I
personaggi appartengono a Rioko Ikeda. La storia non è stata scritta a scopo di
lucro.
Quel
che resta di noi
Madamigella Oscar
aveva deciso di posare per un ritratto, fatto che fu giudicato insolito e
alquanto sorprendente dal generale. Era stata lei ha chiamare un pittore, un
personaggio piuttosto noto e apprezzato per il suo talento nei salotti
aristocratici.
C’erano volute ore
e giorni di posa, a cui Oscar si era prestata con calma rassegnata,
intercalando un po’ di conversazione con l’artista.
“Sapete
Madamigella Oscar, ricordo la prima volta che vi ho vista, quasi 20 anni fa. Fu
in occasione della prima volta che la nostra regina visitò Parigi; a quel tempo
Sua Maestà era davvero molto bella, ma foste voi a colpirmi maggiormente; la
luce di quel giorno vi investiva, illuminando il vostro portamento fiero e
superbo. Immediatamente desiderai di poter mettere quello sguardo sulla tela.
All’epoca non sapevo che eravate una donna, ma l’immagine di allora si
sovrappone e si confonde con quella che ho davanti oggi. Non vi trovo cambiata.”
Oscar abbassò lo
sguardo per un momento, tornando al ricordo lontano di quella giornata. Su una
cosa sola il pittore si sbagliava, pensò Oscar; lei non era più la ragazza di
20 anni prima.
Erano cambiate
diverse cose, troppe nella sua vita, alcune anche in maniera dolorosa.
“Io di quella
giornata ricordo solo il sole caldo e luminoso.” e questo fu il suo unico
commento.
“Il vostro sguardo
forse oggi è un poco più triste… sembra bruciante di febbre, siete pallida. Non
state bene? Se volete possiamo fermarci.”
“Sì,
effettivamente non mi sento troppo bene, ma voi proseguite. Non preoccupatevi.”
L’artista nei
giorni seguenti, era andato avanti nel suo lavoro, pensando che doveva
terminare in fretta.
Non restava molto
tempo.
***
Il quadro,
piuttosto grande, era stato appeso alla parete del salone e faceva bella mostra
di sé.
Oscar era in piedi
davanti alla tela e lo stava contemplando. Il pittore era di fianco a lei e
attendeva che il committente si pronunciasse sul risultato del suo lavoro.
Oscar non fece commenti, ma stava formulando un giudizio. L’impostazione del
dipinto era decisamente accademica, ma in fondo il risultato le piaceva.
Il pittore era
stato bravo a cogliere i suoi due volti, uno sguardo limpido come l’acqua,
acceso dal fuoco della battaglia. Pensò al padre e non dubitò che sarebbe
piaciuto altrettanto al generale.
Nelle intenzioni
di Oscar, era per lui quel ritratto. Voleva lasciare al padre qualcosa di sé,
forse perché sentiva di dover principalmente a lui la sua vita, quella vita che
l’aveva resa diversa e unica fra le donne.
Quella vita che
l’aveva anche privilegiata, in qualche modo, perché l’aveva resa libera, come
nessun’altra donna, ma che le era costata anche grandi sacrifici.
Il generale e la
moglie, seguita dalla governante, entrarono in quel momento nella sala.
Volevano ammirare il ritratto finito. Ne furono entusiasti, soprattutto il
generale che non lesinò complimenti all’artista.
Anche Madame
Jarjayes ebbe parole d’elogio per il quadro e il suo autore.
“È bellissimo… - commentò pacata, - un’ opera
davvero mirabile.”
Il pittore ne fu
lusingato e sollevato; aveva temuto che il quadro potesse non piacere.
Solo allora, parlò
con entusiasmo del suo lavoro.
“Vi ringrazio
Madame. Lo giudico il più bel dipinto che io abbia mai fatto. Se non vi fosse
piaciuto, avevo pensato di tenermelo.”
“No, quel quadro
resterà qui. Rende pienamente giustizia a mia figlia.” Disse il generale.
Era vero.
Nella grande tela,
madamigella Oscar era stupenda, rappresentata in sella ad un cavallo rampante,
mentre brandiva una spada pronta alla battaglia, come Marte, il dio della
guerra. Le pennellate fluide dello sfondo si armonizzavano con la figura del
cavaliere, che pareva investito dal vento che ne gonfiava il mantello, in un
panneggio reso con notevole virtuosismo.
Fino a quel
momento, Oscar non aveva prestato particolare attenzione ai commenti
entusiastici intorno al suo ritratto, ma si unì al generale quando volle
brindare al risultato.
In realtà, era
distratta anche da altri pensieri; i soldati che occupavano Parigi, la tensione
popolare che cresceva di ora in ora, i suoi dubbi su cosa fosse giusto fare,
abbracciare la causa popolare e rinunciare all’uniforme o continuare a servire
la corona.
E poi c’era lui…
André stava
perdendo la vista, il pensiero più doloroso che le avesse attraversato la
mente, fino a quel momento.
Era stato bravo a
nasconderle la verità, pensò.
I suoi occhi
correvano a cercarlo a pochi passi da lei. André, fino ad allora era rimasto
fermo sulla soglia della stanza.
Mentre tutti i
presenti contemplavano l’opera, lui era rimasto in disparte e pareva non essere
interessato ad ammirarla.
Oscar prese ad
osservare con attenzione il suo amico.
Come ho fatto a
non capirlo?
Era sempre stato
pronto a sostenere il suo sguardo. Ora sembrava volerle sfuggire e ormai, lei
sapeva perché.
Ripensò alle
parole del dottore, da cui era stata il giorno prima, alla sua sentenza che non
lasciava speranze, né per lei, né per lui.
6 mesi…
Non c’è più tempo
per nulla.
Perché non hai
voluto dirmelo? Perché ti tieni tutto dentro di te?
È una vita che lo fai, non hai ancora perso
questa abitudine.
Forse lo so il
perché; è la stessa ragione per cui ti nascondo la mia malattia.
Non vuoi che mi
preoccupi per te, oppure temi che possa allontanarti da me? In realtà, non
saprei starti lontana, ma ho paura dei rischi a cui esponi te stesso, per
restare al mio fianco. Sono combattuta fra la ragione, che mi dice che non puoi
restare nell’esercito in quelle condizioni, e il mio cuore che non vuole
lasciarti andare troppo lontano da me.
Ho paura di
affrontare da sola quello che ci aspetta.
Che devo fare? Io
non so decidermi.
Oscar e André furono soli.
Oscar era seduta
in poltrona, il bicchiere di cognac in mano. André, sempre immobile sulla soglia.
Avrebbe voluto rimandare all’infinito il momento di
trovarsi solo con lei di fronte al suo ritratto.
Allora, vista la sua esitazione, lei lo invitò ad entrare.
“Non restare fermo
lì, non vuoi vedere il mio ritratto, André?”
“Sì, certo Oscar.”
Si avvicinò
lentamente, ma non abbastanza. Non voleva che lei capisse la realtà drammatica
della sua situazione. Fu davanti alla tela. Oscar alle sue spalle.
Tutto quello che
vedeva era una massa indistinta di colori e la sagoma indefinita di una figura.
Nel complesso, tutto
gli appariva molto sfocato; la luce rossastra del tramonto che entrava dalla
finestra, non lo aiutava e contribuiva a confondere ancora di più, i colori
reali dell’immagine che aveva davanti.
Doveva dire
qualcosa, così parlò nella speranza di non tradirsi.
“È stupendo Oscar,
oltre ogni descrizione; i tuoi meravigliosi capelli biondi si accendono di luce
viva… quelle rose bianche mi ricordano Arres, i luoghi dove noi andavamo da
ragazzi. Non lo ricordano anche a te?”
André non la
vedeva, altrimenti avrebbe letto dalla sua espressione, la pena che sentiva per
lui.
Oscar mentì,
mentre lacrime silenziose le rigavano le guance.
“Sì, certo André.”
la voce appena incrinata.
“Non dimenticherò
mai la bellezza di questo quadro, né la tua vera bellezza, a cui nessun quadro
potrebbe rendere completamente fede.”
“Grazie André… sei
tanto caro… ti ringrazio dal profondo del cuore.”
La commozione la
vinse completamente; abbassò lo sguardo per nascondere il pianto, che non
riusciva più a trattenere. Ma lo sforzo che André stava facendo per non
preoccuparla era inutile. Oramai Oscar sapeva.
Perché tenti
l’impossibile? Come hai fatto ad ingannarmi per tanto tempo? Ti ha aiutato qualcuno
a nascondere il tuo segreto, Alain forse era tuo complice. Io ero cieca… come
al solito, non noto mai quello che ti riguarda, finché non è troppo tardi. Ma
ormai so la verità André. È fin troppo evidente: non ci sono rose in quel
quadro.
C’è un dio su un
cavallo che forse non mi rappresenta, nonostante l’entusiasmo dimostrato da mio
padre.
Mio padre che non
sospetta e si sorprende del mio gesto. C’è una ragione molto seria e triste.
Gli dei sono
eroici immortali.
Io no.
Io sto morendo.
Ho paura.
Che cosa lascio
qui?
Quali tracce avrà
lasciato il mio passaggio su questa terra? Mi sento come un albero che non ha
dato frutto.
Neppure il mio
amore tardivo può riscattarmi. Un’ immagine illusoria è tutto quello che
resterà di me.
In fondo, non mi interessa
come quel pittore mi ha vista, non è per vanità che ho commissionato quel
ritratto.
Voglio solo che
resti qualcosa di me, un ricordo, un’ immagine per non farmi dimenticare.
Perché mio padre
non si dimentichi di questa figlia sbagliata, che ha tentato di plasmare a sua
immagine e somiglianza. Per questa figlia che forse lo ha deluso e lo deluderà
ancora, se possibile.
Per mia madre, che
questa figlia l’ha persa troppo presto, quando le fu strappata dal seno.
Per il bene che mi
è stato dato. Per ciò che mi è stato tolto. Non è per te, amore. A te non
serve.
So che sono già
nel tuo cuore, al sicuro dal tempo implacabile che passa e cancella tutto,
anche i ricordi delle nostre povere vite.
Sì amore, ho il
coraggio di pensarlo, ciò che sei per me.
Tu ricordi tutto
di me, anche quello che non dovresti, quello che fa male. Vorrei negarti quei
ricordi, quelli legati al nostro dolore e lasciare solo quelli lieti. Ne
abbiamo avuti, non so dire quanti in un tempo lontano, che visto da qui, sembra
appartenere ad altri due esseri che non siamo noi.
Non tentare
l’impossibile, André…
Non cercare di
vedere quello che non c’è e nascondere
ciò che per me è già palese. Capisco la tua esitazione, vorresti evitarmi ansie
inutili, ma io so già tutto.
E ho paura… per
te.
Devo
proteggerti.
Non deve accaderti
nulla.
Erano nelle
scuderie.
Andrè e il
generale.
Senza volerlo li
aveva sentiti parlare.
Non era sua
abitudine origliare, ma non aveva potuto farne a meno.
Andrè stava
terminando di sellare i loro cavalli. Dovevano tenersi pronti per andare a
Parigi, ad affrontare la folla.
Aveva udito le
parole incredibili del padre; erano quelle di un uomo che si sente in
colpa.
Se qualcuno mi
avesse detto che un giorno avrei sentito la voce di mio padre incrinata dal
rimorso, non gli avrei mai creduto. Mio padre mi ha sorpreso nuovamente.
Era già successo
in un recente passato, quando mi propose di cambiare tutta la mia vita, con il
matrimonio. Allora, mi era sembrato
l’ennesimo capriccio.
Io non avevo
capito il suo gesto, il suo timore. Perché dopo tanto tempo, mi chiedeva di
rinunciare alla mia vita? Quella vita che lui aveva scelto per me, non io.
Lui aveva voluto
sfidare la sorte, e aveva ottenuto molto più di quanto fosse lecito aspettarsi.
Lo avevo deluso, dal momento che avevo lasciato le Guardie Reali?
Mi sentivo un
burattino nelle sue mani. Chiesi a mia madre, il motivo di quell’improvviso
ripensamento.
Povera madre; non
avevo compreso quanto l’avesse fatta soffrire la decisione di mio padre alla
mia nascita; non aveva mai sperato che recedesse dal suo proposito.
Ma io non potevo
tornare indietro.
“Oscar, devi
capirlo. Lui ti vuole bene e anch’io te ne voglio figlia mia. A volte, i
genitori sbagliano per troppo amore. Tuo padre si sta pentendo; vorrebbe riparare,
vederti felice… saperti al sicuro, col calore di una famiglia tua.“ mi disse.
Mi furono chiare
le ragioni del ripensamento di mio padre, ma non potevo condividerle.
E compresi anche
che mia madre sperava davvero che io mi sposassi, che conducessi finalmente una
vita normale, lontana da armi, soldati e ordini da dare ed eseguire.
“Ascoltatemi madre…
– le dissi, – l’educazione che mi è stata data in fondo, conta relativamente.
Ma il mio orgoglio mi impedirebbe di accettare che altri scelgano per me, la
vita che devo vivere. Non sarei mai una buona moglie per nessun uomo, che
pretenderebbe di trovare in me una damigella perfetta e a modo.”
Mia madre aveva
proseguito, con ansia, cercando di farmi ragionare.
“Oscar, la Francia
sta attraversando un momento difficile, forse accadrà qualcosa di tragico. Tuo
padre ti conosce, sa che hai un carattere dal temperamento focoso e fiero, sa
che ti butteresti nella battaglia senza esitare. Vorrebbe evitare tutto questo.
E anch’io figlia mia, temo che se insisterai a condurre questa vita, ti
distruggerai con le tue mani.”
“Non posso, mi
dispiace. Non posso rifare tutta la mia vita da capo. Ho avuto modo di riflettere
dopo alcuni episodi. È stato difficile
trovare un equilibrio con me stessa, ho sofferto e molto in passato, ma ho
finalmente compreso che posso vivere come un uomo, pur avendo un cuore di
donna. Benché io sia una donna, in tutto e per tutto, mi piace la vita che mi è
stata data e intendo continuare a vivere così…”
“Io voglio solo la
tua felicità, Oscar. Sono contenta di sapere che finalmente tu abbia trovato te
stessa. Non sai che sollievo sia per me, sentirti dire questo. “
Mia madre si
rassegnò, ma devo averla delusa.
Solo oggi, riesco
a valutare completamente la portata delle mie parole di allora.
Io avevo già una
famiglia. C’erano già delle braccia
pronte ad accogliermi. Erano le tue.
E oggi, le parole
di mio padre, mi sorprendono di nuovo. Non credevo che le avrebbe mai dette, un
giorno.
È solo il senso di
colpa a farlo parlare? Eppure mi sembrava sincero.
Lui si preoccupava
per te, si augurava che non ti accadesse nulla, non solo, diceva anche che ti
avrebbe voluto come genero, se le circostanze lo avessero permesso. Era sicuro che mi avresti resa felice.
Sicuro di qualcosa
che io ho ignorato per tanto, troppo tempo.
Ma lui non sa cosa
rischi, io sì…
Lui non sa che
stai perdendo la vista, io sì… una cosa di fronte a cui mi sento totalmente
impotente.
Dovrei convincerti
a restare a Palazzo Jarjayes, non posso lasciarti venire con me… probabilmente
non mi ascolterai… Cosa devo fare?
Devo trovare un modo per convincerti… non sarà facile.
Sei testardo, lo
so. Se ti accadesse qualcosa io… non lo so cosa farei…
È sera.
Sono andati via.
Bisogna andare a
Parigi ad affrontare la folla.
Sulla strada i
ribelli li hanno accolti con bastoni, forconi e fucili.
Qualunque
cosa accada resta vicino a me…
La boscaglia li
accoglie per nasconderli, complice questa notte rischiarata qua e là dal fuoco della
ribellione. Avevano parlato.
È mai possibile
che tu mi ami ancora?
Ti amo da sempre… da
una vita…
Dopo, il cuore di
Oscar aveva accelerato i battiti come impazzito.
Si sentiva come se
volesse scoppiarle nel petto perché alle parole, era seguito l’abbraccio forte
e appassionato.
Se André fosse
andato avanti, non gli avrebbe più negato nulla. Si sentiva già vinta e felice
di esserlo.
Quando i loro
sguardi si incrociarono incatenandoli, bastò per capire che quella notte
avrebbe suggellato per sempre un patto d’amore, che attendeva da troppo tempo
di essere compiuto.
Oscar per la prima
volta, pianse lacrime di felicità, stingendolo a sé mentre si abbandonava sul
suo petto.
Sentiva il suo
cuore leggero come se potesse volare, perché tutte le paure e i sensi di colpa
furono cancellati in un attimo. Nello stesso attimo in cui finalmente le loro
bocche si cercarono per baciarsi, furono entrambi sopraffatti dalla gioia. Un
bacio da troppo tempo sognato, lungo e intenso, in cui si schiudeva tutto
l’amore che i due giovani avevano custodito dentro sé per lungo tempo. Un amore
che chiedeva prepotente di manifestarsi, nei corpi allacciati in carezze
convulse, percorsi dalla febbre bruciante del desiderio, che doveva essere placato.
Lo volevano
entrambi. André la sollevò tra le braccia e la depose vicina al suo fianco.
Siamo soli tra gli
alberi.
Sto cercando nella
mente le parole giuste da dire in una notte come questa, illuminata dalle
lucciole.
Volevo rimandarti
a casa, ma hai annullato la mia volontà
con poche parole – ti amerò finché avrò vita – e gesti sicuri e decisi. Allora sono crollati tutti i miei buoni
propositi. Ho ceduto completamente, il tuo amore mi ha disarmata.
Non potevo più
resisterti, non potevo più ignorare la bramosia del mio cuore.
Lascia che Parigi
aspetti, perché noi non possiamo più aspettare il tempo che non abbiamo.
Hai dato pace al
mio cuore. Non sapevo cosa fosse la gioia.
Ora so cosa è
rimasto di noi, cosa resterà nei nostri cuori. Rimaniamo noi e il nostro tutto;
pensieri, sogni ed esperienze comuni. Il ricordo più bello della nostra vita.
L’amore consumato tra le tue braccia. L’estasi placata dai nostri baci, in una
notte che vale due vite intere. Le nostre… che si sono trovate.
La coltre della
notte coprì la loro pelle e l’oscurità fu custode dei loro sospiri d’amanti
impazienti.
Erano venuti al
modo per quell’unica notte che sigillò la loro unione e legò i loro destini.
Più nulla li
avrebbe divisi.
******
Il generale Jarjayes e la moglie erano
insieme nella sala, davanti al ritratto della figlia.
Il marito cingeva le spalle della consorte
in un abbraccio che cercava di essere consolatorio, ma il senso di colpa e la
solitudine aleggiavano nell’aria e sui loro cuori.
Madame era scossa dai singhiozzi e piangeva
per quella figlia sfortunata, che le era stata strappata in fasce, che aveva
goduto di brevi e rare gioie. Un dipinto e un breve biglietto per il generale,
era tutto quello che la figlia aveva lasciato, prima di andarsene al calar della
sera verso Parigi, per seguire chi l’amava da sempre e che adesso, lei
ricambiava con slancio uguale e appassionato.
Per quell’uomo lei aveva detto addio a tutto
il suo passato, consapevole di aver fatto una scelta definitiva. Quell’uomo
adesso era diventato il suo destino. Lo era sempre stato, unico e irripetibile.
Null’altro restava di lei in quella casa.
Nessuno ancora sapeva, che non sarebbe più tornata.
Nessuno sapeva da che parte avrebbe
combattuto, quali scelte avrebbe fatto.
Speranze diverse, ma
angosce simili di fronte all’ignoto.
Lacrime che
nessuno avrebbe più consolato.
Non sono riuscito a salutarti; ma perché
avrei dovuto dirti addio?
Vivi Oscar. Vivi come il tuo cuore ti
suggerisce.
“Vi ringrazio di
tutto quello che mi avete dato. Perdonatemi se vi ho dato dei dispiaceri…
Qualunque cosa
accada sappiate che non mi avete allevato come un vile…”
Così è stato.
Il mio cuore ha
lottato, amato e sperato, ma ha arrestato la sua corsa su una piazza di sangue.
Tutta la mia vita,
da che ne ho memoria, è stata una lotta continua per avere quasi mai, ciò per
cui mi battevo.
Troppi desideri
inesauditi gravano sul cuore e sono insostenibili, ora.
Desideravo la
gioia e trovavo il dolore.
Avrei voluto la
pace e l’ansia tormentava la mia anima.
Anelavo l’amore e
mi ha lasciato solo lacrime.
Volevo vivere è mi
è rimasto nient’altro che il desiderio della morte.
Quest’ultimo, ho
la certezza che mi verrà concesso.
Ora un'altra alba
attende di sorgere.
Il mio fatale
destino è già segnato come quello degli uomini, in balia della storia che
travolge tutto, come la corrente inarrestabile di un fiume; essa concede agli
infelici di ritrovarsi, soltanto dopo aver pianto tutte le loro lacrime.
E forse è questo
l’unico destino possibile, concesso a certe anime tormentate come noi.
Così sarà.
Nella morte che separa e riunisce, troveremo la pace.
Così la morte darà senso alla
vita.
Fine
Nota dell’autrice: per quanto mi piaccia leggere le
storie a lieto fine, che mi danno sollievo, a volte mi fanno sorridere, io non
riesco a vederne una possibile per i nostri protagonisti. Probabilmente è un
mio limite. Per quanto si possano immaginare infinite situazioni tra Oscar e
André, che non ci vengono mostrate nell’anime o nel manga, la fine, quella
originale resta per me, l’unica che abbia davvero senso; trovo questa storia
bella e struggente, proprio perché finisce in modo tragico. Se finisse in modo
diverso, non mi avrebbe emozionato altrettanto. Non mi avrebbe detto, quello
che mi dice sul senso della vita.
Ancora grazie a chi avrà avuto la pazienza di leggere fin
qui.