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Autore: ISI    26/10/2008    3 recensioni
"Sospirò consapevole della sua presenza.
E per l’ennesima volta si chiese perché.
E più se lo chiedeva, più non capiva perché gli dei volessero fargli commettere un simile peccato.
O forse non era colpa degli dei. Forse, anzi sicuramente, era colpa sua che se ne era innamorato non appena l’aveva visto. Nessuno l’aveva mai messo in imbarazzo o fatto sentire inadeguato, ma quando quegli occhi che tanto amava si posavano su di lui, sentiva la sicurezza scemare e doveva dar fondo a tutto il suo autocontrollo per non lasciar trasparire emozione alcuna. Per molto tempo aveva tenuto celati i propri sentimenti, pensando che ciò gli sarebbe bastato, ma ora aveva la prova certa che, nonostante il suo impegno, ogni suo sforzo era stato vano. Il fato voleva, in ogni modo, che lui mondasse quella purezza che tanto amava e forse lo voleva anche lui, dato che era lì."
Mecenate/Virgilio!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Vi siete mai chiesti perché il giovane Virgilio abbassasse lo sguardo, ogni qual volta incrociava Mecenate

Purezza

 

[Per Greta, Chiara e Carlotta, perché sono le migliori e perché lo slash è sempre, ovunque e comunque!]

 

Premessa: Questa fanfiction risale a tanto tanto tempo fa e fu una delle prime che scrissi, travolta dal fascino che ha su di me la storia, ed in particolare il periodo augusteo. Allora, scolaretta di quarta ginnasio, non potei fare a meno di immaginarmi il glorioso Mecenate come una semispecie di Adone nato dall’incrocio tra un fiero soldato ed un perspicacie letterato (non stupitevi, per favore, ho avuto il coraggio di immaginarmi cose ben peggiori) e Virgilio come un giovinetto spaventato, disorientato e soprattutto innamorato perso del suo mentore, per così dire (dovrebbero scriverlo, però, che lo slash causa dipendenza!).

Ovviamente le descrizioni dei due personaggi non sono assolutamente reali (Mecenate dovrebbe essere un vecchietto e Virgilio dovrebbe avere sulla trentina d’anni quando entra a far parte del suo circolo), ma, come ho già detto, di mia invenzione. Sinceramente, non avrei voluto pubblicare questa fanfiction, soprattutto perché non è attinente al cento per cento alla realtà storica, ma, dopo l’ennesima richiesta da parte di alcune mie amiche, mi sono detta che un piccolo regalino potevo anche farglielo e quindi ecco questa one-shot senza pretese che spera solo di non annoiarvi troppo.

Per quel che riguarda la relazione tra i due, credo che fossero solamente buoni amici, ma come ho già detto prima lo slash mi ha ormai traviata e non posso proprio farci nulla (o forse sarebbe meglio dire che non voglio farci nulla? Chissà...!)

Buona lettura.

 

Vi siete mai chiesti perché il giovane Virgilio abbassasse lo sguardo, ogni qual volta incrociava Mecenate?

Non era tanto per mostrarsi riverente agli occhi del “padrone”, quanto più per nascondere il rossore di cui il suo volto si tingeva.

Non sapeva perché, ma tutte le volte che era in presenza di quell’uomo sentiva il suo cuore battere sempre più veloce, neanche avesse voluto uscir fuori dal petto, arrossiva vistosamente e spesso si scopriva a trattenere il respiro, come se ad aprir bocca potesse combinar un qualche guaio.

Quella mattina il giovane Virgilio era esausto, erano settimane ormai che scriveva ininterrottamente, senza sosta, e le poche pause che si era concesso in tutto questo tempo di duro lavoro non erano state che di poche ore e quindi insufficienti per potersi riposare a dovere.

Camminando lungo il deambulatorio osservò l’alba dipingere il cielo di un bellissimo rosa; gli piaceva la quiete che c’era a quell’ora del giorno: nessuno che strillava, urlava o faceva confusione in qualche modo, giacché tutti erano ancora tra le dolci braccia di Morfeo, che di lì a poco, li avrebbe abbandonati. Quel giorno, però, il giovane poeta non potè godersi neppure quei pochi attimi di tranquillità che tanto bramava, nella direzione opposta alla sua, infatti, veniva Mecenate.

Come prevedibile sentì il volto andargli in fiamme, per prima cosa pensò di scappare, ma non avendo alcuna via di fuga decise di affrontarlo, in fondo non era più un bambino e non aveva alcun motivo di temerlo.

Fu così che alzando gli occhi verso l’uomo che gli veniva in contro, il cuore di Virgilio mancò un battito. Doveva essere davvero molto, molto tempo che evitava la sua figura, perché questa gli apparve più bella di quanto non ricordasse: era slanciato, robusto, ma ben proporzionato; il volto presentava dei lineamenti piuttosto marcati, gli zigomi alti mettevano in risalto il taglio stretto, ma al tempo stesso languido e ben fatto degli occhi di nera pece, che tanto sapevano, con la loro bellezza, metterlo in soggezione, neanche fossero stati capaci, con il loro brillare, di guardargli dentro, nell’anima.

-Virgilio...- lo chiamò Mecenate con la sua voce calda e baritonale non appena si accorse della sua presenza -Che c’è? Non riuscite forse a prendere sonno?- il giovane poeta si fece quindi coraggio e fissò i suoi occhi chiari in quelli scuri di Mecenate, nel tentativo di sostenerne lo sguardo.

-Avete indovinato...ho passato la notte a scrivere...- gli confessò, tentando di apparire il più naturale possibile, quando in realtà si sentiva sciogliere.

-Davvero?- L’uomo, che in realtà aveva solo pochi anni più di lui, gli rivolse stupito uno strano sorriso, un sorriso che Virgilio non riuscì a decifrare, ma che lo fece arrossire fino alla punta dei capelli -Augusto ne sarà assai felice, lui adora il vostro stile e...vi sentite bene? Siete diventato tutto rosso in volto e...- Mecenate non riuscì a finire la frase che Virgilio lo interruppe.

-E a Voi?- chiese dunque con un’espressione angustiata in volto -A voi piace il mio stile? Vi piace ciò che scrivo?- non sapeva perché gli stesse facendo quelle domande, in fondo a decidere quale fosse l’opera più bella era il solo Augusto, ma ora come ora voleva conoscere il parere di quell’uomo che solo guardandolo era capace di sconvolgerlo, il parere di quell’uomo così fiero e forte che aveva ammirato sin dal primo giorno in cui lo aveva conosciuto.

-Ma certo che si!- l’uomo gli sorrise per la seconda volta e gli occhi di Virgilio si illuminarono per la felicità -se non amassi la vostra arte, voi ora non potreste far parte del mio seguito...- Mecenate s’interruppe un attimo e distogliendo lo sguardo dal giovane, riprese -Quando vi vidi per la prima volta ebbi subito la sensazione che voi sareste diventato grande, che il vostro nome sarebbe sopravvissuto allo scorrere inesorabile del tempo, passando alla storia...di fronte a voi, io, misero essere umano mi sono sentito, per la prima volta nella mia vita, a disagio...-Virgilio non poteva credere alle sue orecchie.

-Mi...mi dispiace...- disse infine, veramente amareggiato, abbassando lo sguardo -non era mia intenzione mettervi in imbarazzo.- Mecenate alzò stupito un sopracciglio per poi scoppiare a ridere, mentre l’altro s’incanto a guardarlo, pensando che, quando rideva, era ancora più bello.

-Non volevo certo farvene una colpa! Molto probabilmente voi non ve ne siete neppure accorto...siete ancora così giovane e così ingenuo...- qui s’interruppe un attimo e posatagli una mano sulla spalla lasciò che l’altra corresse correre lungo la guancia dell’altro, in una carezza -Siete ancora così puro...non mondate la vostra purezza con persone di voi indegne, non rinnegate mai i vostri ideali, ma soprattutto non smettete mai, mai di scrivere!-

Virgilio avvertì le mani grandi e forti dell’uomo posarsi su di lui con delicatezza, ne scoprì il profumo forte, ma non stucchevole di pino silvestre, anche se la cosa più sconvolgente furono per lui quelle parole, pronunciate con così tanta premura nei suoi confronti: Mecenate si preoccupava per lui, per il suo futuro.

-Perdonatemi, ma ora devo proprio andare...- disse infine Mecenate staccandosi dal giovane poeta, che dovette trattenersi dal fermarlo e dal chiedergli di rimanere ancora un po’ con lui, quindi si limitò ad osservarlo, mentre si dirigeva verso le sue stanze.

Molto lentamente, Virgilio tornò in possesso delle proprie facoltà mentali e motorie, quindi riprese a camminare, senza una meta ben precisa, ancora abbastanza sconvolto dall’accaduto. Il sospetto che più e più volte aveva ritenuto infondato si era rivelato, invece, più reale di quanto non credesse. Nono poteva più negare di essersi innamorato di Mecenate.

Non poteva certo dire di conoscerlo come si deve, giacché era entrato a far parte del suo seguito di artisti da poco meno di un anno, ma quello che provava per lui, ne era più che sicuro, non poteva essere altro che amore. Non aveva mai provato niente di simile in vita sua, niente di più bello, niente di più sconvolgente, niente di più forte. Alle volte gli era bastato anche solo sfiorarlo mentre, a capo chino, si dirigeva nella direzione opposta alla sua, per sentirsi bene, felice, felice come un vero e proprio dio. Quando per la prima volta gli avevano parlato di lui, s’era immaginato un vecchiaccio dai modi rudi e spregevoli, insensibile all’arte e alle sue espressioni, come ne aveva conosciuti tanti. Poi si era dovuto ricredere, quando il più bello e gentile tra gli dei del cielo gli si era presentato con il nome di Mecenate, al servizio dell’imperatore Augusto.

Quei suoi modi dolci, gentili e rassicuranti, quella sua grande e viva intelligenza e passione per il sapere, quella sua immagine, così bella, ben fatta e ben curata, quella sua voce calda e leggermente greve, quei suoi occhi neri, ma al tempo stesso brillanti, con quel particolare taglio stretto che li metteva in risalto, facendoli sembrare alle volte un po’ languidi, alle volte un po’ malinconici, amava tutto di lui, dal primo all’ultimo particolare, dal primo all’ultimo difetto, anche se in Mecenate, Virgilio, non riusciva proprio a trovare difetto alcuno, giacché questi, quando appartengono alla persona amata, ci appaiono quasi, se non del tutto, come delle vere e proprie virtù.

Il giovane poeta continuò a rimuginare su quell’incontro ancora un po’, finchè non gli sorsero spontanee alcune domande, ovvero: Che ci faceva Mecenate in piedi a quell’ora della notte? Perché il profumo abituale della sua pelle gli era sembrato più forte del solito? E soprattutto perché gli aveva detto di non mondare la sua purezza con persone indegne di lui? Che senso avevano quelle parole? Da cosa lo stava mettendo in guardia? E perché con tanto interesse poi? Tuttavia non erano le domande, quanto le risposte che ad esse aveva dato a spaventarlo, e tra tutte, quelle che lo terrorizzavano di più erano indubbiamente le prime due, poiché pensò che dovesse esserci qualcun altro. Si era immaginato Mecenate prepararsi per il suo appuntamento segreto, l’aveva visto applicarsi sul collo di seta un paio di gocce di essenza di pino silvestre selvatico, poi l’aveva visto uscire, verso la metà della notte, per raggiungere la sua amata, o il suo amato, di che sesso fosse non gli interessava più di tanto, dato che, con suo sommo dispiacere, non era lui la persona che avrebbe avuto la fortuna di riceverlo in sé.

Come aveva potuto credere che Mecenate fosse ancora libero?

Il doloroso pensiero che accanto a Mecenate non ci fosse lui, ma qualcun altro, perseguitò Virgilio per diversi giorni, gli pareva impossibile che ci fosse qualcuno in grado di amarlo più di quanto non facesse lui, ma così doveva essere, considerando l’uomo continuò ad uscire verso il mezzo della notte molte altre volte per quello che Virgilio credeva fosse il suo appuntamento segreto.

Il giovane si lasciò cadere sul proprio giaciglio, desolato ed arrabbiato al solo pensiero di quelle pergamene rimaste vuote, giacché, se solo pensava a Mecenate, non era più capace neanche di fare una delle cose che più amava, ovvero scrivere.

Chiuse gli occhi nel tentativo di dormire, ma non vi riuscì.

Di li a poco, infatti, come ogni notte, avrebbe udito lo scricchiolio della porta della stanza di Mecenate, che purtroppo o per fortuna, non distava poi tanto dalla sua, i suoi passi e quelli dei due o tre servitori che era solito portare sempre con se, come guardie del corpo, magari.

E poi il suono più terribile, ma al contempo più dolce di questo mondo: il suono meraviglioso della sua voce. Zeus solo sapeva, quanto gli sarebbe piaciuto vedere quel maledetto qualcun altro che gli aveva rubato Mecenate, non che questo avrebbe risolto la cosa, ma la curiosità era davvero troppo forte e lo spinse a sgattaiolar fuori della sua stanza per seguirlo a debita distanza.

L’uomo, accompagnato dai due servi e seguito da Mecenate, uscì dalla villa, diretto alle vicine terme, dove avrebbe, secondo il giovane poeta, incontrare l’amante.

Quando entrarono all’interno delle terme, Virgilio vide Mecenate dirigersi verso una vasca piena d’acqua bollente, giacché, sotto lo strato di laterizio che ne formava il pavimento, poco prima uno dei servi vi aveva acceso un fuoco. Virgilio sentì un buonissimo odore, a lui familiare, spandersi nell’aria: era odore di pino silvestre selvatico, lo stesso che aveva addosso Mecenate, lo stesso tipo di legna che i servi avevano bruciato per scaldare l’acqua della vasca.  Il giovane poeta, nascosto com’era dietro una colonna, vide i servi lasciare sul bordo di un’altra vasca alcuni teli di lino, per poi andarsene, ma del presunto amante, ancora nessuna traccia, neppure l’ombra. E ancora vide l’uomo spogliarsi della tunica e di tutto ciò che aveva addosso per poi immergersi piano, gradino dopo gradino, nell’acqua bollente, che alzava al cielo nuvole di vapore bianche e incorporee, così belle da sembrare tangibili e soffici e la cui nebbiolina delicata e leggera andava a sfocare, leggermente i contorni della figura dell’uomo che egli tanto amava.

L’acqua calda lo accolse nel suo rilassante abbraccio allentando la muscolatura tesa e rilassando la fronte corrugata.

Sospirò consapevole della sua presenza.

E per l’ennesima volta si chiese perché.

E più se lo chiedeva, più non capiva perché gli dei volessero fargli commettere un simile peccato.

O forse non era colpa degli dei. Forse, anzi sicuramente, era colpa sua che se ne era innamorato non appena l’aveva visto. Nessuno l’aveva mai messo in imbarazzo o fatto sentire inadeguato, ma quando quegli occhi che tanto amava si posavano su di lui, sentiva la sicurezza scemare e doveva dar fondo a tutto il suo autocontrollo per non lasciar trasparire emozione alcuna. Per molto tempo aveva tenuto celati i propri sentimenti, pensando che ciò gli sarebbe bastato, ma ora aveva la prova certa che, nonostante il suo impegno, ogni suo sforzo era stato vano. Il fato voleva, in ogni modo, che lui mondasse quella purezza che tanto amava e forse lo voleva anche lui, dato che era lì.

Alzò gli occhi sulla colonna dietro la quale si era nascosto e preso coraggio parlo:

-Esci di lì...- disse con tono calmo facendo sussultare Virgilio per la paura.

Nessuna risposta.

-Avanti, vieni fuori...- continuò con lo stesso tono di voce.

Virgilio, ormai rassegnato, si lasciò scappare un sospiro, si chiese come avesse fatto Mecenate a scoprirlo e si disse che ciò ora non aveva più alcuna importanza, o che per lo meno era molto meno significativo della figuraccia che stava per fare.

Timidamente, da dietro la colonna, fece capolino la testolina biondo cenere del giovane poeta che sentì il proprio cuore accelerare il battito, già molto veloce.

-Salve...- balbettò abbozzando un sorriso, tentando di apparire più disinvolto possibile, anche se la sua recita era piuttosto scarsa.

-Bè...cosa ci fai qui?- chiese fissandolo negli occhi e facendolo arrossire non poco.

-Chi? Io? Ecco, io stavo...hem...passeggiando...sì, ecco, stavo proprio passeggiando...- riprese Virgilio, che alla vista di quegli occhi neri e suadenti aveva perso anche quel poco di sicurezza che gli rimaneva.

-Alle terme?- incalzò Mecenate -Non mi sembra certo il luogo più adatto per passeggiare...-

-Eh già! Chissà come ho fatto ad arrivarci...E’ che ero soprappensiero e...- le parole gli morirono in gola; Mecenate, che fino ad ora era rimasto con la schiena appoggiata contro il laterizio bollente della vasca si era ora alzato in piedi.

-Siete sicuro di essere qui solo per caso?- gli chiese suadente, muovendo un paio di passi verso il giovane, che alla vista di quel corpo perfetto, che l’acqua bollente copriva solo fino alle ginocchia, sentì il suo eccitarsi non poco.

-Io...- mormorò il giovane poeta mentre si spogliava di tutto ciò che aveva addosso -io sono venuto per voi.- Mecenate lo vide denudarsi completamente, per poi entrare in acqua, sentì le sue mani fredde posarsi sui pettorali ampi, passargli sulle spalle, scivolargli giù per tutta la schiena, fino ad arrivare ai glutei. L’intero corpo di Virgilio seguì la discesa delle sue stesse mani e inginocchiatosi nell’acqua, posò un bacio sulla virilità dell’altro, che deglutì a vuoto.

-Lo vuoi davvero? Vuoi davvero che sia io?-

-Si.-

  
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