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Autore: BecauseOfMusic_    10/11/2014    2 recensioni
Siamo nell'anno 1215.
L'assalto delle truppe francesi a Dunchester ha avuto successo e il barone Geoffrey Martewall ha ripreso possesso del suo feudo. Ian, alias Jean Marc de Ponthieu è finalmente riuscito a tornare a Chatel-Argént e ha potuto riabbracciare Isabeau, ormai prossima al momento del parto.
Dopo alcuni giorni viene convocato da Guillame de Ponthieu, che gli affida una delicata missione per conto del re.
Per portarla a termine avrà nuovamente bisogno dell'aiuto del barone inglese: ma cosa accadrà se la dama che deve proteggere e di cui Martewall è segretamente innamorato, si trova nelle mani di Giovanni Senza Terra?
p.s. questa storia è solamente frutto della mia fantasia e riferimenti a fatti realmente scritti o accaduti sono PURAMENTE casuali.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo mesi di silenzio sono tornata! :)
Mi devo scusare con tutti coloro che leggono la storia e aspettavano un mio segnale di vita: perdonatemi, ma sono stata sommersa dagli impegni e la mia ispirazione ha pensato bene di andare in vacanza :(
Ora cercherò di pubblicare con più regolarità: spero di ritrovare i fan che mi seguivano, pronti a dirmi ancora cosa ne pensano della mia storia.
Vi lascio al capitolo, spero che vi piaccia: buona lettura!

BecauseOfMusic_



Martewall stava passeggiando nel cortile del palazzo,  immerso nei suoi pensieri, in attesa che un servo gli venisse a comunicare il sesso del primo erede del Falco.
Ripensò alla notte dell’agguato di Wenning, a come si fosse dato per vinto, e all’audacia di quella donna, che aveva deciso di affrontare il suo nemico e di svelare così un segreto molto pericoloso.
Quando impugnava un’arma Lilyth diventava spavalda, irriconoscibile: come quando aveva minacciato di uccidere l’uomo che fino a pochi istanti prima aveva chiamato amico.
<< le persone così sono pericolose, molto pericolose. >> si disse, mentre si dirigeva verso l’armeria; un po’ di esercizio lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee.
Anche se la protetta del re di Francia poteva apparire instabile questo suo difetto lo affascinava, lo attraeva anziché allontanarlo da lei; scosse la testa: non era da lui prestare attenzioni ad una donna, soprattutto considerando che era la protetta del monarca, troppo in alto rispetto a lui per accettare qualunque proposta…
<< smettila! >> si ordinò << smettila di pensare a tutte queste cose inutili. Concentrati sull’esercizio. >>
Mentre stava svoltando l’angolo qualcosa, o meglio qualcuno gli piombò addosso dall’alto, facendolo finire per terra.
 
Ian fu finalmente ammesso a vedere sua moglie e suo figlio.
Marc dormiva tra le braccia della madre, e lei riposava con la testa adagiata sul cuscino. I suoi riccioli biondi erano sparsi sul cuscino e creavano quasi un alone dorato intorno al suo viso; il cuore dell’uomo cominciò a battere all’impazzata mentre si avvicinava al letto.
Isabeau aperse gli occhi e gli sorrise, felice che fosse andato tutto bene e che lui fosse li.
-Stai bene?- le chiese in un sussurro.
-Si, stiamo bene.- gli rispose raggiante.
Ian si avvicinò e accarezzò la guancia del bambino: era un piccolo fagotto indifeso ma simboleggiava il loro amore.
Marc aveva le manine strette a pugno ed era avvolto in una coperta ricamata dalle sarte di Chatel-Argent che mostrava lo stemma del casato; quando l’americano lo prese in braccio Isabeu si decise a chiedergli:
-Come vuoi chiamarlo?-
-Tu come vorresti che si chiamasse?- le disse di rimando.
-Mentre eri lontano ho pensato che sarebbe stato bello chiamarlo come suo padre, per continuare la tradizione di famiglia.- gli rispose lei in un’alzata di spalle.
Ian sorrise: era strano sapere già cosa avrebbe risposto.
-E allora, benvenuto in famiglia Marc.- acconsentì con un sorriso, mentre il piccolo si agitava nel sonno.
 
-Monsieur!- esclamò imbarazzata Lilyth, rialzandosi da terra e cercando di ricomporre l’abito che indossava –vi chiedo scusa, credevo che non ci fosse nessuno.-
Martewall si massaggiò la spalla, ancora più imbarazzato di lei: era la seconda volta che veniva messo al tappeto.
-Ma cosa state facendo, milady?- le chiese, cercando di riprendere un po’ di contegno.
-Niente, volevo solo fare una bella passeggiata in giardino…- rispose Lilyth evasiva.
-Le vostre passeggiate comprendono anche assalti ai passanti?- chiese il barone sarcastico.
-No, perdonatemi. Ora devo lasciarvi, non vedo l’ora di ammirare le rose di cui ho sentito parlare dalle sguattere mentre mi cambiavo.- bofonchiò lei allontanandosi in tutta fretta.
<< ma da dove sarà sbucata? >> si chiese il Leone mentalmente << non credevo che ci fossero porte su questo lato del castello… non può certo essere saltata fuori da una finestra, sono troppo in alto… >> un terribile sospetto si insinuò nella sua mente, così guardò verso l’alto e si accorse che c’era una finestra spalancata a circa due metri da terra, dalla quale penzolava un lenzuolo.
<< è matta! >> si disse strabuzzando gli occhi.
Senza ulteriori indugi si mise a inseguire la fanciulla, che intanto cercava di raggiungere le stalle di corsa.
-Milady, fermatevi!- cominciò a urlare, con il risultato che Lilyth accelerò il passo.
Anche il barone cominciò a correre, richiamando l’attenzione dei servi, che cercavano di aiutarlo. Lilyth continuava a schivarli, avvicinandosi sempre di più ai cavalli e alle armi; decise che non poteva permetterle di scappare, se quello era ciò che la ragazza aveva in mente.
Anche se era riuscita a schivare i garzoni delle stalle la dama aveva dovuto rallentare parecchio per poterli evitare, così lui riuscì a coprire la distanza che li separava e ad afferrarle la vita.
Lilyth cominciò a dimenarsi e cercò nuovamente di colpirlo come aveva fatto durante il loro primo incontro:
<< non stavolta. >> sentenziò Martewall quando si accorse di cosa aveva in mente la sua avversaria.
Cercando di limitarne i movimenti il barone le sussurrò:
-Stiamo dando spettacolo dinanzi ai servi, smettetela, per cortesia!-
-E voi lasciatemi andare!- ringhiò lei di rimando.
-Prima vi calmerete e poi vi lascerò libera di andare dove vorrete. Anche se non capisco perché io non possa accompagnarvi in questa passeggiata.- fu la risposta sarcastica.
Lilyth smise di dimenarsi, e decise che la sincerità era l’arma migliore da usare con il barone: lui era inglese, l’avrebbe capita,  ne era certa.
Lui la liberò all’istante dalla presa e le offrì il braccio, intimando i servi di riprendere il lavoro che stavano facendo; i due cominciarono a camminare lentamente, cercando di tenersi lontani dalla vista delle finestre, dietro suggerimento della dama.
-Non avevo alcuna intenzione di passeggiare nel cortile, milord, mi spiace di avervi mentito.- riprese Lilyth con voce atona.
-L’ho capito quando ho visto il modo in cui eravate uscita dal castello: quale dama si getta da una finestra aggredendo il cavaliere che sta passandovi sotto?- le rispose il Leone per sdrammatizzare.
Lei ridacchiò: -Avrei dovuto prevedere che lo avreste trovato sospetto… ma avevo fretta di uscire e andare via.-
-Siamo qui solo da poche ore e già volete tornare nella tana del lupo? Avete dimenticato che re Giovanni vi da la caccia?-
-No- rispose lei scuotendo la testa –ma sono certa di avere ancora più paura di re Filippo. In fondo il Senzaterra non è molto scaltro, e i suoi uomini sono forse più tonti di lui, riuscirei sempre a sfuggirgli…-
Martewall capiva le preoccupazioni della fanciulla: come inglese conosceva molto bene il suo re e la sua fama di uomo infido, come nobile rispettava il monarca di Francia: tutti in Europa sapevano quale dei due fosse più pericoloso, non c’era da stupirsi che Lilyth pensasse di essere caduta dalla padella alla brace.
Mentre ammiravano i fiori due guardie arrivarono di corsa, accompagnate dal conte Guillame: questi aveva un’aria truce.
-Vi avevo pregato di restare nella vostra stanza!- sibilò alla giovane prigioniera.
-Non mi avete pregato – ribattè lei calma –avete chiuso a chiave la porta.-
Ponthieu fece per rivolgersi al barone inglese, ma lei lo precedette:
-Ho incontrato sir Martewall qui pochi minuti fa, mi stava mostrando il giardino.-
Il conte finse di credere alle sue parole, poi fece un cenno alle guardie, che afferrarono Lilyth e la esortarono a seguirli; il Leone dovette combattere contro l’istinto di estrarre la spada e proteggerla, come aveva dovuto fare durante i giorni precedenti in Inghilterra.
Mentre il gruppo rientrava nel castello Ian andò loro incontro, costretto ad abbandonare la stanza dove sua moglie stava riposando per ordine della levatrice.
Corrugò la fronte: -Che succede, fratello?-
-La signorina De La Crois deve essere confinata nella sua stanza fino all’arrivo del re. Dato che ha forzato la finestra e tentato di fuggire dovremo spostarla in una stanza più idonea.-
-Perché stavate cercando di fuggire, madame?- le chiese l’americano, stupito.
Lei lo ignorò, rivolgendosi al conte: -Se per stanza più idonea intendete una cella fareste prima ad ammazzarmi subito.-
Le guardie rivolsero uno sguardo spiazzato al loro signore.
Ian si accorse dal cipiglio del suo fratello acquisito che la situazione stava degenerando fin troppo in fretta.
-Un momento signori, per favore. Guillame, potremmo parlare? Ti ruberò solo pochi istanti.-
Ponthieu si lasciò accompagnare in una camera vicina.
-Cosa vuoi, fratello?- sibilò irritato.
-Anche se ora sei arrabbiato con la nostra ospite e devi eseguire gli ordini del re, ti prego, cerca di comprendere che se la tratti da prigioniera non smetterà mai di cercare una via di fuga. Ho visto come agisce, cosa è in grado di fare quando si ritrova in trappola…-
-Cosa suggerisci quindi? Di disobbedire agli ordini del re ed essere sbattuti nelle segrete dei Soisson solo per cortesia verso un ospite?!- rispose il conte sempre più infuriato.
-No, ovviamente no! Dico solo che se tu evitassi di trattarla proprio come una prigioniera, anche se importante, probabilmente non la invoglieresti a fuggire. Se la metti in cella adesso, domani mattina non la ritroveremo lì dentro, bensì in qualche borgo sulla costa a cercare di imbarcarsi per l’Inghilterra.-
-Come fai ad esserne così certo?-
-Quando ci eravamo incontrati oltremanica era stata molto chiara con me e Martewall: non voleva venire in Francia, non voleva abbandonare il suo piano di vendetta contro il capo dei mercenari. Se riuscisse davvero a scappare dovremmo tornare a prenderla lì, e dubito che questa volta si lascerebbe trovare.-
Il conte si lasciò convincere, seppur contro voglia e tornò dalle sue guardie che trattenevano ancora Lilyth.
-Mademoiselle, sono stato sicuramente troppo precipitoso.- incominciò facendo cenno ai suoi uomini di lasciare la ragazza. –Mio fratello Jean vi mostrerà una delle stanze degli ospiti, dove potrete preparavi per la cena. Vi prego di accettare le mie scuse ed il mio invito.- concluse a denti stretti.
-Sarà un onore per me, grazie monsieur.- ribadì lei con voce piatta.
Ian sentì dei brividi corrergli lungo la schiena: conosceva Guillame ed anche la protetta del re; anche se dai toni gentili sembrava che fosse stata stabilita una tregua, sapeva che nessuno dei due aveva sotterrato l’ascia di guerra, anzi: la impugnavano ancora saldamente entrambi.
Mentre il conte di Ponthieu si ritirava in biblioteca Martewall gli sfrecciò di fianco, diretto alla sua stanza, mormorando:
-Sarà una cena memorabile.-
L’americano sospirò, sconsolato:
-Non ne dubito.-

 
  
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