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Autore: Orus93    12/11/2014    0 recensioni
Daisy, ragazza solitaria e profonda, scopre la sua femminilità.
"Sovente a Daisy quel Silenzio piaceva. Sembrava quasi la cullasse in un dolce sogno ad occhi aperti, scaldandole il cuore e rinfrescandole la mente"
"Una cascata di capelli biondi, morbidi come la seta, si adagiavano sulle spalle. Una carnagione piuttosto chiara, con una spruzzatina di efelidi..."
"Era come se ci fosse qualcosa che lei non conosceva. Qualcosa che a lei mancava."
"Per la prima volta da moltissimo tempo, forse per la prima volta nella sua vita, si osservò veramente."
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La Rosa.

 

Camminava speditamente, sola.

La strada era piuttosto stretta, anonima. La tipica viuzza tra  i campi di un paese di poco conto, costeggiata di tanto in tanto da qualche alberello striminzito, privo di foglie. Ormai l'autunno era giunto e la natura cominciava ad addormentarsi, pareva quasi morire. Nulla avrebbe fatto presagire la scoppiettante rinascita che, dopo qualche tempo, avrebbe portato la venuta della primavera.

In quel momento tutto era fermo, immobile, a tratti sembrava quasi di procedere all'interno di un dipinto infinito dai colori bruni e tristi. Su tutto troneggiava, imponente e impassibile, un immane Silenzio.

Sovente a Daisy quel Silenzio piaceva. Sembrava quasi la cullasse in un dolce sogno ad occhi aperti, scaldandole il cuore e rinfrescandole la mente. Alcune volte però, esso diventava inspiegabilmente insopportabile, come se le trapanasse i timpani.

Ma lei non stava pensando a niente di tutto questo. Il suo unico pensiero  era quello di tornare a casa, perchè era già l'imbrunire e non voleva fare tardi per cena.

Doveva avere circa sedici anni. Una cascata di capelli biondi, morbidi come la seta, si adagiavano sulle spalle. Una carnagione piuttosto chiara, con una spruzzatina di efelidi sul naso piccolo e proporzionato davano un tocco particolare a un viso dai lineamenti morbidi e armoniosi. Gli occhi erano di un inusuale grigio-azzuro, ma un osservatore attento avrebbe notato delle piccolissime striature gialle attorno alla pupilla.

Non era però la classica ragazza che suscitava particolari attenzioni. Non veniva guardata mentre era in fila al cinema, o mentre passeggiava al parco. Forse era dovuto all'abbigliamento semplice e poco appariscente e alla quasi regolare assenza di trucco. O forse perchè era quasi sempre silenziosa e introversa. Per una ragione o per l'altra, comunque, tendeva a passare inosservata.

Del resto, nemmeno lei se ne era mai curata nè preoccupata poi molto. Almeno fino agli ultimi tempi.

Affrettò il passo. Ci teneva particolarmente a essere in orario, più per una sua questione personale che per gli altri.

Finalmente, giunse al vialetto di casa sua. Una villetta graziosa e formale non molto grande ma sufficientemente spaziosa, una abitazione come tante altre. Una facciata bianca e piuttosto spoglia. Entrò decisa spingendo la porta. I genitori le rivolsero un breve saluto e qualche breve parola che a Daisy parvero quasi di cortesia.

Erano un famiglia banale e allo stesso tempo particolare, del resto.

Il padre, commesso viaggiattore, un uomo alto, stempiato e dall'aria burbera, non c'era quasi mai. I continui impegni di lavoro facevano sì che restasse fuori casa per parecchio tempo, a volte per mesi. Indubbiamente voleva molto bene a Daisy, ma non era un uomo di molte parole e quelle poche che egli riservava alla figlia erano quasi sempre di rimprovero o erano al massimo fredde considerazioni sul tempo meteorologico (che non andava mai bene) o sul governo (che, se possibile, andava anche peggio). Non che egli agisse in quel modo per cattiveria o insensibilità, era semplicemente cresciuto e abituato così. Le sue continue e abituali assenze, del resto, non erano certo di aiuto.

La madre, una signora che si teneva bene ed era ancora piacente, dal viso paffuto e dall'aria gioconda, tendeva invece a essere più prolissa, quasi a voler porre rimedio riempiendo i silenzi lasciati dal marito. Tuttavia, aveva l'abitudine di discorrere di fatti abbastanza frivoli e di poco conto, che comprendevano un vasto arsenale di pettegolezzi sui vicini di casa o sugli abitanti del paese. Quando il suo consorte era lontano per lavoro, riempiva le sue giornate guardando il televisore o leggendo riviste di infima categoria. Le sue massime avventure fuori la porta di casa consistevano nell'andare a fare la spesa negli empori del paese o visitare le sue amiche con cui scambiava dicerie e condivideva i suoi drammi di vita casalinga, tra cui rientravano il rincaro dei prezzi e l'accumulo della polvere sugli scaffali del salotto.

A completamento del quadretto familiare un gatto, di nome Hocke,  piuttosto obeso e che pareva in uno stato di perenne letargo, ciondolava per casa passando la vita a poltrire sul divano e a mangiare crocchette di qualità scadente, ma che bastavano a garantirgli la felicità fino al giorno seguente.

Daisy si sedette a tavola e cominciò il pasto. Di tuttò ciò essa non ne era completamente cosciente. Sentiva e percepiva molte cose, ma la sua mente non riusciva sempre a rielaborare quell'oceano di emozioni e sensazioni che pervadevano il suo corpo.

Mangiò il minimo indispensabile per non destare l'attenzione della madre e si defilò velocemente in camera sua.

Sentiva dentro di se un grande vuoto. La sua vita fino a quel momento era stata una sequela di giorni, in fondo tutti uguali, in cui i suoi unici scopi erano la scuola e le passeggiate per le colline. Aveva sì delle amiche, anche care, con cui condivideva spesso bei momenti. La maggior parte di loro ultimamente era però impegnata a prime esperienze con i ragazzi, cosa a cui Daisy non era minimamente interessata, ma si stava rendendo conto che forse non era proprio così.

Era come se ci fosse qualcosa che lei non conosceva. Qualcosa che a lei mancava.

Decise che sarebbe stato meglio rilassarsi e che una doccia calda poteva fare al caso. Si tolse i vestiti, cercando di entrare in uno stato interiore di calma e compostezza.

A un certo punto, le cadde l'occhio sullo specchio, e si vide. Era nuda. Per la prima volta da moltissimo tempo, forse per la prima volta nella sua vita, si osservò veramente.

Concentrò dapprima l'attenzione sul suo viso, sulle sue labbra rosse e carnose, sulla sua pelle liscia come una pesca. Poi, lentamente, il suo sguardo si posò sulle spalle, poi giù, sui seni da poco sbocciati, tondi e belli. Esitò un attimo, poi guardò il ventre piatto, i fianchi morbidi, le gambe atletiche e sinuose.

Cominciò ad accarezzarsi il basso ventre. Spinta poi da un irrefrenabile quanto strana sensazione camminò e, così com'era, si adagiò sul letto. Continuava a carezzarsi. Non c'erano più i silenzi, gli alberi, i genitori, il gatto, la cena, non c'era più niente. Era sola, lei e il suo corpo.

Indugiò per un po', ed ecco, improvvisamente la sua mano scivolò, muovendosi come in una danza, si sfiorò.

Sapeva cosa stava facendo, stette così per qualche tempo, con la sua rosa che ancora non era stata colta da nessuno. Un fiore che nessuno aveva avuto il privilegio di vedere, nè di assaporarne la fragile delicatezza.

Quello che provava era immenso, non aveva mai avuto sensazioni così forti. La pelle delle sue guancie si arrossava, il respiro si fece più irregolare, ma più profondo. Gli occhi divennero lucidi.

Daisy era una donna, ora ne era sicura, ora ne aveva acquistato la consapevolezza.

Prima, per così dire, non lo sapeva, o meglio, lo dava come fatto certo, scontato, sui cui non vigeva il bisogno di ragionarci troppo.
E invece in quel momento si accorse che era proprio così. Non lo aveva mai percepito con una tale potenza. Scorse la sua femminilità.

Quando ebbe finito, andò a farsi la doccia. Era più rilassata. Sapeva che sarebbe stato uno stato momentaneo, ma andava bene così. Ringraziò e sorrise tra se.

   
 
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