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Autore: Lachiaretta    14/11/2014    21 recensioni
Amelia River, dopo quattro lunghi anni torna a New York per frequentare la Columbia University. Era scappata da un passato che non riusciva ad affrontare, ma soprattutto dimenticare. Nonostante tutti i suoi sforzi però questo passato tornerà a bussare alla sua porta, inghiottendola completamente.
Cattivi ragazzi, corse illegali, auto illegali, scommesse, sesso, droga e alcol.. ma soprattutto lui, Jake Haiden.
QUESTA STORIA PRENDE SPUNTO DALLA TRAMA DI GOSSIP GIRL, IN PARTICOLARE I PRIMI EPISODI, E DA FAST AND FURIOS. LEGGETE L'AVVISO IN APPENDICE AL PRIMO CAPITOLO PER TUTTE LE INFORMAZIONI AL RIGUARDO.
PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Capitolo 10
 
Come ho potuto arrivare fino a questo punto? Fingere di essere un’altra persona, a quale scopo? Per Jake?
La mia non era una semplice rivincita. L’ho amato così tanto e così a lungo, e il vederlo continuamente attratto dalle altre ragazze, belle e magre, mi ha fatto soffrire tantissimo, ma questo non era un piano pensato per vendicarmi e farlo soffrire.
Io volevo dire subito tutta la verità ma inizialmente non volevo deludere Megan e poi… Lui era attratto da me e io mi sono trovata ancora innamorata di lui, volevo solo viverlo. Con quale risultato?
 
Non vuole essere il mio ragazzo e nemmeno essere mio amico. Mi odia. E non è il solo.
 
 
Sono passati sei giorni dall’ incontro / scontro con Jake nella mia camera e li ho trascorsi tutti, nessuno escluso, a letto, a piangere e a riflettere sul casino combinato. Ad ogni nuovo messaggio ricevuto sussulto e mi affetto a controllare che non si tratti di Jake, o Robert, o Josh, e la delusione è sempre la stessa quando scopro che il mittente è o Megan o Spencer. Un centinaio di volte ho scritto un nuovo messaggio comprendente solamente la parola SCUSAMI, ma mai ho trovato il coraggio di premere il tasto invio.
Anche il resto della Eaton sembra volermi evitare dopo la scenata e non oso immaginare quali fantasiose storie aleggino nei corridoi della Columbia adesso.
 
Forse dovrei scappare di nuovo e tornare dai nonni, e l’anno prossimo potrei iscrivermi ad un’altra università.
 
 
***
 
 
Oggi inizia lo stage. Prendo dall’armadio una camicia color panna e un paio di pantaloni grigio scuri aderenti. Raccolgo i capelli in uno chignon in cima alla testa credendo di avere un’aria più professionale, ma li sciolgo immediatamente lasciandoli cadere liberi in morbide onde sulle spalle. Il pensiero di rivedere Josh mi sta tormentando. Trucco appena gli occhi con matita nera e ombretto color pesca, e passo un lieve strato di lucidalabbra. Alla fine infilo ai piedi stivaletti basso con tacco medio e prendo il cappotto nero.
Megan si è offerta di prestarmi la sua auto ma ho rifiutato, prenderò l’autobus. Peccato che il tragitto sia di oltre 40 minuti e che preveda un doppio cambio di mezzo. Quando finalmente giungo di fronte al palazzo di giustizia decido che dal giorno seguente utilizzerò la sua Porsche senza farmi tanti problemi. In fondo lei la mattina ha lezione e non le serve.
Entro all’interno del palazzo passando attraverso il metal detector e presentandomi alle guardie come una delle nuove stagiste. Quest’ultimi, controllata la mia borsa, mi invitano ad entrare. Seguo le indicazioni per la Procura svoltando prima a destra e poi a sinistra.
L’edifico è pieno di uomini in giacca e cravatta e donne elegantemente vestite, sicuramente avvocati, che freneticamente percorrono i corridoi verso le varie aule. Alcuni di loro sono accompagnati da ragazzi giovani, probabilmente praticanti, che portano le loro borse e fascicoli. Sorrido notando come potrebbero essere tranquillamente scambianti per facchini invece di giovani laureati in giurisprudenza che intraprendono la carriera di avvocato. Spero non tocchi anche a me la stessa sorte.
Continuo per la mia strada fissando una povera ragazza molto magra che a fatica trasporta un faldone che peserà quasi quanto lei, mentre il suo dominus, un uomo di circa quarant’anni, la precede a mani vuote. Che cavaliere.
Senza smettere di compatire la poverina urto un uomo sulla settantina che indossa una toga nera lunga quasi fino ai piedi e sul davanti un bavero bianco merlettato, sembra arrivare direttamente dall’ottocento. Deve trattarsi sicuramente di un magistrato.
 
«Mi scusi Vostro Onore, ero distratta.» Balbetto per giustificarmi.
 
«Non si preoccupi signorina, ma guardi dove mette i piedi la prossima volta.» Mi rimprovera sorridendomi amorevolmente.
 
«Certo.» Rispondo sorridendogli a mia volta. Mi domando se sia così anche in aula o al contrario sia severo e intrattabile.
 
Raggiunta una rampa di scale trovo una segnaletica verticale che indica i vari uffici divisi per piani: la Procura è al terzo. Mi volto verso l’ascensore appena in tempo per vedere le porte chiudersi e sconsolata inizio a salire a piedi. Sono quasi le nove, mi conviene fare in fretta o arriverò in ritardo.
 
«Amelia buongiorno, ti stavamo aspettando.» Mi saluta il viceprocuratore Ryan Bass appena varco la porta della procura. È in piedi in mezzo al corridoio e davanti a lui, seduti su delle sedie appoggiate lungo la parete, ci sono Josh e Susan Morgan.
 
«Buongiorno Dott. Bass, spero di non essere in ritardo.» biascico abbassando lo sguardo per la vergogna.
 
«Assolutamente no. Sono le nove in questo preciso istante. Sono i suoi compagni ad essere arrivati in anticipo. Prego si accomodi.» Mi indica la sedia accanto a quella di Josh ed io, seppur molto titubante, prendo posto. La sua vicinanza mi mette talmente a disagio che non riesco ad posare lo sguardo su di lui, quindi mi limito a fissare Ryan che ci illustra alcune regole principali dell’ufficio.
 
«Prima fra tutte vi chiediamo di mantenere una certa riservatezza. Non credo sia necessaria questa raccomandazione ma è sempre meglio mettere in chiaro tutto fin dal principio. In quest’ufficio verrete in contatto con notizie di reato e indagini in corso, anche se non di grande rilevanza. Ad ogni modo tutto ciò di cui verrete a conoscenza deve rimanere qui dentro. Non potete farne parola con nessuno, nemmeno tra voi oltre queste mura. Secondo ma non meno importante vi chiedo di essere ordinati. Se prendete un fascicolo dovete riporlo al suo posto prima di andarvene, e mi raccomando di non lasciare documenti in giro. Qualunque pezzo di carta può essere determinante per l’accusa. Terza regola, non dovete, ripeto, non dovete mai entrare in contatto con indagati e imputati. Possono essere persone pericolose e voi siete solo degli studenti. Detto questo venite che vi illustro i vari uffici.»
 
Ci alziamo e lo seguiamo per il corridoio salutando i vari impiegati e agenti che ci presenta. Incrociamo anche il poliziotto paffuto che mi ha interrogata ormai oltre un mese fa. Non sembra riconoscermi anche se dal modo in cui si sofferma a guardarmi intuisco di ricordargli qualcuno. Io e Ryan ci scambiamo un’occhiata di intesa divertiti.
 
«Per oggi pensavo di dividervi. Sig. Neil potresti seguire l’agente Marvin, oggi si occuperà di alcune identificazioni. Signorina Morgan invece potresti stare con Mrs Fergie all’accettazione, dove riceverete le denuncie. Mentre tu Amelia vieni con me, seguiremo insieme un’indagine.»
 
Annuisco assecondandolo anche se preferirei prendere il posto di Susan Morgan e ricevere le denuncie dei cittadini piuttosto che rimanere da sola con Ryan al quale credo di dovere qualche spiegazione, ma è lui che comanda e non credo di potermi opporre. Prima di seguirlo all’interno della sua stanza mi volto verso i miei due compagni e per la prima volta mi scambio uno sguardo con Josh. Anche lui fissa il suo sguardo nel mio, e mi stupisco nel scoprirlo estremamente serio ma non arrabbiato come credevo.
Ryan mi conduce oltre una porta con sopra inciso il suo nome. La stanza è molto più elegante delle altre che ci ha mostrato fin’ora, sicuramente per la sua posizione di maggior rilievo. La scrivanie non è in compensato e alluminio ma in pesante mogano in stile ottocentesco. Le sedie profumano di vera pelle, non di plastica, e devo ammettere che sono veramente comode. Ma la cosa più interessante sono i libri che troneggiano nella libreria: decine e decine di libri di ogni tipo, piccoli e grandi, vecchi e ultime edizioni, unico elemento comune il diritto penale.
 
«Se ti interessa posso prestartelo.» Mi dice mentre il mio indice destro sfiora la rilegatura marrone dell’ultimo codice penale commentato con la maggiore giurisprudenza.
 
«Magari più avanti.» Accetto sorridendo. Un manuale di quel calibro costa centinaia di dollari e ad oggi non è ancora reperibile in biblioteca.
 
«Come stai Amelia?» Mi domanda poggiando entrambi i gomiti sulla scrivania e sorreggendo il mento con le mani.
 
«Bene, grazie.» Rispondo scrollando le spalle e prendendo posto sulla sedia davanti alla sua.
 
«E con il tuo ragazzo? Il professor Collins mi ha riferito alcune voci tanto divertenti quando assurde, anche se lui non sembrava ridere.» Gli occhi fissi nei miei.
 
«Lo so. Le ho sentite anch’io e mi dispiace, per tutto. Jake non avrebbe dovuto..»
 
«Sarei impazzito anch’io se avessi perso una donna come te.» Mi interrompe Ryan ridendo.
 
«Se lo dici tu.. Ad ogni modo se vogliamo evitare di creare altre voci eviterei di passare troppo tempo da soli, dovresti seguire anche gli altri stagisti.» Gli suggerisco senza smettere di sorridergli.
 
«Ma Amelia è solo il primo giorno, prometto che farò vedere anche a loro le mie indagini.» Sbuffa allegro. «Però dobbiamo trovare un altro modo per stare da soli. Magari una cena?»
 
«Una cena?» ripeto meravigliata.
 
«Si. O un aperitivo? Insomma Amelia, mi piacerebbe uscire con te.» Insiste.
 
«Ryan, non so.. Non mi sembra il caso. Già ci sono delle voci su di noi.. E ho appena cominciato lo stage..» Cerco di giustificare il mio rifiuto scuotendo la testa a destra e sinistra. «Insomma, non mi sembra appropriato.»
 
«Non è per quel ragazzo?»
 
Rido alla sua domanda «Chi Jake? Assolutamente no.»
 
«Mi sembravate … intimi.» Continua lui non convinto dalla mia risposta. Gli occhi stretti a fessura fissi su di me per cogliere ogni mia vacillazione.
 
«No! No!» Balbetto imbarazzata alzando le mani e agitandole per accentuare la mia riposta. «Non siamo nemmeno più amici. Non voglio rovinare il mio stage.» Rispondo cercando di sembrare il più convincente possibile, in fondo è la pura verità.
 
«Bene. Allora non c’è nulla che ti freni. Ti garantisco che non si ripercuoterà sulla tua carriera.» Annuncia lui alla fine vittorioso. «Prometti almeno che ci penserai.»
 
«Ci rifletterò.» Termino sorridendogli appena, anche se una parte di me vorrebbe rispondergli affermativamente, dopotutto è un bellissimo uomo. «Possiamo metterci al lavoro adesso?»
 
Lui annuisce divertito e mi porge un fascicolo azzurro. «Iniziamo con questo caso.»
 
 
***
 
 
 
«Pranziamo insieme?» Mi dice dopo tre lunghe ore di analisi.
 
Il lavoro di procuratore è tanto difficile quanto affascinante. Fino ad ora abbiamo visionato un unico fascicolo, documento per documento, cercando di carpire ogni informazione. Anche l’approccio di Ryan è cambiato notevolmente appena abbiamo preso in mano la prima foto, il suo volto è passato dal divertito al serio. Ha fissato ciascuna immagine per un’eternità notando particolari inizialmente invisibili ai miei occhi. Ora capisco come può essere procuratore ad un’età così giovane.
 
«Allora? Sushi?»
 
«Ah. Scusami.» Sono talmente concentrata da non aver compreso immediatamente la sua domanda. «Direi che è meglio di no. Forse è meglio pranzare separati.» Gli rispondo riponendo l’ultimo foglio della trascrizione dell’interrogatorio dell’indagato all’interno del fascicolo. Ordine prima di tutto, o forse era la seconda regola.
 
«E perché?»
 
«Ti ho già detto che ci penserò, ma ho bisogno di tempo. È solo il primo giorno.» Abbasso lo sguardo congiungendo le mani in grembo. Mi imbarazza così tanto.
 
«Va bene Amelia. Ci rinuncio per oggi.» Si alza dalla sua sedia e si sposta dietro le mie spalle abbassandosi fino ad arrivare all’altezza del mio orecchio. «Ma sia chiaro che non mollo.» Sussurra facendomi rabbrividire. Il mio istinto di sopravvivenza mi sprona ad allontanarmi il più possibile da lui, subito.
 
Senza dire più nemmeno una parola, prendo la borsa e il cappotto ed fuggi letteralmente dalla stanza. Percorro a grandi passi il corridoio e scendo di corsa i tre piani di scale. Questa mattina ho intravisto uno Starbucks ad un paio di isolati, e lì hanno i migliori Muffin di tutta New York. L’idea di gustarmi per pranzo quell’ottimo tortino al cioccolato ripieno di pezzettini di cioccolato fondente e granella di nocciole non mi dispiace, soprattutto se accompagnato con un ottimo cappuccino al cioccolato.
Con l’acquolina in bocca supero il metal detector e saluto gli agenti all’entrata, ma appena giunta all’aria aperta, qualcuno mi afferra sottobraccio e mi trascina sulla destra impedendomi di attraversare la strada.
Mi volto terrorizzata verso il mio assalitore e lo riconosco subito.
 
«Josh.. ma che cavolo fai?» Gli domando puntando i piedi al suolo per fermarlo ma lui è nettamente più forte di me e continua a tirarmi lungo il marciapiede facendomi inciampare nei miei stessi piedi.
 
«Pranziamo insieme.» Risponde il castano continuando a guardare dritto davanti a sé.
 
«Pranzo? Dici sul serio?»
 
«Certo.» Alza le spalle indicandomi la caffetteria ormai di fronte a noi. «Abbiamo un’ora di pausa e abbiamo bisogno di parlarti.»
 
«Abbiamo? Tu e chi?» Gli chiedo inarcando entrambe le sopracciglia.  Credevo non mi avrebbe più rivolta la parola, anche se non è detto che le cose che ha dirmi siano positive. Una parte di me prega che il suo plurale comprenda Jake.
 
Lui però ignora la mia domanda trascinandomi all’interno del locale. Al centro della sala si blocca scrutando i tavoli, probabilmente alla ricerca del suo accompagnatore. È allora che lo vedo, seduto all’ultimo tavolo in fondo a destra, mentre sorseggia serio il suo fumante caffè. 
 
«Robert? Cosa sta succedendo?» Gli chiedo mentre Josh mi spinge sul fondo della panchina, accanto alla finestra e si siede al mio fianco bloccando ogni mia possibile via di fuga.
 
«Eccovi finalmente. Hamburger per tutti? Mia per te di pollo e una Diet-Coke?» Non accenna a sollevare lo sguardo dal menù, vuole concedermi l’ultimo pasto prima della mia esecuzione?
 
«Lo sapete vero che s’insospettiranno se non torno in procura? Vi troveranno!» Ryan si preoccuperà non vedendomi rientrare e mi cercherà, o almeno lo spero.
 
«Mia, non vogliamo farti del male. Vogliamo solo parlarti.» Risponde atono Josh intuendo i miei pensieri.
 
Robert alza la mano per richiamare l’attenzione della cameriera e ordina il pranzo per tutti e tre. Solo allora punta i suoi occhi scuri nei miei. «Mia, mettiamo subito in chiaro alcune cose: non ti ho perdonata per avermi preso in giro, e lo stesso vale per Josh. Tuttavia Megan è venuta da me ieri chiedendomi di parlarti e come ben sai ultimamente quella ragazza ha una particolare ascendenza su di me. Mi ha spiegato come sono andate le cose, che è stata una sua idea e che praticamente ti ha obbligata.»
 
«Cavolate! Sono stata io a mentire, è solo colpa mia.» Non può averlo fatto.
 
«Mi aveva avvisato che avresti negato tutto per paura di possibili ripercussioni su di lei quindi ti avviso subito che né io né Josh abbiamo intenzione di prendercela con lei, quindi calmati e ascoltami. A quanto dice quando vi siete incontrate ti sei fatta riconoscere immediatamente e tutta questa storia è stata una sua idea, solo perché sperava che in questo modo, volendoti bene e apprezzandoti come Amelia, sarebbe successo lo stesso a Mia. Assurdo no?»
 
«Che assurdità. Niente potrà farvi mai cambiare idea sul mio conto.» Abbasso lo sguardo sul panino che la cameriera mi ha lasciato davanti e sul bicchiere colmo della mia scura bevanda dietetica.
 
«Dacci una possibilità almeno. Parlaci di quella notte, raccontaci la tua versione dei fatti.» Robert allunga titubante le mani sul tavolo e afferra le mie per incoraggiarmi a parlare.
 
Scuoto la testa. «Sapete bene cos’è successo, perché parlarne ancora. Scott è morto»
 
Josh mi cinge le spalle costringendomi ad alzare il volto. «Noi sappiamo solo che Scott ha gareggiato al tuo posto. Voglio sapere perché? Sapevi che lui non era abbastanza bravo a guidare. Perché gli hai dato la tua macchina?»
 
Il solo pensiero del mio gemello alla guida della mia auto riapre quella ferita che credevo chiusa da tempo. «Io non lo sapevo.» Le parole escono dalla mia bocca insieme ad un violento singhiozzo che mi fa scoppiare in lacrime.
 
«Come non lo sapevi? Non gli hai detto tu di guidare?» Mi domanda Robert allungandosi ancora un po’ sul tavolo per avvicinarsi a me.
 
«Non lo sapevo, non lo sapevo.» Libero la mano dalla presa del mio amico e mi strofino entrambi gli occhi sbavando irrimediabilmente il mascara lungo le guance. «Non gliel’avrei mai permesso, in particolare quella sera. Era una corsa troppo impegnativa e io non ero nella condizione di poter guidare. Ero nella mia camera da letto quando gli ho detto che volevo ritirarmi, lui era molto arrabbiato perché… perché… perché c’erano in ballo troppi soldi, abbiamo litigato e lui scappato via. Non sapevo mi avesse rubato le chiavi.» Mi copro il volto con entrambe le mani permettendo alle lacrime di uscire liberamente. «Se solo l’avessi saputo, gliel’avrei impedito. Non volevo che morisse.»
 
«Ti ha rubato le chiavi dell’auto?» Ripete Robert incredulo. «Pensavo l’avessi mandato tu al tuo posto.» 
 
«Io? Era mio fratello, la mia vita. Come puoi anche solo immaginare una cosa del genere?»
 
«E allora perché non ci hai detto nulla? Perché ci hai lasciato pensare che..» Josh lascia la frase in sospeso incapace di continuare.
 
«Che fosse solo colpa mia. Perché lo è! Se avessi corso io quella notte lui adesso sarebbe qui.» gemo tra le lacrime.
 
«Dannazione Mia.» Anche la voce di Josh trema mentre mi stringe forte al suo petto.
 
«Adesso basta. Abbiamo pagato tutti troppo per quella notte, tu in prima persona. Abbiamo sempre pensato… Non dovevi scappare, dovevi dirci la verità.» Continua Robert allungando una mano verso il mio capo e accarezzandomi delicatamente. I nostri piatti sul tavolo ormai devono essere congelati ma non sembra importare a nessuno. «Basta, non ne voglio parlare mai più. Io non posso parlare per Josh, ma per quel che mi riguarda questa storia è chiusa.»
 
«Lo stesso è per me.» Sussurra Josh tra i miei capelli depositandovi un candido bacio.
 
Mi allontano dalla presa di Josh che continua a stringermi. «Cosa? Cosa volete dire?»
 
«Che per quel che mi riguarda hai già sofferto abbastanza.» continua Josh fissandomi negli occhi.
 
«Concordo, è ora di andare oltre e tu sei nostra amica adesso. E se a Jake non va bene, può anche andare al diavolo.»
 
 
***
 
 
Senza nemmeno aver pranzato io e Josh torniamo in procura. Megan, che è sempre un passo avanti a tutti noi, aveva consegnato a Robert un kit intero per la sistemazione del trucco. Senza la sua previdenza sarei tornata in ufficio con le sembianze della bambina di The Ring.
 
«Vieni Amelia. Continuiamo quello che abbiamo lasciato in sospeso.» Mi chiama Ryan dalla porta del suo ufficio.
 
«Arrivo.» Rispondo, poi voltandomi verso il mio amico. «Grazie Josh.»
 
Josh in risposta mi accarezza il volto e senza dire una parola ritorna nella stanza dell’agente con cui aveva lavorato la mattina.
 
«Incominciamo.» Ryan non mi dà nemmeno il tempo di chiudere la porta, apre il fascicolo e con un’espressione estremamente seria in volto comincia ad esaminare i documenti al suo interno. Annuisco appena sedendomi al mio posto. Lui mi passa i fogli e le foto borbottando qualcosa di incomprensibile. Minuto dopo minuto il Dott. Bass diventa sempre più intollerante.
 
«Insomma Amelia, lo vedi o no? Ci sono numerose chiamate da parte dell’indagato alla vittima. Qual è il prossimo passo?» Sbotta improvvisamente dopo oltre tre ore di rimproveri velati.
 
«Io.. io. Non lo so.. chiederei dei tabulati più dettagliati, con la trascrizione delle conversazioni e anche il testo dei messaggi.» balbetto presa alla sprovvista dalla sua irruenza.
 
«Si.» Annuisce brusco strappandomi dalle mani il foglio di chiamate in entrata.
 
«Senti Ryan, si può sapere cosa ti prende? È tutto il pomeriggio che mi tratti malissimo.» Mi alzo in piedi sbattendo entrambi i pugni sul tavolo.
 
«Niente Amelia, non ho niente.» afferma controvoglia rimettendo tutti i documenti all’interno del fascicolo e chiudendolo.
 
«Riprovaci perché non sei convincente.»
 
«Cosa vuoi che ti dica? Con me non vuoi pranzare, ma con quel ragazzo si. Probabilmente mi preoccupavo del ragazzo sbagliato!» Si alza in piedi e si volta verso la finestra. Istintivamente scoppio a ridere alle sue parole e la mia reazione sembra innervosirlo ulteriormente. «Non c’è niente da ridere Amelia.»
 
«Invece si! Stai pensando che io… io e Josh? No, no. Siamo solo amici, non c’è e non ci sarà mai assolutamente nulla.» Cerco di trattenere le mie risate inutilmente.
 
«Nemmeno tra noi.» ammette senza smettere di guardare le auto che sfrecciano in strada e il mio sorriso si spegne immediatamente. In effetti adesso non c’è nulla ma in futuro.. chi lo sa? Non lo avevo del tutto escluso. «E allora perché con me non vuoi uscire?»
 
«Ryan.. io..» inizio prima di essere nuovamente interrotta da lui che inaspettatamente si volta verso di me fissando i suoi splendidi occhi nei miei e io non posso fare a meni di pensare che il Dott. Bass è veramente un bell’uomo.
 
«Dammi una possibilità Amelia.» Mi supplica con tanta dolcezza che il mio cuore inizia a martellarmi in petto.
 
«Va bene.» Gli rispondo senza staccare i miei occhi dai suoi.
 
«Solo un aperitivo, per festeggiare il tuo primo giorno in procura.» continua, probabilmente senza ascoltarmi.
 
«Ho detto di si»
 
Ryan sembra non aver sentito nemmeno una sola parola. «Ti prego Amelia.»
 
«Ryan» Mi avvicino a lui di qualche passo e poggio entrambe le mani sulle sue spalle. «Ho detto di si!»
 
Sul suo volto si apre un raggiante sorriso. «Hai accettato? Hai accettato?»
 
«Si!» Annuisco ridendo. «Andiamo dai!»
 
 
***
 
 
Usciamo insieme dalla procura e svoltiamo verso il centro. Mi lascio guidare da lui non conoscendo più quali siano i locali in voga in questo momento e quali no. Dopo meno di un quarto d’ora raggiungiamo il Temple, un piccolo localino con un grazioso patio accerchiato di fiorite rampicanti. Data l’inusuale temperatura calda di questa serata di fine ottobre il plateatico è colmo di persone, ragazzi e ragazzi che chiacchierano rumorosamente bevendo colorati aperitivi e mangiando tramezzini. La vista del cibo fa agitare rumorosamente il mio stomaco ricordandomi di non aver toccato cibo a pranzo e facendo scoppiare Ryan a ridere allegramente.
 
«Hai fame?» Mi domanda divertito. Avevo sperato invano che non lo avesse sentito con la musica di sottofondo.
 
Imbarazzata mi avvolgo il grembo con entrambe le braccia. «Un po’.»
 
«Ok. Allora è meglio che vada ad ordinare personalmente, potrebbe volerci molto tempo aspettando le cameriere, tu intanto siediti. Cosa vuoi?»
 
«Quello che prendi tu, e magari delle patatine.» Gli rispondo allegra guardandomi intorno per prendere posto. Noto subito, poco distante, due sgabelli appoggiati al bancone e mi affretto per occuparli sedendomi sopra il primo e poggiando borsa e cappotto sul secondo.
 
«Hei! Cosa guardi Jake?» Una voce femminile in lontananza attira la mia attenzione. Anzi per la precisione è il particolare nome appena pronunciato.
Istintivamente mi volto nella direzione di provenienza e immediatamente i miei occhi incontrano un paio di familiari occhi azzurri. Jake Haiden, in tutta la sua bellezza, mi sta fissando dall’altra parte del locale sorseggiando una birra scura. Accanto a lui una provocante rossa gli agita la mano davanti al volto per attirare la sua attenzione. «Allora Jake ci sei o no?» Strilla fastidiosamente benché sia tremendamente vicina al suo volto. Vedo le sue labbra muoversi appena mentre annuisce con il capo. I suoi occhi però continuano a rimanere allacciati ai miei, fissandomi con insistenza ma soprattutto con tanta rabbia da farmi rabbrividire. Sul suo volto fa capolino il suo fantastico ghigno che troppe volte mi ha fatto capitolare, anche se oggi sembra più maligno del solito, e senza smettere di guardarmi allunga un braccio sulla vita sottile della rossa, accerchiandola e guidando la ragazza di fronte a sé. Lei ovviamente non oppone resistenza alcuna e porta le mani dietro il suo collo, intrecciandole ai biondi capelli. Senza interrompere il contatto visivo con me, Jake azzera la distanza che li separa, baciandola non proprio castamente dato che posso vedere chiaramente le loro lingue incontrarsi e le dita affusolate del mio vecchio amico stringere con forza entrambe la natiche della ragazza facendo aderire perfettamente i loro copri.
La cosa peggiore è che i suoi occhi rimangono fissi sui miei, ottenendo ciò che vuole: io non riesco a smettere di guardarli e fatico a trattenere le lacrime. È estremamente chiaro il messaggio che intende trasmettermi: Jake è andato chiaramente oltre.
 
La mano di Ryan che mi porge un bicchiere di Champagne mi distrae da quell’orribile scena, riportando la mia attenzione su di lui. Guardo il mio accompagnatore in volto constatando nuovamente quanto sia estremamente bello, quasi quanto Jake. Aggiungerei inoltre che è un uomo - perché è questo che è, un uomo non un ragazzino - estremamente intelligente ed interessante.  Io non sono sola, se Jake è con quella rossa, io sono con Ryan.
Senza prendere il calice che mi porge, mi alzo dallo sgabello, mi sollevo sulle punte dei piedi per raggiungere la sua stessa altezza e senza lasciargli il tempo di capire le mie intenzioni prendo il suo volto tra le mani e poggio le mie labbra sulle sue. Dopo un primo istante di smarrimento Ryan deposita entrambi i bicchieri sul bancone e, accerchiandomi con entrambe le braccia, ricambia il mio bacio cercando immediatamente di approfondirlo. Non appena però sento la sua lingua sfiorare il bordo del mio labbro inferiore, cercando di forzarlo per accedere all’interno della mia bocca, mi stacco da lui imbarazzata.
 
Cosa diavolo ho fatto? Ho appena baciato Ryan Bass. Se la mia intenzione era non creare nuove chiacchiere e non compromettere il mio stage non ho proprio fatto la cosa più giusta.
Fortunatamente lui capisce subito le mie intenzioni e senza protestare si accontenta di ciò che ha ottenuto porgendomi di nuovo il bicchiere pieno di vino che stavolta prendo in mano e brinda sorridente al mio primo giorno in procura.
 
Ingoio un generoso sorso dell’ottimo vino e senza farmi notare porto nuovamente lo sguardo verso l’angolo opposto del locale, non riuscendo a trattenere il desiderio di controllare Jake e la sua nuova amica, tuttavia trovo solo la ragazza dai capelli rossi impegnata a recuperare velocemente le sue cose da sopra il tavolino, guardando infastidita l’uscita. Seguo la stessa traiettoria appena in tempo per vedere Jake uscire dal locale a passo spedito, senza intenzione alcuna di aspettare la ragazza che rimane invece tutta sola all’interno.
   
 
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