13 Aprile 1985
Rina
sfogliava le
“pagine gialle” della reception della pensione.
Stava
monopolizzando il telefono fisso, fingendo di telefonare a casa.
Dietro di lei c'era una coda di persone che sbuffava e le faceva
capire la propria impazienza.
A un certo punto,
però, Rina voltò pagina e lo trovò. St.
Mathias' House. Un
orfanotrofio. A nemmeno otto chilometri da dove era avvenuto
l'omicidio dei Roberts. L'assassino doveva essere cresciuto al St.
Mathias – se le sue supposizioni erano corrette
– e non
doveva avere mai abbandonato la zona della periferia.
Rina chiuse il
libro, rimise il telefono che aveva finto di utilizzare a posto e
lasciò il luogo, seguita dalle occhiate torve di tutti.
E adesso che aveva
quelle informazioni? Qual era la prossima mossa? Andare al St.
Mathias? Era folle. Anche la polizia doveva essere facilmente
giunta a quelle conclusioni. Se non avevano ancora arrestato nessuno,
era perché quella pista non portava da nessuna parte.
Tuttavia..
Rina si fermò e si
sedette su uno scalino. Si mordicchiò le labbra. L'idea di
lasciare
perdere non la affascinava.
Quasi
improvvisamente, la raggiunse un flash. Sua madre, per il caso
Fernandelli. Ben lontana dall'essere fiera che sua figlia desse una
mano alla polizia, la aveva accolta in casa urlando: -Ma non
hai
paura?!-
No, Rina non aveva
paura degli assassini. Non aveva avuto paura due anni fa, né
ne
aveva in quel momento. Qualsiasi cosa fosse stata commessa da un
essere umano, per quanto brutale, le sembrava facilmente
contrastabile, se non banale. Solo il paranormale aveva il potere di
spaventarla, e questo era il motivo per cui evitava accuratamente le
storie dell'orrore, di fantasmi e di streghe.
Ma se il suo nemico
era un uomo fatto di carne e sangue, non riusciva ad averne paura.
Perciò
che farai?, si
chiese. Decise:
sarebbe andata al St. Mathias.
L'orfanotrofio
era
un edificio grigio e inanimato. Rina avrebbe detto che era
abbandonato, se non fosse stato per le risate dei bambini che
correvano nel piccolo cortile. Sembravano allegri, sì, ma
erano
pallidi e magri, e – correndo di qua e di là
– parevano più
spiriti intrappolati in quel luogo freddo che veri bambini.
Rina si strinse
nella giacca, indecisa sul da farsi.
Aveva impiegato non
meno di tre ore per giungere in quella zona periferica, pochissimi
mezzi di trasporto portavano lì. Quei quartieri erano ben
diversi
dal centro di Londra: davano l'idea di.. di sporco, di fumoso e di
povertà.
Anche
il St. Mathias era
così, ed era più piccolo di come se lo era
immaginato. Non sarebbe
stato difficile reperire qualche informazione.
Rina prese una
boccata d'aria, spinse il cancello cigolante ed entrò.
Percorse il
cortile, i bambini quasi non la guardarono, poi entrò
nell'edificio.
L'interno era grigio come l'esterno, e non pareva esserci nessuno.
Rina rimase lì, al centro del corridoio, finché
non giunse una
signora piuttosto grassoccia e bassina, dall'aspetto un po' buffo, ma
decisamente ben vestita.
-Ha bisogno,
signorina?- Le domandò.
-Vorrei parlare con
il direttore.-
-Sono io.- Le
rispose, gentile. -Mi segua, andiamo nel mio ufficio.-
Rina obbedì.
Salirono qualche rampa di scale di legno, e intanto la ragazza ne
approfittò per guardarsi attorno. Alle pareti erano appesi i
disegni
dei bambini; ogni tanto sulla scala si affacciava un pianerottolo, da
cui spuntavano teste infantili che le osservavano incuriosite.
L'ufficio della
direttrice era al terzo piano, in fondo a un lungo corridoio. Quel
piano non sembrava ospitare stanze di bambini, ma solo uffici e
un'infermeria.
-Prego, si
accomodi.-
L'ufficio
era piccolo, ma ben tenuto. La scrivania era di legno lucido. Rina
prese posto su una sedia e la donna dietro alla scrivania.
-Allora, cosa posso
fare per lei?- Domandò. -Vuole adottare un bimbo o una
bimba?-
-No, signora, niente
del genere. Vorrei solo delle informazioni.-
La donna sospirò.
-Immaginavo.. Le giovani donne desiderano sempre meno diventare
madri, con i tempi che corrono. Spesso questi poveri ragazzi
rimangono qui fino ai quattordici anni, quando vengono trasferiti in
un altro istituto. È una bella sfortuna essere orfano.-
Rina rimase zitta,
non sapendo cosa rispondere.
-Ma mi dica, di cosa
ha bisogno?-
-Potrà sembrarle
una domanda strana..- Esordì Rina. -Ma avrei bisogno di
sapere se vi
è mai capitato di ospitare in questa struttura un bambino un
po'..
diverso. Insomma, con inclinazioni inquietanti. Indicativamente fra
il 1930 e il 1950.-
La donna sembrò
spiacevolmente sorpresa. -Signorina, io sono qui da dopo la fine
della guerra, dal '48.. per cui non saprei risponderle con
completezza.. Inoltre, ho già detto tutto quello che so alla
polizia.-
Gli
occhi neri di Rina si fecero intensi. La
polizia.. Avevo
visto giusto.
-Lo so, signora,
però avrei comunque bisogno di sapere qualcosa a riguardo.
È
importante.-
-Lei è della
polizia?-
-Una cosa del
genere. È probabile che l'uomo in questione si sia messo in
seri
guai.-
La donna sospirò.
-Non stento a crederlo..- Disse. -Io non ero ancora qui, ma il mio
predecessore, mio carissimo amico e ormai defunto da una decina di
anni, mi ha raccontato di un bambino giunto all'istituto nel '41.-
-Come si chiamava il
bambino?-
-Daniel Frank Lloyd,
è giunto qui all'età di sette o otto anni.
È stato adottato da una
coppia che poi però, quando il ragazzo aveva ormai diciotto
anni, lo
ha disconosciuto come figlio.-
-Per quale motivo?-
-Be'..-
La donna parve imbarazzata. -Daniel non era cattivo, ma era, come ha
detto lei, diverso.
Gli piacevano cose che agli altri bambini non piacevano, e ogni tanto
aveva degli scoppi di rabbia, e in quei momenti diventava
incontrollabile.. Vede, noi teniamo tutti i disegni dei nostri
ragazzi, e da qualche parte dovrebbero esserci anche quelli di
Daniel. Se glieli facessi vedere, capirebbe ciò che intendo.
Immagino che con la crescita, a meno che non sia stato aiutato, il
suo disturbo sia andato peggiorando..-
Rina annuì. -Ho
capito, grazie. Mi è stata di grande aiuto. Avrei ancora una
domanda
da farle. Si ricorda il nome della coppia che adottò Daniel
Lloyd?-
-Sono mortificata,
ma questo non posso dirglielo. Sarebbe una palese violazione della
privacy e del mio ruolo.. A meno che lei non mi possa dimostrare di
essere della polizia, in tal caso..-
Rina sorrise e si
alzò. -Non fa niente, signora, grazie comunque.-
Le tese la mano, e
la direttrice, dopo essersi alzata, gliela strinse con un sorriso.
Rina abbandonò
l'orfanotrofio abbastanza soddisfatta. Daniel Frank Lloyd, eh? Ne era
sicura: quello era il nome del Padre degli orfani.
Rina
non aveva per
niente voglia di tornarsene alla pensione, non dopo quanto aveva
scoperto. Le cose che era riuscita a ricavare dal suo breve colloquio
con la direttrice erano di rilevante importanza. Primo fra tutte, era
sulla pista giusta. La donna aveva parlato di
“polizia”. Certo,
c'era il fatto che fino a quel momento il Padre degli orfani non era
ancora stato arrestato, quindi poteva essere che la pista fosse
inconcludente. Ma poteva anche essere che la polizia avesse
tralasciato qualcosa di importante, cosa che Rina non intendeva fare.
Secondo, l'uomo che
cercava aveva cinquantuno o cinquantadue anni.
Terzo, la malattia
di Daniel Lloyd era più evidente di quanto Rina avesse
immaginato.
Solo questo avrebbe potuto spingere una coppia a disconoscerlo come
figlio. In più, questo evento doveva avere aggravato ancora
di più
la sua malattia, portandolo a pensare che i genitori non volessero
bene ai figli, e perciò andassero eliminati. Chiunque fosse
questo
Daniel Lloyd, i suoi problemi dovevano essere – se non
evidenti –
per lo meno intuibili. Ciò avrebbe reso più
facile a Rina
riconoscerlo.
Ora, il problema era
solo uno: scoprire cosa ne era stato di Daniel Lloyd. Poteva
sostanzialmente seguire due piste: o ricostruire i suoi movimenti
dopo l'adozione da parte della misteriosa coppia, o andare dritta al
sodo.
Siccome per la prima
strada avrebbe dovuto avvalersi di poteri che lei non aveva –
se
fosse stata nella polizia sarebbe stato tutto più semplice
– optò
per la seconda.
Era per questo che
Rina era chiusa in una cabina telefonica da almeno mezz'ora, a
consultare ancora le “pagine gialle” inglesi.
Sì, era un metodo
un po' semplicistico, ma poteva rivelarsi utile. Infatti,
trovò due
risultati: due persone si chiamavano Daniel Frank Lloyd, la prima
abitava in provincia di Londra, la seconda in centro.
Rina compose il
primo numero, e aspettò, mentre il telefono squillava.
Un
tlack, e una voce
giovanile rispose: -Pronto?-
Rina buttò giù.
Dalla voce il suo interlocutore doveva avere avuto dai venti ai
venticinque anni, quindi non poteva essere lui.
Compose il secondo
numero. Il telefono squillava a vuoto.
Rina aspettò con
pazienza, ma francamente dubitava che quel metodo avrebbe portato da
qualche parte. Sì, scoprire dove abitava una persona non
poteva
essere così facile.
Tlack.
-Pronto?-
Gli
occhi di Rina scintillarono. Quella voce..
l'età poteva
corrispondere.
Rina non perse
tempo, ma rispose immediatamente, con voce allegra. -Pronto,
buongiorno, è il signor Lloyd?-
-Sono io.-
-Salve, io sono Mia.
Le telefono per conto..- Rina gettò un rapido sguardo fuori
dalla
cabina telefonica, a un cartellone che pubblicizzava l'azione dei
sindacati -.. del sindacato. Avrei bisogno di farle alcune domande
relative al suo posto di lavoro, a fine statistico. La tranquillizzo
sul fatto che i suoi dati personali non verranno diffusi a terzi, ma
saranno unicamente utilizzati da noi per comprendere come meglio
aiutare i nostri associati.-
-.. Il sindacato?-
-Esatto. Ha tempo di
rispondere a qualche domanda?-
-Sì, io..
d'accordo.-
-Dunque, può dirmi
la sua età?-
-Cinquantadue anni.-
Rina spalancò gli
occhi, il suo cuore prese a battere. Rispose però con la
dovuta
calma: -Cinquantadue.. ook. Che lavoro fa?-
-Lavoro come
impiegato.-
-Il luogo dove
lavora è vicino alla sua abitazione?-
-Sì, in Darwin
Street. Impiego circa cinque minuti a piedi.-
Rina sorrise. -Ho
capito. È soddisfatto del suo lavoro? E questa domanda
include ogni
aspetto: stipendio, capoufficio, professionalità..-
-C'è di meglio.-
-Desidera
spiegarsi?-
-Lo stipendio è una
miseria.. e il capoufficio mi tratta come un imbecille.-
La voce
dell'interlocutore di Rina sembrava seccata.
-Ho capito, signore.
Grazie del tempo che ha messo a nostra disposizione.-
-Già finito?-
-Già finito. La
ringrazio per la disponibilità, buona giornata.-
Rina mise giù. Non
riusciva a smettere di sorridere. Quanto poteva essere stupido,
questo assassino?
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Buongiorno, eccomi di nuovo
qui. Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Rina si sarà
effettivamente messa sulla pista giusta? Fatemi sapere.
Una cosa:
probabilmente aggiornerò ogni week end. Purtroppo durante la
settimana, andando in Università, mi manca proprio il tempo.
Se però capitassero settimane in cui non aggiorno, non me ne
vogliate troppo, please. A presto,
Silvia