Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Lux_daisy    11/11/2014    3 recensioni
"Ohi, Bakagami, alla tua età non sai ancora vestirti da solo?"
Il rosso si bloccò e si voltò verso il proprietario della voce –e della frecciatina: alto quanto lui, capelli scuri corti, pelle bronzea, penetranti occhi blu, le mani in tasca, la borsa sulla spalla e un ghigno da schiaffi.
Aomine Daiki.
Vicino di casa, migliore amico e fastidio giornaliero.
"Ahomine, quante volte ti ho detto di non entrare dalla finestra?" sbottò il rosso.
(coppie: Aokaga, Aokise, Kagakuro)
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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We are...sad




 
“Cavolo! Sono in ritardo!” pensò Kagami per l’ennesima volta mentre correva verso il campetto dove aveva appuntamento con Aomine.

Arrivato a casa, aveva iniziato a studiare, ma dopo un’ora circa si era addormentato sui libri e si era risvegliato che erano le sette passate.

Dopo essersi cambiato in fretta e furia, si era precipitato fuori casa, già pensando a tutte le frecciatine che gli avrebbe lanciato il moro e a come rispondere.
Un piccolo ghigno si aprì sul suo volto al solo pensiero.

Quando raggiunse il campo, vi trovò Aomine sotto canestro che provava i tiri liberi. Non ci sarebbe stato niente di strano se il moro ne avesse azzeccato uno.

Alla vista dell’amico che continuava a sbagliare, le sopracciglia di Kagami si aggrottarono. Aomine era davvero bravo nel basket, agile, veloce, potente: riusciva a tirare e a fare canestro da qualsiasi posizione.
Il fatto che stesse sbagliando dei semplici tiri liberi, poteva solo significare che c’era qualcosa che non andava.

<< Ohi, Ahomine, che cavolo stai combinando? Ti sei scordato come si gioca a basket? >> tentò il rosso con tono scherzoso avvicinandosi all’altro.

Daiki si voltò di scatto, mentre il pallone che non era entrato rotolava lontano da loro.
Il leggero sorriso che Taiga aveva messo su si spense del tutto non appena vide il volto dell’altro: aveva un’espressione sofferente…  e triste. Infinitamente triste.

“Ma che cavolo…”. Preoccupato, si avvicinò al moro e lo vide distogliere lo sguardo. Si fermò a meno di due metri e lo fissò per alcuni secondi. << Aomine, cos’è successo? >>.
L’altro strinse i pugni e deglutì a vuoto, ma non rispose.

Taiga attese altri secondi; poi con uno scatto fulmineo lo raggiunse e gli mise le mani sulle spalle. << Si può sapere che ti è preso? >> insistette con voce tesa e nervosa.

Quella situazione era dannatamente strana e lo stava preoccupando da matti, perché Aomine non si era mai comportato così. Non aveva neanche le palle per guardarlo negli occhi!

Il moro abbassò la testa, come a voler sfuggire allo sguardo del rosso, ma ciò non fece altro che aumentare la rabbia e l’angoscia dell’amico.
Kagami gli afferrò il mento e lo costrinse a guardarlo in faccia: fu allora che notò la ferita al labbro inferiore, ancora macchiato dal sangue che si era raggrumato.

A quella vista sentì la furia accecarlo e far sparire ogni altra sensazione. Chi aveva osato fargli questo?
Spostò la mano e gli strinse le guance, avvicinando il volto al suo, ma Aomine grugnì e gli colpì il braccio.
<< Fa male, idiota >> borbottò, senza però muoversi dalla sua posizione.
<< Chi cazzo è stato? >> chiese il rosso, la voce ridotta a un grugnito e Daiki capì che si stava controllando per non cedere ad uno scoppio d’ira.
“Dannato Bakagami, tieni davvero troppo a me…” pensò con tristezza. Come poteva dirglielo? Come poteva spiegargli la verità?

<< Per la miseria, Daiki! Perché cazzo te ne stai zitto? >> sbottò poco dopo Taiga, dato che l’altro restava in silenzio.
<< Giochiamo >> disse quello all’improvviso.
Kagami strabuzzò gli occhi, incredulo. << Con che diavolo te ne esci? >>.
<< Siamo qui per giocare, no? >>.
<< Daiki… >> iniziò il rosso, ma non lo fermò mentre andava a recuperare il pallone.
<< Giochiamo >> ripeté quando gli fu di nuovo davanti, << ti dirò tutto dopo >>.
 
 

Giocarono, ma nonostante l’impegno di entrambi la partita non fu come le altre. Non ci fu entusiasmo né risate o esclamazioni di gioia per il vincitore e frecciatine di derisione per il perdente.

Non aprirono bocca, neanche quando la partita finì e il vincitore fu Aomine, che di solito si sarebbe vantato per tutto il tragitto di ritorno, offrendo a Kagami una scusa per uno scappellotto ben assestato.

Fu il rosso a rompere quel silenzio forzato e pesante. << Ehi, Daiki… >> iniziò, ma il moro lo bloccò alzando un braccio.
<< Ora ho bisogno di una doccia, Bakagami. Parliamo dopo >>.
Taiga sentì una scarica di rabbia travolgerlo. Non gli importava un accidente se erano sudati e stanchi: lui voleva capire cosa stava diavolo stava succedendo.

Aomine recuperò le sue cose e s’incamminò verso casa. << Lascia la finestra aperta >>.
Kagami sbuffò e avvertì la rabbia scemare. << Non c’è bisogno che me lo dici… >> sussurrò e quasi sicuramente l’altro non lo sentì.
 
 
Neanche la lunga doccia che si concesse servì a Kagami a sciogliere i nervi e quella fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco che non smetteva di tormentarlo.

Aveva formulato le più disparate teorie per spiegare il comportamento dell’amico e nonostante avesse continuato a ripetersi che non poteva essere niente di grave, un brutto presentimento si era fatto strada in lui e radicato nel suo cuore.

Quando uscì dal bagno con solo i pantaloni della tuta addosso, rabbrividì di freddo: la finestra della sua stanza era ancora aperta e l’inverno continuava ad essere implacabile.

Aprì l’armadio e indossò rapido una felpa pesante. Nell’istante in cui richiuse le ante, sentì dei rumori provenire da fuori e quando si voltò, i suoi occhi incrociarono quelli di Aomine.

Si fissarono in silenzio per un po’, poi Kagami si affrettò a chiudere la finestra. << Fortuna che ti sei deciso a venire. Qua stavano per comparire i pinguini >> disse, andandosi a sedere sul bordo del letto.

Il moro abbozzò un sorriso e si accomodò a cavalcioni sulla sedia della scrivania, il petto poggiato alla spalliera. << Questo >> iniziò sfiorandosi la ferita al labbro, << me l’ha fatto mio padre >>.
Il rosso strabuzzò gli occhi e schiuse la bocca, confuso. << Tuo padre? Non ha mai alzato un dito su di te, neanche quella volta che ti hanno sospeso da scuola per una settimana! >>.

Le labbra dell’altro si curvarono in un sorriso amaro. << Beh, forse avergli dato del bastardo egoista l’ha fatto incazzare di più >>.
<< Hai litigato con tuo padre? Perché? >>.
Daiki prese un profondo respiro e Kagami capì che qualsiasi cosa dovesse dire gli stava costando uno sforzo non indifferente. E la cosa non gli piacque per niente.

<< Taiga, ti ricordi il viaggio che abbiamo deciso di fare durante la pausa estiva? >>.
<< Certo. Ce ne andremo ad Okinawa per una settimana, solo noi due. Ma che c’entra? >>.
Aomine incrociò le braccia sulla spalliera e vi appoggiò il mento. << Il viaggio è annullato >> disse soltanto. Al che Kagami scattò in piedi, irritato.

<< Hai intenzione di arrivare al dunque o devo strapparti le parole di bocca? Non ci sto capendo un cazzo, quindi falla finita e sputa il rospo! >>.
Daiki sollevò lo sguardo e inclinò leggermente la testa << Mio padre ha avuto una promozione a lavoro: si dovrà trasferire a Kagoshima e io e mia madre andremo con lui >>.

Il volto di Taiga fu attraversato da una serie di emozioni diverse man mano che il cervello elaborava la portata dell’informazione: shock, confusione, incredulità, rabbia, frustrazione e infine dolore.
<< T-te ne vai? >> farfugliò alla fine, lo sguardo vacuo.

<< Già… e quando mio padre mi ha dato la notizia, io non ci ho più visto dalla rabbia. Ho cominciato a urlare, lui ha cominciato a urlare, io l’ho insultato e lui mi ha colpito. Dopo sono praticamente scappato di casa e sono rimasto al campetto finché non sei arrivato tu >>.
Quando finì di parlare, calò di nuovo il silenzio. Un silenzio denso, pesante, pieno di cose non dette.
Kagami rabbrividì nonostante la felpa e capì che il freddo che sentiva non era dovuto alle basse temperature. << Quando? >> chiese all’improvviso, piantando gli occhi in quelli blu dell’altro.

Il moro si alzò in piedi e si passò una mano tra i capelli. << Mio padre comincerà a traferirsi dalla prossima settimana; io e mia madre lo raggiungeremo appena finirà la scuola. Del resto manca un mese alla fine… >>.

La fine…

Taiga si ritrovò ad annuire senza rendersene conto. Una parte di lui non stava neppure ascoltando. Cosa sarebbe successo adesso? Avrebbero davvero dovuto dirsi addio? Così, all’improvviso… non riusciva ad elaborare la semplice idea di non avere più Aomine al suo fianco, di non vederlo più entrare dalla finestra ogni giorno, di non giocare più a basket insieme, di non condividere le sue giornate con lui.

<< Tai >> lo chiamò d’un tratto il moro, distogliendolo dalle sue riflessioni, << posso dormire qui sta notte? Non mi va di rimanere di là: i miei stanno ancora discutendo >>.
Kagami lo osservò per qualche secondo e sorrise. << Come quando eravamo piccoli, eh? >>, poi lanciò un’occhiata al letto e sospirò, << ma adesso non credo proprio che ci entreremo tutti e due. Ti prendo un futon >>.
<< Okay >>.
 
 
 
<< Ehi, Tai, stai dormendo? >>.
La voce di Aomine ruppe il silenzio della stanza di Kagami, immersa nel buio della notte

Si sentì un fruscio di coperte smosse. << No >> rispose il rosso incrociando le braccia sotto la testa. Aprì gli occhi sul soffitto sopra di sé, ma data l’oscurità si ritrovò a fissare un punto indefinito.

Aomine si mise su un fianco e sollevò gli occhi verso il letto di Taiga accanto al quale era stato steso il suo futon.
Quand’erano piccoli avevano dormito insieme tante di quelle volte da perdere il conto: costruivano un fortino con cuscini e coperte e giocavano alla guerra oppure fingevano di essere in campeggio e si raccontavano le storie dell’orrore. Alla fine si addormentavano nelle posizioni più strane e felici come non mai.

Crescendo, i fortini erano scomparsi e le storie dell’orrore erano state sostituite dai film e videogiochi, ma adesso la situazione era decisamente strana.

<< Non riesci a dormire? >> continuò il moro dopo alcuni istanti di silenzio.
<< No >> ripeté il rosso, al che Daiki sbuffò sonoramente.
<< Hai intenzione di dire solo “no”? >>.
Anche l’altro sbuffò e si voltò verso l’amico: il buio consentiva loro di distinguere le rispettive sagome, ma non di guardarsi negli occhi e di questo il rosso fu segretamente grato.
<< Che cosa dovrei dire? >>.
<< Non lo so… qualcosa che non sia un monosillabo >>.

Il rosso ridacchiò. << Da quando Aomine Daiki conosce il significato di monosillabo? >>.
Il moro si ributtò di nuovo sul futon. << Fottiti, Bakagami >>.
Taiga rise; una risata breve e amara che l’altro riconobbe subito. Era il tipo di risata che faceva quando aveva qualche problema ma si sforzava di minimizzare facendo finta che andasse tutto bene.
<< Mi mancherà… sentirmi chiamare Bakagami, dico… >>.

Daiki si mise di nuovo sul fianco e sollevò la testa poggiandola sul gomito. << Non sarà per sempre. Ci sentiremo tutti i giorni e ti chiamerò Bakagami tutte le volte che vuoi >>, finì il tutto con un tono divertito che fece sorridere e imbarazzare Taiga allo stesso tempo.
<< Chiudi quella bocca: sei fottutamente inquietante! >>.
<< Dici così, ma in fondo mi adori, lo so >>.
<< Molto in fondo, Ahomine. Così in fondo che neanche si vede >>.
<< Beh, me ne farò una ragione >>.

Continuarono a punzecchiarsi in quel modo per un po’ finché le risate non si spensero a poco a poco e il silenzio tornò ad avvolgerli.
<< Vedi di non fare troppo il cazzone quando sarai a Kagoshima >> disse d’un tratto il rosso dopo essersi rimesso sotto le coperte.
Aomine si risistemò sul futon e sbuffò fingendosi offeso. << Per chi mi hai preso? E poi è la tua compagnia a tirare fuori il peggio di me >>.
<< Potrei dire lo stesso di te >> replicò Kagami con tono canzonatorio.

Il moro chiuse gli occhi e sussurrò un “fottiti” prima di rimettersi a dormire.
Che dalla reciproca vicinanza avevano sempre e solo tratto il meglio non se lo sarebbero mai detto ad alta voce, ma entrambi ne erano pienamente consapevoli.
 
 


Il mese che mancava alla partenza di Aomine trascorse più in fretta di quanto i due amici avrebbero immaginato e con la fine del penultimo anno di liceo arrivò anche l’ora di salutarsi.

La sera prima del fatidico giorno Taiga e Daiki dormirono nelle rispettive case, attendendo la mattina successiva quando tutto sarebbe stato vero, tangibile, ineluttabile.

Non ne avevano parlato, no. Non erano bravi con le parole o con i sentimenti e nessuno dei due voleva rendere la faccenda più triste di quanto non lo fosse già.
Per questo quel mese l’avevano trascorso come al solito, tra scuola, basket e serate insieme.

Poi Aomine aveva dovuto iniziare a impacchettare la sua roba e Kagami l’aveva aiutato, anche se l’altro non gliel’aveva chiesto. Erano rimasti in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri e ricordi.
Non che non avessero cose da dirsi, ma niente di tutto quello che veniva loro in mente sembrava adeguato, giusto.
Tutto troppo scontato, troppo melenso, troppo difficile.

Come riassumere le loro emozioni con delle banali frasi di saluto? Come racchiudere anni di amicizia, un’intera vita trascorsa insieme in una semplice esternazione di circostanza?
Non era possibile. Non era immaginabile.
 
Così, quando arrivò quel sabato di primavera, l’atmosfera continuò ad essere tesa e malinconica.

Il padre di Daiki, tornato apposta da Kagoshima per aiutare la famiglia nel trasloco, stava finendo di sistemare le ultime valigie in macchina, mentre la madre sua e di Taiga si salutavano.

A qualche metro da loro, i due ragazzi se ne stavano in piedi, uno di fronte all’altro, entrambi con le mani in tasca e le spalle basse.
Una marea infinita di pensieri e parole passò nelle loro menti, ma le bocche sembravano non voler collaborare in modo costruttivo.
 
<< E così ci siamo… >> disse d’un tratto il rosso, rompendo quel silenzio pesante.
Il moro piantò gli occhi nei suoi e schioccò la lingua. << Già… che palle >>.
Le labbra di Kagami si curvarono in un leggerissimo sorriso. << Credo che dovrei dire qualcosa di figo, non so… una frase ad effetto, ma sinceramente ho la testa vuota >>.
<< Questa non è certo una novità, Bakagami. Lo sanno tutti >> lo canzonò Aomine, ghignando.
L’altro gli lanciò un’occhiataccia, ma poi rispose al ghigno. << Vedo che fare il coglione è sempre quello che ti riesce meglio, Ahomine >>.
<< Dopo il basket, se non ti dispiace. In quello sono sempre stato il migliore >>.
<< Sì, a dare fiato alla bocca >>.
Si sorrisero divertiti ed entrambi ebbero lo stesso pensiero. “Mi mancherà tutto questo”.
Ma non lo dissero.

<< Daiki, dobbiamo andare! >> esclamò all’improvviso la madre dalla macchina, sventolando una mano in sua direzione.

I due ragazzi si avvicinarono, ma prima di raggiungere la macchina, il moro si fermò per salutare la madre di Kagami.
Del resto era stata un po’ come una seconda madre per lui: gli aveva preparato più pasti lei di quanto avesse mai fatto la sua di madre, aveva aiutato sia lui che Taiga con i compiti quando erano piccoli e fino ai suoi tredici anni gli aveva sempre fatto un regalo per il suo compleanno, come se fosse stato suo figlio.

Le voleva bene.
<< Grazie di tutto, signora >> le disse appena le fu di fronte. Vide i suoi occhi farsi lucidi e le sue labbra forzarsi in un sorriso.
<< Grazie a te, Daiki. Per esserti preso cura di mio figlio. Mi mancherai >>.
Aomine si portò una mano sulla nuca, imbarazzato. << Anche Lei… e la sua cucina >>.
La donna ridacchiò e si strinse nelle spalle. << Fa’ buon viaggio >>.

Lui annuì e spostò i suoi occhi su Taiga. Si guardarono per lunghi secondi, concentrando in quello sguardo tutte le parole e quei pensieri che non si erano detti per orgoglio o imbarazzo.
 
Vorrei non dover partire…
Vorrei che non partissi…
 
Mi mancherà prenderti in giro e stuzzicarti…
Mi mancherà giocare a basket insieme…
 
Mi mancherà entrare nella tua stanza dalla finestra…
Mi mancherà vederti entrare dalla finestra della mia stanza…
 
Vorrei restare…
Vorrei che restassi…
 
Mi mancherai, Bakagami…
Mi mancherai, Ahomine…
 
 
Quando Aomine aprì la portiera della macchina, fu tentato di voltarsi indietro, ma non lo fece. Così non vide che Taiga lo raggiunse in poche falcate e solo quando si sentì afferrato da dietro, si voltò sorpreso.
Prima che potesse anche solo dire o fare qualcosa si ritrovò stretto tra le braccia del rosso. Lo sentì nascondere il volto nell’incavo del suo collo e un sorriso gli nacque spontaneo.

Rispose all’abbraccio e gli accarezzò piano la schiena. Il suo piccolo Bakagami gli sembrò proprio un bambino in quel momento e senza sapere perché, si sentì piccolo anche lui.
Forse perché il loro rapporto non era poi cambiato così tanto da quando avevano dieci anni.

<< Fatti sentire quando arrivi >> gli disse il rosso appena si separò da lui. Aveva il volto arrossato e un’espressione imbarazzata.
<< Contaci >> rispose il moro con uno dei suoi soliti sorrisetti.
Si separarono del tutto e appena Aomine entrò in macchina, chiudendo lo sportello, il padre alla giuda partì rapido.
 
Solo quando le figure di Kagami e della madre sparirono dallo specchietto retrovisore, Daiki si lasciò scivolare sul sedile con un sospiro profondo.
 
Solo quando la macchina fu talmente lontana da sparire all’orizzonte, Taiga rientrò in casa. Si buttò sul letto e non si mosse per ore.
“Da domani sarà tutto diverso…”.





Ciao a tutti e ben ritrovati con questo secondo capitolo! ^^ posso dire che così si conclude questa sorta di prologo: dal prossimo cap inizierà la storia vera e propria e quindi compariranno i personaggi di Kise e Kuroko ;)
spero che i personaggi non vi siano sembrati OOC... ho considerato che nonostante le personalità, sono stati sempre insieme per 17 anni e che quindi neanche due come loro potevano restare indifferenti a una situazione del genere ^^ ho cercato di non andare troppo di fantasia e di mantenermi il più possibile vicina ai personaggi... anche se ovviamente non è semplicissimo... spero vi sia piaciuto <3
ringrazio tutti quelli che hanno recensito e messo tra la storia tra le seguite, preferite ecc *___* mi ha reso felice ricevere dei commenti. sinceramente ero convinta che questa storia sarebbe passata inosservata XD contenta di essermi sbagliata...
purtroppo sono impegnata con lo studio -dannata università! quindi non so quando potranno esserci gli aggiornamenti... cercherò di fare del mio meglio x non tardare troppo ^^
un bacio e alla prossima

 
  
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