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Autore: inochan    24/10/2008    3 recensioni
[...]Il terreno circostante era oramai secco e le travi e le assi carbonizzate, a ogni colpo di vento, cedevano pezzo dopo pezzo, come il cuore di colei che in quell’incendio aveva perso qualcosa d’importante.
Le dissero che era stato uno dei nemici ad appiccare il fuoco, le dissero anche che poteva trattarsi di una fatalità o di un caso, ma nessuna parola sembrava veritiera alle sue orecchie.
Le sembrava di stare ad assistere a un enorme farsa, inscenata per non far capire al vero colpevole che sapevano, eppure quel silenzio non faceva altro che farla illudere e sperare in una sorta di giustizia divina.[...]

[Ino centric][Accenni ShikaIno]
ATTENZIONE: SPOILER DAL CAPITOLO 420 IN POI!
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Mamma e Papà

Mamma e Papà

 

 

 

La dolce quiete del tramonto avvolgeva un villaggio ancora in piedi per miracolo, quasi cercando di consolarlo di fronte a quella scia di dolore e rabbia.

La rabbia dei superstiti, che avrebbero preferito morire piuttosto che vedere la loro casa ridotta in un cumulo di macerie, e quella dei guerrieri che non erano riusciti a proteggere ciò che loro ritenevano importante e sacro.

Non sapevano che il loro nemico s’insidiava tra le mura di quel villaggio, e che oramai aveva già compiuto le sue vittime in attesa di prendersi ciò che non gli apparteneva.

Di fronte a quella scia interminabile di lacrime e ferite ancora aperte, uno sguardo oramai spento fissava con intensità una piccola casa carbonizzata da un’altrettanta piccola finestra al secondo piano.

 

Il terreno circostante era oramai secco e le travi e le assi carbonizzate, a ogni colpo di vento, cedevano pezzo dopo pezzo, come il cuore di colei che in quell’incendio aveva perso qualcosa d’importante.

Le dissero che era stato uno dei nemici ad appiccare il fuoco, le dissero anche che poteva trattarsi di una fatalità o di un caso, ma nessuna parola sembrava veritiera alle sue orecchie.

Le sembrava di stare ad assistere a un enorme farsa, inscenata per non far capire al vero colpevole che sapevano, eppure quel silenzio non faceva altro che farla illudere e sperare in una sorta di giustizia divina.

 

E intanto lei era lì, appoggiata con i gomiti alla finestra a fissare quella casa che andava in macerie assieme a tutta la sua infanzia e alla sua gioia.

Il cartello attaccato ancora per miracolo alle mura, finalmente cadde e lei leggendo l’insegna non ebbe il benché minimo sussulto: “Negozio di fiori Yamanaka”.

Il suo sguardo si posò su quell’insegna e intanto malediceva se stessa per non riuscire a versare nemmeno una lacrima, al contrario i suoi occhi erano asciutti e le sue guance lisce e vellutate come la sua pelle nivea.

 

Non ne capiva il motivo, si ricordava bene il momento in cui suo padre entrò dentro casa, con il suo della guerriglia di sottofondo, a prendere la madre che era rimasta lì e portarla nei rifugi protetti.

Si ricordava ancora le ultime parole di suo padre che la rassicuravano che sarebbe andato tutto bene ora che aveva scoperto delle informazioni importanti sul nemico.

Si ricordava quell’ordine, quel dannato ordine, di rimanere ad aspettare fuori e di avvertirli nel caso il nemico si fosse avvicinato a loro.

E infine, si ricordava come, pochi minuti dopo che vide scomparire l’enormi spalle del padre dietro la porta, la casa fosse saltata in aria davanti ai suoi occhi.

 

Nonostante quel ricordo fosse ancora vivido nella sua mente, i suoi occhi non ne volevano sapere di versare alcuna lacrima, rimasero asciutti davanti ai corpi carbonizzati dei due coniugi mentre venivano trasportati dai soccorsi direttamente in obitorio.

Rimasero asciutti davanti alle loro tombe, ornate di orchidee e violette, i loro fiori preferiti, mentre amici e parenti si apprestavano a dargli il loro ultimo saluto.

Rimasero asciutti anche quando le fu consegnato l’atto di morte e quando furono incisi i loro nomi sulla lapide degli eroi.

 

Nonostante gli occhi le si bagnassero facilmente al pensiero del suo defunto sensei e alla vedova con un bambino in arrivo che aveva lasciato dietro di sé, Ino non capiva perché non riusciva a versare una sola lacrima per i suoi genitori.

Era ospite in casa Nara da oramai una settimana, dove trascorreva le sue giornate alla finestra ad osservare la sua vecchia casa e il negozio dove i suoi avevano lavorato per una vita intera, cadere pezzo dopo pezzo al peso del tempo e del passato, un passato non così lontano.

Un passato che sapeva di gioie e incomprensioni, ma un passato comunque felice.

 

In cuor suo ne capiva il motivo, capiva il perché si fissava a quella finestra tutto il giorno senza toccar acqua o cibo.

Capiva perché il suo sguardo si posava sul tetro corridoio che portava alla porta d’ingresso .

Capiva il perché di quei occhi così asciutti.

Lei sperava, intensamente, di vedere entrare da quella porta le figure dei suoi genitori, giunti in quella casa per riportarla con loro.

 

Sperava di sentire la dolce e cristallina risata della madre che la rimproverava affettuosamente sullo stato dei suoi capelli, da giorni arruffati e non curati.

Sperava di sentire la voce profonda e confortevole del padre mentre con una mano le scostava i lunghi ciuffi biondi e le sussurrava dolcemente “Andiamo a casa ora”.

Spera di stringere di nuovo le loro grandi mani, segnate dall’età e dall’esperienza, e d’incamminarsi con loro verso l’uscita.

Sperava di poter finalmente piangere, ma questa volta dalla gioia.

 

Eppure i giorni passavano, e da quella porta non passava nemmeno uno spiraglio di quella luce che tanto desiderava.

Ma poi, finalmente, una mano sfiorò il suo viso, accarezzandola dolcemente e infondendole un calore che sembrava distoglierla per qualche secondo dal freddo luogo in cui era rinchiuso il suo cuore.

Non si voltò, o per meglio dire non fece in tempo a voltarsi che una parola le sfuggì dalle rosse labbra, quasi a volersi accertare di non star sognando.

 

 

-“Papà…?”-

 

 

La mano esitò per qualche secondo, poi si fermò sulle lunghe ciocche bionde di lei, costringendola a voltarsi.

Davanti a lei vi era un ragazzo dai capelli neri che la fissava con tristi occhi color nocciola, avrebbe potuto giurare che fossero un po’ arrossati e che le occhiaie sotto i suoi occhi si fossero fatte più profonde dall’ultima volta che lo aveva guardato in viso.

Ino avvertì un forte odor di nicotina provenire dalla mano che aveva iniziato di nuovo ad accarezzarla con dolcezza, il calore che emanava era diverso da quello di sua madre e di suo padre e questo lei lo sapeva.

Ma prima che potesse aggiungere qualcosa, lui tolse la mano dal viso e la guardò negli occhi con infinta tristezza.

 

-“No Ino, non sono papà…”-

 

La giovane avvertì qualcosa di caldo e umido bagnarle le guance dopo molto tempo e capì che quelle erano le lacrime che tanto aspettava e desiderava.

Scossa dai singhiozzi, si buttò tra le braccia di lui, che l’accolse senza la minima esitazione o il più piccolo dubbio, stringendola a sé.

Cercava di cullarla mentre lei si stringeva a lembi del suo giubbotto, consapevole che oramai che le favole erano finite.

La principessa si era svegliata dal suo sonno, stanca di credere a quell’illusione.

 

 

Mamma e Papà…non sarebbero più tornati.

 

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Dal mondo bianco gira questo presentimento, ma io spero che non avvenga davvero altrimenti le la prenderò anche con voi moschette muahah XD!

Povera Ino…spero comunque che vi piaccia!

 

  
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