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Autore: Evenaltresjoulis    10/11/2014    1 recensioni
Nella più importante roccaforte elfica, la pace con i demoni è solo apparente.
Sarà solo quando i due popoli saranno sull'orlo della rovina che essi si incontreranno, e porranno fine ad una guerra millenaria.
Ma nell'ipocrisia e nell'inganno di quella guerra, c'è chi trae troppo beneficio dalla condizione bellica per poterla vedere sfumare, e lotterà con la vita degli innocenti pur di preservare l'incantevole sfarzo di Sapnea...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sapnea era un luogo sicuro per molti elfi reduci dalla guerra, ma anche per quanti volevano ancora credere nel futuro, crescere un bambino, avere un lavoro più o meno onesto.
A Sapnea non si uccideva. Prima ancora che una legge, questa era una regola non scritta. Non passava per la mente a nessuno, perché bastava uscire dalle mura dorate e si poteva trovare tutta la morte che si voleva. Chi stava lì non aveva nessuna intenzione di uccidere.
A Sapnea, se andava bene, se il fronte non era arretrato, il treno merci non era stato assaltato e i cittadini avevano versato tutte le imposte, capitava ancora di poter mangiare del burro vero.
Questa pace onirica, questa condizione di sfarzo e benessere, aveva un prezzo molto alto da pagare. E non erano solo le tasse da pagare al Regno, ne l'affitto o il mutuo per la casa. Come spesso accadeva, il prezzo per stare bene era la sofferenza di qualcun'altro. Qualcuno di lontano, che non puoi vedere e che non si fa sentire. E tutti sapevano degli orrori, ma nessuno si scomponeva più, perché c'era la guerra, e ci erano tutti avvezzi, agli orrori.
Ma la verità era che quell'angolo di paradiso, di quiete e di riposo, era stato costruito sul sangue e sul dolore, come tutto il resto.
Le stesse mura della città non erano tenute insieme tanto dalla sabbia pressata, quanto dalle lacrime che avevano inzuppato quelle pietre. E quando le lacrime fossero cessate, allora sarebbero crollate le mura.

Quelle mura le scavalcava ogni giorno la giovane Elisa. Era una ragazzina dallo sguardo acuto, i capelli fluenti e blu e uno spiccato talento per la magia, come molte della sua razza.
Sarebbe dovuta essere una giovane spensierata, una ragazza che si prepara ad esser donna e a servire il Regno, ma il suo cuore non era più in quella terra fatata.
Elisa, una volta a settimana, usciva di soppiatto sfidando le guardie, perché doveva rivedere Drugke.
Proprio al confine i due si incontravano, ed è inimmaginabile lo sgomento che avrebbero potuto causare negli sguardi della gente.
La pelle di lei, così diafana e delicata, contro quella martoriata, rosso acceso, da demone, di lui. Era un abominio. Era inaccettabile e severamente proibito.
E naturalmente, sarebbe stato proibito anche il frutto della loro passione, un giorno. Ma ai due non importava.
Perché dopo millenni di guerra, quei giovani avevano scoparto una cosa durante le loro scorribande in territorio nemico, una cosa fondamentale, un segreto che era andato perduto per tutto quel tempo:
in ognuna delle terre che avevano visitato prima di tornare a casa,  il vento danzava sempre allo stesso modo. Il sole batteva forte e la pioggia era fredda sul viso, ma la danza del vento rimaneva sempre un placido abbraccio nel cuore.
   
 
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