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Autore: Kerri    14/11/2014    3 recensioni
"Perché forse, in un certo senso, non ci eravamo lasciati alle spalle quello che ritenevamo di aver abbandonato. Perché, sotto sotto, una parte di noi rimase sempre così: timorosa del mondo intorno e- non importa quanto ci disprezzassimo per questo- incapaci di staccarci l’uno dall’altra".
Killian è scomparso misteriosamente. Da poco, Emma aveva finalmente ammesso di provare qualcosa per lui, di non essergli del tutto indifferente e Killian è felice, felice come non lo era stato da tempo. Tuttavia qualcosa o qualcuno, è deciso ad immischiarsi e cancellare i suoi piani. Non vuole rivelare ad Emma la verità, non può metterla in pericolo. Decide di mentirle e anche se la donna se ne accorge, non lo blocca. Subito dopo però se ne pente. Ma si arrenderà e lo lascerà andare? O vorrà scoprire la verità? Perchè Killian l'ha lasciata? E' in pericolo?
E' una storia d'amore, d'amicizia, di rimpianto e di perdono. Emma dovrà confrontarsi con sentimenti nuovi e con nuove avventure per raggiungere il tanto meritato lieto fine.
Il tutto è ambientato subito dopo la fine della terza stagione.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passati ormai sei giorni dallo scampato matrimonio con Hans, il principe malefico assetato di potere e Raperonzolo e Flynn avevano insistito affinché Emma e Killian restassero per assistere al loro vero matrimonio.
Emma desiderava tornare a casa, Henry le mancava più di quanto le costava ammettere e voleva tanto riabbracciarlo, ma aveva visto negli occhi di Killian il desiderio di restare. Allora aveva deciso che giorno più, giorno meno, non faceva poi così tanta differenza. Anche perché non aveva la minima idea di come ritornare a casa.
Mentre le domestiche l’aiutavano a infilare l’abito che Raperonzolo le aveva ordinato di indossasse e i vertiginosi tacchi a spillo, Emma maledì ogni persona che l’aveva convinta a restare, Killian compreso. Avrebbe dovuto chiedere a sua madre se le principesse fossero autolesioniste o masochiste o soffrissero di chissà quale disturbo mentale, perché in quel corpetto che le toglieva il respiro e con quei tacchi ai piedi ad ogni singolo ballo era un miracolo che fossero ancora vive. Se fosse stato per lei, sarebbe scesa con i suoi soliti jeans e la sua solita maglia, probabilmente si sarebbe sforzata di renderli più presentabili con la magia, ma non se ne preoccupava più di tanto.
No, non era una principessa. Assolutamente. 
Tuttavia non appena intravide i suoi occhi che la fissavano estasiati mentre cercava di scendere elegantemente la scalinata d’onore, cercando di non inciampare nel vestito, dimenticò ogni cosa e per un attimo pensò che ne era valsa la pena.
Solo per un attimo, una frazione di secondo.
Poi inciampò nell’ultimo gradino, pensare che ce l’aveva quasi fatta. Ma quegli occhi dannatamente blu l’avevano stordita, confusa e aveva fatto un passo troppo lungo per raggiungerli. Sentì il vuoto sotto di lei e poi due braccia forti che la stringevano, evitando che avesse un incontro troppo ravvicinato con il pavimento.
« Swan, per l’amor del cielo, sta’ attenta! »
Lei si scostò per un attimo, il cuore le batteva a mille, non sapeva se per la scampata caduta o per la vicinanza di quell’uomo.
Si ritrovò a fissarlo.
Era, era diverso.
Continuava ad essere Killian, l’uomo che l’aveva salvata più volte di quanto avrebbe mai ammesso a sé stessa, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che non ricordava. Una scintilla nuova.
Ah! I matrimoni! Commuovono tutti, persino il più temibile pirata di tutti i mari.
Emma si allisciò il vestito, leggermente imbarazzata. Se da un lato avrebbe voluto bruciarlo, dall’altro non voleva che si rovinasse in qualche modo, dopo tutta la fatica che aveva fatto per indossarlo.
Era di un bel verde smeraldo, simile ai suoi occhi. In confronto al grande abito rosso che aveva indossato all’ultimo ballo a cui aveva presenziato, questo non era poi così male. Le lasciava le spalle nude e scendeva morbido lungo i fianchi, giù fino a terra  terminando in un piccolo strascico. Forse stava un po’ esagerando, è vero, ma si sentiva tremendamente a disagio.
Emma smettila di fare la paranoica e goditi la festa!
Dal canto suo, Killian non se la passava certo meglio. Flynn l’aveva costretto ad abbandonare la sua amata giacca di pelle, seconda solo al suo uncino.
“Non sono adatti ad un matrimonio, Kill. Cosa credi che penserà Emma quando ti vedrà così!!”
Aver nominato Emma, fu probabilmente la mossa decisiva e Killian si lasciò convincere. Si sfilò lentamente quell’indumento nero e pesante che l’aveva accompagnato per buona parte della sua vita.  Non se l’era mai tolta, se non per dormire. Flynn l’aveva rimpiazzata con una camicia bianca e un gilet nero. Doveva ammettere che non si discostavano molto dal suo stile ma preferiva di gran lunga la sua amata giacca.
« Dov’è finita la giacca di pelle, capitano? » chiese Emma, squadrandolo dalla testa ai piedi. Come sempre lei riusciva a leggerlo dentro, a capire ogni minimo e insignificante pensiero che gli passava per la mente.
« Che c’è, Swan? Non ti piaccio? So che probabilmente mi preferiresti senza niente, però dovrai accontentarti… »
Emma sbuffò e alzò gli occhi al cielo, nascondendo il timido sorriso che le si era dipinto in volto. Quell’uomo l’avrebbe fatta impazzire, ne era certa.
Killian le porse il braccio, da vero gentiluomo ed Emma lo afferrò. Almeno si sarebbe potuta aggrappare a lui se qualcosa fosse andato storto.
Insieme si incamminarono verso i loro posti. Flynn aveva convinto Raperonzolo ad allestire un piccolo patio all’aperto. Diceva che sarebbe stato più bello, più originale ma in realtà, desiderava solo che la sua futura moglie non temesse di rivedere Hans all’altare e si godesse la cerimonia che aveva da sempre sognato.
Il pigro sole pomeridiano splendeva ancora e il cielo era tinto di rosso e arancione. Emma strinse il braccio di Killian quando si incamminarono sull’erbetta fresca, affondando ad ogni passo. Maledetti tacchi!
Chissà per quale miracolo o forza sovrannaturale, raggiunsero i loro posti sani e salvi, del tutto illesi. Emma si lasciò cadere sulla piccola sedia dietro di lei e cercò di massaggiarsi i piedi, provocando una risata di Killian.
Avrebbe voluto vedere lui al suo posto, con quelle trappole infernali ai piedi! E allora sarebbe stata lei a ridere!
Stupido di un pirata.
Poco dopo il loro arrivo, Flynn entrò a passo di marcia. Indossava un completo simile a quello di Killian ma a differenza di questo, un piccolo giglio era appuntato sul suo taschino destro. Emma notò l’agitazione e il panico nei suoi occhi e non poté fare a meno di sorridergli. Non aveva assistito a molti matrimoni nel corso della sua breve esistenza, ma riusciva benissimo ad immaginare l’ansia che assaliva gli sposi poco prima della celebrazione.
« Allora Flynn, sei pronto? » chiese cordialmente, cercando di rassicurarlo. Flynn la guardò con i suoi occhi da cucciolo spaventati e annuì, non troppo convinto. Killian gli picchiettò la spalla con l’uncino.
« Andrà tutto bene, Flynn! Adesso muoviti, gli invitati stanno arrivando! » gli disse e lo spinse verso l’altare. Emma si guardò intorno. In effetti, un gruppetto di persone si stava incamminando verso di loro, seguiti da tanti altri. Questa volta, la Regina non aveva badato a spese e aveva invitato tutto il regno. Emma non poté fare a meno di notare come lo sguardo di Killian vagasse, scrutando ogni invitato. O meglio, ogni invitata.
« Ahi! Dannazione, Swan quei cosi fanno male! » disse Killian massaggiandosi il piede che Emma aveva, “accidentalmente” pestato.
« Scusa caro, volevo solo farti notare che non sei solo e ci sarei anch’io qui. » disse acida e spazientita con le braccia incrociate.
Killian si aprì in un sorriso, uno di quelli maliziosi e maledettamente belli che riservava solo a lei e che ogni volta le toglievano il respiro.
« Oh non sarai mica gelosa, vero? »
Emma lo scrutò pensierosa, gli occhi verdi ridotti a fessure.
« Andiamo, Swan! Sai che ho occhi solo per te da un bel po’ di tempo ormai… È un record se lo si paragona agli standard dei pirati…  »
Alzò un sopracciglio, fingendosi totalmente indifferente a quelle parole che in realtà, le avevano riscaldato il cuore.
« Bene! » disse avvicinandosi e poggiando la fronte contro la sua.
« Perché altrimenti avresti dovuto vedertela con qualcuno di molto molto pericoloso»
Killian si scostò un attimo e la guardò interrogativo.
« Sai che ultimamente io e tuo padre abbiamo fatto amicizia vero? Credo di cominciare a piacergli… » disse pensieroso, lasciando vagare lo sguardo alle sue spalle.
Emma scoppiò a ridere.
« In realtà stavo pensando a questo… » disse gentilmente pestandogli ancora il piede.
« Ahia! Va bene, allora dovrò ricordarmi di non farti mai arrabbiare se indossi quei cosi… com’è che si chiamano? »
Emma continuò a ridere.
« Tacchi, Killian. Si chiamano tacchi e credo proprio che da oggi in poi non li dimenticherai più… »
Killian annuì e la strinse a sé. Poi, con una mossa svelta, le sciolse i capelli che le rimbalzarono morbidi sulle spalle.
Emma  lo guardò incredula e gli diede un pugno spazientita e arrabbiata.
« Ma sei scemo! Sai quanto tempo mi ci è voluto per fare quell’acconciatura? »
Killian si strinse nelle spalle.
« Stai meglio così. A proposito, Swan: sei bellissima. Una vera principessa…»
Emma dovette controllarsi per non rispondergli male e tirargli un altro pugno. Strinse le mani lungo i fianchi. Non riuscì a rispondergli come avrebbe voluto perché proprio in quel momento cominciò a suonare la marcia nuziale. Si limitò a pestargli il piede un’altra volta, sorridendo alla smorfia di dolore che si dipinse sul suo viso.
Oh, non li avrebbe mai dimenticati, ne era sicura.
 
 
La marcia cominciò. Questa volta la sentì bene, forte e chiara. Strinse più forte il piccolo mazzo di fiori che aveva in mano. Il suo nuovo abito le svolazzava intorno e le solleticava le caviglie. Aveva deciso di non indossare nessun velo. Non voleva che qualcosa le impedisse di vedere chiaramente l’uomo che la aspettava all’altare. I capelli le ricadevano morbidi sulle spalle, intrecciati finemente con piccoli gigli. Continuava a camminare con sguardo fiero e un sorriso sulle labbra. I suoi occhi non si staccarono neanche per un secondo dai suoi e probabilmente ad un certo punto si ritrovò persino a correre per raggiungerli.
Vide le sue stesse paure, i suoi stessi timori all’interno di quei occhi. Ma allo stesso tempo, scorse speranza e la bellezza di un futuro felice. Ma soprattutto vi scorse amore. Ed era tutto ciò di cui aveva bisogno.
 
 
I più forti, sono coloro che non sono mai stati protetti..
Adesso, mentre osservava il profilo perfetto dell’uomo accanto a lei, i suoi occhi ormai sereni, il suo sorriso e la barbetta ispida le vennero in mente quelle parole. Non si ricordava dove le avesse sentite, né chi era stato a pronunciarle. Sapeva solo che l’avevano segnata, marchiata a vita. Durante i suoi mesi più bui, a casa di famiglie affidatarie e perfino in prigione continuava a ripetersi quelle parole in una lenta cantilena, per convincersi che ce l’avrebbe fatta, che avrebbe superato qualsiasi cosa, che avrebbe vinto.
Di sicuro non avrebbe mai immaginato di scoprire che i suoi genitori fossero in realtà Biancaneve e il Principe Azzurro o che un giorno avrebbe assistito al matrimonio di Flynn e Raperonzolo, un ladro e una Regina, stringendo la mano di Capitan Uncino.
Sorrise pensando a quanto fosse surreale quella scena, eppure irreparabilmente vera.
Lei non era mai stata protetta. Durante tutta la sua infanzia continuava a sognare che prima o poi, qualcuno sarebbe venuto a prenderla e l’avrebbe portata a casa, al sicuro. Sognava una di quelle case con il tetto spiovente e un grande giardino. Sognava un cane e un letto caldo dove rifugiarsi. Sognava solo un po’ di amore, un po’ di conforto.
Ma niente le era stato concesso, nessuno le aveva mai preparato la merenda o l’aveva mai consolata quando tutto diventava buio. Lei aveva imparato a convivere con le sue paure, con i suoi mostri e piano piano era diventata più forte di loro. Continuava a rialzarsi ad ogni caduta, più forte di prima. Dopo tutto ciò che era successo con Neal, anche quell’unica parte di lei ancora ingenua e sognatrice, si era trasformata. I muri erano cominciati a crescere, mattone dopo mattone, anno dopo anno. E dopo undici anni di fatica e lavoro, tutto era crollato.
Adesso, mentre guardava quei due giovani innamorati, promettersi l’amore eterno non poté non pensare a quanto fosse cambiata la sua vita.
Per la prima volta in vita sua, adesso aveva una casa dove fare ritorno. Una casa dove sicuramente tutti erano in pensiero per lei, dove suo figlio la aspettava.
Adesso aveva una famiglia che la amava. Aveva una madre e un padre e persino un fratello.
Adesso aveva qualcuno al suo fianco, con cui condividere i suoi dolori, qualcuno che sarebbe stato sempre pronto a tirarla su di morale. Strinse un po’ la sua mano, per fargli capire che lei era lì, che avrebbero affrontato ormai qualsiasi cosa, insieme.
Per la prima volta in vita sua si sentiva protetta e amata. E se questa non era forza, allora non aveva la minima idea di cosa potesse essere.
 
 
 
« Stai scherzando? Non è possibile…»
« Ti dico di sì, Emma! Lui viveva qui! Per una volta, fidati di me! »
« Io mi fido di te, Killian! Ma non riesco a capire come sia possibile! Lui viveva a Storybrooke! »
Killian, spazientito, continuò a camminare e trascinare Emma per i boschi. Se non ci credeva, gliel’avrebbe mostrato. E poi, finalmente, sarebbero tornati a casa.
Arrivarono in una piccola radura, poco distante dal castello di Raperonzolo. Proprio al centro, c’era un piccola casetta con il tetto spiovente. Si avvicinarono ed Emma notò che non era messa tanto bene. Le finestre erano rotte e sbarrate con delle tavolette di legno, i fiori che un tempo decoravano il giardino erano spariti, lasciando il posto ad erbacce e radici. E tutta la facciata era piena di crepe, la vernice della porta scrostata.
Killian, con un colpo dell’uncino, scassò la serratura ed entrò. La porta emise un sordo cigolio ed Emma rabbrividì involontariamente stringendosi il mantello sulle spalle. La casa era piena di polvere e ragnatele e sembrava abbandonata da un bel po’ di tempo. Le assi del pavimento scricchiolavano sotto i loro piedi.
« Saliamo, la sua stanza è sopra » disse Killian, indicando le scale. Emma annuì e lo seguì. Più cercava di non fare rumore, più il legno cantava sotto i suoi piedi.
« Sta’ attenta, le scale possono essere marce » la ammonì Hook.
Cominciarono a salire, silenziosi come dei gatti. Non volevano disturbare la quiete di quella casa, non volevano spezzare l’equilibrio precario che continuava a reggerla in piedi. Credevano che se anche avessero fatto un piccolo rumore, tutta la casa sarebbe crollata e con essa anche la speranza di ritornare a casa.
Il pianerottolo superiore si apriva su un lungo corridoio che terminava con una piccola porticina in legno.
Si incamminarono e aprirono piano la porta.
« Visto?! Che ti avevo detto?! Oh, Swan come devo fare con te? »
Emma non lo sentì neanche, troppo occupata ad ammirare lo spettacolo che aveva davanti. File e file di cappelli. Cappellini, cilindri, visiere. Qualsiasi genere di cappello era lì e riempiva ogni angolo di quella piccola stanza.
Killian aveva ragione.
Jefferson aveva abitato veramente lì.
 
 
« Ok Killian, per la milionesima volta, avevi ragione. Mi dispiace aver dubitato di te, come potrai perdonarmi? »
Emma stava per perdere la pazienza. Quell’uomo era un bambino, un bambino a cui piaceva giocare e prenderla in giro.
« Mmm Swan, io un’idea ce l’avrei… » disse ammiccando verso di lei e fissando le sue labbra.
« Piantala! Troviamo questo dannato cappello e torniamocene a casa! »
Erano circondati da migliaia di cappelli e non tutti avevano proprietà magiche. Ma come avrebbero fatto a capire quale fosse il cappello giusto?
Emma cominciò ad esaminare un piccolo cappellino di paglia, chissà forse di Grace.
« Come facciamo a capire qual è il cappello? »
« Non guardare me! Non sono io quello con i poteri magici qui dentro. Ma sai ho sentito che la magia attira altra magia… »
Emma gli lanciò un’occhiataccia. Dovevano darsi una mossa, altrimenti sarebbero rimasti nella Foresta Incantata per sempre.
Chiuse gli occhi, distese le braccia e si concentrò.
Sentì la magia scorrerle dentro, in tutto il corpo, desiderosa di uscire fuori ad un suo solo comando. E lo fece, Emma lo fece. Riuscì a controllarla, quella forza misteriosa che aveva dentro dalla nascita. Schioccò le dita e le piccole lucciole rosse riapparvero.
Killian fischiò ed Emma riaprì gli occhi, soddisfatta del suo lavoro.
« Per favore, indicateci come tornare a casa! »
Non appena Emma finì di parlare, le piccoli scintille si mossero per tutta la stanza frenetiche, tremanti, velocissime. Emma e Killian non riuscivano a capire dove fossero finché, dopo alcuni secondi si posarono su un piccolo berretto, nascosto in un angolo della sala. Emma si precipitò a raccoglierlo. A prima vista sembrava un cappello come tutti gli altri, anche più anonimo.
Emma e Killian si fissarono negli occhi.
Era giunto il momento di ritornare a casa.
 
 
« Mandateci vostre notizie! Emma, lo farai vero? Oh, sono così triste che dovete andare proprio ora… »
Emma annuì, desiderosa di allontanarsi il prima possibile da quel castello. Non che Raperonzolo e Flynn non le stessero simpatici, anzi. Con il tempo, aveva imparato a voler bene anche a loro. Ma lei detestava gli addii, soprattutto se sapeva che sarebbero stati definitivi. Ma chi poteva dirlo?
Abbracciò ancora una volta la giovane regina e le promise che sì, le avrebbe mandato sue notizie in qualche modo e sì, avrebbe portato i suoi saluti a suo padre e sì, l’avrebbe invitata al suo matrimonio…
Aspetta, cosa?
« M-matrimonio? » balbettò imbarazzata, cercando di evitare lo sguardo di Killian, poco lontano da loro, intento a salutare il suo amico d’infanzia.
Raperonzolo annuì estasiata.
« Oh sì, Emma! Adoro i matrimoni! E poi, voi due siete perfetti insieme! »
« Qualche settimana fa non avresti detto la stessa cosa » mormorò Emma tra i denti. Si limitò a sfoggiare il suo sorriso migliore e ad annuire. Poi si incamminarono verso i ragazzi.
« Emma, mi raccomando, tieni d’occhio Kill! » le disse Flynn, mettendo un braccio sulla spalla di sua moglie.
« Tranquillo Flynn, è in buone mani! » disse Emma, infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans e sorridendo ad un, alquanto imbarazzato, Killian.
« Bene, è il momento. » sussurrò Emma.
« Grazie Killian per tutto ciò che hai fatto per me, so quanto ti sia costato lasciare tutto e partire e non lo dimenticherò mai. La nostra amicizia è più forte di qualsiasi altra cosa, perfino del tempo. Quindi quando hai bisogno di me, io ci sarò sempre… però magari la prossima volta avvisa Emma prima di partire! » Flynn le fece l’occhiolino. Killian annuì in direzione del suo amico. Gli occhi un po’ lucidi.
« E grazie anche a te Emma perché senza di te, probabilmente adesso Hans sarebbe ancora a piede libero. Ma, soprattutto, grazie per aver riportato indietro il mio amico, Killian Jones, non Capitan Uncino… lui, chissà per fortuna o no, non l’ho mai incontrato. »
Emma strinse Flynn in un ultimo abbraccio. Quell’uomo, per quanto viziato e insopportabile, era riuscito ad entrare anche nel suo cuore.
« Non vi dimenticheremo! È grazie a voi che, adesso siamo insieme! » disse Raperonzolo, prendendo la mano di Flynn.
Adesso era giunto veramente il momento.
Scambiarono un ultimo sguardo con i loro amici, nuovi e vecchi. Neanche loro li avrebbero dimenticati, questo era certo. Poi Emma estrasse dalla sacca il cappellino e lo posizionò per terra.
Prese la mano dell’uomo accanto e lei e gli sorrise.
A quel contatto, le fiammelle fuoriuscirono, più rosse che mai. Emma sorrise anche a loro. Ormai, le stavano diventando simpatiche. Facevano parte di lei, dopotutto.
Cominciarono a girare intorno al cappello, sempre più veloci, sempre più veloci…
Finché un vortice arancione si aprì sotto di loro.
Ed Emma e Killian saltarono.
Insieme.  
 
 
Atterrarono sulla sabbia.
Emma si alzò in piedi, trascinando Killian con sé.
« Ce l’abbiamo fatta! Ha funzionato! »
« Swan, dubiti ancora dei tuoi super poteri? E poi te l’ho detto, insieme siamo una bella squadra! »
Emma sorrise.
Ecco perché era tornata a cercarlo, ecco perché si era imbarcata in un altro viaggio verso l’ignoto.
Loro due, per quanto impossibile e impensabile fosse, erano una bella squadra.
« Andiamo, voglio riabbracciare Henry! »
« Sì anch’io non vedo l’ora di rivedere tuo padre, mi è mancato troppo! »
« Smettila, Killian! È un uomo sposato! » disse Emma trattenendo a stento le risate.
Si precipitarono verso il piccolo appartamento dei Charmings.
Emma bussò questa volta, per evitare qualche altra figura imbarazzante come quando lei ed Henry li sorpresero nel letto a coccolarsi alle tre di pomeriggio!
Tuttavia nessuno rispose.
Prima che potesse suonare il campanello, Uncino le bloccò il polso.
« Aspetta Emma! Forse è meglio che io vada… insomma è la tua famiglia. Io non c’entro, non voglio essere d’intralcio. E poi, scherzi a parte, credo di aver perso tutti i punti che mi ero guadagnato con questa partenza improvvisa… »
Emma lo guardò silenziosa, chiedendosi dove diavolo andasse il pirata malizioso e irritante in momenti come quello.
« Killian stai blaterando! Non è un gioco, non ci sono punti. Io non sono un premio chiaro? E poi, anche loro erano preoccupati per te! Si chiedevano cosa ti avesse spinto a… - ingoiò quell’improvviso malloppo che le era salito in gola e voltò lo sguardo da un’altra parte – a lasciarmi…»
« Emma mi disp…»
« Va tutto bene, Killian. Adesso so perché l’hai fatto, so che hai avuto delle motivazioni valide ma non farlo mai più. Niente più segreti, ok? »
« Niente più segreti » annuì lui, carezzandole lievemente la guancia.
Emma appoggiò lievemente le labbra sulle sue. Un piccolo tocco, un soffio. Poi si voltò e suonò il campanello.
Sentì dei passi avvicinarsi.
Prese la mano dell’uomo accanto a lei e la strinse.
« Ah, Killian, un’altra cosa… Non arrenderti mai con me Killian e soprattutto
non lasciarmi. »
« Non lo farò Emma, te lo prometto. »
 
 
« Mamma! »
Henry aprì la porta e si fiondò tra le sue braccia. Il suo piccolo ometto. Quanto era cresciuto, da quanto non lo vedeva?
Lo strinse di più a sé e inspirò il suo profumo di cannella, vaniglia e casa.
« Henry, mi sei mancato! »
« Anche tu! »
« Emma! » dissero in coro i suoi genitori, precipitandosi ad abbracciarla. Inutile dire che in quei giorni non avevano fatto altro che preoccuparsi. Non ricevevano sue notizie da quando era partita.
Killian restò sul ciglio della porta. Nonostante quello che aveva detto Emma, si sentiva ancora fuori posto e terribilmente a disagio. Dopotutto era stato lui a spingere Emma ad intraprendere questo folle viaggio! Se non fosse stato per i suoi nuovi istinti eroici, Emma non avrebbe rischiato la sua vita.
Solo al pensiero che sarebbe potuto succederle qualcosa a causa sua rabbrividì.
« Killian! »
Il suo nome lo distrasse dai suoi pensieri. Poco dopo si ritrovò tra le braccia un ragazzino alquanto felice di rivederlo.
« Hey, amico! » disse scompigliandoli i capelli, leggermente imbarazzato.
« Allora Emma, ce l’hai fatta! Hai dovuto tirarlo per le orecchie? » sogghignò suo padre.
Emma sorrise e incrociò le braccia.
« Possiamo dire che è tornato di sua spontanea volontà… » commentò divertita.
« Sono così felice! Dovete raccontarci tutto! »
Henry saltellò da una parte all’altra intorno a sua madre e al pirata.
« Henry, sono appena tornati. Probabilmente vogliono riposarsi… perché non andate a casa? » disse Mary Margaret apprensiva. Lei se ne intendeva di viaggi e riusciva a capire bene sua figlia.
« MARY MARGARET! » gridarono in coro Henry e David.
« Doveva essere una sorpresa! » continuò il ragazzino.
Mary Margaret si portò la mano davanti alla bocca, imbarazzata.
« Ops! »
Dall’altra stanza, un bimbo cominciò a piangere.
« Ecco bravi, adesso avete fatto svegliare anche Neal! » continuò Biancaneve stanca.
« Scusate, ci volete spiegare cosa sta succedendo? Henry, cosa avete combinato? »
David scambiò uno sguardo con il nipote e gli fece un piccolo cenno con il capo. Poi Emma, Killian ed Henry si ritrovarono fuori dall’appartamento, diretti verso la loro nuova casa.
 
 
« Henry, perché stiamo andando lì? Non dirmi che… »
Il ragazzino continuava a sorridere, ignorando le sue domande. Emma si stava seriamente preoccupando. Killian, dal canto suo, si limitava a seguire Emma e suo figlio, senza capire perché si stessero dirigendo di nuovo verso la spiaggia.
Infine, il ragazzo si fermò di fronte ad una bella casa bianca.
« Venite! »
Killian guardò Emma spaesato. Che ci facevano lì?
« Beh, quando tu eri via, io ed Henry ci siamo occupati di trovare la casa perfetta, sai visto che rimarremo a Storybrooke… Io non volevo una casa sulla spiaggia ma sai, questa è veramente bella! Così l’abbiamo acquistata! Il problema è che è completamente vuota, non c’è niente, non possiamo trasferirci subito! »
Henry prese le loro mani e li trascinò verso l’ingresso con quel solito sorriso furbo da chi ha combinato qualcosa ma non vuole ammetterlo.
« Tu dici? » chiese ingenuamente spalancando la porta.
Emma non riuscì a trattenere un “Oh” di stupore.
Era tutto perfetto.
Tutto come aveva immaginato.
Ogni mobile, mensola, quadro. Tutto.
Era la casa che aveva sempre sognato. Il luogo sicuro dove rifugiarsi alla fine di una giornata stancante.
« Henry, è bellissimo! Come hai fatto? »
Henry sorrise, contento che sua madre avesse apprezzato il suo piano.
« In realtà io ho solo dato il nome all’operazione! (Operazione Cavalluccio Marino, se lo vuoi sapere) Tutti gli abitanti di Storybrooke si sono messi all’opera, non appena hanno saputo che avevamo comprato questa casa. Sai, hanno voluto sdebitarsi per tutto ciò che hai fatto, fai e farai per loro… Anche la Salvatrice merita di essere salvata, qualche volta… »
Emma aveva le lacrime agli occhi. Avrebbe voluto ringraziare tutti, uno per uno, in quel preciso istante.
Si spostò nella cucina e notò un cesto di mele sull’isola centrale. Rosse.
Sorrise.
Continuò a vagabondare per la casa, sfiorando ogni dettaglio, ogni ripiano per assicurarsi che fosse tutto vero.
Si voltò verso Killian che continuava a gironzolare per la casa, dietro di lei, ispezionandone ogni angolo e sorridendo alle foto di famiglia appoggiate su un piccolo tavolino.
« Allora, Capitano, ti piace la tua nuova casa? »
Killian si voltò sorpreso verso di lei. Sorpreso era un eufemismo, in effetti.
« Davvero? Emma, io… »
Emma annuì, testarda.
« Non hai un posto dove stare e non hai una nave per colpa mia. Io voglio che tu stia qui, Killian. » scandì bene le ultime parole, per assicurarsi che il messaggio gli arrivasse forte e chiaro.
Io voglio che tu stia qui. Voglio che tu rimanga. Io ho bisogno di te.
L’uomo si avventò sulle sue labbra, quasi fossero il suo pane e la sua vita dipendesse da quello.
Quando si staccarono per riprendere fiato, Emma sorrise.
« Sai che dormirai nella camera degli ospiti, vero? » disse divertita.
Uncino sbuffò.
« Andiamo Emma, dopo tutto quello che abbiamo passato? Non pensi che meriti un premio? » disse sbattendo le folte ciglia, sotto gli occhi da cucciolo.
Henry, che si era volatilizzato nella sua stanza, le ricordò però qualcosa.
« Mammaaa! Geppetto ha avuto qualche problema con il tuo letto, quindi sembra che dormirai anche tu nella camera degli ospiti! »
Killian la guardò trionfante, mostrandole una fila di denti bianchissimi e il suo solito sguardo da sbruffone.
« Dopotutto ho vinto! »
Emma ripensò alle sue parole sull’Isola che non c’è.
When I win your heart Emma, and I will win it, it will not be because of any trickery. It will be because you want me.
Lo squadrò da sotto le ciglia e poi si precipitò nella camera degli ospiti, seguita a ruota da Killian.
« Io dormo vicino la finestra! »
« Oh, andiamo Swan, si vede il mare da lì! Sei ingiusta! Sai quanto mi manca… »
Hai vinto Killian, hai vinto.
Emma sospirò divertita di fronte agli occhi da cucciolo che Killian riusciva a sfoggiare quando gli era più comodo.
« Forse non ti è ancora chiaro che è anche la mia camera, adesso » disse Emma ridendo, incamminandosi verso il bagno. Killian la seguì con lo sguardo.
Non riusciva a descrivere come si sentisse in quel momento.
Felice, innamorato, al sicuro, a casa. Di sicuro non era mai stato meglio.
Sentì il rumore dell’acqua e capì che Emma era sotto la doccia. Spostò lo sguardo sul letto matrimoniale e si distese sulle coperte bianche.
Lui l’avrebbe aspettata, sempre.
Si girò su un fianco e fisso lo spazio vuoto al suo fianco. Ma sì, forse gliel’avrebbe lasciato il posto vicino alla finestra. Dopotutto a lui bastava solamente specchiarsi nei suoi occhi verde prato.
No, non l’avrebbe lasciata mai più.
 
 
FINE
 
 
 
 
Tadaaan! Ecco qui, anche quest’ultimo capitolo. So che sono in un ritardo enorme e mi scuso infinitamente ma queste settimane sono state parecchio impegnative e come forse saprete, scrivere l’epilogo di una storia non è mai facile! Forse avrete notato che, quest’ultimo capitolo è un po’ lunghetto, forse perché non riuscivo proprio a lasciare andare questa storia, un po’ pazza, un po’ folle che mi ha accompagnato per tutta l’estate fino ad oggi. Prima di passare ai ringraziamenti ufficiali di rito volevo fare delle piccole precisazioni:
1) Emma, in questa storia, ha accettato la magia come parte integrante di ciò che è, a differenza della storia reale che stiamo seguendo! (**)
2) Ho voluto riportare le parole di Killian in inglese perché, personalmente, mi suonano meglio, le sento più vere.
Detto questo volevo infine ringraziare tutti voi che avete recensito la storia o l’avete semplicemente aggiunta tra le preferite/seguite/ricordate ma anche chi ha letto in silenzio.
Mentre scrivevo mi sono divertita, commossa e ho perfino riso con Emma, Killian e tutti gli altri. Spero sia stato lo stesso anche per voi.
Ogni pensiero o critica è ben accetta! So che si può sempre migliorare.
Dopo questo sproloquio mi dissolvo… :)
Grazie veramente a tutti!
Un abbraccio!
Kerri
 
 
 
   
 
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