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Autore: Jay Boulders    13/11/2014    0 recensioni
Ethan Evans è l’arrogante e presuntuoso fondatore e proprietario della Evans Corporation, un’azienda multimilionaria quotata in borsa, leader del mercato tecnologico.
Jessica Cartwright era una ragazza solare e piena di vita, una famiglia perfetta, circondata da amici e con un lavoro come consulente informatico che le fruttava alti guadagni grazie alle sue elevate capacità.
“Era” perché dopo l’incidente la sua vita cambiò radicalmente. Uno scambio di persona: un sequestro che le fece perdere ogni cosa, la capacità di comunicare col mondo esterno trovandosi in una spirale di terrore verso tutto e tutti.
Ora cerca di sopravvivere lavorando da casa come freelance, consentendo all’ultima amica che le rimane, la stessa che era il vero obiettivo dei rapitori, un seppur minimo contatto comunicando con lei attraverso messaggi scritti a mano o al computer.
A poche settimane dall’evento della Evans Corporation, una sospetta fuga di notizie rischia di mettere in ginocchio l’intera azienda.
È qui che le strade di un distaccato CEO e di un ex consulente informatico e genio del computer si incroceranno.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I faretti dello studio televisivo, interamente rivolti verso le due poltrone, lasciavano il dietro le quinte completamente in penombra, quasi a voler evidenziare l’astratta suddivisione che intercorreva tra le persone comuni e quelle che invece “contavano”.

Il fastidioso e cantilenante jingle del talk show, diede il via alla puntata con il successivo ripetitivo saluto della conduttrice che con finta e alquanto costruita cordialità, lo chiamò a raggiungerla al centro dello scenografico salottino riprodotto ad hoc per trasmettere una parvenza di familiarità ai telespettatori.

A lunghe e sicure falcate, con altrettanto finto garbo, mi avvicinai con un sorriso a favore di telecamere che aveva molto poco di spontaneo. Alto, con i capelli castani perfettamente al loro posto, ed un fisico asciutto che faceva apparire la giacca e la camicia che portavo fatti su misura.

«È un piacere averla con noi, facciamo un altro applauso al signor Ethan Evans della Evans Corporation» sentenziò sorridente la conduttrice accomodandosi nella sua postazione, mimata da me.
«Salve a tutti» risposi freddamente.

«Innanzitutto vorrei ringraziarla per aver accettato di intervenire, è noto quanto non sia solitamente entusiasta di partecipare ad eventi pubblici o televisivi», iniziò cautamente la donna, tentando palesemente di influenzarmi e mettermi a mio agio quel tanto che bastasse affinché non sembrassi del tutto annoiato e infastidito nel presidiare al programma come invece al momento apparivo.
«Se ciò è noto, chi sono io per comportarmi diversamente da ciò che le persone pensano?» un sorriso sarcastico sfiorò il mio volto, dando modo alla donna di fronte a me di prendere la palla al balzo con una risata che copriva l’evidente difficoltà di essa nel riuscire a tirare fuori qualcosa di buono dall’intervista.

«Superando i convenevoli, partirei dal chiederle quale sia il suo segreto. È riuscito partendo da un piccolo paesino del Montana a soli diciassette anni, a fondare una società con l’aiuto di suo fratello che-…»,
«Mio fratello si è semplicemente intestato tutto ciò che di burocratico era necessario, dal momento in cui come ha detto, non possedevo legalmente la maggiore età, nulla di più». Interruppi infastidito, ricevendo uno sguardo di disagio dalla donna che continuò lo stesso, «…si, con l’aiuto burocratico di suo fratello, che attualmente ricopre il ruolo di direttore esecutivo dell’azienda… che come dicevo nacque nello scantinato della casa dei suoi genitori, per poi diventare il colosso che è attualmente. Ricordiamo infatti che ha solo trentuno anni e che la Evans Corporation detiene un’importante fetta del mercato tecnologico internazionale. Quale pensa sia stato l’elemento chiave nel riuscire a creare tutto ciò dal nulla?» concluse speranzosa l’intervistatrice.

Mi presi qualche secondo prima di rispondere. Soppesando bene le parole da rivolgere all’irritante donna e contemporaneamente giurando che quella sarebbe stata l’ultima volta che mi facevo convincere dal consiglio marketing a partecipare a buffonate del genere nel quale l’unica cosa che mi venivano rivolte erano le stesse noiose e fastidiose domande: «Non conosco nessuna azienda nata immediatamente con quattrocento dipendenti al seguito…» accavallai le gambe con eleganza, «…tuttavia dato che in molti sembrano interessati a creare fortune dal nulla, posso soltanto dire che non esiste nessun segreto. Solo capacità, idee e una buona dose di fortuna. Per quanto dei prodotti possano essere innovativi, se non si ha modo di farli conoscere rimarranno soltanto soprammobili in un sottoscala umido».

«Ed è così che assumete nuovi dipendenti, giusto? I colloqui fatti nella sua azienda sono famosi per essere più pratici che conoscitivi…».
«Non vedo semplicemente l’utilità nel domandare cose che posso benissimo leggere su un curriculum. E tantomeno sapere se il candidato abbia dieci o quindici anni di esperienza. Sono interessato alle reali capacità, sempre che ne possegga.», risposi con ovvietà.

«Bene, a breve si svolgerà l’evento della Evans Corporation nel quale verranno presentati i nuovi prodotti, era da due anni e mezzo che non accadeva ed il pubblico è col fiato corto. Ha paura che non ripeterà il successo delle precedenti generazioni di dispositivi e software?»

«Se la nuova gamma piacerà, le persone li acquisteranno, altrimenti non lo faranno. È così semplice come sembra. Ora se vuole scusarmi, ho un’azienda da mandare avanti.», conclusi alzandomi, ed abbandonando lo studio senza dare il tempo alla sconcertata presentatrice di spiccicare parola.

*

La Lexus percorreva agilmente le strade di New York in quel mercoledì sera. «Signore, ho una chiamata per lei da parte del signor Stone, posso inoltrargliela?» chiese professionalmente l’autista, guardando attraverso lo specchietto retrovisore, il passeggero del sedile posteriore intento a leggere qualcosa su un tablet.
«Passamelo.» risposi inserendo l’auricolare all’orecchio, «Evans».
Sei l’unica persona che a mezzora di distanza da una diretta, riesce a comparire nei telegiornali di tre emittenti televisive. Tre Ethan!” disse nervosamente la voce all’altro capo del telefono.
«Volevi un’apparizione televisiva? Invece eccotene quattro», risposi non riuscendo a nascondere una vena di divertimento.
No, non ci provare. Dovevi portare buona pubblicità, non negativa. Vuoi che ti legga i titoli dei servizi? Perché strafottente e altezzoso vengono ripetuti più volte-…”.
Mi guardai intorno annoiato, «La gente non compra i miei prodotti in base al mio livello di simpatia, Bruce. Quindi saltiamo la paternale. Richiama piuttosto il consiglio di amministrazione, voglio ogni reparto pronto con le relazioni finali».
Sono le otto e mezza, la maggior parte è già andata a via. A differenza tua hanno delle famiglie che li vorrebbero ogni tanto a casa ad orari umani-…
«Non è un mio problema. Non vengono pagati per lavorare, non per cenare con le famiglie. Sarò lì in tre quarti d’ora» ed agganciai senza dar modo al mio interlocutore di replicare, per quanto inutile sarebbe stato.

*

L’appartamento non era particolarmente grande, ne piccolo. Un loft con un’open space al piano inferiore, e una mansarda con una camera da letto nella quale vi era un materasso poggiato a terra senza troppi convenevoli.
Al piano di sotto, un tavolino con due sedie ed una porta che probabilmente portava alla cucina, niente di più.

L’unico rumore che si udiva rimbombando sulle pareti, era quello dato dalla veloce pressione dei tasti di un computer.
Una donna seduta a terra verso un angolo della stanza, con un laptop davanti, digitava assente.

Il rumore di una serratura che girava la fece improvvisamente bloccare e sobbalzare, mentre gli occhi spalancati guardavano la porta con orrore.

«Jess, sono io» sentenziò una voce poco prima di entrare nella sala. Una ragazza bionda con i capelli corti, poggiò la borsa a terra ed una scatola da asporto, avvicinandosi cautamente all’altra donna, «Ehi, va tutto bene», aggiunse inginocchiandosi cautamente accanto a lei, pur mantenendo una certa distanza. L’unica cosa che ricevette invece di un saluto, fu uno sguardo abbassato che annoverò soltanto la sua presenza.

«Sono uscita ora dal lavoro, sono passata alla nuova pasticceria sulla ventiquattresima, pare faccia delle cheesecake da pace dei sensi. Ho portato una fetta se ne hai voglia…» tentò lei, ma l’unica cosa che ricevette, fu vedere la sua interlocutrice riprendere a scrivere al portatile.
Avevano entrambe ventotto anni, la stessa età e statura, si erano conosciute al college diversi anni prima ed avevano subito legato.
«Cosa vuoi mangiare per cena?», ma di rimando ci fu di nuovo il completo silenzio, «Vuoi che ordino qualcosa? Oppure…» tentò di avvicinare la mano per sfiorarle la spalla, ma appena la donna capì, si scansò di colpò, con gli occhi sbarrati arrancando come se fosse appena tornata da una corsa di mezzo chilometro.

«Scusami… vorrei solo sapere cosa vuoi per cena…» disse mesta tentando di incrociare lo sguardo con l’amica, la quale si limitò a fissare il vuoto per qualche secondo, prima di scrivere nuovamente al computer, voltando stavolta il monitor verso di lei.

In una pagina bianca dell’editor di testo emergevano poche parole: ‘Non ho fame’.

«Devi mangiare Jess, ieri sera hai a mala pena finito un terzo della porzione che ti ho portato, e scommetto che oggi a pranzo non hai toccato cibo. Non puoi soltanto lavorare…» la donna voltò nuovamente il monitor del pc, stavolta senza riprendere a scrivere.

«Qualcuno mi aveva detto che il cibo era il miglior carburante della mente, o vuoi accontentarti di mediocre lavoro fatto a stomaco vuoto?» aggiunse sorridendo speranzosa, e ricevendo un sospiro in risposta, «Si è fatto tardi per cucinare qualcosa, vuoi che ordini della pizza?», un alzata appena impercettibile di spalle fu ciò che ricevette, vedendo la donna tornare a rivolgere la sua attenzione al lavoro che stava svolgendo, riprendendo ad ignorarla completamente.

*

I diversi capi reparto si alternavano nel leggere le proprie relazioni, mettendosi nuovamente a sedere man mano che terminavano, sotto lo sguardo privo di interesse del loro capo.

Facevo roteare una pallina di gomma tra le mani, seduto intorno al lungo tavolo della sala riunioni, con i piedi su di esso e le gambe incrociate, «Il prossimo», sentenziai interrompendo l’ultimo report.

Fu il turno di una donna che si alzò in piedi, tenendo insicura un plico di fogli in mano e schiarendosi nervosamente la voce prima di iniziare, «Per quanto riguarda Gestione e Sviluppo, ci troviamo con-…» il rumore della porta a vetri che veniva spalancata di colpo, seguito dall’ingresso di un uomo sulla cinquantina in sovrappeso e apparentemente sconvolto, catturò l’attenzione di tutti.

«Come puoi notare questo non è un bagno, e se la tua alimentazione fosse più sana non ne avresti sicuramente un bisogno così immediato.» dissi infastidito, tornando a voltarmi verso il consiglio.

«C’è stata…» iniziò arrancando l’uomo, «…non so come possa essere successo…».
L’apparente angoscia dell’uomo, catturò l’attenzione di Taylor Evans, fratello e direttore amministrativo, «Cos’è successo?» domandò serio all’uomo che sembrava essere sul punto di svenire.

«La Technolab… ha mandato in diretta live un evento a sorpresa-…»
«Se i nostri concorrenti, se tali vogliamo chiamarli, presi dalla disperazione per avere un po’ di notorietà prima di essere surclassati come ogni anno, hanno deciso di accampare qualche teatrino dell’ultimo minuto, non è sicuramente qualcosa che riguarda noi» tuonai irritanto senza neanche voltarmi.

«I software… i nuovi sistemi operativi…» tentò nuovamente l’uomo.
«Mi sembra di essere stato chiaro-…» ripresi, venendo però stavolta interrotto a mia volta da mio fratello, «Ethan, lascialo parlare. Continua, e cerca di essere coinciso» lo incoraggiò Taylor.
«Sono identici ai nostri…»
Finalmente, lo sguardo di Ethan Evans si voltò verso l’uomo ormai sudato fradicio che annaspava respirando a fatica.

   
 
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