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Autore: Geggy_    12/11/2014    1 recensioni
Castiel Novak è lo strano ragazzo dai capelli eternamente arruffati che ama dipingere e frequenta la Lawrence High School, nel Kansas. La sua vita è tutto sommato monotona, ma le cose cambiano drasticamente quando l'arrogante capitano della squadra di football, Dean Winchester, gli chiede di uscire. Castiel continua a rifiutarlo e a prendersi gioco di lui, ma dopo l'ennesimo invito accetta, quasi esasperato. Ma Dean nasconde un segreto.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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La prima volta che Castiel Novak aveva realizzato di essere asessuato aveva solo dodici anni e si trovava nella saletta sul retro di un pub frequentato da gente poco raccomandabile, schiacciato fra una biondina di almeno cinque anni più grande di lui con la testa fra le sue gambe e la bocca sul suo membro e quello che probabilmente era il suo ragazzo, il quale osservava divertito la scena con le mani posate sulle sue spalle, intervenendo occasionalmente per baciargli il collo o la mascella. Cas era mezzo ubriaco quella sera – aveva scoperto molto presto le gioie dell’alcool –, ma nonostante ciò non era riuscito ad essere minimamente eccitato dalla sensazione della bocca della biondina sul suo pene o da quei baci quasi animaleschi del compagno e anzi dopo circa venti minuti si era stancato e, spinta via la ragazza e allontanatosi di un paio di passi dal giovane, si era tirato su i pantaloni e se n’era andato senza dire una parola, richiudendo la vecchia porta della stanzetta dietro di sé senza lasciare ai due neppure il tempo di realizzare l’accaduto. A scuola sentiva quasi ogni giorno i suoi coetanei parlare in sussurri concitati delle prime esperienze che avrebbero voluto fare, delle sane scopate che un giorno avrebbero avuto con le loro future ragazze, rifletteva Castiel mentre si dirigeva a casa di Balthazar, in cerca di qualcuno che gli spigasse cosa diavolo gli era preso. E lui? Sebbene non fosse stato che un nanerottolo, già allora era capace di attirare le attenzioni di entrambi i sessi, colpa di quei capelli eternamente arruffati e della sua aria distaccata e spesso assente che probabilmente lasciava intuire che non era il tipo in cerca di una relazione seria o da romanticherie al chiaro di luna, e quella sera stessa aveva saltato qualcosa come cinque delle dieci fasi di conoscenza con qualcuno prima della scopata finale. Ma ne era rimasto deluso. Una volta a casa dell’amico gli aveva raccontato tutto e Balthazar non si era perso di coraggio né lo aveva deriso.
“Proviamo con qualcosa, devo confermare una teoria”, aveva dichiarato il biondino prima di spingerlo contro la parete e baciarlo con passione, infilandogli una mano nei boxer senza tanti complimenti e stringendola intorno al suo membro. Non era accaduto nulla. Cas si era staccato con delicatezza da Balthazar dopo alcuni secondi e inclinato il capo di lato, in cerca di spiegazioni.
“Allora?”, aveva chiesto, ansioso.
Balthazar gli aveva posto alcune domande e dopo che Cas ebbe dichiarato che a pensarci bene non aveva mai provato attrazione neppure verso le modelle del cinema o i militari che posavano mezzi nudi per le riviste, gli spiegò che non era pazzo o malato, ma semplicemente asessuato.
“Tutto qui?”, gli aveva domandato Cas con voce piatta. Tempo quaranta secondi da quella scoperta ed era già scivolato di nuovo nel suo stato di apatia.
Cas ripensava distrattamente a tutto questo mentre si malediceva, contemplando le due ante dell’armadio spalancate e traboccanti di maglioni colorati e informi, sciarpe di lana e jeans strappati.
 
Cosa ne sapeva lui di primi appuntamenti? Nulla, non ne aveva mai avuto uno prima di allora.
 
E perché aveva accettato di uscire con Dean Winchester? Perché era un completo idiota.
 
 
 
***
 
 
 
Tutto era cominciato quel mattino. Cas si era svegliato stranamente di buon umore e dopo essere passato dallo Starbucks a due passi dalla Lawrence High School per prendere un cappuccino aveva ciondolato sul prato del campus, il tempo di sorseggiare la sua bibita e raccogliere le energie necessarie a trascorrere una nuova giornata in quell’inferno di scuola, dopodiché era entrato nell’edificio e si era fatto strada fra la fiumana di studenti che si stava affrettando per raggiungere le aule di lezione. Cas si era diretto verso il suo armadietto sfregandosi gli occhi che ancora traboccavano di sonno con il dorso della mano quando qualcuno lo aveva trascinato in un angolo fra l’ultimo armadietto della fila e la parete giallo sporco.
 
“Venerdì sera. Dammi una possibilità Cas, andiamo!”, lo aveva pregato qualcuno di parecchi centimetri più alto di lui, con il viso cosparso di lentiggini a poca distanza dal suo ed entrambe le mani inchiodate sulle sue spalle per trattenerlo sul posto.
 
A Castiel occorsero cinque secondi per mettere a fuoco quel pazzo che lo aveva avvicinato in quel modo e riconoscere Dean Winchester, in piedi davanti a lui con gli occhi che brillavano di speranza e un largo sorriso stampato sul volto spigoloso; indossava la giacca rossa del team della squadra di football della scuola e dei jeans, ed emanava uno strano profumo che lo infastidì fin da subito.
“Per l’amor del cielo, Dean Winchester!”, esclamò il moro esasperato mentre il buonumore che lo aveva accompagnato fino a cinquanta secondi prima veniva spazzato via dall’insolenza e l’arroganza di quel giovane dell’ultimo anno. Aveva sperato che la notte cancellasse qualunque idea malata che aveva in serbo per lui, ma a quanto pare si era sbagliato.
“Lasciami spiegare...”
“No, Dean Winchester!”, esclamò Castiel, e sebbene la sua voce somigliasse tanto ad uno strillo nessuno si curò di lui. Ecco perché odiava la maggior parte degli essere umani: erano tutti così presi dalla frenesia della vita, dal loro piccolo mondo perfetto per rendersi conto della realtà e dell’intero universo che li circondavano, per cogliere il grido di chi aveva bisogno di aiuto. “Perché non mi lasci in pace? Ti ho già detto che preferirei morire piuttosto che...”
 
“Cristo Santo, ti ho chiesto di lasciarmi spiegare, dannazione!”
Era la prima volta che Castiel Novak vedeva Dean Winchester perdere il controllo, ed era stata una trasformazione così rapida che forse gli sarebbe sfuggita se non fosse stato per quel pugno che il giovane tirò contro il muro, a pochi centimetri dal suo viso, macchiando l’intonaco con il rosso brillante del sangue che sgorgò immediatamente dalle sue nocche. Cas restò senza parole, la bocca troppo secca per parlare e il retrogusto amaro del cappuccino che ancora bruciava sulla punta della lingua. Aveva creduto che fosse un tipo a posto il Winchester e certo, quando lo aveva rifiutato il giorno prima aveva visto una scintilla di risentimento brillare per un attimo nei suoi occhi verde smeraldo prima di sparire in un battito di ciglia, ma tutto qui. Nulla che avrebbe potuto lasciar intuire le conseguenze di un nuovo rifiuto.
 
Evidentemente Dean Winchester doveva aver notato la sua aria smarrita e impaurita perché un attimo dopo il giovane si lasciò sfuggire un lungo sospiro che si infranse direttamente contro il suo viso – Caffè, anche lui ha l’alito che sa di caffè, registrò distrattamente Castiel – e si curvò appena su di lui, squadrandolo dall’alto in basso e mordendosi il labbro inferiore come indeciso su cosa dire, e quando parlò il suo non era più di un sussurro roco.
“Non volevo spaventarti. Di solito le uniche volte che perdo il controllo è perché Sammy ha passato più di otto ore chiuso in camera a studiare oppure ho dimenticato le lasagne di Ellen nel microonde”, dichiarò con un sorriso quasi triste prima di allontanarsi di colpo come spaventato da quell’improvvisa vicinanza e passarsi una mano fra i capelli tirati indietro con la cera. I suoi occhi si erano addolciti per non più di un istante al menzionare il fratello minore prima di assumere nuovamente quell’espressione dispiaciuta, notò Castiel.
“Non volevo essere brusco, volevo solo trascinarti in un posto meno affollato per poterti parlare.”
“Non mi sembra che l’angolo fra il corridoio e l’armadietto sia molto intimo”, gli ribatté rapido Cas, la lingua nuovamente in moto. Quanto a segnali contrastanti, probabilmente Dean Winchester non aveva eguali: un attimo prima a momenti stava per spaccarsi le nocche contro il muro, quello dopo sembrava preoccupato all’idea di averlo spaventato. Sperava che almeno sapesse cosa stava facendo e soprattutto cosa volesse.
 
“Giusto”, constatò Dean con un sorriso tirato, “ma è sempre meglio del cortile o dei bagni. Non ho intenzione di pedinarti in attesa che tu esca da un’aula qualunque per lavarti le mani. Come ti ho ricordato ieri, il mondo non gira intorno a te e io ho di meglio da fare che inseguire un ragazzino per i corridoi della scuola. Sono venuto per chiederti nuovamente di uscire. Non si tratta di un dannato appuntamento, non ho intenzione di scopare con te o altro, non sei per niente il mio tipo. Sono solo curioso di te, ecco, voglio sapere cosa ti passa per la testa e perché hai sempre quelle dannate mani sporche d’inchiostro, tanto per cominciare. Allora?”
 
“È carboncino, non inchiostro, combino sempre un disastro quando lo uso per i miei disegni”, gli ribatté piano Cas per tutta risposta, ma il suo cervello aveva ricominciato a lavorare febbrilmente in cerca di una scappatoia. In un altro momento avrebbe rifiutato nuovamente Dean Winchester e avrebbe continuato a farlo fino alla fine dei suoi giorni se non avesse sferrato quel pugno contro il muro, a pochi centimetri dal suo viso. E se avesse tentato di colpirlo se avesse rifiutato di fare un giro con lui? Era un giocatore di football dopotutto e lui non pesava che sessanta chili scarsi, non ci avrebbe messo molto a spedirlo in ospedale o peggio.
“Se ti annoi puoi sempre chiedermi di riportarti a casa, in dormitorio o in qualunque altro posto tu voglia. E puoi scegliere dove andare e cosa fare. E se accetterai ma non ti divertirai e non vorrai più avere a che fare con me in alcun modo non ti chiederò mai più di uscire, ritornerò ad essere uno sconosciuto”, lo incalzò Dean. “E se...”
“D’accordo. D’accordo, d’accordo. Venerdì sera alle otto, ma voglio rientrare non più tardi delle dieci, ho bisogno di lavorare ad un disegno che devo completare prima della fine del mese. E scelgo io dove andare”, dichiarò Cas con quei grandi oceani blu che quasi tremavano di paura, in attesa di una nuova reazione di Dean Winchester, il cui viso si aprì tuttavia in uno dei suoi soliti, caldi sorrisi.
“Perfetto. Non ti azzardare a salire in auto con le scarpe infangate, non lascerò che la mia Baby venga ridotta in pessimo stato da un paio di anfibi sudici!”, fu l’unica cosa che gli disse Dean Winchester prima di indietreggiare e sparire, inghiottito da un gruppo di studenti del suo stesso anno che lo salutarono con pacche sulla spalla e sulla schiena trascinandolo con sé verso l’aula dove avrebbero avuto lezione.
A Castiel non restò che guardarlo da lontano, ancora scosso per l’inaspettata piega che avevano preso gli eventi. Aveva un appuntamento, un’uscita o come diamine voleva chiamarla e non sapeva come diavolo comportarsi.
 
 
 
***
 
 
 
Castiel contemplò per un lungo istante il maglione rosso con dei fiocchi di neve bianchi stampati lungo i bordi delle maniche e del colletto che reggeva fra le mani, con il capo leggermente reclinato a destra e la punta della lingua che sbucava fra le labbra compresse in una linea bianca e sottile prima di gettarlo a terra, dove giacevano altri cinque capi dello stesso tipo insieme ad un’informe felpa viola e gialla. Balthazar contemplò il gesto con una risatina divertita e si rigirò sul letto, controllando per l’ennesima volta che fra un respiro e l’altro non avesse ricevuto un messaggio.
 
“Dannazione Balthazar, non mi sei di grande aiuto! Non ti ho chiamato per sapere quanto a lungo Bartholomew sia capace di resistere prima di saltarti addosso o per lasciare le tue scarpe a marcire in un angolo della mia stanza, ma per sapere cosa dovrei indossare per non sembrare troppo trasandato o elegante. Non voglio essere pestato da Dean Winchester e se voglio accontentarlo dovrò cominciare indossando qualcosa di suo gradimento!”, sbottò all’amico, acido, dando un calcio al nido di vestiti sparsi sul pavimento in un ammasso confuso di lanugine e colori sgargianti.
 
“Oh Cas, mi sarebbe piaciuto sapere quanto a lungo sarebbe stato capace di resistermi, ma purtroppo per me abbiamo soltanto preso un caffè in centro e poi mi ha riaccompagnato a casa”, esclamò per l’ennesima volta da quando era arrivato a casa Novak. Quel mattino Balthazar non si era recato a scuola ed era rimasto a casa a smaltire i postumi di una sbornia colossale, ma non appena Castiel lo aveva chiamato più o meno all’ora di pranzo dal bagno della Lawrence High School, balbettando di quel pazzo di Dean Winchester e di una certa uscita programmata per venerdì sera, Balthazar aveva ficcato la testa in un catino d’acqua fredda e, dopo aver raccolto abbastanza coraggio e lucidità da uscire fuori e salire sul primo autobus per l’altro lato della città, si era precipitato a casa dell’amico per ulteriori dettagli. Castiel, per allora felicemente rientrato al sicuro della sua abitazione, gli aveva raccontato dell’incontro di quel mattino con Dean Winchester e della paura di un’eventuale pestata in caso di rifiuto che lo aveva costretto ad accettare l’invito del giovane.
Balthazar fu costretto a schivare l’ennesimo cuscino che Cas gli tirò contro prima di rispondere all’ancora impaurito nonché agitato amico.
 
“Cas, Cristo, non devi indossare giacca e cravatta, non l’ho mai fatto neppure io a nessuno dei miei primi appuntamenti e credimi, ne ho avuti un bel po’”, dichiarò, serio. “E poi ti ha notato per i tuoi maglioni, giusto? Indossa quello azzurro, mette in risalto i tuoi occhi, e i jeans neri, ma non quella strappati. Non voglio che la mia adorabile puttanella asessuata sembri un punk trasandato. E gli anfibi sono d’obbligo. E porta con te dei chewing-gum, il cellulare e delle sigarette, ti torneranno utili per riempire i silenzi o lo stomaco vuoto. E se sei indeciso sugli abiti hai ancora due giorni di tempo per decidere”, concluse tutto d’un fiato.
 
“Non voglio nulla che metta in risalto i miei stupidi occhi blu”, mormorò con tono infantile Cas. A qualcuno sarebbe potuta sembrare l’ennesima lamentela di un ragazzino viziato. Per Balthazar, che ormai conosceva Cas da svariati anni e aveva imparato a leggere fra le righe, quella era la cosa più vicina ad un ringraziamento.
“Beh e io avrei tanto voluto scopare con Bartholomew ieri, ma suppongo che nessuno ottiene quello che vuole.”
Cas si ritrovò suo malgrado a sorridere mentre riponeva nuovamente i vestiti nell’armadio.
 
 
 
 


 
 
N.d.A.
 
Ebbene sì, la vostra Geggy è tornata. Innanzitutto mi scuso per il ritardo con cui ho aggiornato questa fan fiction, ma a fina agosto sono partita per un soggiorno-studio a Londra, sono ritornata a fine settembre e ho dovuto rimettermi in pari con la scuola.
Ho trovato un briciolo di tempo libero per continuare questo mio scarabocchio solo qualche sera fa. Cercherò di aggiornare ogni settimana, come ho sempre fatto.
Mi scuso per gli eventuali orrori grammaticali visto che non ho avuto il coraggio di importunare la mia fidata beta Elena con questo capitolo di cui lo ammetto, non vado poi così fiera; un ringraziamento speciale va a tutti coloro che hanno lasciato una recensione ai vari capitoli nonostante non abbia continuato ad aggiornare come avevo promesso di fare, sia a me stessa che a voi. Credetemi se vi dico che anche questo mi è servito da impulso a continuare il mio pasticcio.
La smetto di scrivere, d’accordo. Alla prossima,
Geggy
  
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