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Autore: KatherineSwan    14/11/2014    7 recensioni
Colin e Jennifer. Jennifer e Colin. Due anime unite dal proibito. Due colleghi che pian piano scoprono l'importanza che l'uno ha per l'altro, e iniziano a chiedersi: e se la mia vita fosse sbagliata? e se potessi avere di più?
Jennifer e Colin che fanno colazione insieme. Jennifer e Colin che fanno l'amore. Jennifer e Colin che si tengono per mano. Jennifer e Colin che si amano.
E se tutto questo potesse far parte della loro vita?
Succederà? Vi basta leggere per scoprirlo.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi con un nuovo capitolo, e con il ritorno del bel Sebastian Stan.
Scusatemi ma lo adoro troppo per non inserirlo nella storia, dovrete sopportarmi.
Comunque sia, godetevi il capitolo e l'enorme sofferenza che porta con se l'essere una shipper Colifer. Buona lettura.


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L’odore dei pancakes aveva impregnato tutta la casa, facendo risvegliare Jennifer in una nuvola di profumo che le aveva procurato un languorino allo stomaco.
Si Stiracchiò per qualche secondo e tastò il materasso accanto a sé.
Era vuoto, ma ancora caldo e la cosa non l’aveva preoccupata minimamente perché ricordava che Colin aveva dormito lì quella notte, così come aveva immaginato che quell’odore proveniente dalla cucina era sicuramente opera sua.
Sorrise e si infilò una giacca di lana che usava per gironzolare in casa quando faceva troppo freddo, posò i piedi sul pavimento e si diresse in cucina, fermandosi sull’uscio della stanza ad osservare l’uomo intento a preparare la colazione.
Colin stava girando in casa sua senza maglietta, ma questo non la imbarazzò per niente.
Si sentiva completamente a suo agio insieme a lui, sempre, in ogni circostanza, che fosse sul set o fuori dal set non aveva importanza.
« Sai, dovremmo andare a lavoro tra un po’. »
« Lo so, ma prima farai colazione, una colazione decente, e poi ci andremo. »
Jennifer si sedette al tavolo e prese qualche pancake da mettere nel piatto, mangiandoli insieme alla marmellata che le piaceva tanto mentre lui la osservava con la coda dell’occhio, intento a bere il caffè.
Era un momento talmente normale, ma per loro due era una meravigliosa eccezione che non si sarebbe più ripetuta, ed entrambi lo sapevano bene perché ripensavano a quella notte con un tocco di nostalgia e di dolore negli occhi che era palese per entrambi.
« Vado a fare la doccia.»
« Posso venire con te, se vuoi. »
« Cretino. »
Colin sorrise, osservando l’espressione accigliata di Jennifer e le lasciò qualche minuto per sé, mettendosi seduto sul divano con le mani tra i capelli, a ripensare a quanto si sentisse colpevole per quello che stava provando, per quello che il suo cuore stava chiedendo a gran voce ma che lui non aveva intenzione di assecondare per nessuna ragione al mondo.
Jennifer meritava più di un amore clandestino, ed Helen, lei non meritava di essere tradita in quel modo, non meritava neanche che lui avesse quei pensieri e quei sentimenti per un’altra, ma Colin non poteva sopprimerli, non ne era in grado.
Poteva controllare le sue azioni, poteva evitare di urlare a gran voce quanto Jen fosse importante per lui, ma non aveva idea di come scacciarla dalla sua testa, dove l’immagine di lei si era annidata e non aveva intenzione di lasciarlo nemmeno per un momento.
Una manciata di minuti più tardi Jennifer uscì dal bagno, già vestita e pronta per andare a lavoro.
Aveva pensato che fosse meglio evitare momenti sconvenienti in cui lei usciva in accappatoio, tutta bagnata e decisamente troppo vulnerabile.
« Puoi usare il bagno se vuoi, puoi farti la doccia, fai come se fossi a casa tua. »
« Non-non preoccuparti, la farò dopo, quando vado in roulotte. »
Lei annuì con un cenno del capo e sistemò le ultime cose che doveva portarsi dietro, per poi guardarsi intorno, come se avesse dimenticato qualcosa che doveva fare, ma non c’era nulla fuori posto.
Colin si era premurato di sistemare la cucina e il divano, al suo ritorno Jen non avrebbe nemmeno fatto caso al fatto che lui aveva passato la notte precedente in quella casa.
Si guardarono per un attimo, prima di uscire dall’appartamento in totale silenzio.
Non sapevano cosa dirsi, perché una volta chiusa quella porta anche tutto quello che era successo tra quelle mura sarebbe stato un capitolo chiuso, un breve momento di debolezza e accettazione che però era giunto al termine perché era il momento di tornare alla realtà.
Jennifer lasciò che Colin le desse un passaggio sul set, infondo non c’era niente di male, lo avevano fatto tante di quelle volte che nessuno si sarebbe chiesto come mai erano arrivati insieme.
Il viaggio fu pieno di silenzi, pieno di confusione, perché Jen era più confusa di prima, ma mai avrebbe lasciato trapelare il suo stato d’animo.
Una volta giunti a destinazione si separarono senza troppi convenevoli e si diressero nei propri camerini per prepararsi, dovevano dare il meglio di loro stessi sul set, dovevano fingere che non ci fosse nulla tra loro e allo stesso tempo dare ai loro personaggi la stessa chimica che avevano sempre avuto.
Roba da niente - pensò Jennifer, mentre si cambiava per vestire i panni di Emma Swan, rendendosi conto che persino il suo personaggio era diventato più sicuro di sé e meno complicato di lei.

QUALCHE ORA DOPO..
 
Colin era deciso più che mai a scappare via dal lavoro prima di poter beccare Jennifer in giro.
Probabilmente non sarebbe stato così facile tornare a casa senza di lei, tornare in quella casa vuota e dormire con la consapevolezza di non averla accanto come era successo la notte scorsa.
Tuttavia fu più forte di lui, dovette cedere all’impulso e recarsi verso il camerino di lei, bussando titubante.
« Ehi, bionda. Sei pronta? Ti riaccompagno a casa. Non solo il tipo che lascia a piedi una dolce donzella. »
Sussurrò sorridente, aspettando che la ragazza aprisse la porta.
La sentiva, sentiva il suo respiro, i rumori che stava facendo per chissà quale motivo e poi la vide.
Jennifer aprì la porta e lui la vide, rimanendone quasi abbagliato.
Era semplicemente stupenda, forse più del solito, e non riusciva a capacitarsi del perché fosse tanto perfetta ai suoi occhi, perché fosse talmente bella da fargli perdere la testa.
« Non mi serve un passaggio, ma grazie per il pensiero. »
« Come torni a casa senz’auto? »
« Non torno a casa, Colin. »
Il quel momento gli si gelò il sangue nelle vene, sapeva che se lei non fosse tornata a casa c’era solo un motivo, doveva vedere qualcuno, qualcuno che ovviamente non era lui.
Riprese a respirare dopo che il fiato gli era quasi mancato nei polmoni e cercò di ricomporsi.
« Oh. Hai un appuntamento, ecco perché sei così bella. Ed io che pensavo fosse per me. »
« Smettila. Devi smetterla di fare così, okay? »
Jennifer quasi urlò, poi si rese conto della gente che passava davanti a loro e finì la frase in un sussurrio leggero, appena percepibile alle orecchie di Colin.
« Non sono di tua proprietà, non ti appartengo e non succederà mai, l’ho capito io e lo hai capito tu, quindi lasciami vivere la mia vita e lasciami rimettere insieme i pezzi. »
Lui la guardava affranto, come un uomo che aveva perso per sempre la donna dei suoi sogni senza avere la possibilità di riaverla con sé, anche se Jen non era mai stata sua e probabilmente non lo sarebbe mai stata.
La lasciò andare, fermandola solo dopo qualche passo, quando lei era ormai lontana da lui di un metro o due.
« Lui chi è? Dimmi almeno questo. »
« Sebastian. »
Jennifer si limitò a fare il suo nome e questo bastò per far andare Colin su tutte le furie.
Perché voleva uscire di nuovo con lui? Avevano chiuso mesi fa, e lei era sembrata piuttosto sicura di quella scelta, ma adesso lui la guardava e vedeva nei suoi occhi spenti qualcosa di diverso.
« Perché? Dammi sono una buona ragione. Dammi solo un motivo per cui dovrei lasciarti uscire con lui. »
« Perché non sono tua moglie, non hai questo potere su di me. Devi smetterla di pensare che io penda dalle tue labbra e che vivo in funzione di te. Se voglio uscire con qualcuno tu non sei nessuno per impedirmi di fare le mie scelte. »
Aveva il viso incupito e stanco, voleva mettere un punto a quella situazione ma più ci provava più ripensava alla notte passata, al modo in cui avevano dormito abbracciati, al modo in cui lui l’aveva baciata più volte e a Jennifer girava la testa solo al pensiero.
Sospirò pesantemente e si calmò, tornando a guardarlo.
« E’ solo una cena. Non abbiamo mai affrontato la nostra rottura ed io gli devo ancora delle spiegazioni. E lui le merita, Colin. »
Quelle parole sembravano una specie di rassicurazione agli occhi di lui, come sei lei volesse in qualche modo tranquillizzarlo, come se volesse dirgli ‘sei uno stronzo perciò vado a cena con un altro, ma sappi che nulla è cambiato nel mio cuore’.
« Forse le merita, ma.. »
« Ma cosa? »
« L’idea che lui possa toccarti, che possa stringerti o anche solo guardarti mi sta facendo impazzire. »
« Ora capisci come mi sento io costantemente, ogni giorno della mia vita. Ora capisci come mi sento ogni volta che voli da lei, lasciandomi qui da sola a dare di matto. Ci sono tante cose che non sai, tante cose che ho provato ultimamente, ma forse adesso puoi capire com’è la mia vita da quando ti conosco. »
Jennifer sussurrò quelle parole con quel po’ di fiato che le era rimasto in gola, spostandosi nuovamente e allontanandosi da lui per dirigersi all’esterno, dove Sebastian la stava aspettando.
Forse era stata esagerata, forse non avrebbe dovuto confessargli tutte quelle cose, ma adesso si sentiva più leggera, si sentiva meno incatenata all’idea che lui non sapesse cosa provava.
Perché Colin sapeva esattamente cosa provava lei, e adesso ne stava avendo pian piano la conferma.
 

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Sebastian tirò indietro la sedia e lasciò che Jennifer si accomodasse, per poi spingerla in avanti come un vero gentiluomo.
E lo era davvero, lo era davvero e lei ne era consapevole.
L’aveva portata a cena nel ristorante del loro primo appuntamento, e lei si era resa conto di aver fatto un terribile errore ad accettare quell’invito, perché forse le aspettative di lui erano completamente diverse dalle sue.
Lasciò che le riempisse il bicchiere con del buon vino e lo guardò, titubante sul da farsi.
« Sei bellissima stasera. Più bella del solito. »
Lei arrossì, consapevole che quelle parole le erano state rivolte una mezz’oretta prima da un altro uomo.
La cena fu servita dopo qualche minuto, ed il tempo passò velocemente tra una chiacchiera e l’altra, tra un pettegolezzo e l’altro.
« Ascoltami, Sebastian. Ho accettato di vederci perché devo darti delle spiegazioni. So che forse adesso non t’interessano, ma devi farmi parlare. »
« Prima fammi finire il dolce almeno, così non avrò un ricordo del tutto amaro di questo momento. »
Lui rise, e lei pensò subito a quanto si sentisse colpevole per aver lasciato un ragazzo così perfetto.
« Non abbiamo più parlato della nostra rottura, io volevo solo dirti che.. »
« So perché mi hai lasciato, Jen. Non serve che tu lo dica ad alta voce. »
Un silenzio imbarazzante pervase entrambi, ma lei non era pronta ad arrendersi così.
« Ti ho amato molto, ti ho amato davvero tanto, ma tu meriti una donna che sappia amarti molto di più di quanto facevo io. Non ti ho lasciato perché c’era un altro o perché ti amavo poco, l’ho fatto perché ti amavo troppo, ma non abbastanza come meriti. Insomma guardati. Sei il ragazzo perfetto, sei il sogno di ogni donna, ma..»
« Ma sei innamorata di un altro. Lo so, l’ho capito prima di te. Sappi che non approvo minimamente e solo l’idea di lui che ti fa soffrire mi da il voltastomaco, ma mi fido di te, Jen. Non sarò io a dirti chi devi amare. »
« Come-come lo hai capito? »
« Non era poi così difficile da capire. Ti osservavo mentre eri sul set, con lui, eri una Jennifer completamente diversa, e lì mi sono accorto che ti avrei persa prima o poi. Ma va bene, davvero. Va bene. Spero solo che lui non ti faccia soffrire, per me meriti molto di più. »
Irrimediabilmente il viso di lei si riempì di lacrime silenziose, che non le importava di nascondere perché davanti a Sebastian non aveva bisogno di fingere.
La riaccompagnò a casa poco dopo, stampandole un lieve bacio sulla fronte non appena giunti davanti al cancello dell’appartamento di lei.
« Mi ha fatto piacere rivederti. Chiamami se hai bisogno, piccola. »
Jennifer annuì con un cenno del capo e sorrise, prima di entrare in casa percorrendo velocemente le scale e lasciandosi cadere sul divano una volta giunta all’interno del salone.
 

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Si era quasi addormentata quando il suono del campanello la fece sobbalzare.
Guardò l’ora velocemente. Era l’1.45 di notte.
Era tornata a casa da meno di dieci minuti ed era troppo stanca per rispondere al citofono e chiedere chi fosse alla porta, perciò l’aprì direttamente, rimanendo un momento sorpresa nel constatare chi era fuori dalla porta.
Colin era di fronte a lei, sembrava stanco, come se avesse corso per tutta la città, era sudato e agitato, ma Jennifer non era dell’umore adatto per discutere ancora con lui.
« Non dovevo venire, lo so. Ho visto la luce accesa e ho pensato che tu fossi in casa. »
« Già, sono a casa. »
Breve pausa. Un altro momento di silenzio tra i due, un altro imbarazzante attimo di frustrazione che fu successivamente interrotto da Colin.
« Stavo impazzendo all’idea di te con lui. Mi dispiace, non potevo aspettare fino a domani. »
« Non potevi aspettare per cosa? »
« Per volere quello che voglio. Per volere te, non potevo aspettare un’altra interminabile giornata sul set per poterti parlare, per poterti guardare, per poterti dire che non posso immaginarmi senza di te accanto. E volere tutto questo mi ha fatto pensare, mi ha fatto pensare che sto sbagliando tutto con te, sto sbagliando tutto. Vorrei poterti lasciar andare ma non ci riesco.»
Jen sorrise amaramente, e con un tocco delicato gli sfiorò il viso con una mano, avvicinandosi quel tanto che bastava per far toccare le loro labbra in un bacio leggero.
«Sono io che ti sto lasciando andare, Colin.»
Sussurrò sulla sua pelle, prima di allontanarsi, e allora lui capì.
Lei aveva avuto la forza di fare quello che andava fatto, mentre lui era stato un codardo ed un illuso a poter pensare di andare avanti con il suo matrimonio senza perdere lei.
E l’aveva persa, nel modo peggiore, perché l’avrebbe vista tutti i giorni, l’avrebbe toccata tutti i giorni, l’avrebbe addirittura baciata, ma lei non sarebbe stata più la sua Jennifer.
  
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