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Autore: LeMuseInquietanti    26/10/2008    5 recensioni
Mille volte per salvarti la vita, ho deciso di scappare dalla stanza, lasciandoti tramortita tra le lenzuola, con la mano che indugia sulla gota dolorante e gli occhi bagnati da stille di pece, il tuo mascara che cola.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia rabbia, la mia foga, le tue preghiere, le tue grida.

Perdere se stessi significa aver gettato il proprio destino  nelle mani di altri

 

 

Ora sta’ calma.

Devi solo restare in silenzio. Ogni tuo gemito potrebbe far scattare in me quella che tu chiami la << tempesta notturna >>. Sai cosa intendo.

La mia rabbia, la mia foga, le tue preghiere, le tue grida.

IL TUO DOLORE

Quella tremenda sensazione di essere di carne, quando l’amor proprio fallisce nel mascherare la miseria umana e resta solo il sentore devastante, crudo, della caducità del corpo, dell’imperfezione della mente.

Mille volte per salvarti la vita, ho deciso di scappare dalla stanza, lasciandoti tramortita tra le lenzuola, con la mano che indugia sulla gota dolorante e gli occhi bagnati da stille di pece, il tuo mascara che cola.

Quelle notti serravo la mano nelle tasche dei calzoni, per nascondere la colpa d’amarti in modo morboso, malsano, e grattavo via la reliquia del tuo rossetto, sfumato sulle nostre labbra e sul mio collo, l’unico carcere in grado di relegare la mia anima e farmi sentire vile.

Potresti credere che questo non sia amore

Dovresti aspettarmi sull’uscio della nostra alcova, con una pistola stretta tra le dita per infondermi quel cupo gemito nero in cui sfociano le tue notti quando la follia si prende gioco di me e una volta per tutte, farmi piangere dagli occhi quel sangue che a poco a poco ti strappo, e prosciugare gli anni verdi della gioventù che si stremano e si spengono. Potresti darmi la morte, santa placatrice delle mie guerre, mentre cerco di rubarti l’anima, baciando quella carne che in seguito appesterei con lividi e graffi, lasciando su di me il segno del pieno possesso su di te.

Ma non lo faresti, tu mi ami davvero.

Mentre annaspo, cercando aria nel buio del castello, non so proprio come definire il mio comportamento. Sono un demonio vestito di Jeans, un mostro dalle sembianze umane. Non dovrei proprio cercarti di nuovo, tu dovresti fuggire la mia presenza. Sono destinato a far del male a che mi sta accanto, e nessuno è mai riuscito a innervosirmi come tu riesci. Tu che tenti di non abbandonarmi nemmeno quando sono io a rendermi sgradevole, tu che resisti e cerchi di affogare nel cuscino quelle urla che il mio male genera nel tuo animo, e le tue gambe pallide rilucono mentre su di loro danza la luna morta, mentre io, con gli occhi iniettati di sangue e lo spirito in tempesta, mi getto su una sedia, ogni senso acceso e pronto ad un nuovo attacco, e gridando ti chiedo se ti basta, se hai capito finalmente che apri il tuo animo ingenuo e lasci entrare il peggiore dei mostri.

Ma non ti basta mai. E a me non basta mai vederti ridotta ad una bambola.

Io e te non avremmo mai dovuto incontrarci, io sono un bastardo impenitente a cui è negata ogni possibilità di redimersi, e tu sei una sciocca sentimentale autolesionista che prova gioia in un amore corrotto. Eppure condividiamo un sentimento malsano, che mi impedisce di non bussare alla tua porta e a te di non aprirmi. Sai bene che sono io, spietato e pronto a distruggerti, ma non ascolti quel barlume di coscienza che ancora ti strimpella stonato nel petto, che sussurra di fingere di non aver udito. Mi apri, io ti fisso gravemente, stringo con le mani il tuo collo bianco, inspiro il tuo profumo naturale, sai di disfatta e di tempi antichi, della guerra e dell’abbandono, sei l’essenza della mia perversione, e tu perdendoti nella mia anima cupa, già sai che finirà male, come sempre. e ti ritroverai a piangere, e a desiderare d’aver muta l’armonia del giorno, di cancellare ogni istante di me che vive nei tuoi attimi, e tenterai di placare con l’oblio del dolore la pena che ti consuma. Vorresti morire, non essere viva e libera. Non vuoi liberarti di me.

Vorrei essere forte e donarti la libertà, ma mentre cerco requie nella brezza della sera, con una sigaretta che si spegne frangendosi sotto i miei piedi, il fruscio della tua sottoveste che sfiora la mia carne ancora pronta a farti male mi assale, e sei dietro di me, stupida bestia, stupida puttana, stupida donna, e mi chiedi di nuovo di provare a morire. Hai gli occhi neri che sussurrano la tua paura e tutto l’amore che ad un uomo è concesso donare. Quel dono magnifico lo hai destinato ad una persona che lo sa accettare solo atterrendo il creatore. La Natura si beffa del mio cuore, è cuoio marcio distrutto da vermi e non c’è modo di risanarlo.

Il nostro è un circolo vizioso, siamo condannati in eterno. L’uno che ricerca l’altro, l’una che soffre ed io che travolgo ogni giorno, una nuova parte di te.

<< ti amo >> mi sussurri mille volte, mentre sei assalita dall’impeto dei miei baci.

<< zitta puttana >> rispondo, perché non c’è modo migliore per salvarti. Io voglio che mi dimentichi, solo così l’oblio potrebbe impadronirsi dell’amore sbagliato che insistentemente tenti di trasfondermi. Ma non ci sono lacrime, né sbotti improvvisi: è la tua carezza, bandiera bianca mentre la capitale crolla sotto i colpi degli alleati, a uccidere in me ogni possibile redenzione.

È la tua carezza a farmi capire che non smetterò mai di amarti e che tu non ne avrai mai abbastanza.

È la tua carezza a provocare la << tempesta notturna >>

 

E credimi amore, se fossi in te io comincerei ad implorare Dio.

Maria

 

  
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