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Autore: Kaliy    11/11/2014    1 recensioni
Non ho la forza di ribellarmi.
Non ho la forza di combattere.
Né di protestare, Né di dire di no.
Lui è l'incarnazione di tutto ciò da cui io ho sempre cercato di scappare.
Lui mi sta distruggendo piano piano, parola dopo parola,bacio dopo bacio.
Sono stanca e voglio che questa situazione finisca eppure non faccio nulla perché ciò accada.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Non ne ho più la forza.

Sono stanca.

Voglio solo che tutto questo termini.

 

Le sue mani vagano sul mio corpo lentamente esplorano ogni millimetro di pelle.

Con il dorso percorre la curva delle spalle, accarezza il collo, pian piano scende e si appropria del mio seno.

Gli occhi sono chiusi, non riesco a guardarlo, non voglio farlo.

Le sue labbra si posano sulle mie e come sempre la sua lingua si insinua prepotente tra esse.

Una sua mano accarezza il seno l'altra stringe con possesso il gluteo destro.

Poso le mani sul suo petto ed esercito una piccola pressione, lui si stacca e mi guarda interrogativo.

«Basta, devo tornare in classe»

Lui mi strattona bloccandomi i polsi sopra la testa « Tu sei mia, lo decido io quando devi fare qualcosa» detto ciò violentemente si riappropria della mia bocca rafforzando la stretta sui polsi.

Si stacca per riprendere fiato.

« Ora puoi andare, dopo ti aspetto all'ingresso»sorride sfiorandomi le labbra con le sue prima di abbandonare la presa liberandomi così le braccia ed esce dal ripostiglio.

 

Sono passate solo due settimane da quando lo conosco eppure sono distrutta.

Mi ha sconvolto la vita, è entrato con irruenza nella mia quotidianità.

È entrato in questa scuola circondato da uno stuolo di ragazze.

Tutti gli occhi erano puntati sulla sua imponente figura fasciata da quel completo nero, sul suo viso squadrato con un accenno di barba.

Gli occhi erano coperti da un paio di occhiali da sole , i capelli sistemati in un acconciatura disordinata e sul suo volto era dipinto un ghigno di superiorità.

Io dopo avergli dato una breve occhiata ero andata in bagno.

Non l'avessi mai fatto!

« Scusi, guardi che questo è il bagno delle signore. Quello degli uomini è in fondo al corridoio.»

Gli dissi non appena entrò dalla porta. Lui però non fece una piega, varcata la soglia si chiuse l'uscio alle spalle e si immobilizzo sulla soglia. Mi squadro per qualche secondo e poi alzò gli occhiali, tutto in religioso silenzio.

Nel frattempo io morivo dall'imbarazzo.

Non sono una persona abituata ad avere contatti con il gentil sesso e considerando che davanti a me avevo la perfezione fatta uomo la cosa mi risultava al quanto estranea.

Così con il capo chino cercai di superarlo e di uscire da quel luogo troppo intimo.

Ma come al solito i miei piani andarono in fumo, infatti lui mi bloccò la strada sovrastandomi con la sua figura.«Scusi, io dovrei uscire»dissi con voce tremolante non osando alzare il capo per guardarlo.

«Perché mai vorresti uscire? In fondo, l'hai detto tu, questo è il bagno delle donne quindi...»disse con tono derisorio. A quel punto senti un assoluto bisogno di scappare, mi sentivo braccata, rinchiusa così mandai al diavolo le buone maniere e aggirandolo uscii velocemente da quella stanza opprimente.

Quella mattina passò in fretta e non pensai più di tanto a quel ragazzo.

Così terminate le lezioni mi apprestai a raccogliere le mie cose e ad uscire, camminavo velocemente senza prestare molta attenzione alle persone che mi circondavano perché non avevo alcuna intenzione di perdere il bus. Ma come ho detto prima tutti i miei piani vanno sempre a rotoli , infatti improvvisamente qualcuno mi afferrò le spala costringendomi a tornate sui miei passi e a girarmi.

«Sai ? Non sei stata molto gentile questa mattina. Oltre a non presentarti non mi hai degnato neanche di una risposta» disse lo stesso ragazzo di quella mattina.

Io ero completamente spiazzata.

Non capivo perché mi avesse fermato,perché volesse sapere il mio nome e perché continuasse a sorridere in quel modo.

Così pensai subito ad uno scherzo.

«May»risposi in un sussurro«mi chiamo May del Giglio»detto ciò cercai di liberarmi dalla sua presa, ma inutilmente.

«Non scappare . Devo presentarmi pure io,no?» rimase in silenzio fin quando io non annuii.

«Io sono Axen d'Altavilla» si chino e mi baciò la guancia.

A quel contatto il mio viso aveva assunto tutti i colori del arcobaleno con una predominanza del rosso.

Quella fu la prima volta in cui un essere di sesso maschile si avvicinava così tanto.

Vedendomi in imbarazzo allentò la presa e io mi liberai.

Così trovai il coraggio di alzare il capo per guardarlo in volto.

Era praticamente perfetto, sembrava un dio in terra tranne per un particolare: gli occhi.

 

Quella mattina avevo sentito decantare la sua bellezza e lo splendore dei suoi occhi da quasi mezza scuola. Tutte le ragazze che gli si erano avvicinate tessevano le lodi di qui occhi maliziosi e pieni di divieti,occhi che a loro dire appartenevano ad un dio eppure io non vedevo nulla di tutto ciò.

Non c'era nulla, nulla di strano, nulla di diverso da tanti altri.

Dei semplici occhi con iridi scure tendenti al nero.

Rimasi imbambolata per qualche secondo a studiarlo, poi una volta tornata sulla terra abbassai il lo sguardo e lo salutai con un timido ciao.

 

Sconsolata mi sedetti sulla panchina fredda in attesa del arrivo del successivo mezzo di trasporto perché naturalmente il nostro piccolo “dialogo” era durato più di dieci minuti.

Così mi persi tra i miei pensieri. Ero sempre più convinta che fosse uno scherzo e lo sono ancora. Uno scherzo molto crudele che spero lo annoi in fretta.

«Ti porto io a casa» Alzai lo sguardo mi ritrovai davanti Axen con il suo solito ghigno.

«No, Grazie. Non c'è problema aspetterò» dissi con voce incerta.

Lui però mi afferrò per un braccio e mi trascinò verso la macchina.

« Dai, infondo è colpa mia se sei rimasta a piedi» mi disse aprendo la portiera dell'auto.

Io ancora un po titubante salii.

Quello fu uno dei miei sbagli più grandi.

   
 
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