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Autore: VashappenedFede    14/11/2014    0 recensioni
Ma questa ragazza…lei si che ha senso. È reale, bella e i nostri corpi aderiscono alla perfezione quando l’abbraccio. Mi fa venire voglia di provare emozioni.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Non dirmi un'altra bugia.

Capitolo 4
«Voglio credere nelle favole».
FABLE MAGUIRE
La sera prima (non conta)
 
Drew
 
Mentre con il pick-up percorro il lungo vialetto di ingresso, la casa mi  compare davanti agli occhi, ogni singola finestra splendente di luce. Ci sono circa un trilione di finestre, la villa è enorme e fa un’impressione
grandiosa. Poi la preoccupazione mi assale e mi chiedo se siano in casa oppure no.
Speravo di evitarli fino al mattino.
La tensione che emana da Fable è evidente. La realtà la colpisce, credo. Sta succedendo anche a me. Devo varcare quella soglia e affrontare i miei demoni. È drammatico, e sembro una ragazzina, ma merda, è la verità.
«Hai una casa gigantesca», mormora Fable.
«Già». La odio. Perdere mia sorella… Il fatto più terribile del mondo che mi sia mai accaduto è successo proprio qui. Anche se è morta quasi con esattezza due anni fa, mi pare solo ieri.
Dentro il mio cuore, so che la sua morte è stata in parte colpa mia. E di Adele.
Questo è uno dei motivi principali per cui vorrei essere altrove.
«Ed è proprio sull’oceano». Fable sembra triste.
«Adoro l’oceano. Ci vado raramente».
«Ci sono delle scale sulla terrazza posteriore che ti porteranno dritta alla spiaggia», dico, sperando di farle venire voglia di andarci.
Il sorriso che mi fa in qualche modo mi alleggerisce, ma non abbastanza.
Non sarà una visita facile. Mi sono illuso, se credevo che Fable l’avrebbe resa più semplice. Con la sua presenza sembrerà meno stressante, ma ci sono ancora tensione, rabbia e tristezza − troppe emozioni legate a questo posto, in questo momento dell’anno. Entro la fine della settimana
penserà che sono completamente pazzo.
Racconterà a qualcuno di me? Non mi sono
neppure posto il problema. Il che
prova una volta in più che non ho organizzato il
mio piano a sufficienza. Tutto mi si
ritorcerà contro, alla fine. Me lo sento. Non posso
fidarmi di nessuno.
Nessuno. Di certo non di questa ragazza seduta
accanto a me, che si mastica
l’indice come se dovesse arrivare fino all’osso. È
nervosa, ma non sa niente di me.
Mi sudano le mani e ho la nausea. Una cosa è vedere i miei quando siamo in vacanza, un’altra è vederli quando vengo a casa e devo affrontare la realtà di quello che è successo qui dentro. Sono passati quasi due anni dall’ultima volta che sono stato qui.
«Stai bene?», la voce di Fable rompe il silenzio ed è piena di preoccupazione.
«Respiri in modo strano».
Fantastico. «Sto bene». Rispondo con un sospiro, cercando disperatamente di non cadere a pezzi. Parcheggio davanti alla porta chiusa del garage e spengo il motore, lasciando che la quiete mi avvolga per un momento. Riesco a sentire i respiri leggeri di Fable, il tic tac tranquillo del motore, il suo profumo, lo shampoo o qualunque cosa
sia che aleggia nell’aria. È delicato, un po’ dolce − vaniglia o cioccolato, non saprei dirlo − e non si intona all’immagine da dura che
Fable proietta.
È una contraddizione vivente, e io voglio capirla.
«Senti, non so perché, ma ho la sensazione che questa cosa sia difficile per te. Mi sbaglio?». Mette la mano sopra la mia, sul cambio, la punta delle sue minuscole dita che mi liscia le nocche. Sobbalzo al suo tocco, ma lei non si sposta. Sono scioccato che stia provando a rassicurarmi così.
Annuisco, poi cerco di mettere insieme due parole, ma non esce niente.
«Anch’io ho una famiglia incasinata». La sua voce tranquilla penetra dentro di me
e mi calma i nervi all’istante. La sua semplice accettazione mi coglie di sorpresa.
«Non ce l’hanno tutti?». Mi sforzo di scherzare, anche se la maggior parte delle volte credo di essere il solo che ha a che fare con la follia. Nessuna famiglia è fuori di testa quanto la mia.
«Non credo. Merda, non lo so». Sorride, e guardarla mi alleggerisce il cuore.
«Solo… ricordati di respirare, ok? So che non mi racconterai cosa c’è che non va, o perché odi la tua famiglia così tanto, ma lo capisco. Lo capisco davvero, e se hai bisogno di allontanarti anche solo per cinque minuti, ti darò una mano. Dovremmo avere una parola in codice».
Mi acciglio. «Una parola in codice?»
«Sì». Annuisce, e le si illuminano gli occhi. Come se stesse davvero entrando
nella parte. «Mettiamo che tuo papà faccia lo stronzo e ti chieda cosa ne vuoi fare
della tua vita, e tu non ce la fai più a sopportarlo. Basta che tu dica marshmallow e
io lo interromperò e ti trascinerò fuori».
Un sorriso riluttante mi compare sulle labbra.
«Marshmallow?»
«Una parola a caso, no? Che non ha senso. Così è più divertente». Il suo sorriso si allarga, e anche il mio.
«E se tu non ci sei?». Sento che non la perderò di vista un secondo, anche se non sarà facile.
«Scrivimi marshmallow via SMS. Ovunque io sia, verrò da te di corsa».
«Faresti davvero questo per me?».
I suoi occhi incontrano i miei, sono pieni di luce, splendenti. E bellissimi. Cazzo, è davvero carina. Perché non me ne sono reso contoprima? Sono attratto da lei, io che di solito non sono attratto da nessuno. «Sono impaziente di fare il lavoro per cui mi hai pagata».
Le sue parole gelide disperdono in un attimo la tiepida nebbia in cui siamo immersi. Un promemoria brutale che quello che stiamo facendo, questa falsa relazione di cui siamo parte, per lei non è
nient’altro che un lavoro. «Hai ragione».
Che stupido. Speravo che mi salvasse perché le
andava di farlo.
Fable
 
Questa casa è grande quanto un museo e altrettanto gelida. È bellissima, tranquilla e immacolata, con quel non so che di silenzioso che mi spaventa a morte.
La porta si chiude dietro di noi con un clic, con un’irrevocabilità che mi fa salire un
brivido lungo la schiena, e seguo Drew per un ampio corridoio dalle pareti coperte di foto di famiglia che mi ripropongo di guardare meglio più tardi. Sento delle voci provenire da una stanza verso il fondo, e all’improvviso ci ritroviamo catapultati dentro, in una sala gigante con finestre che
affacciano sull’oceano. Riesco a vedere la spuma delle onde da dietro il vetro, ed è qualcosa
di meraviglioso. Drew non se ne accorge nemmeno: è troppo concentrato sulle due persone sedute sul divano, le quali schiodano i loro lunghi corpi magri dal lussuoso
velluto marrone scuro e ci avvicinano a passi veloci.
Ho i nervi a fior di pelle e all’improvviso la mia mano viene avvinghiata da quella di Drew, dita fra le dita. La dimostrazione d’affetto mi sbalordisce per un attimo; poi però mi ricordo tutto.
Sono la sua ragazza. Sto recitando un ruolo e
anche lui, e lo stiamo facendo
proprio per queste due persone che ci troviamo di
fronte, con quell’espressione di
attesa dipinta sulle facce.
«Andrew. Sono felice di vederti. Che figo che
sei!», dice la matrigna, e il
commento mi pare strano. Chi dice al figlioccio “figo”?
Nemmeno Drew è troppo contento, si vede. Mi lascia andare la mano e mi mette un braccio intorno alle spalle, trascinandomi a sé.
È duro come una roccia, e non ho altra scelta che stare al gioco e aggrapparmi a lui
per la mia salvezza. Non che mi
lamenti.
È un diversivo per evitare l’abbraccio della sua matrigna. Lei ha le braccia sollevate, ma le lascia ricadere lungo i fianchi, piantando un bel muso sul suo bellissimo viso. E quando dico bellissimo, intendo proprio favoloso. I suoi capelli quasi neri sono lunghi e lisci, le arrivano quasi al
girovita. Ha gli zigomi pronunciati, la pelle di un caldo colore oliva, e gli occhi sono scuri come il caffè. Torreggia su di me, e con quella figura così sinuosa non posso fare a meno di chiedermi se un tempo non fosse una modella.
«Lei è la tua piccola Fable?». Quel tono condiscendente mi infastidisce e subito mi irrigidisco. Drew allarga la mano sulla mia schiena, rassicurandomi con il suo tocco.
«Sì, sono Fable. Piacere di conoscerla». Allungo la mano e lei la stringe con
palpabile sdegno, lasciandola andare in fretta come se fosse coperta di cacca.
Che problemi ha la stronza?
«Fable, questa è Adele». Drew ci presenta contono cupo. «Adele, questa è la mia ragazza».
Enfatizza la parola ragazza in modo particolare, e un lampo di disgusto balena negli occhi di Adele. Compare e scompare in un secondo.
«Drew». L’uomo accanto a Adele è la versione più matura del mio cosiddetto
ragazzo e rimango colpita. Drew sarà un figo quando avrà quaranta o cinquant’anni.
Qualcosa di simile all’affetto attraversa la faccia di Drew e mi lascia andare per abbracciare suo padre, ma appena si stacca da lui torna subito da me.
Una stretta piuttosto possessiva, sexy, e non devo
dimenticarmi che è falsa.
Drew non vuole una ragazza. Non sembra nemmeno che gli piacciano, le ragazze.
Chissà se è dell’altra sponda.
Lancio un’occhiata nella sua direzione, gustandomi quei capelli scuri e quegli intensi occhi blu orlati da ciglia spesse. Sarebbe un peccato, se fosse vero. Che perdita per il genere femminile!
«Papà, questa è Fable, la mia ragazza», ripete
Drew, e stavolta la mia mano viene stretta con calore, anche se lo sguardo di valutazione che suo padre mi rivolge mi fa sentire a disagio. Mi sta giudicando, lo so.
Ci sono abituata quando sono al lavoro perché diciamolo, i ragazzi mi squadrano
eccome. Fa parte del lavoro di cameriera.
Ma questo vecchio uomo mi contempla in un modo strano.
Mi fa venire voglia di rimpicciolirmi e scappare a gambe levate.
«Com’è andato il viaggio?», chiede il papà di Drew quando finalmente mi toglie gli occhi di dosso. Per un pelo non mi affloscio per il sollievo.
«Nessun problema». Drew fa un attimo di pausa.
«Pensavo che non foste a casa, stasera».
«Adele non aveva voglia dell’ennesima riunione del country club», spiega suo padre.
«Ne fanno di continuo. A dire il vero ce ne sarà un’altra verso la fine della settimana, e vogliamo che veniate anche voi». Fa un cenno con la mano e sorride, i denti dritti e bianchi e così disgustosamente
perfetti che avrei voglia di darle un pugno per vederli cadere. Poi mi lancia una frecciata: «Volevo essere qui per salutarti».
«Non era necessario», borbotta Drew, affondandomi le dita nella carne.
È davvero strano. Nessuno sembra piacersi qui dentro, e c’è una corrente
sotterranea che scorre fra noi, molto dolorosa. Ho intuito l’affetto che unisce Drew e suo padre, ma a parte quello, tutti sembrano diffidenti e pieni di sfiducia. È come se  fossero su pianeti diversi.
Per un attimo, sono tentata di prendere la mano di Drew e trascinarlo fuori da qui. Le vibrazioni di questo posto sono negative.
Ma mi trattengo. «Starete nella casa degli ospiti questa settimana. Ho fatto pulire entrambe le
camere», dice suo padre, alzando la voce perché Adele cerca di interromperlo.
«Non credo che sia il caso», interviene lei, stringendo le labbra. La sua disapprovazione è evidente.
Il papa di Drew alza gli occhi al cielo. «Dannazione Adele, ha ventun anni. Diamogli un po’ di privacy».
Uh. Quindi la matrigna non vuole che fornichiamo per paura che un qualche Dio onnisciente ci fulmini, e il padre ci incoraggia a darci dentro riservandoci un santuario privato dove poter scappare.
Strano.
«Grazie, papà. La casa degli ospiti andrà benissimo». Il sollievo nella voce di
Drew è palpabile, e devo confessare che anch’io mi sento meglio. Non mi va di stare qui dentro con queste persone. Non sembro piacergli molto.
Anzi, a dire il vero uno si comporta come se gli piacessi molto, e l’altra riesce a malapena a guardarmi in faccia.
«Sono sicuro che entrambi vorrete rilassarvi». Il padre fa l’occhiolino a Drew. Gli fa l’occhiolino e poi gli dà anche una pacca sulla spalla, facendogli fare un passo avanti per la forza. «Vediamoci a colazione per le otto. Maria ci preparerà le sue famose omelette».
Hanno una cuoca. Sono allibita. Volano troppi soldi nell’aria, eppure tutti loro sembrano così miserabili, fragili e falsi. Come anno a essere felici? Ho sempre pensato che i soldi potessero comprarmi la felicità. Conto sul mucchietto depositato sul mio conto corrente perché faccia felici me e Owen per almeno tre mesi.
E invece sto iniziando a capire che i soldi non hanno nulla a che vedere con la
felicità. Di nuovo, sono un cliché ambulante.
Drew
Appena mettiamo piede nella casa degli ospiti, tiro un sospiro di sollievo, grato di essere fuori dalla casa soffocante in cui sono cresciuto. Non posso credere che Adele si sia comportata così, come una fidanzata gelosa pronta ad affondare gli artigli in Fable. L’ha persino chiamata la mia piccola
Fable, dannazione.
E mio padre l’ha guardata malissimo. Mi è venuta la pelle d’oca, perché stavolta non sono io quello che si è beccato un’occhiataccia. È peggio di come avevo previsto e sono in imbarazzo.
Forse dovremmo andarcene. Forse dovrei mettere Fable su un pullman e spedirla a casa, per non sottoporla a questa umiliazione. È terribile, non voglio che subisca tutto questo. Le lascerò i soldi.
«I tuoi genitori sono pazzi».
Quella voce dolce che insulta le persone che mi hanno cresciuto mi sconvolge a tal punto che scoppio a ridere. E non riesco più a fermarmi. Una bella sensazione.
Quand’è l’ultima volta che ho riso così? Non me lo ricordo.
«Stai ridendo perché ho detto la verità, o perché è meglio ridere che urlarmi addosso per aver criticato i tuoi?». Fable sembra nervosa, ma nella sua voce intuisco una punta di divertimento.
«Sei brutalmente onesta e lo apprezzo», le rispondo quando riprendo a respirare.
«E sono d’accordo: sono pazzi».
«L’atmosfera era così tesa là dentro. Noncapisco». Si guarda intorno. La casa degli ospiti è ampia, le finestre che si affacciano sull’oceano sono identiche a quelle della casa; è notevole, ma in scala ridotta. Qui è
molto più confortevole, non ha quell’aspetto “guardare ma non toccare”. «Oh, c’è una terrazza qui fuori. Vado a dare un’occhiata».
Attraversa la sala e si dirige verso la porta,
aprendola senza esitazioni. La seguo all’esterno, curioso di sentire altre osservazioni sulla mia folle famiglia.
È già appoggiata alla ringhiera, il vento che le scompiglia i capelli chiari. Si infila una mano nella tasca del cappottino nero e tira fuori una sigaretta con l’accendino, l’espressione imbarazzata. «Ho quasi sconfitto la dipendenza, giuro, ma mi piace portare qualche sigaretta con me in caso di emergenza».
«E quello che è successo là dentro è considerato un’emergenza?».
Fable mi fa un sorriso veloce prima di mettere la mano a coppa intorno all’accendino e prova una, due volte. Tre, prima di riuscire a produrre una fiamma. La sigaretta le pende dalle labbra mentre porta il fuoco all’estremità, inspirando. «Oh dio, certo». Emette una scia di fumo al di là della ringhiera, e la piccola nuvola grigia rimane sospesa nell’oscurità per un po’ prima di  svanire piano. «Tuo padre… Credo mi stesse squadrando un po’ troppo».
«Direi di sì», concordo a voce bassa. «Mi dispiace».
«Non è colpa tua». Fa un gesto con la mano, come a scacciare l’atteggiamento di mio padre.
«Sono io che ti ho portata qui. Tecnicamente è colpa mia».
Un altro cenno della mano per minimizzare le mie parole. «Io non la vedo in questo modo. Ma ti dico solo questo: la prossima volta che porterai una ragazza di copertura a casa tua, preparala un po’ meglio».
Ridacchio. Non porterò mai più una ragazza a casa mia. Se riesco a ottenere quello che voglio, non metterò mai più piede qui.
Non mi interessa quanto questo posto sia bello. Lo odio. Questa casa è una prigione per me.
«Posso farti una domanda molto personale?».
Mi sfugge un sospiro sfinito. Le ragazze – Fable inclusa – e le loro domande molto personali saranno la mia morte. «Spara». Non ho nulla da nascondere.
Stronzate. Ho così tanto da nascondere che il pensiero mi terrorizza.
«Drew… sei gay?».
Santo cielo! Perché tutti lo pensano?
Fable
 
Aspetto senza respirare una risposta. Fa freddo, il vento che frusta l’aria mi raggela fino alle ossa. Do la colpa della mia
domanda un po’ troppo impenitente all’improvvisa inalazione di nicotina. Perché non ho aspettato un giorno o due? Potevo passare un po’ di tempo con Drew, almeno.
La mia bocca larga e il mio cervello ipercurioso non sono riusciti ad aspettare un secondo di più. Devo saperlo. Così sarà più facile passare questi sette giorni infiniti con lui. Non mi dovrei preoccupare di potenziali mosse verso di me.
O peggio, mi chiederei perché non ne fa, quale sia il problema e perché non si senta attratto da me.
Cavoli, non mi ha ancora risposto!
«Perché me lo chiedi?», dice alla fine, rispondendo alla domanda con un’altra domanda, cosa che odio. Anche Owen lo fa sempre.
In questo modo Drew non fa che allungare la lista di sospetti che ho su di lui.
Non sono molti, comunque. Sono arrivata a pensare che sia gay solo durante l’infinita
corsa in macchina verso la casa dei suoi genitori.
«Be’, hai detto che non hai mai avuto una ragazza prima. Tuo padre è preoccupato per te e per la tua mancanza di compagnie femminili. Non ti ho mai visto con una ragazza al bar – non che ci abbia fatto troppo caso», mi sono assicurata di aggiungere. Sono onesta. Davvero non ho prestato troppa attenzione a Drew, ma se la memoria non mi inganna non è un gran dongiovanni.
«Forse non ho ancora trovato la persona giusta».
Il mio cuore si infiamma di speranza, e mi sento così stupida che vorrei darmi un pugno in pancia da sola. Già, sono una stupida se penso di avere una minima possibilità di essere quella giusta per Drew.
Quella assunta. Ecco cosa sono e sempre sarò.
«Ti stai, ehm, preservando?». Mi sforzo di sembrare disinvolta, e invece dentro di me c’è solo il caos. Ho vent’anni. Lui ne ha ventuno. Può davvero essere ancora vergine? So che ce ne sono là fuori, ma non mi è
mai passato per l’anticamera del cervello che Drew Callahan fosse uno di loro.
La sua risata cupa mi suggerisce che sono fuori strada, e la sensazione di sollievo che mi pervade è immensa. «Di certo non sono vergine. Ma… è passato un po’ di tempo dall’ultima volta».
Faccio un altro tiro di sigaretta. «Perché?». Oops, rieccomi di nuovo! Scavo nella sua vita quando non ho nessun diritto di farlo.
Fa spallucce, e il tessuto della camicia di flanella si tende. Drew ha davvero delle  gran belle spalle. «Non mi piacciono le relazioni.
Il sesso è troppo… complicato».
Interessante. Io lo trovo troppo facile. «Forse fai il tipo di sesso sbagliato».
«Forse il sesso sbagliato è l’unico sesso possibile». Irrigidisce la mascella e i
suoi occhi si fanno scuri. È arrabbiato. So che è contorto, ma io lo trovo sexy. La sua espressione feroce mi fa martellare il cuore nel petto.
La risposta che mi ha dato è troppo misteriosa per me. «Eppure io credo che sia questo il caso». Cerco di ridere, dando un colpetto alla sigaretta e facendo cadere la
cenere al di là della terrazza, notando il suo sguardo di palese disapprovazione.
Drew non ride, forse l’ho offeso.
Fumo perché sono nervosa e il fatto che lui non approvi mi infastidisce, ma non posso farne a meno. Ho fumato per tutte le superiori perché pensavo che fosse figo, e per qualche ragione nell’estate successiva al diploma ho smesso di punto in bianco.
A parte qualche eccezione.
Ma tengo sempre con me un pacchetto segreto, la mia coperta di Linus, e ne tiro fuori una solo quando sono troppo agitata e ho bisogno di calmarmi i nervi.
Come stasera. Conoscere i suoi genitori è stato intenso. Di solito finisco un pacchetto in sei mesi. Di questo passo, in questa “vacanza” mi fumerò un pacchetto al giorno.
«Se mio papà ti vedesse ora, si arrabbierebbe», dice Drew, distraendomi dai miei pensieri.
Faccio un altro tiro prima di spegnere e lanciare il mozzicone il più lontano possibile. L’oceano è troppo lontano, ma mi piace l’idea che la sigaretta possa cadere fra le onde, e immagino lo sfrigolio e la traccia di fumo che produrrebbe al contatto con l’acqua. A dire il vero, purtroppo io sono una che butta la spazzatura per terra.
«Sarà il nostro piccolo segreto, d’accordo?»
«Avremo un sacco di segreti prima della fine della settimana, eh?». Non è davvero una domanda, è più che altro un’affermazione, e ha ragione.
«Già». Gli sorrido, lui però rimane serio. Anzi, si volta e lascia la terrazza per tornare in casa, la porta che scivola dietro di lui per chiudersi con un leggero clic.
Mi lascia tutta sola nella fredda notte scura, con i miei freddi pensieri scuri.

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SALVEEEEEEEEEEE!!
Eccomi di nuovo qua con il nuovo capitolooo.
Scusatemiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
Spero che vi piacerà ci vediamo nel prossimooooo.
Bye bye

Drew

 Flabe


Adele la matrigna di Drew la vedo così.


 


 
 
  
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