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Autore: DonnieTZ    13/11/2014    4 recensioni
Nine e Loto - due esempi viventi di un mondo diviso e in guerra - che finiscono per entrare in collisione, conoscersi, fidarsi. Due "diversi" in una città che non perdona le diversità, due ostaggi in fuga verso la speranza, due anime intrappolate in un involucro.
E, in tutto questo, il sentimento più antico del mondo...
Sullo sfondo di una guerra e di un immenso deserto, una storia d'amore impossibile che spero possa piacervi!
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“Nine?” mormoro cauta.
“Loto.” risponde lui aprendo piano le palpebre.
Non posso impedire ad un leggero sorriso di dipingermisi in viso. Ho smesso di farmi domande da quando lui è comparso ridotto in quello stato pietoso. Ho smesso di indagare, di impedire, di controllare. Eppure ho comunque sfilato la mia mano dalla sua, perché è tutto così assurdo, così complicato, così inspiegabile. Dov'è Madre Terra? Perché si è dimenticata della mia esistenza, di tutto ciò che rappresento e significo nel mio mondo lontano? Perché sono qui, perché con lui?

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Seconda classificata e vincitrice del premio speciale "fine del mondo" al contest "Io e te alla fine del mondo" di hiromi_chan.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Hanno dovuto sedarmi  per potermi vestire. È calata su di me una calma ovattata e apatica. Sugli occhi mi hanno spalmato una sostanza appiccicosa come usano le donne di qui e fra i capelli sono avvolti piccoli oggetti scintillanti. Mi osservo nello specchio, mentre l'effetto stordente svanisce e, pian piano, riprendo lucidità; gli avvenimenti delle ore precedenti iniziano a scavare un lento buco nella mia anima più io li ricordo. Trattengo fra le dita la veste trasparente in cui mi hanno avvolto, sentendomi terribilmente troppo esposta, vulnerabile, abbandonata.
Più di tutto questo, però, più di ogni altra atrocità, a spaventarmi è il marchio impresso sul mio ventre. Come quello delle donne nella casa. Barcode, ecco come si chiama.
Ho urlato tanto da ferirmi la gola. E scalciato e graffiato e urlato di nuovo.
Niente è servito.
Sono stata marchiata.
La stanza in cui sono stata abbandonata è lussuosa. Distolgo il mio sguardo dal riflesso e inizio a vagare, facendo scorrere sotto le dita i tessuti morbidi che ricoprono la mobilia.
Quando la porta scatta, sobbalzo e mi volto improvvisamente verso l'entrata.
È lui. Il mostro. Il soldato. L'assassino.
"Eccola, la Dama Bianca."
Un ghigno ravviva il suo viso scarno. 
Con l'affievolirsi dell'effetto stordente rimonta in me tutto l'odio che credevo disperso.
"Allora, tu e il Bot, eh?"
Si avvicina furtivo, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, estraendo lentamente dalla cinta un pugnale. Lo riconosco immediatamente: l'elsa riflette la luce soffusa della stanza, una mano robotica e una mano umana che si stringono. 
Il mio pugnale. Mio e di Nine.
L'uomo si avvicina ancora e io cerco di non indietreggiare; non devo né voglio dimostrargli che mi fa paura, che sto solo pensando a Nine e a cosa possono avergli fatto, che tutto quello che vedo quando chiudo le palpebre è lo sguardo vitreo di Ros.
Quando è ad un passo da me, allunga la mano e mi sfiora con la punta del pugnale.
"Desideravo provarti prima di metterti sul mercato." mormora.
Ricaccio in gola l'insulto e resto immobile.
"Avanti, verso il letto." ordina, puntando appena un poco di più la lama contro la carne tenera dell'addome.
Indietreggio ubbidiente, finché non avverto il bordo in legno del letto sbattere contro il polpaccio. Con un colpo secco il pugnale scorre sotto il nodo che regge la sottile veste alla mia spalla. Il tessuto cede, si taglia e cade in terra in un mucchio scomposto. 
Sono nuda.
"Mh, come dargli torto... sei una donna dell'Oasi, dopotutto. La vostra bellezza è leggendaria."
La sensazione di disgusto serpeggia sulla mia pelle, penetrandomi la carne fino alle ossa. Lo odio. Lo odio con un'intensità tale che riesce a darmi forza, che riesce a darmi lucidità.
Perché le donne dell'Oasi non sono famose solo per la loro bellezza.
Sferrò una ginocchiata fra le sue gambe e lui cade al suolo quasi subito.
"Brutta pu..."
Non lo lascio finire, perché lo colpisco con un calcio in viso. La pianta del piede inizia a mandarmi scosse di dolore quasi subito, ma la ignoro alla ricerca del pugnale. In questo breve scontro è rotolato sotto il letto ma è ancora visibile. L'uomo cerca di riacquistare il controllo e sporge la mano per afferrarlo, ma io sono più veloce.
Si tasta alla ricerca della pistola, continuando a respirare boccate d'aria che non serviranno a far mandare via il dolore. Lo immobilizzo sedendomi cavalcioni sul suo petto, strizzandogli le braccia assieme al tronco perché non possa muoversi. Siamo a terra, immobili, a fissarci in cagnesco.
"E... cosa farai... ora? Vuoi ammazzarmi?"
"Dov'è Nine?"
Una risata rauca e fiacca si propaga dalle sue labbra.
"Il... tuo... Bot..."
Alzo il pugnale minacciandolo.
"Dimenticalo." sibila.
La rabbia esplode e divampa come fuoco. Affondo il pugnale nel suo addome e recito la mia preghiera di vendetta.
"Questo è per Ros, donna delle Città di Ferro. Il tuo oltraggio è stato punito, Madre Natura ti riporterà nel suo grembo, ma il tuo spirito vagherà per il deserto senza pace fino alle alte montagne, dove sopravvivrà di luna in luna in eterno oblio." sibilo ad un centimetro dalla sua faccia.
Mi alzo, sfilando il pugnale dalla sua carne. Pulisco la lama e le mie mani sulle lenzuola, poi afferro sbrigativa la veste sperando di poter guadagnare l'uscita da quel posto il prima possibile. 
Una pozza cremisi si allarga implacabile sotto l'uomo che sto abbandonando, ma non mi fermo, cammino svelta.
L'ho ucciso e lo rifarei, non sono pentita. Non riesco a sentire più nulla che non sia gelido e granitico odio. Preoccupazione, forse, all'idea di ciò che potrebbe essere accaduto a Nine. Devo trovarlo. Supero qualche porta, percorro qualche corridoio, cercando di orientarmi. Voltando un angolo, all'improvviso, vedo di sfuggita un gruppo di soldati.
Mi rannicchio, sperando non debbano procedere nella direzione in cui mi sto nascondendo, e loro si avvicinano, camminando rilassati, chiacchierando.
"Così ha detto: portarlo nella sua stanza dopo dieci minuti."
"Che vuole farne, si può sapere?"
"Oh, a chi importa. Vorrà mostrarlo alla donna dell'Oasi. Forse vorrà addirittura usarlo su di lei, chi può dirlo?!"
Svoltano e percorrono un corridoio che li allontana da me. Sentendomi chiamata in causa mi sporgo per gettare una rapida occhiata.
E lo vedo.
Nine.
Circondato da cinque soldati, cammina ritto, svettando per altezza. Riesco a scorgere la sua nuca oltre i presenti. Improvvisamente mi coglie un assurdo sollievo; solo dopo qualche istante realizzo che qualcosa non quadra, che non dovrebbe andare con loro, che non riesco a spiegarmi il significato delle parole dei soldati.
Vorrei seguirli, perché Nine è con loro e io devo stare con lui, assicurarmi che stia bene, eppure so cosa troveranno in quella stanza, so che mi cercheranno ovunque e so di dovermi allontanare.
Corro.
Non ho idea di dove mi stia dirigendo, non so come trovare l'uscita e, mentre i corridoi e le porte si susseguono, scatta un allarme.
Un suono acuto e prolungato che squarcia l'aria.
Non passa neanche un secondo che lungo i corridoi rimbalza l'eco dei passi dei soldati. Sembrano molti, sembrano impegnati a rispondere all'emergenza quanto più velocemente possibile. Improvvisamente mi coglie la consapevolezza di dover correre, scappare, liberarmi, trovare Nine.
Trovare NineTrovare l'uscita?
Inizio a scappare tenendomi rasente i muri. Non posso andare da lui, per quanto ne senta la necessità quasi fisica. Mi avvicinerei troppo alla zona calda e sento, invece, che è meglio allontanarmene il più possibile.
Il problema – il nuovo problema – è che quello in cui mi trovo è una specie di labirinto. Sembra una zona residenziale, una lussuosa zona residenziale, fatta di corridoi lindi tutti dannatamente simili fra loro.
Inoltre devo stare attenta ai soldati, che sembrano sbucare da ogni angolo. Quando due gruppi si avvicinano al vicolo cieco dove mi sono rintanata, il panico mi serra la gola. Non riesco a ragionare, non riesco a pensare lucidamente. L'ultima volta che sono fuggita dai soldati c'era Nine a coprirmi le spalle.
Mentre il ricordo vivido di lui si ricompone nella mia mente sento una voce.
La sua voce.
"Rilevo fonte di calore."
Poche parole, semplici, insignificanti. E in un attimo mi sono tutti addosso. Puntano su di me le loro pistole stordenti, vociano di alzare le mani, intimano di stare ferma.
In tutto questo caos, con il panico che è ormai esploso, riesco solo a trovare il viso di Nine che svetta alle loro spalle.
Due occhi neri che mi scrutano come fossi un insetto particolarmente fastidioso.
I suoni diventano improvvisamente impalpabili, ovattati. L'ultima immagine, l'estremo barlume di lucidità prima che il buio dell'incoscienza mi avvolga, è una richiesta, una supplica, una preghiera.
"Nine..."
***
Sento le ciglia appiccicate fra gli occhi, ma faccio forza e spalanco le palpebre. Sono in una stanza, legata ad una liscia e gelida sedia. Davanti a me, pallido e bendato, c'è il mostro. Il soldato che ho accoltellato, il crudele carnefice di Ros, di Nine e presto, sospetto, anche mio.
"Sei tornata fra noi, Loto." sibila, ad un centimetro dalla mia faccia.
Attorno a noi ci sono circa cinque soldati e il Bot, Nine, che nella penombra mi scruta. È rigido, ritto in piedi, terrificante.
"Nine? Nine?" chiedo un paio di volte, ancora confusa.
"Lui non parla. Esattamente come gli è stato ordinato. Perché vedi, piccola stupida idiota, i Bot sono nostri. Troveremo sempre il modo di farli tornare sotto il nostro controllo. Capisci? La tua ristretta mente da selvaggia comprende quello che sto dicendo? Immagino di no... immagino sia necessaria una dimostrazione."
La sua voce è nauseante, ma mai come il movimento della sua testa quando si rivolge a Nine. Il Bot si muove verso di me con passo deciso, alza la mano, mi fissa un istante, e colpisce.
La sua mano metallica cala sulla mia mascella con forza controllata, lasciandomi stordita. Il dolore è sordo, pungente, mi annebbia la vista.
Se volevo una conferma, eccola. Il Bot che ho davanti non è più Nine, il mio Nine.
"Sai" dice il soldato con la sua voce viscida, restando in disparte mentre il Bot troneggia su di me "Credo tu debba pagare per ciò che mi hai fatto. Hai idea di quanto mi costerà un impianto per riparare al tuo danno?! Sì, una punizione adeguata..."
Un altro gesto al Bot, probabilmente istruito in precedenza, e la mano metallica cala su di me. La mia veste, già strappata in più punti, viene stracciata dal mio corpo come carta. Resto nuda, immobile, legata e impotente.
"Vedremo se ti piacerà ancora." sibila il soldato.
Ricaccio indietro le lacrime, perché non può succedere davvero. Nine dev'essere ancora lì dentro, in quell'involucro di metallo e circuiti.
"Nine, ascoltami, ti prego. Ricordi cosa ci siamo detti? Restare uno al fianco dell'altra." ignoro le risate dei soldati "Stare vicini, trovare un posto che ci accetti..."
Il Bot non sembra ascoltarmi. Alza la mano e colpisce nuovamente. Sento il sapore del sangue fra le labbra.
"Nine... insieme..." mormoro.
La speranza è l'ultima a morire, si dice nell'Oasi, ma a volte muore e non c'è modo di riportarla indietro. Il Bot fa per slacciare la corta guaina che lo copre sotto la cintola e io mi limito a fissare un punto distante, oltre il suo corpo. 
È finita.
Quando sbatto le palpebre, una lacrima corre lungo il viso pulsante dal dolore. Decido di tenere gli occhi serrati. Forse è meglio e, se non potrò vederlo, farà meno male.
Un impercettibile contatto fresco asciuga la scia umida.
"Loto?" domanda, piano.
Lo fisso improvvisante, e negli occhi di onice scorgo il mio Nine. Non ho idea di come sia tornato o perché, ma la speranza si gonfia nuovamente nel mio petto.
Un soldato lo realizza subito, ma Nine si affretta a colpirlo. Fra un attacco e l'altro tenta di liberarmi dalle strette corde sintetiche che mi trattengono. Incredibilmente un laccio si allenta e, mentre lui stende gli ultimi due, io sono libera. Strappa una casacca da uno dei soldati e me la porge mentre già stiamo iniziando a correre.
"Da che parte, Nine, da che parte?" domando frettolosamente.
In due falcate mi supera e tende la mano perché io gli stia dietro. O almeno questo è ciò che credo, perché mi afferra e mi solleva. Siamo veloci, incredibilmente svelti.
"Al confine. Non possiamo affrontare un viaggio nel deserto senza viveri per te... ma non possiamo stare qui. Per ora andremo dove le carovane dei nomadi fanno gli scambi commerciali con le Città di Ferro. Forse ci daranno un passaggio."
Continua a correre deciso, prendendo varie scorciatoie e uscendo finalmente sui ballatoi che costituiscono l'intera città.
"Non abbiamo niente da dare loro, non accetteranno mai senza guadagnare nulla!"
"Sono fatto di olio nero, Loto, loro non vogliono altro!"
"Ma tu ne hai bisogno per vivere!"
"Ci penseremo dopo." conclude lui.
Entra in un palazzo diroccato. Siamo in alto, troppo in alto e sono certa dovremmo scendere per raggiungere il deserto. Mi poggia piano in piedi e c'è un silenzio irreale. Tutto è polveroso e in rovina.
"Guarda." mi incita, indicando una grande vetrata che si apre nel muro, incrinata e polverosa. Mi avvicino e scorgo il Grande Deserto che si estende fin dove l'occhio può guardare. Presto Nine mi affianca e indica qualcosa molto più in basso.
"Carovane nomadi." mormora.
Le posso vedere chiaramente, con i loro tendaggi color sabbia e i cammelli. I nomadi si aggirano completamente ricoperti nei loro tradizionali abiti scuri ed è quasi impossibile distinguere le donne dagli uomini.
"Come ci arriviamo?" domando.
"Vieni con me. Questo posto è abbandonato, ma è da qui che le vedette avvistavano chi si avvicinava. C'è una lunga scalinata. È pericoloso, ma arriva fino al deserto."
Lo seguo piano, riprendendo il controllo di me stessa.
Realizzo che è Nine, che è tornato. Affondo nuovamente la mia mano nella sua mentre mi guida.
"Pensavo di averti perso." sussurro.
"Ero confuso. Mi sembravi così familiare, eppure non avevo idea di chi tu fossi. Solo quando... solo quando hai pianto ti ho riconosciuta. È stato strano."
Ascoltandolo non mi accorgo neanche di essere arrivata davanti ad una porta. Ha uno spesso vetro impolverato da cui si scorge il deserto nella parte superiore ed è fatta di metallo massiccio.  Nine poggia il palmo sulla grande maniglia.
"Sei pronta? Tieniti stretta."
Spalanca la porta e realizzo che il muro infinito che si getta a strapiombo nel deserto ha una scala aggrappata addosso. E all'apice di quella scala ci siamo noi. Mi gira lievemente la testa per l'altezza e lui mi stringe.
"Loto."
Lo osservo.
"Insieme." mormoro, facendomi forza del suo sguardo.
"Insieme." ripete lui.
Appoggia un casto bacio freddo sulle mie labbra.
"Non così in fretta!"
Ci voltiamo in contemporanea e il viso maligno del mostro spunta sulla porta seguito da quello che mi sembra un intero esercito.
"Nine!"
Ci vengono incontro e lo sguardo del Bot è disperato.
Mi spinge sulla scala con gesto veloce e non ho neanche il tempo di reagire. Lui è ancora dentro la stanza e si chiude oltre la porta, con i soldati, lasciandomi fuori. Sento un rumore stridente di metallo e capisco che deve aver deformato la maniglia.
"No! Nine!"
Batto con i palmi sulla porta, con forza, con urgenza.
I soldati gli sono addosso in un attimo e sono troppi. Posso vederlo attraverso il vetro e lui mi fissa mentre cede sotto i colpi insistenti.
Sento la sua voce, anche se mi arriva ovattata per la superficie solida che ci separa.
"Vai, Loto... vai dai ribelli! Vai! Vai!"
Mi allontano dalla porta mentre Nine cade inginocchio, il terribile soldato che troneggia su di lui con uno di quei bastoni biforcuti in grado di stordirlo.
"Nine..." mormoro.
Giusto in tempo per vedere il lampo bluastro sprigionarsi sulla sua nuca.
Inizio a correre per la scala, ignorando le vertigini. Devo scappare, devo andarmene. Ma un solo pensiero mi martella le tempie.
Nine, Nine, Nine, Nine...
Si è sacrificato per me e il suo sacrificio non deve andare sprecato. Per quanto faccia male, per quanto mi laceri l'anima, per quanto mi tormenti.
Dopo venti minuti salto nella sabbia granulosa del deserto. Non sono troppo distante dalle carovane nomadi e decido di intrufolarmi sperando non si accorgano di me. È vietato viaggiare con loro senza dare nulla in cambio, ma non riesco a pensare a nessun altro modo. 
Devo raggiungere le Terre Ribelli, devo farlo.
Perché un giorno, non importa quando, Nine mi raggiungerà. Ne sono certa, devo esserne certa. Perché è successo qualcosa in queste città maledette e non mi arrenderò al destino.
Che Madre Terra mi assista, mi sono innamorata di un Bot e non rinuncerò alla speranza di rivederlo.
 


 

Eccoci qui...
Non sono pienamente soddisfatta di quest'ultimo capitolo, ma dovevo consegnare e - nonostante un blocco pazzesco - ho tentato di scrivere ciò che avevo in mente. Come vedete è un finale aperto... lui potrebbe essere definitivamente morto o potrebbe davvero raggiungerla, un giorno, dove si sono promessi di incontrarsi e di stare assieme.
Fatemi sapere (o insultatemi XD).
Ringrazio chi l'ha letta, preferita/seguita/ricordata e, sopratutto, chi l'ha recensita fra cui la fantastica Danila Cobain!
Al prossimo racconto...
DonnieTZ
   
 
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