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Autore: SaraRocker    13/11/2014    4 recensioni
-Jessa, Wessa, Clace-
Dopo una riunione a Londra, Magnus deciderà di lanciare un veloce incantesimo per rispedire Clary a casa. Ma se facesse confusione tra spazio e tempo? Se la spedisse in un passato lontano? Nel 1878?
Lì farà la conoscenza di una giovane Tessa sul punto di sposarsi con un certo James Carstairs, di un ragazzo chiamato William, e di un vecchio Magnus Bane.
Nel presente, intanto, Jace, Simon e Magnus cercheranno un modo per salvare la ragazza.
-Dal prologo.
Sentiva il proprio corpo farsi via via più leggero, come stesse lentamente perdendo consistenza. Le sembrava di non gravare più sull'asfalto umido di Londra, ma quasi di volare. La voce dello stregone si fece sempre più flebile, sino a svanire. Per qualche istante, la rossa fu certa di non esistere. Non sentiva più niente, non un battito cardiaco, non un briciolo di aria, e neppure il silenzioso suono dei suoi pensieri. Poi, improvvisamente, tutto tornò concreto e reale attorno a lei. Sentiva degli schiamazzi in sottofondo, ed avvertiva chiaramente la luce del giorno picchiarle forte contro le palpebre.
Corrugò la fronte ed aprì gli occhi. Era sempre nello stesso luogo, ma Magnus era sparito.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Salve lettrici e lettori! Sono stata molto felice di ricevere le nostre recensioni, e ho deciso di continuare la fanfiction!
Spero vi piaccia, ed oggi ho pubblicato un capitolo più lungo, principalmente incentrato sulla situazione di Clary. Presto entreranno in scena anche Will, Tessa e gli altri!

Fatemi sapere che ne pensate, e alla prossima!






Future's Drop.




























Magnus era svanito. Non vi era né una traccia, né un glitter abbandonato sulla strada rovinata sotto i suoi piedi. Per quanto voltasse lo sguardo, Clary non vedeva alcuna figura che potesse ricordarle anche solo in modo vago lo stregone dai lineamenti asiatici e la pelle brillante. Per quanto frugasse tra le persone che la circondavano, non vedeva da nessuna parte la bella giacca di colore viola, né i pantaloni estremamente pregiati e scuri. Non sentiva il ticchettio inconfondibile delle sue falcate ampie e determinate, ma solamente un ammassato di passi sconosciuti, frettolosi e continui. Alzò lo sguardo al cielo, incontrandolo completamente grigio, ricoperto di nubi spesse e minacciose. Forse avrebbe piovuto, si disse, ricordando il modo in cui Jace l'aveva avvertita sulle pessime condizioni atmosferiche di Londra. Una vasta città pervasa di nero, grigio e marrone, completamente diversa dalla sua amata New York.
Sbuffò contrariata, decisa a ritrovare al più presto il suo stupidissimo compagno di viaggio che, per qualche folle ragione, l'aveva abbandonata da sola in Inghilterra. Affilò lo sguardo e, ancora immobile al centro della strada, decise di contemplare qualche istante le persone che la circondavano. Un brivido la percorse.
Se non avesse deciso di farvi caso, si disse poi in seguito, probabilmente non lo avrebbe neppure notato, eppure Clary constatò,  con una certa inquietudine, che sul capo di ogni figura vi era almeno un cilindro, una bombetta od vistoso copricapo femminile. Lei, riflettè, era probabilmente la sola a non indossare nulla che le nascondesse la folta chioma riccia, libera sulle spalle e priva di un ordine definito. Guardando meglio, oltretutto, notò anche un altro particolare: i vestiti. Le donne, tutte estremamente posate e con la testa alta, indossavano abiti pesanti ed ampi, con gonne che sfioravano l'asfalto umido di pioggia, che si inzuppavano passo dopo passo. Le maniche erano lunghe, e le scollature rigidamente sotto la clavicola. Gli uomini, invece, spaziavano dall'elegante completo con la giacca a coda di rondine, a dei meno severi abbinamenti di camicie e pantaloni scuri, neri o marroni.
Una sensazione calda e bruciante -spiacevole- attraversò ogni singola vena di Clary, facendola scattare sul posto. Sbattè le palpebre più volte, confusa, mentre si buttava a capofitto sul primo passante che le si trovava d'innanzi. Si trattava di un uomo sui trentacinque anni forse, dalla barba incolta ed i capelli lunghi sino alle spalle. Puzzava di alcool ed indossava abiti sudici, ma la giovane non vi fece caso. Era troppo confusa, allarmata. Si sentiva incredibilmente a disagio, e non aveva idea di cosa stesse accadendo. Gli si aggrappò all'avambraccio destro, facendolo quasi scivolare a terra. Lo sentì imprecare, ma non se ne curò.
-Mi aiuti!- lo pregò, cercando lo sguardo dell'uomo -C-Cosa sta succedo, io non capisco e...- si interruppe, avvertendo una fitta ardente in corrispondenza della guancia. Clary fu costretta a voltare bruscamente il viso, mentre la sua pelle assorbiva il colpo appena ricevuto dalla mano pesante dell'uomo. Era stata schiaffeggiata. Non capiva.
-Zitta, maledetta puttana.- sentenziò la voce rude e graffiante della figura. Ora non era più la rossa ad essergli aggrappata, ma lui a reggerla in malomodo per la scollatura del maglione blu, costringendola sulle punte. Una vocetta, dentro Clary, le impose di reagire. Infondo era una Shadowhunter, ed aveva tutte le capacità per eliminare l'uomo d'innanzi a se. Eppure la sua coscienza le diceva di non farlo. Quello era un mondano qualsiasi. Era ubriaco e poco propenso a capire, ma poteva svincolarsi da quella presa senza colpirlo. Sì, avrebbe potuto. Le sarebbe bastato...
Ogni suo pensiero si annullò quando la giovane si rese conto che una mano, callosa e dura, si era infilata prepotentemente oltre la scollatura, alla ricerca del seno di lei. Clary gridò. Nella sua mente riaffiorarono tutte le immagini di Sebastian, della sua follia, di quando aveva cercato di prenderla incurante del fatto che fosse sua sorella. Strinse i denti e colpì l'uomo di fronte a se con un calcio. Lo vide staccarsi da lei velocemente, portarsi una mano contro il ventre, e piegarsi in due dal dolore. Lo guardò mentre si appoggiava alla parete di un edificio e, tossendo senza sosta, veniva assalito da un conato di vomito. Per poco anche alla ragazza non accadde altrettanto.
Prendendo un profondo respiro e sistemandosi il maglione, prese a correre, incurante di quale fosse la strada giusta da prendere. Nel frattanto aveva iniziato a piovere, realizzò, sentendo i propri capelli più pesanti ed avvertendo chiaramente il tessuto sottile delle converse attaccarsi al piede. Non vi fece caso ed aumentò la propria velocità. Le vie di Londra non le erano mai sembrate tanto piccole od affollate, prima. Vedeva la gente squadrarla con arroganza e sorpresa, additarla e parlare, ma non si prese neppure un istante per ascoltare davvero ciò che quelle voci andavano proferendo. Continuava a vedere strascichi di abiti incredibilmente pregiati, e completi abbinati a cappelli dalla straordinaria fattura.
Sbucò infine in una strada più ampia, e per poco una coppia di cavalli non la investirono. Nitrirono rumorosamente, facendola arretrare terrorizzata, mentre il cocchiere della carrozza che gli animali stavano trainanto, le imprecava contro poco educatamente. Corrugò la fronte e, per l'ennesima volta, contemplò ciò che la circondava; vi erano ovunque piccole carrozze con simboli tutti differenti, tutte trainate da cavalli dal manto curato. Pochi erano coloro che camminavano a piedi, e di automobili neppure la più vaga delle ombre. Un uomo, fermo al centro di un incrocio sudicio ed umido, gridava le notizie della prima pagina del quotidiano, vendendone innumerevoli ai passanti curiosi. Incurante della pioggia che scendeva, continuava a gridare e ad agitare a mezz'aria un giornale. Clary, senza neppure riflettere, si avvicinò. Attraversò la strada, evitando carrozze e cavalli, e giunse di fronte all'uomo che, confuso, le lanciò una veloce occhiata stupita. La rossa non era la sola ad essersi avvicinata, bensì vi era un altro ragazzo, alto e dalla corporatura snella, fasciato in un cappotto lungo e scuro, che contemplava la prima pagina di un quotidiano che doveva avere appena acquistato.
-Un completo curioso il vostro, signorina.- osservò l'uomo che reggeva tra le mani il giornale, guardando la piccola figura di Clary con divertita curiosità. La cacciatrice non parve prestargli attenzione, ma si concentrò invece sulla fattura del quotidiano; sembrava antico, con le lettere leggermente sbavate per la pioggia e, istintivamente, volse il proprio sguardo in corrispondenza della data di pubblicazione.
Sentì il fiato mancarle,  e per poco non gridò. Vide la figura dell'edicolante farsi sempre più sfocata, come sul punto di svanire, mentre il ragazzo al suo fianco rideva leggermente, trattenendosi a stento, guardandola di sottecchi. Poi fu buio.
























La prima cosa che Clary notò una vota tornata in se, fu che, ovunque si trovasse e qualsiasi orario fosse, tutt'attorno a lei si spandeva un delizioso odore di rose, delicato e dolce, che la fece quasi sorridere. Si trovava al caldo, ed era certa come non mai che a pochi passi da lei vi fosse un camino -ne sentiva il crepitio rilassante e le vampate calde del fuoco-. Si trovava distesa su un materasso, e sentiva in sottofondo delle voci familiari. Provenivano da un'altra stanza, ma poteva comunque capire cosa stessero dicendo. Mantenendo le palpebre serrate, decise di prestarvi attenzione.

-Che significa?- stava domandando una prima voce. Era maschile, e sembrava estremamente agitata, come sul punto di gridare. Alla rossa parve familiare, anche se non riusciva proprio a riconoscere quell'accento inglese così perfettamente marcato. Corrugò la fronte.
Sentì una risata, anch'essa appartenente ad una voce maschile, e poi nuovamente parole -E perchè ora reagisci così? Pensavo che ti avrebbe fatto piacere...- osentava un tono suadente, come volesse sedurre il proprio interlocutore -Recentemente sei ossessionato dai cacciatori. Credevo di farti un favore.-
Un suono sordo, come di una sedia che cade a terra, poi dei passi veloci, infastiditi -Quindi hai ben pensato di prendere quella ragazza, svenuta senza alcuna apparente ragione in centro, e di portarla sino a casa nostra?- sembrava alterato, completamente stupito, e Clary immaginò una figura sul punto di perdere la pazienza che, furibonda, entrava nella stanza e prendeva la decisione di eliminarla. Schiuse le palpebre, ritrovandosi all'interno di una stanza ampia, con un camino acceso poco distante. Si sistemò a sedere e si guardò attorno; i mobili erano tutti ricoperti da teli chiari ed erano sistemati ai bordi della stanza. Il letto su cui si trovava, invece, era elegantemente ricoperto da lenzuola morbide e profumate, ed era stato portato al centro della stanza. Trovò quel particolare incredibilmente strano ma, convinta come non mai che qualcuno fosse sul punto di entrare ed ucciderla, preferì lanciarsi qualche occhiata attorno alla ricerca di armi, piuttosto che valutare l'idea di dormire ancora un poco.
Vi erano un paio di vasi che, forse, avrebbe potuto usare per spaccare la testa a qualcuno, un vecchio orologio a parete bloccato, e -con immensa gioia della giovane- un attizzatoio all'interno del camino. Sorrise soddisfatta.
In sottofondo, nel frattanto, i due continuavano a parlare.
-Vorrei ricordarti che è casa mia questa. Se stai qui, è unicamente perchè te lo permetto.- disse uno degli interlocutori, ostentando una vanità ed un'arroganza che a Clary non piacquero per nulla, ma che le fecero istantaneamente ricordare a chi apparteneva quella voce. L'aveva sentita poco prima, di fronte all'edicolante, mentre le faceva gentilmente capire quanto poco gli piacessero i suoi vestiti.

-Un completo curioso il vostro, signorina.-

Rabbrividì, ricordando la risata che aveva udito poco prima di svenire, attribuendola a quell'uomo. Scivolò fuori dal letto e, silenziosamente, sfilò l'attizzatoio dalle braci. La punta era arossata -ardente per il fuoco-, e lei era pronta a scattare e difendersi. Si impose la calma e riflettè; da ciò che stavano dicendo le due persone oltre la porta, il misterioso uomo di prima l'aveva rapita non appena lei era svenuta, e l'aveva portata lì per... Per chi? Il suo padrone? Il suo amico? Chi diavolo si nascondeva oltre la stanza?
-Quanta arroganza, Woosley.- commentò una voce. L'altro sghignazzò.
-Ma non è per questo che ti piaccio?-
-Non dirmi che sei geloso di William...- commentò con stizza uno. Nello stesso momento, Clary udì chiaramente dei passi avanzare verso la porta della sua stanza. Inforcò meglio l'attizzatoio.
-Geloso? QUello tra me e te non è un rapporto d'amore.- rispose con tranquillità e leggerezza l'altro -Ma sappiamo entrambi quanto dolce è il tuo cuore, Magnu Bane. Persino nei confronti dei Nephilim.-
Clary si irrigidì completamente nel sentire quel nome. Lasciò andare l'arma improvvisata che reggeva tra le mani, facendola tintinnare rumorosamente contro il pavimento della stanza. Sentì gli occhi inumidirlesi per il sollievo e, scattando veloce, giunse alla porta della stanza. La aprì senza esitare, trovandosi d'innazi all'uomo che doveva averla portata lì e Magnus, vestito di tutto punto e privo di qualsivoglia genere di glitter. E, non riuscendo a trattenersi, gli saltò al collo, abbracciandolo colta da un sollievo impareggiabile. Per poco non scoppiò a piangere per la gioia nel vederlo lì, per il solievo di averlo ritrovato.
Nel mentre, lo stregone ed il lupo mannaro a capo del Prateor Lupus non potevano evitare di scambiarsi sguardi sconcertati. In tutta la propria vita, mai un Nephilim gli era saltato al collo per abbracciarlo, riflettè Bane stordito.
-Che sta succedendo qui?- domandò lo stregone, afferrando la ragazzina tutta rossa per i fianchi e facendola allontanare da sè, mentre Woosley non riusciva a trattenere le risate.
-Magnus! Adesso non solo tu ami i cacciatori, ma loro amano te!- 
-Zitto, cane. Io non amo i cacciatori, Will è un caso a parte e...- ma la voce dello stregone venne interrotta da Clary che, ferma di fronte a lui, aveva sussultato realizzata. La rossa aveva infatti appena compreso a pieno cosa stesse accadendo. Ed effettivamente, si disse, il ragazzo di fronte a lei, per quanto potesse essere e fosse Magnus Bane, non era il suo Magnus. Sentiva il cuore batterle con frenesia e timore, e ringraziò l'universo intero per averla portata proprio lì, da un amico, dall'uomo che l'aveva vista crescere -per quanto ancora non potesse saperlo-. A questo proposito, si impose la calma. Qualsiasi cosa fosse accaduta, doveva dirla subito allo stregone.
-Magnus!- gli disse quindi, facendolo sussultare sorpreso. Woosley Scott continuava ad osservare la scena con un certo divertimento nello sguardo, mentre Clary attendeva trepidante una reazione differente dal semplice scattare sul posto. Quando infine accadde, tirò un sospiro di sollievo.
-E voi sareste...?- la voce del moro tremava quasi, insicura ed impacciata, come mai prima di allora l'aveva sentita. La rossa capì immediatamente perchè prima non fosse riuscita  a riconoscerla: in quel tempo, in quel luogo, Magnus ostentava un accento da perfetto inglese. Qualcosa che, da sommo stregone di Brooklyn, aveva perduto.
-Clary!-
In tutta risposta, il ragazzo ostentò un sorriso imbarazzato. La ragazzina sbuffò, alzando lo sguardo al soffitto evidentemente spazientita.
-Clary Fray! Clarissa Fairchild Morgenstern!-
Magnus parve illuminarsi e, indicandola con la punta dell'indice destro, parlò -Fairchild! Siete parente della signora Branwell!-
La rossa, che non aveva neppure la più vaga idea di chi potesse essere questa donna, scosse il capo con fare concitato. Si sentiva incredibilmente frustrata. Aveva ancora i capelli umidi di pioggia, così come le scarpe -Avanti! neppure coi tuoi poteri lo capisci?-
Vi era una certa supplica nella voce della ragazzina, constatò confuso lo stregone. E, cosa altrettando sorprendente, si rivolgeva a lui dandogli del tu, come lo conoscesse da una vita. Scrollò le spalle.
-Magnus...- 
-Sicuramente siete una ragazza diretta.- la interruppe lui, neppure ascoltandola. Woosley continuava ad assistere alla scena con un certo spasso e, sempre stretto nel proprio ampio cappotto, ammirava le reazioni sconclusionate dell'acclamato stregone Bane.
-Magnus...- ma lui la interruppe nuovamente.
-Insomma, si necessita di un certo coraggio per vedermi, abbracciarmi, e quant'altro, ma- -Magnus!- questa volta, per interromperlo, Clary gridò. Lo stregone, stupito, battè le palpebre più volte, la fronte corrugata e le labbra schiuse. Il lupo mannaro, questa volta, stava letteralmente affogando per le risa.
-Io vengo dal futuro! Più di cento anni avanti a qui!- esclamò la giovane Shadowhunter, gli occhi verdi e brillanti sgranati ed il seno che si alzava ed abbassava con frenesia a causa del fiatone. E, per qualche ragione, quella fu per lo stregone una spiegazione decisamente plausibile. Senza dire nulla, lanciò una veloce occhiata al lupo mannaro al suo fianco. Quest'ultimo, pur sbuffando contrariato, se ne andò. A quel punto Bane si fece largo nella stanza, si chiuse la porta alle spalle e si lasciò andare a sedere sul letto sfatto su cui aveva appena riposato Clary. Affilò lo sguardo e sorrise sghembo, arricciando un angolo delle lebbra sottili e seducenti.
-E ci conosciamo, piccola Nephilim?-
La rossa annuì immediatamente, sistemandosi di fronte allo stregone -Molto bene. Mi hai vista crescere.-
Di fronte quella risposta, constatò silenziosamente Clarissa, Magnus parve estremamente sorpreso. Probabilmente, in quel tempo, non era una cosa particolarmente tipica di lui fare amicizia con i cacciatori. O, comunque, non tanto da poterli accompagnare per un'intera vita, sin da quando erano in fasce. Ma qualsiasi fosse la realtà, quell'espressione stupita svanì presto, tornando immediatamente pacata e divertita.
-E quale incresciosità vi avrebbe condotta sin qui?- le chiese con fare ironico, le sopracciglia leggermente sollevate ed un dito impegnato a disegnare a mezz'aria piccoli riccioli colorati, prima azzurri, poi viola e poi verdi. Clary incrociò le braccia sotto il petto, risultando decisamente risoluta.
-Proprio tu.- disse, stupendolo -Dovevi fare un incantesimo per riportarmi in America, ma penso che tu abbia confuso lo spazio ed il tempo.-
-Non farei mai un errore tanto stupido.-
Clary rise di una risata decisamente poco divertita. Per quanto fosse stata felice di vedere Magnus, ora non poteva fare a meno di  ricordare che, se si trovava lì, era proprio a causa sua. Se non era con Jace e Simon in quel momento, era solo colpa dello stregone.
-E invece lo hai fatto.- mormorò, ostentando una certa fermezza. L'uomo sorrise leggermente, per poi annuire.
-La formula era in greco?-
La giovane corrugò la fronte, un'espressione di completa confusione ad adornarle il viso bello e pallido -Forse? Ma che c'entra?-
-Mai stato bravo in greco. Questo spiegherebbe tutto.-























-Alec!- la voce incredibilmente alta di Jace giunse alle orecchie del parabatai in pochissimi istanti. Era agitata e furiosa, ed Alexander si trattenne a stento dal rispondergli con fare altrettanto concitato. Sospirando e sperando di riuscire a mantenere la calma, il maggiore dei fratelli Lightwood si incamminò verso la stanza del biondo e, una volta arrivato, bussò un paio di volte alla porta. Sapeva che il ragazzo non era in pericolo -o la runa parabatai avrebbe preso a bruciare-, e perciò non aveva alcuna ragione di fiondarsi dentro, gridare o correre.
-Jace, sono io. Apri la porta?-
Il giovane Herondale non rispose neppure. In pochi istanti fece capolino da oltre la porta, i capelli spettinati e l'espressione furiosa. Guardò il moro di fronte a lui e prese un profondo respiro.
-Alec, dammi il numero del tuo ragazzo.-
Quella, constatò Alexander, era decisamente una pretesa. O, come lo avrebbe definito Jace, un gentilissimo ordine. Corrugò la fronte ed arretrò di un passo, costringendo il proprio fratello -seppur non di sangue- a muovere un paio di passi nel corridoio. Jace, pur controvoglia, seguì l'amico. Indossava un paio di jeans rovinati e una camicia bianca e, oltre il colletto ed il tessuto sottile, si intravedevano le innumerevoli rune da cacciatore.
-Perchè vuoi che ti dia il numero di Magnus?- domandò Alec, ostentando una certa spossatezza.
-Perchè Clary non è ancora tornata, e non risponde. Deve avere il cellulare scarico.- rispose con calma il biondo, sistemandosi contro lo stipite della porta aperta e passandosi la lingua sulle labbra.
-Potresti mandargli un messaggio di fuoco, no?-
-No.-  disse con fermezza Jace -Ho intenzione di chiamarlo, e gridargli contro come una teen-ager infuriata.-
Il moro, dopo essersi passato una mano tra i capelli ed avere a stento trattenuto le risa, tirò fuori dalla propria tasca il cellulare. Ormai era abituato al fare protettivo che Jace ostentava se di mezzo vi era Clary, ma era assolutamente inconcepibile che dovesse dare vita ad un tale caos per un semplice numero di cellulare. Gli porse il telefonino.
-Tieni. Quando hai fatto, mi trovi in armeria. Vado ad allenarmi.-













 
  
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