Cap
5
Quando
si separarono,
le fronti poggiate l’una a quella dell’altro,
Victarion le sorrise. Era un
sorriso aperto, solare, persino rispetto a quelli che solitamente le
elargiva.
-
Io … io devo
andare. Sì, è meglio che torni nelle mie stanze.
Cioè, nelle stanze mie e di
Euron – si corresse, indietreggiando e incespicando nei suoi
stessi passi.
L’uomo
emise uno
sbuffo divertito, probabilmente imputando quella reazione allarmata
alla
timidezza o al senso di vergogna che la attanagliava per aver baciato
qualcuno
che non fosse il suo uomo. D’accordo lei ed Euron non erano
effettivamente
sposati, ma persino una moglie di sale aveva dei precisi doveri di
coppia nei
confronti del suo uomo di ferro. Doveri che Kitty aveva disatteso
accettando la
corte di Occhio di corvo e finendo nel suo letto. Il pensiero che Erin
fosse
così innocente, per certi versi pura, lo spinse a domandarsi
quanto fosse
effettivamente fisica la relazione che c’era tra lei e suo
fratello. Euron non
era mai stato il tipo a cui interessavano le verginelle e aveva visto
molte
delle sue amanti per sapere che anche nel talamo era esigente quanto
nella vita
quotidiana. Che la giovane spadaccina braavosiana fosse ancora casta?
Scosse
la testa
mentre la guardava allontanarsi a passi svelti.
Doveva
smetterla di
fantasticare così tanto. Euron non si sarebbe mai preso una
moglie di sale
illibata e, sempre ammesso che l’avesse fatto, di sicuro non
avrebbe aspettato
tutto quel tempo per deflorarla.
-
Fratello. –
La
voce fredda e
tagliente del maggiore lo colse di sorpresa.
Euron
emerse dall’ombra,
fissandolo con uno sguardo che avrebbe ghiacciato il sangue nelle vene
a un
uomo meno coraggioso di lui.
-
Ti ho visto. A
quanto pare non mi sono spiegato a sufficienza quando ho detto che lei
è mia – disse.
-
Bè, sembra che la
storia sia destinata a ripetersi. –
Occhio
di corvo si
accigliò, - Che intendi dire? –
-
Solo che è
incredibile quanto la tua Erin assomigli alla mia Kitty. Non dirmi che
non l’hai
notato anche tu – concluse, sorridendo sornione.
Euron
lo afferrò per
il bavero della cappa, traendolo a sé con forza.
-
Ti avverto, Victarion,
tocca anche solo per sbaglio quella ragazza e la prossima volta che
farò un
bagno sarà in una vasca colma del tuo sangue. –
Il
comandante della
Vittoria di ferro si districò dalla presa con uno strattone,
restituendo al
fratello l’occhiataccia.
-
Credo che questa
volta sarà la giovane sirena a fare la sua scelta e credo
anche che tu non sia
neanche lontanamente in grado di possederla come ti piace tanto far
credere –
concluse.
Il
pirata serrò la
mascella con rabbia, certo che la vena pulsante sulla sua tempia
tradisse lo
stato d’animo in cui si trovava. Stava facendo la figura del
debole davanti a
quell’idiota di Victarion e tutto per colpa di quella
ragazzina che aveva
chissà per quale ragione deciso di concedere un assaggio di
quelle labbra di
miele a quello stolto.
-
Credi a questo,
fratello: se vedrò ancora le tue mani su Erin te le
staccherò a morsi. –
Poi,
furente, gli
voltò le spalle e puntò in direzione della zona
notte della roccaforte. Quella
braavosiana testarda doveva dargli alcune spiegazioni e sperava per lei
che fosse
molto convincente.
*
Erin
sentì la porta
aprirsi con forza, andando a sbattere contro la parete in fredda
pietra. Euron
stava in piedi sulla soglia, bello e peccaminoso come sempre, con gli
occhi che
sembravano essere due buchi neri e mandavano scintille di rabbia. La
mascella
serrata conferiva un’aria truce ai suoi lineamenti
già solitamente cupi e
tenebrosi. Sembrava uno spirito vendicativo risputato fuori dai Sette
inferi e
probabilmente nessun paragone sarebbe mai stato più calzante
di quello per
descriverlo.
-
Ti avevo detto di
stare lontana da Victarion – esordì, rabbioso.
-
No, non l’avevi
detto – replicò, pacata, posando la spazzola con
cui stava districando i
capelli.
-
Era sottinteso. Non
tollero che si dica in giro che Victarion ha preso la virtù
della mia giovane
moglie di sale. –
-
Perché dai per scontato
che ci sia ancora? Io non l’ho mai detto – gli fece
notare, secca, riprendendo
a spazzolarsi i capelli castani.
La
replica lo spiazzò
e impiegò un paio di secondi prima di trovare
qualcos’altro da dire.
-
E chi? Nessuno qui
a Pyke avrebbe mai osato … non sapendo che mi appartieni.
–
Riecco
quell’atteggiamento
possessivo che non sopportava. Lei era nata a Braavos, la
più grande delle
città libere, e l’idea che qualcuno potesse
pensare di vantare diritti o poteri
su di lei la faceva imbestialire.
-
Io non sono un
oggetto né un animale o un terreno, non appartengo proprio a
nessuno. –
Euron
scosse la mano
come avrebbe fatto per scacciare un insetto fastidioso e
tornò a fissarla con
intensità.
-
Chi? –
-
Non sono affari
tuoi. –
-
Chi?!? – chiese nuovamente,
alzando la voce.
Sobbalzò
leggermente,
suo malgrado colpita dall’intensità della sua
voce. Cominciava a capire perché tutti
lo temevano. Euron era incline agli sbalzi d’umore e quando
perdeva la calma
diventava decisamente terrificante. Abbandonò la sedia
davanti alla toletta per
mettere una distanza maggiore tra loro, avvicinandosi
all’elsa della sciabola
che aveva lasciato accanto al letto.
-
Un comandante della
cavalleria della Compagnia Dorata … Nymeros Sand –
mormorò in risposta, le gote
lievemente arrossate mentre ripensava al giovane dorniano che secondo
alcune
dicerie non era che il figlio bastardo di Ser Arthur Dayne.
Aveva
conosciuto
Nymeros tre anni prima, quando il giovane aveva diciannove anni ed era
giunto a
Braavos insieme alla sua Compagnia per accettare un contratto proposto
dalla
città libera, e si erano piaciuti subito. L’aveva
vista battersi contro uno dei
mercenari, che aveva pensato che una bella ragazza adolescente fosse
una preda
facile per soddisfare i propri pruriti, ed era intervenuto portandola
via prima
che il resto della Compagnia trovasse qualcosa da ridire.
L’accento
di Dorne
che scaldava la lingua comune si intonava bene alla carnagione
olivastra, gli
scompigliati capelli biondi e gli occhi tendenti al violaceo tipici dei
Dayne.
L’aveva scambiato per un signore dei Draghi inizialmente,
tanto era bello, ma
Nymeros aveva riso e scosso la testa. Lui era Nymeros Sand,
“l’ombra della
tempesta”, bastardo della “Spada
dell’alba” e null’altro.
L’aveva stregata con
i racconti delle imprese della Compagnia e aveva vinto ogni sua ultima
resistenza nel momento stesso in cui le loro labbra si erano
incontrate.
Forse
non era stato
vero amore, magari Nymeros non era nulla più che
l’immatura attrazione di una
sedicenne che sognava di lasciare Braavos, ma non si era mai pentita di
ciò che
gli aveva concesso.
Lanciò
un’occhiata a
Euron, improvvisamente tornato calmo.
Forse
l’idea che
colui che aveva conquistato la sua virtù fosse lontano e
sconosciuto era stata
una risposta sufficiente a placare il suo furore.
-
Un mercenario e per
di più bastardo, quindi, e adesso sei circondata dai pirati.
Dimmi, ragazzina,
le fanciulle della tua età una volta non sognavano un prode
cavaliere o magari
un valente principe che le portasse via su un bel cavallo bianco?
– la sbeffeggiò.
-
Ho sempre trovato i
cavalieri sopravvalutati e i valenti principi decisamente noiosi.
–
Occhio
di corvo stirò
le labbra in un sorriso sghembo.
In
nome degli Dei,
quando assumeva quell’espressione i brividi lungo la schiena
cominciavano a
scorrerle sempre più intensamente e doveva fare appello a
tutta la sua forza di
volontà per impedirsi di concedersi interamente a
quell’uomo.
-
Allora troverai
Victarion l’essenza stessa della noia, te lo garantisco.
Dimmi, bambina, eri
languida e disponibile anche nel suo abbraccio così come lo
eri nel mio o sei
stata solo meramente cortese e non l’hai respinto quando ha
posato le labbra
sulle tue? –
Erin
sgranò gli
occhi, incredula.
-
Io non ero proprio
per niente languida e disponibile – esclamò.
-
Oh, sì che lo eri.
Fidati, so riconoscere quando una donna mi vuole. –
-
E invece non credo
proprio. –
Euron
le si avvicinò
con l’andatura sinuosa di una pantera a caccia e le
posò le mani sui fianchi,
attirandola a sé con decisione.
Non
attese un suo
segnale d’assenso e si chinò a baciarla come aveva
fatto nel campo. La sentì
fare resistenza, ma alla fine si arrese e schiuse la bocca per
permettergli di
andare incontro alla sua lingua.
Abbandonò
le labbra
per scendere lungo il collo candido, tempestandolo prima con piccoli
baci delicati
e poi con lievi morsi sempre più incalzanti. Sorrise contro
la sua pelle quando
la sentì fremere e stringersi ancora di più
contro di lui.
-
Hai visto –
mormorò, baciandola in corrispondenza della carotide
pulsante, - Assolutamente
languida. –
Stava
per
accarezzarle una guancia quando si ritrovò puntata contro la
lama della
sciabola della ragazza.
-
E assolutamente non
disponibile – concluse per lui, la voce ancora roca per
l’effetto di tutti quei
baci.
Euron
rise, alzando
le mani come a mostrarsi disarmato. Il problema era che Erin temeva
molto più l’effetto
che aveva sul suo corpo di tutto il resto. Quando quell’uomo
le si avvicinava
il suo cervello si spegneva e sembrava perdere la capacità
di pensare
lucidamente.
-
Oh, bambina, ti
assicuro che non ho alcuna intenzione di portarti a letto –
disse, venendo
interrotto da uno sbuffo incredulo, per poi aggiungere: -
Perché sono
assolutamente certo che sarai tu stessa a farlo prima o poi. –
Erin
fece per
replicare, ma non era mai stata brava a mentire e aveva la sgradevole
sensazione che il pirata non fosse andato poi troppo lontano dalla
verità. Non
era riuscita a resistere a Nymeros, che non le faceva effetto quanto
Euron, quindi
che speranze poteva mai avere di resistere. Era una ragazzina finita
nella tana
del lupo … un grosso e nero lupo di mare.
Spazio
autrice:
Dopo
un ritardo super disastroso per
cui non ho scusanti se non che l’ispirazione aveva fatto le
valigie ed era
partita per Pyke, eccomi nuovamente qui. Spero che il capitolo vi
piaccia e che
vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt