davanti ai miei occhi.».
«Se è così scopriremo cosa è
successo, ma adesso Gerkhan si deve calmare.
Chiaro? Pensiamo ad una cosa per volta, ora almeno sa che sua figlia
probabilmente è ancora viva.».
Semir annuì mentre mille pensieri cominciavano a pulsargli
nella mente
confondendosi in un turbinio incessante.
Poi questo aggrovigliarsi di pensieri ed emozioni venne interrotto,
all’improvviso, da un rumore sordo.
Il furgone davanti a loro si fermò e venne coperto dal fumo.
Il
sangue non era di Aida ma di lei ancora nessuna traccia. Hoffman non
sembra
intenzionato ad arrendersi e Semir non fa altro che ricevere notizie
che non è
più in grado di sostenere...
Grazie
davvero a tutti voi che mi seguite e un bacione!
Sophie
:D