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Autore: Tury    14/11/2014    7 recensioni
“No.”
Emma Swan era abituata alle titubanze, le apprensioni e le paure dei suoi pazienti. Ma mai, prima di allora, si era imbattuta in una tale ferrea decisione, racchiusa in un’unica sillaba.
Si tolse gli occhiali dalla montatura nera e si passò due dita ai lati del naso con fare stanco, esattamente dove svettavano i segni lasciati dagli occhiali.
“Signora Mills, sarò sincera, questa è la sua unica possibilità di salvezza.”
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CAPITOLI
1-Incontri
2-Regali
3-Di promesse fragili come ali di farfalla
4-AVVISO!
5-Il mio nome è Regina
6-Pirati
7-Tenebre di luce
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo scusa se posto nuovamente, ma mi sono accorta che mancava TUTTA la prima parte del capitolo! Chiedo venia!
In ogni caso, scrivo ciò che avevo già scritto, invito tutti, dopo la lettura, a leggere la nota postata sotto il capitolo, perché c'è una comunicazione importante.


Il mattino seguente, Regina Mills aprì la porta dello studio della dottoressa Swan esattamente alle 8:30.
“Puntuale come un orologio svizzero, signora Mills.” Disse Emma, senza alzare lo sguardo da quei fogli che occupavano costantemente la sua scrivania.
Rassicurata dal fatto che Emma non potesse vederla, Regina si lasciò andare ad un sorriso, notando che la donna portava intorno al capo il foulard che le aveva regalato il giorno precedente.
“Aveva qualche dubbio, dottoressa Swan?” chiese, ritrovando la sua compostezza.
“Assolutamente.” Rispose la donna.
“Vedo che continua a mantenere le sue cattive abitudini, dottoressa.”
“A cosa si riferisce?” chiese Emma, continuando a tener basso lo sguardo.
“Al fatto che continua a parlare con me senza, però, prestarmi la dovuta attenzione. Quei fogli devono essere molto importanti, dottoressa. Certamente più importanti di me.”
Emma sorrise, prima di sistemare i fogli e volgere finalmente lo sguardo sulla donna che le stava di fronte, avendo cura di trovare i suoi occhi.
“Si sbaglia, signora Mills. Io le sto rivolgendo esattamente l’attenzione che si merita, perché guardare questi fogli è esattamente come guardare lei.”
“Io non credo, dottoressa.” Rispose Regina, incrociando le braccia al petto.
“Invece deve credermi, signora Mills- le sorrise Emma, alzandosi e andandosi a sedere sulla scrivania, tenendo ancora tra le dita i fogli incriminati- Vede, questi fogli sono esattamente quelli che ieri occupavano la mia scrivania. Narrano una storia, signora Mills. Narrano la sua storia. E non c’è nulla di più importante, in questo momento, per me.”
Regina si bloccò, colpita da quelle parole e dal significato che potevano avere.
“Ovviamente, parlo della sua storia clinica. Stia tranquilla, la sua vita privata è del tutto al sicuro.- si affrettò a chiarire Emma, scorgendo sul volto dell’altra donna un certo disagio- In ogni caso, non credo lei sia nella condizione di poter giudicare le mie azioni. Parlando di cattive abitudini, noto che anche lei è restia ad abbandonare le sue.”
“Cosa intende?”
“Continua ad entrare nel mio studio senza bussare, signora Mills.” Le rispose Emma, regalandole un sorriso sincero.
Regina rimase in silenzio, colpita, come sempre, da quello sguardo luminoso ed enigmatico allo stesso tempo. Eppure, aveva l’impressione che, quel giorno, qualcosa stonasse sul volto della giovane donna, come se un’ombra oscurasse la luce che quel viso era capace di emanare. Quando spostò lo sguardo dai suoi occhi, si accorse di un leggero segno violaceo vicino le labbra della donna.
“Posso permettermi di chiederle che cosa le è successo, dottoressa?”
“Me lo sta chiedendo davvero, signora Mills?” chiese di rimando Emma, riservandole uno sguardo divertito.
Solo in quel momento, Regina si ricordò dello scontro che le aveva viste protagoniste solo due giorni prima.
“Ne deduco che sia colpa mia.”
“Deduce bene.” Rispose Emma, senza mai perdere il suo sorriso.
“Credo sia ora di andare- disse Regina, improvvisamente in imbarazzo per la situazione creatasi, mentre apriva la porta dello studio- E credo che le debba anche delle scuse.”
“Non servono.” Rispose Emma, avvicinandosi alla donna.
“Prego?” chiese Regina, non comprendendo le parole della dottoressa.
“Se è davvero dispiaciuta per questo ematoma, allora le chiedo di non offrirmi le sue scuse, ma di fare una cosa per me.”
“Di che si tratta, dottoressa?”
Emma la guardò negli occhi, prima di riprendere a parlare.
“Se è davvero questa la sua forza, signora Mills, allora voglio che lei la usi per combattere la sua battaglia. Voglio che colpisca questa vita e che le dimostri che ne è degna. Voglio che dimostri a se stessa che lei è degna di vivere. Vivere, signora Mills, non sopravvivere.” Rispose Emma, prima di superarla e uscire dallo studio. Regina restò qualche secondo immobile, incapace di muoversi. E si chiese, ancora una volta, perché quella donna tenesse così tanto alla sua salvezza. Alla salvezza di una sconosciuta.
 
La mattinata trascorse velocemente tra le varie diagnostiche. Emma non si allontanò mai da Regina, decidendo di sua iniziativa di restare con lei nella sala della risonanza, nonostante il rumore infernale prodotto da quella macchina. Regina non osò obiettare, ma non poté impedirsi di chiedersi, ancora, perché quella dottoressa si preoccupasse così tanto per lei. E, per l’ennesima volta, non seppe darsi una risposta, come se le sfuggisse qualcosa. Come se il senso di tutta una vita stesse crollando dinanzi ai suoi occhi, cedendo il posto al nulla più totale. Una mancanza che attanagliava la mente così come lo spirito.
Quando, finalmente, ebbe terminato ogni tipo di esame, Regina ritornò nello studio in compagnia di Emma.
“Devo ringraziarla, per oggi.” Le disse, osservando la schiena della dottoressa Swan, intenta a sistemare le cartelle cliniche dei pazienti che, a breve, avrebbero occupato la sala d’attesa al di fuori di quella stanza.
“No, non deve.” Rispose Emma, senza voltarsi.
“Io credo di sì.” Continuò ad insistere Regina, affondando le mani nelle tasche della sua giacca.
Emma si voltò, incontrando lo sguardo della donna.
“È nervosa.” Le disse, sorridendole.
“Prego?”
Emma incrociò le braccia al petto e, con un lieve movimento del capo, indicò le mani della donna, perfettamente nascoste alla sua vista.
“Mette sempre le mani in tasca quando è nervosa, signora Mills. O quando è a disagio.”
Regina roteò gli occhi, lasciando scivolare le mani fuori dalle tasche, gesto che ebbe come risultato quello di far comparire sul volto dell’altra l’ennesimo sorriso.
“In ogni caso, avrei da chiederle un ultimo favore.”
“Mi dica.” Disse Emma, sorpresa da quella richiesta.
“Vorrei che lei mi tagliasse i capelli.”
Emma rimase a guardarla per qualche secondo, prima di prendere posto sulla sua sedia dietro la scrivania.
“Mi prende in giro, signora Mills? Devo ricordarle che ha quasi rinunciato alla terapia a causa dei suoi capelli?”
“Vede, dottoressa Swan- cominciò Regina, prendendo per la prima volta posto sulla sedia di fronte ad Emma- sono un tipo di persona che preferisce i cambiamenti radicali e incisivi a quelli lenti e inesorabili. So per certo che, prima o poi, sarò costretta a dover affrontare anche questa realtà. Rimandare non cambierà le cose.”
“Su questo ha perfettamente ragione, ma non si aspetti il mio aiuto in questa follia, signora Mills. Ogni cosa a tempo debito.”
Regina si lasciò andare ad una lieve risata.
“Follia, dottoressa Swan? Io credo che l’unica folle, tra le due, sia proprio lei. Vede, la mia è una condizione alla quale non mi potrei mai sottrarre. Accettando di sottopormi alla terapia, ho accettato anche l’idea di dover perdere i capelli. Lei, invece, ha rinunciato ai suoi capelli senza un vero motivo.”
“Senza un vero motivo, signora Mills? Forse non le è chiara una cosa, io sono un medico, è mio compito fare tutto ciò che è in mio potere per il benessere del paziente. Di qualsiasi paziente, signora Mills.”
“Rinunciare addirittura ai capelli?”
“Non sono il tipo di persona che si arrende facilmente, signora Mills, e la rinuncia, nel mio codice etico e morale di medico, non è minimamente proclamata.”
Regina restò ad ammirare ancora per qualche secondo la determinazione che brillava negli occhi della donna che le stava di fronte, comprendendo subito a quale tipo di rinuncia Emma stesse facendo riferimento.
“Bene, dottoressa- disse infine, alzandosi dalla sedia-se ha deciso di non volermi offrire il suo aiuto, vorrà dire che farò da sola.”
Regina estrasse dalla borsa un rasoio elettrico, che attaccò prontamente alla presa della corrente.
Emma osservò ogni suo movimento in un rigoroso silenzio, stupita quanto incuriosita dal comportamento dell’altra. Sembrava che la donna avesse già programmato tutto e questo pensiero fece nascere, sul volto di Emma, un nuovo sorriso, sorriso che sparì subito quando vide le dita della donna stringersi intorno all’oggetto e avvicinarlo pericolosamente alla cute della sua testa. Emma era cosciente che, senza uno specchio per potersi aiutare, Regina si sarebbe sicuramente ferita. Per questo motivo, scivolò silenziosamente alle spalle della donna, sfilandole di mano il rasoio prima che quest’ultimo potesse sfiorare la sua pelle.
“Vuole farsi male?” chiese Emma, iniziando a far scivolare il rasoio tra i capelli della donna.
“Si sta preoccupando per me, dottoressa Swan?”
“Mi sto preoccupando del mio studio, signora Mills. Vede, non vorrei esser costretta a chiamare l’unità di sterilizzazione a causa del suo sangue.”
Regina si lasciò andare ad una leggera risata.
“A quanto pare, dottoressa, ho vinto nuovamente io.”
“Questo è tutto da vedere.” Rispose infine Emma.
Il silenzio calò tra le due donne, mentre la dottoressa continuava il suo lavoro.
“Bene, abbiamo finito.”
Regina si voltò verso la donna, fissando il suo sguardo in quegli occhi così chiari. Si chiese se, adesso, nei suoi occhi brillasse la stessa luce che poteva ammirare nelle iridi dell’altra.
“Di questi cosa ne facciamo?” ruppe il silenzio Emma, stringendo in mano i capelli della donna.
“Può metterli qui dentro.” Rispose Regina, prendendo una busta di plastica al cui interno erano custoditi i capelli della dottoressa.
Emma obbedì senza fare domande.
“Bene, può tenerli.” Disse Regina, tendendo verso l’altra la busta e il suo contenuto.
“Non ne ho bisogno, signora Mills.”
“Nemmeno io, dottoressa.” Le disse, sorridendo.
Ed Emma non poté che sorridere a sua volta, constatando che l’immagine della donna insicura, che aveva incontrato il primo giorno, stava lentamente scemando per lasciar spazio ad una nuova persona, più forte e determinata.
“Ho un’idea- disse Emma, prendendo la busta dalle mani di Regina- Li custodirò io fino all’ultimo giorno in cui lei varcherà la soglia del mio studio.”
“Va bene, accetto.”
Passò qualche secondo in assoluto silenzio, mentre Emma osservava come incantata il contenuto di quella busta che stringeva tra le mani.
“Sa, signora Mills, i nostri capelli insieme creano strani giochi di luce. In ogni caso- continuò, spostando nuovamente l’attenzione sulla donna e poggiando la busta sulla scrivania- vorrei che lei si accomodasse nuovamente sulla sedia.”
“Cosa ha intenzione di fare?”
“Si fidi di me.” rispose Emma, indicando con una mano la sedia libera.
Regina seguì il suo invito, senza obiettare, incuriosita dal comportamento dell’altra.
Emma si portò nuovamente alle spalle della donna, non prima, però, di aver aperto un cassetto ed averne recuperato il contenuto.
Regina non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi cosa avesse in mente la dottoressa, perché sentì quasi subito qualcosa di leggero cingerle il capo, lasciandola meravigliata e confusa al contempo.
Emma prese uno specchio e glielo pose davanti, in modo che la donna potesse ammirare la sua immagine e quel foulard rosso che ora copriva la sua testa.
“Cosa significa, dottoressa Swan?” chiese Regina, guardandola negli occhi attraverso lo specchio.
“Che, a quanto pare, ho vinto nuovamente io.” Le rispose, sorridendo.
Regina si voltò completamente verso la donna.
“Come faceva a saperlo?”
“Mi sembrava di averglielo già detto, signora Mills. Io e lei siamo più simili di quanto immaginiamo. Ieri, prima di tornare a casa, mi sono fermata esattamente nel negozio in cui lei si è recata per acquistare il mio foulard e ho pensato di prenderne uno per lei, per quando mi avesse fatto la fatidica richiesta. Ma sarò sincera, signora Mills, non mi sarei mai aspettata che lei me lo chiedesse così presto.”
“Quindi, ora non solo sa quanto ho pagato, ma devo anche ammettere la mia sconfitta.”
“Nessuna sconfitta, signora Mills. Attualmente, io e lei, sia in una perfetta parità.” Le rispose Emma, sorridendole.
“Perché rosso?” chiese improvvisamente Regina, sorprendendo la giovane dottoressa.
“Perché il rosso è il colore della vita.”
Regina la guardò con uno sguardo confuso, inducendo Emma a spiegarle il motivo di quella scelta.
“Vede, signora Mills, solitamente il nostro cuore è rappresentato con due colori diversi, il blu e il rosso. La parte blu, solitamente, è associata al sangue venoso, mentre quella rossa al sangue arterioso. Ora, se io recido una vena, avrò di sicuro un’emorragia, sia questa importante o di lieve portata. Ma se io recido un’arteria, il discorso cambia completamente. Non si sorprenda se i prelievi vengono fatti sempre tramite vene, perché colpire un’arteria significa stringere tra le mani la vita di una persona. Ed è per questo motivo che il suo foulard è rosso, signora Mills. Perché la vita si tinge di rosso.”
Regina restò a guardarla per qualche secondo, per poi alzarsi, prendendo la borsa, e dirigersi verso la porta.
“Tra una settimana avrà i risultati, signora Mills. Poi, decideremo come proseguire.”
“A presto, allora, dottoressa Swan.” Le rispose Regina, prima di varcare la soglia.
“A presto, signora Mills.” Sussurrò Emma, per poi chiamare il nome del primo paziente.
 
Come era stato annunciato, i risultati furono pronti entro una settimana. L’esame istologico aveva confermato la malignità della massa neoplastica, mentre l’imaging aveva escluso la presenza di possibili metastasi.
“Un’ottima notizia, non crede?” chiese Emma, guardando Regina con un sorriso raggiante.
“Sta scherzando?”
“Assolutamente no, signora Mills. Dal momento che non può sottrarsi a questa condizione, è bene che impari presto a credere in tutto ciò che è positivo piuttosto che lasciarsi soffocare da quanto di negativo potrebbe accaderle.”
“Peccato che, nel lessico medico, ciò che è indicato con positivo è sempre qualcosa di patologico.” La sfidò Regina.
“Vedo che ha studiato, signora Mills. In ogni caso- disse Emma sorridendo e avvicinandosi alla donna- qui si parla di vita e, mi creda, non c’è modo migliore per combattere le ingiustizie di questo mondo che credere in qualcosa di bello e sorridere anche nelle avversità. Questo è un insegnamento che non riguarda lei perché costretta a vivere questa condizione, ma riguarda l’umanità intera che è da sempre costretta a combattere contro ingiustizie del tutto insensate e, mi permetta di dire, inaccettabili.”
Regina la guardò per qualche secondo, prima di riprendere a parlare.
“Quando è fissata l’operazione?”
“Domani pomeriggio, signora Mills.”
“Siete tempestivi in questo ospedale.”
“Diciamo che di tempo da perdere non è che ne abbiamo tanto, signora Mills. Dobbiamo intervenire e quanto prima anche.”
“Perfetto. Allora ci vediamo domani mattina.”
“In realtà lei verrà ricoverata stasera, signora Mills. Abbiamo bisogno di tenerla sotto osservazione. Quindi, vada a casa, si prepari una piccola valigia e venga qui il prima possibile.”
“Quanto dovrò restare?”
“Almeno due settimane.”
 
Regina tornò a casa e preparò una piccola borsa con l’essenziale per passare quelle due settimane da reclusa in quell’ospedale. Prima di uscire, diede un ultimo malinconico sguardo alla sua casa e si sorprese nel pensare che, qualsiasi cosa fosse successa, quelle mura non le sarebbero mancate. E nemmeno la solitudine che albergava tra esse.
Quando entrò nella camera che le era stata assegnata, trovò seduta sul suo letto la dottoressa Swan.
“Cosa ci fa qui? Credevo fosse già andata via.”
“L’aspettavo.” Rispose Emma.
“Perché?” chiese Regina, posando la borsa per terra e andandosi a sedere di fianco alla donna.
“Ha paura?” le chiese a sua volta Emma, cercando il suo sguardo.
Regina si perse a guardare quegli occhi ora quasi spenti, gravati da una preoccupazione che non aveva mia visto nello sguardo dell’altra. Rimase qualche secondo in silenzio, come a cercare le parole giuste da dire. Proprio lei, che delle parole aveva fatto il suo mestiere.
“Dottoressa Swan, si prova paura quando si ha la certezza di possedere qualcosa perché, vede, la più grande manifestazione della paura è la perdita. Ma io non ho nulla da perdere, mi creda. Ed è per questo che non posso provare paura.”
Emma la guardò, perdendosi in quello sguardo che aveva imparato a conoscere sin dal primo giorno, custodendo il dolore che quelle parole le aveva procurato.
“Vada a casa, dottoressa.” Riprese Regina, notando lo strano silenzio dell’altra.
Emma indugiò ancora qualche secondo a guardare l’altra, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta.
“A domani, signora Mills.”
“A domani, dottoressa.”
Il giorno seguente, Emma si recò nuovamente nella camera di Regina. Restarono tutta la mattina insieme, ognuna delle due immersa nel proprio silenzio. Regina rimase stesa sul suo letto, a guardare il soffitto. Si sentiva vuota e leggera, nonostante l’incombenza di pensieri infausti. Sapeva che, da quell’operazione, avrebbe potuto non svegliarsi più, che probabilmente quelle erano le ultime ore che le restavano. E si ritrovò a chiedersi se fosse felice di quella vita che aveva vissuto. Di quella vita che, adesso, le sembrava così lontana ed estranea.
“Non ci pensi.”
Regina si alzò a sedere e puntò i suoi occhi in quelli di Emma.
“Non pensi a ciò che sta pensando, si fa solo del male. Andrà tutto bene, glielo prometto.”
“Non dovrebbe fare promesse che non è sicura di poter mantenere, dottoressa Swan. Non è un comportamento che si addice ad un medico, il suo.”
Emma era perfettamente cosciente che non si sarebbe mai dovuta sbilanciare così tanto. Lo aveva sempre saputo, dal primo momento che aveva messo piede in quell’ospedale. Eppure, in quel momento, seduta su quella sedia di plastica, anonima esattamente come le mura di quella stanza, Emma Swan si sentì una persona comune e non un medico in presenza del suo paziente.
“Signora Mills, è ora. Salve, dottoressa Swan, non credevo ci fosse anche lei.” Disse il dottor Whale, entrando dalla porta.
Regina guardò un’ultima volta Emma, per poi alzarsi e stendersi sulla barella che l’avrebbe portata in sala operatoria. Odiava il fatto di doversi sottoporre ad una così ridicola procedura, come se quell’atto le strappasse via anche quel minimo di dignità che le era rimasta.
Emma si alzò, decisa a seguire la donna.
“Cosa fa, dottoressa?” chiese Regina.
“Mi sembra ovvio, signora Mills. L’accompagno.”
“Non deve.”
“Lo so.”
Arrivati fuori la porta della sala operatoria, Regina chiese al medico se poteva scambiare due parole con la dottoressa da sola. Quando il medico si fu allontanato, l’attenzione di Regina fu totalmente per la giovane donna.
“Dottoressa Swan, sappiamo entrambe che questa operazione potrebbe salvarmi la vita così come potrebbe togliermela. Era una scelta rischiosa, ma ho deciso ugualmente di farla, di sottopormi a questa operazione. Mi creda, non provo alcun tipo di tristezza, forse mi spaventa solo l’idea di non sapere cosa mi attenda, qualora tutto questo dovesse prendere una piega sbagliata. Ma voglio dirle una cosa, prima di entrare, perché non so se dopo ne avrò la possibilità. Non faccia promesse che non sa se potrà mai mantenere, non faccia promesse quando il suo cuore è leggero o quando si sente invincibile. Non faccia promesse che includano la vita di un’altra persona, non faccia promesse al di fuori della sua portata. Perché, dottoressa Swan, l’essenza delle promesse è la fragilità.”
“L’aspetterò qui fuori, signora Mills.”
Regina scosse piano la testa, rassegnata dinanzi alla determinazione dell’altra.
“Certo, dottoressa. Certo.” Disse, sciogliendo il foulard che teneva ancora intorno al capo per passarlo ad Emma. Chiamò quindi il medico per farsi portare nella sala, pronta ad affrontare l’operazione.
Emma la guardò allontanarsi, stringendo tra le mani il foulard, e seppe, nel momento in cui le porte si chiusero davanti ai suoi occhi, che in quel corridoio sarebbe rimasta solo lei ad attendere l’uscita di Regina. Perché, ormai ne era sicura, nessuno sarebbe venuto. Nessuno si sarebbe preoccupato per quella donna. Nessuno, tranne lei.
 
Erano passate tre ore da quando Regina Mills era entrata nella sala operatoria. Emma era rimasta fuori, ad osservare per tutto il tempo l’anonima porta che le stava di fronte.
“Emma, che ci fai qui?”
Emma voltò lo sguardo verso la fonte di quella domanda, incontrando gli occhi scuri di Ruby Lucas.
“Ehi, Ruby.” La salutò con fare stanco la dottoressa.
“Allora?”
Emma alzò le spalle, prima di rispondere.
“Aspetto che una mia paziente esca dalla sala operatoria.”
“Immagino che sia la donna dai capelli corti.”
“Esattamente.”
“L’hai notato anche tu, vero? Per questo sei qui.”
“Già.”
“Vedrai che ce la farà. Credo che quella donna sia la stessa che ha causato quel bel livido sul tuo viso, Emma. E, da quando ti conosco, mai nessuno è riuscito a colpirti, eccetto lei. Quindi sa lottare e sono certa che lotterà anche questa volta.”
“Lo spero.” Disse, sospirando, Emma.
“Vedrai che sarà così. Ora vado a casa, fammi sapere se dovesse succedere qualcosa, ma sono sicura che non succederà nulla.”
Disse Ruby, stringendo lievemente il braccio della donna, per poi allontanarsi.
Dopo nove ore, finalmente la porta si aprì. Emma vide passarsi davanti ogni singolo membro dell’équipe, finché i suoi occhi non incrociarono quelli del dottor Whale.
“Dottoressa Swan, allora è rimasta sul serio.”
“Aveva qualche dubbio?- sorrise stancamente Emma- Allora, come è andata l’operazione?”
Il dottor Whale non rispose, limitandosi a spostarsi dal campo di vista della donna, in modo tale che potesse vedere lei stessa la barella uscire dalla sala operatoria, spinta da alcuni infermieri diretti al reparto di terapia intensiva.
“La signora Mills è una persona forte, dottoressa Swan.”
“A quanto pare sì. Volevo chiederle se fosse possibile restare con lei, stanotte.”
“Nessun problema, dottoressa. Anzi, la sua presenza potrebbe esserci utile. L’operazione è stata abbastanza delicata, sarei più tranquillo sapendola con lei. Ma, mi raccomando, massima igiene.”
“Non si preoccupi, dottor Whale. E grazie.”
“Di nulla. Buonanotte, dottoressa.”
Emma entrò nella stanza di Regina e, cercando di far il minor rumore possibile, portò una sedia vicino al letto della donna.
Guardò il suo volto pallido e la testa completamente fasciata, per poi spostare lo sguardo sul monitoraggio cardiaco. Come le accadeva sempre, si fermò ad ammirare il costante passaggio di quei picchi che conosceva fin troppo bene. Quei picchi che erano la prova concreta della vita. Quei picchi che, adesso, erano la testimonianza di una battaglia conclusa.
Una battaglia che avevano vinto, ancora una volta. Insieme. Ed Emma non poté che sorridere a quel pensiero.
 
Regina aprì piano gli occhi, cercando di comprendere dove si trovasse. Si sentiva leggermente stordita ed avvertiva un dolore costante in una parte indefinita della testa. Lasciò andare un lieve sospiro, comprendendo che ce l’aveva fatta, che era ancora viva. E si trovò a pensare come fosse sorprendente e allo stesso tempo spaventoso il constatare di esser vivi grazie al dolore provato. Come se la pace dei sensi fosse una costante sicura della morte, nonostante nessuno fosse mai tornato da quel viaggio per poterlo confermare.
Quando, finalmente, fu in grado di mettere a fuoco la stanza, Regina si accorse di non essere sola.
Seduta, di fianco a lei, c’era la dottoressa Swan, appoggiata sul suo letto e immersa in un profondo sonno.
Regina si soffermò a guardare la mano della donna, così vicina alla sua. Desiderò poterla sfiorare e, per una volta, decise di seguire il suo istinto. Appena le sue dita entrarono in contatto con quelle di Emma, Regina si sorprese di trovarle leggermente ruvide, quasi come se fossero consumate. Consumate dalle innumerevoli carezze che quella giovane donna era capace di regalare alle persone, anche se queste erano delle perfette sconosciute. Regina si portò la sua mano davanti agli occhi, quella mano così perfetta, così morbida. Quella pelle così liscia. E così vuota. Che senso aveva possedere quella perfezione se le sue mani non avevano mai goduto del tocco di una carezza?
“Si è svegliata.” Disse Emma, distogliendola dai propri pensieri.
“A quanto pare.” Rispose semplicemente Regina, sorprendendosi di sentire la sua voce così diversa.
“Non si preoccupi, è colpa dell’anestesia.- la rassicurò Emma, comprendendo subito la paura della donna-Come si sente?”
“Stordita e dolorante.” Rispose in un sussurro, facendo scivolare nuovamente il braccio lungo il fianco, movimento che ebbe come risultato quello di sfiorare di nuovo la mano della dottoressa.
Emma approfittò di quel contatto involontario per stringere la mano della donna tra le sue, regalando a Regina quella carezza così a lungo agognata.
Passarono alcuni secondi in un rigoroso silenzio, lo sguardo di entrambe fisso in quello dell’altra.
“Alla fine è rimasta davvero.” Disse infine Regina.
Emma sorrise, prima di prendere il foulard rosso, che aveva tenuto con sé per tutto quel tempo, e legarglielo intorno al polso, in una leggera morsa per non procurarle dolore.
“Ho riflettuto molto sulle sue parole, signora Mills, e aveva ragione. Le promesse sono davvero essenze fragili, così fragili da poter essere paragonate ad ali di farfalla. Ed ho preso una decisione.”
Regina la guardò per qualche secondo, prima di porle quella domanda.
“Quale decisione?”
“Ho deciso che mi prenderò cura di quelle fragili ali, di quella fragile farfalla, signora Mills. Me ne prenderò cura finché non la vedrò spiccare il volo.”
 
 
 
Buonasera a tutti! Lo so, non posto da una vita, purtroppo tra impegni universitari e le varie storie a cui sto lavorando, il tutto mi risulta un po’ difficile. Che dire, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non abbia deluso le vostre aspettative.
Ci tengo a precisare che i tempi dell’operazione e tutti gli aspetti minuziosamente tecnici che accompagnano la terapia di questo tipo di tumore devono essere presi con le pinze. Ho cercato di informarmi sul web, ma si tratta sempre di una conoscenza teorica e senza un fondamento tale da poter essere presa come una vera e propria conoscenza. Per questo motivo, ho preferito sorvolare sugli aspetti diagnostici e sull’operazione.
In ogni caso, ne approfitto per dire una cosa importante. Questa che sto scrivendo è una storia, ma la realtà narrata è, purtroppo, vera.
Per questo motivo vorrei che chiunque leggesse questa storia, desse un piccolo contributo per poter aiutare i ricercatori in questa lotta contro il cancro.
Fino al 17 novembre, potrete devolvere 2 euro all’AIRC, un’associazione privata che finanzia la ricerca con le nostre donazioni. Ho avuto modo, la settimana scorsa, di parlare con un oncologo nonché ricercatore che mi ha spiegato che l’AIRC copre l’80% dei finanziamenti totali che vengono devoluti alla ricerca. Pensate che quell’80% siamo noi, che la ricerca siamo noi. Per questo motivo, invito chiunque se la senta a donare 2 euro al 45503. Perché da soli non si va da nessuna parte, ma insieme possiamo cambiare il mondo.  
 

 
 
 
  
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