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Autore: Dragon_Flame    14/11/2014    5 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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24.




 

L'ora di filosofia scivolò via in fretta insieme al flusso di parole che uscivano dalla bocca del Prof. Castellucci a proposito di Hegel, trascinando con sé la smania di Lidia di poter mettere finalmente le mani sul telefono, schizzare fuori dalla classe con una scusa qualsiasi e telefonare a Ivan per avere aggiornamenti sul processo in corso. La ragazza tamburellava le dita sul tavolo, impaziente di poter avvertire il vibrante, maschile e profondo tono della calda voce del suo fidanzato, in modo da sapere finalmente come stava procedendo l'udienza per decidere sull'affidamento di Emma.

"Finalmente l'ora è terminata!" sbottò agitata quando udì il trillo acuto della campanella annunciare l'avvento della quinta ora, la seconda di buco in quella mattinata per la quinta classe del liceo linguistico.

Lidia si fiondò al bagno non appena vide la placida figura del Castellucci svoltare l'angolo, diretta verso la rampa di scale. Fece irruzione nel locale come una furia, rifugiandosi nel primo bagno aperto che trovò per poi chiudersi dentro a chiave. Estrasse il cellulare dai pantaloni beige, digitando il numero di Christian e aprendo una telefonata. Il bip dell'attesa di risposta continuò a squillare a vuoto per vari secondi, fino a che la segreteria del numero non si attivò automaticamente. Sospirando con impazienza, la castana si lasciò andare contro una parete dello stretto stanzino, appoggiandosi ad essa ed avvertendo un brivido di freddo correrle lungo la schiena, coperta da un pesante maglione di lana azzurra, al contatto con il freddo delle gelide mattonelle che rivestivano il muro.

Gemendo costernata, Lidia si torceva continuamente i polsi, non sapendo cosa fare per ingannare il tempo, nell'attesa che Ivan, vedendo la chiamata persa, la ricontattasse. Impensierita per quell'attesa snervante, prese dalla tasca dei jeans gli auricolari, dove li aveva fatti scivolare prima di entrare a scuola qualche ora prima, e se li infilò alle orecchie, cominciando ad ascoltare musica dal cellulare.

Le note vibranti di 'Innervision' dei suoi amati System Of A Down cominciarono a penetrarle nella mente e nei pensieri, soverchiando ogni altro rumore o voce esterni.

"'My pupils dance, lost in a trance, your sacred silence, losing all violence... Stars in their place, mirror you face, I need to find you, I need to seek my inner vision...'" cantava Serj, trascinando Lidia in una danza mentale frenetica al ritmo della canzone, sfogando l'impazienza e la preoccupazione che affliggevano la ragazza.

Quelle parole urlate, poi sussurrate, quel miscuglio di note furenti, deliranti, esaltanti la fecero liberare, dandole carica e risollevandole l'umore, che rimase cupo come una nube temporalesca ma più quieto e compassato.

"'Inner vision... Inner vision...'"

Una breve battuta strumentale precedette la voce soverchiante e magnetica di Serj Tankian, che esplose in una furiosa danza di parole intrecciate tra loro a ritmo spedito, trascinando con sé l'animo in tumulto della ragazza.

"'It's never too late to reinvent the bicycle, a smile brings forth energy and life, giving you force...!'" tuonò quella voce energica e tenace, veemente e trascinante come il livido brontolio del basso, lo sfrenato martellare della batteria e il vibrante pizzicato della chitarra elettrica.

La canzone terminò, lavando via la tensione che gravava sullo stato d'animo instabile della giovane. 'Crawling' dei Linkin Park e 'Apocalypse Please' dei Muse seguirono le note di 'Innervision', che poi lasciarono posto a 'Points Of Authority', un'altra canzone dei Linkin Park. La voce aggressiva di Chester Bennington aveva appena invaso a volume altissimo i condotti auricolari di Lidia che la musica s'interruppe ad una vibrazione improvvisa.

Sobbalzando appena, la ragazza premette subito il cancelletto verde, rispondendo alla chiamata che aveva ricevuto senza nemmeno leggere chi fosse la persona che l'aveva contattata. La voce di Ivan riempì il vuoto lasciato da Chester Bennington, neutralizzando finalmente la sua latente preoccupazione.

"Hey" la salutò l'uomo, tirando un impercettibile sospiro di sollievo che la ragazza non captò.

"Cos'è stato stabilito? Cos'ha deciso il giudice?" lo investì Lidia, preoccupata e morbosamente curiosa insieme. Trepidava per l'impazienza.

"Tranquilla, l'udienza è andata fin troppo bene! Pensavo che il verdetto mi avrebbe svantaggiato" la acquietò Ivan, per poi spiegarle cos'era stato deciso. "Il giudice ha stabilito un affidamento condiviso a mio favore, perché ha riconosciuto il mio impegno e la mia buona volontà nel voler mantenere inalterate la serenità e la stabilità nella vita di mia figlia. Ha fatto notare ad Alessia che è troppo disinteressata ed assente e l'ha velatamente minacciata: se non smette di comportarsi così la custodia potrebbe perderla definitivamente, perché il suo non è un comportamento esemplare. Quindi è stato deciso che Emma passerà con me le prime tre settimane di ogni mese e il weekend dell'ultima, mentre Alessia potrà vederla solamente nei fine settimana delle prime tre settimane e nei giorni feriali dell'ultima. Il vantaggio è stato dato a me perché l'ambiente che ho creato per la vita della mia bambina è tranquillo e stabile. Emma preferisce restare con me invece che con sua madre. Perciò trascorrerà più tempo con me. Per le vacanze è stata stabilita invece un'alternanza."

"Un'alternanza?"

"Sì. In pratica, Emma trascorrerà un Natale con Alessia e un Natale con me, per farti un esempio. Lo stesso vale per le altre festività, come la Pasqua. Per le vacanze estive ancora non è stato deciso nulla, ma l'udienza verrà aggiornata a febbraio 2014 e il giudice si pronuncerà a proposito di tale questione."

"La sentenza è andata benissimo!" esultò Lidia lanciando un gridolino di felicità. Era al settimo cielo. "Anzi, è andata meglio di quanto ci potessimo aspettare!"

"In realtà io ero un po' preoccupato, ma non più di tanto. Mi sono dimostrato un padre modello e posso garantire una vita più tranquilla ad Emma rispetto a quanto Alessia puo' e vuole fare. In fondo speravo di potermi aspettare un vantaggio" concluse Ivan con una certa orgogliosa soddisfazione, passandosi la mano tra i capelli scuri che gli cadevano continuamente sulla faccia.

Soffiando verso l'alto per spostare un altro ciuffo fastidioso dalla fronte, l'uomo si disse che doveva tagliarli oppure cominciare a raccoglierli in un codino, perché erano veramente troppo lunghi. Quasi quasi, in quanto a lunghezza, facevano competizione al taglio di capelli che Lidia intendeva farsi fare, cioé un caschetto mosso che le sarebbe arrivato poco sotto il mento.

"Hanno concesso ad Alessia di vedere Emma così spesso solamente perché è la madre" commentò la castana, arricciando il naso infastidita.

Proprio non riusciva a sopportare quella donna. Non solo perché aveva tradito Ivan e continuava a farlo spudoratamente da un anno, ma anche e soprattutto perché per un capriccio personale aveva sfasciato una famiglia e distrutto l'infanzia serena della sua unica figlia di otto anni. Aveva rovinato tutto solamente perché non si sentiva considerata a dovere dal marito, che si concentrava più sul lavoro e sulla figlia che su di lei.

Ma Ivan aveva una propria vita oltre alla moglie, non poteva sempre correrle dietro. Lui, fondamentalmente, non aveva colpa della separazione. L'unico sbaglio che aveva commesso era stato quello di insistere a sposarsi con una donna che già gli era stata infedele per attirare su di sé l'attenzione del fidanzato, una donna bella, pure spiritosa ed intelligente, che gli voleva anche bene, ma che con la boria, l'orgoglio, l'egocentrismo, l'attitudine al comando sugli altri e alle pretese, aveva distrutto il rapporto d'amore di svariati anni con il padre della sua bambina. Alessia l'aveva amato, ma in modo superficiale, mentre lui non aveva provato abbastanza ad approfondire quel rapporto a dovere, in modo che fosse sincero e duraturo. Erano giovani, accecati da un innamoramento che per lei era stato abbastanza rapido e per lui un po' più serio, e soprattutto non avevano la maturità adatta per sposarsi e metter su famiglia insieme. O, almeno, non la persona adatta al proprio fianco.

Alessia era la vera responsabile di quella separazione tormentata, perché per egoismo aveva deciso di tradire il marito, solamente per causargli sofferenza e per umiliarlo. Forse, però, voleva solamente attirare l'attenzione di Ivan su di sé, magari per tentare di arrestare il deterioramento di un matrimonio che rischiava di saltare? Perché Alessia aveva distrutto tutto quanto, mettendo da parte i suoi difetti peggiori?

Lidia scosse la testa, pensando che quella donna non meritava delle così profonde e complicate elucubrazioni mentali. Meritava solamente un bel calcio in quel sedere rotondo e formoso che ancheggiava continuamente a destra e a sinistra, sottolineando anche una certa tendenza licenziosa che faceva parte della sua indole vivace.

"Forse, ma non ci credo molto. Certamente il fatto che lei sia la madre ha il suo peso, ma non è determinante. Quando mia madre perse la mia custodia successe proprio perché lei, la madre di un bambino di sei anni, aveva strappato il figlio al padre e gli aveva impedito di vederlo. A mia madre fu sottratta la mia custodia proprio perché aveva dimostrato di essere una genitrice snaturata, o degenere, come l'ha sempre chiamata quel bastardo di mio padre. ***." gli sfuggì una bestemmia, incalzato com'era dal rancore che provava verso la figura paterna che lo aveva allevato in un clima teso e malevolo, sotto i colpi sferzanti di un dispotismo autoritario. Si scusò per l'imprecazione violenta, giustificandosi con la rabbia che provava ancora dopo venti, lunghi anni dall'ultima lite col tanto odiato genitore. "Emiliano è il verme più viscido e lurido che abbia mai strisciato su questa terra. Lo odio, lo odio tantissimo. Mi ha rovinato l'infanzia, mi ha allontanato da mia madre, ha cercato in tutti i modi di soffocarmi, ma non c'è riuscito, quel maledetto."

"Tranquillo, le bestemmie non mi turbano affatto. Io sono atea. Tuttavia non credo che sia una bella cosa il fatto che tu le dica. Sei credente, dopotutto, o sbaglio?" lo rimproverò la ragazza con una punta di acredine nella voce.

"Eddài, Lilli, non farmi la paternale..."

"E tu non fare l'idiota, ti ho rimproverato soltanto. Mica sei mio figlio" replicò Lidia, scoppiando a ridere al pensiero.

La situazione immaginata era piuttosto singolare, perché nella realtà era Lidia ad avere più possibilità di Ivan di essere una sua figlia abbastanza grandicella, e non certamente il contrario.

Anche Ivan sorrise, nonostante fosse appena stato chamato idiota. Ma la giovane non poté certo vederlo.

"Comunque, riprendendo il discorso precedente... Alessia rischia di più proprio per il fatto che è la madre di Emma. Ha rasentato i limiti dell'inadeguatezza, a detta del giudice, perché è troppo assente e incurante di sua figlia. Rischia grosso."

"Meglio per te" ribatté Lidia.

"Sì, ma non per Emma." Ivan sospirò pesantemente. "Soffrirebbe molto se non potesse più vederla. Anche se Alessia non è un granché come madre - o, almeno, non lo è più, perché prima della nostra crisi matrimoniale era veramente una madre fantastica -, è pur sempre la donna che ha messo al mondo la mia bambina, che l'ha cresciuta, con cui lei ha vissuto i primi otto anni della sua vita. Sarebbe una separazione troppo drastica e dolorosa per Emma. Soffrirebbe troppo. E' per questo che mi auguro che Alessia non si comporti da stupida e si faccia valere un pochino come madre."

"Cosa comporterebbe la perdita dell'affidamento congiunto per Alessia?" chiese Lidia incuriosita.

"Io non ne capisco molto di legge, ma a quanto ho potuto intuire la mia ex-moglie conserverebbe solamente la patria potestà su Emma, ma non il diritto di vederla. Ovviamente le verrebbero concessi dal tribunale alcuni giorni, sparsi equamente durante l'arco di un anno, per poter frequentare sua figlia, ma si tratterebbe solamente di una o due settimane scarse, credo. Forse anche meno."

"Sta' attento, Ivan, perché Alessia vuole portare Emma con sé in Germania. Dillo al giudice, devi farglielo presente. Altrimenti tua moglie potrebbe darti del filo da torcere" lo ammonì con dolce partecipazione la ragazza, sinceramente preoccupata.

"Sarò sempre cauto, te lo prometto" promise l'uomo, cambiando poi argomento. "Come è andato il tuo compito di fisica? Sapevo che oggi ne avevi uno."

"Meglio di quanto mi aspettassi! Forse riesco a prendere anche un bel sette pieno, per una volta!" esultò Lidia ridendo euforica.

"La giornata è iniziata bene per tutti e due, a quanto pare" convenne Ivan con leggerezza, gustandosi quel tanto agognato momento di sicurezza e pace interiore che non avvertiva più dentro sé da fin troppo tempo.

La voce tenera di Lidia, combinata al senso di calma e stabilità che lo pervadeva, gli risultava così serena e gradevole che avvertì l'impulso irrefrenabile di poterla stringere a sé e condividere quella sensazione di rilassatezza. Desiderava profondamente di poterla rivedere presto, per avvertire la concreta presenza del suo corpo tra le braccia, per baciarla e godere insieme di quell'attimo di pace che rappresentava una tregua per la loro storia difficile. Una pausa che permetteva loro di affrontare una prospettiva più serena del proprio rapporto.

"Sì! E deve procedere così, perciò che ne dici di renderla ancor più bella?"

"Che intendi dire, Lidia? Non ti seguo."

"Eddài, possibile che sono sempre io a pensarci! Non ti va di vedermi oggi pomeriggio?" disse la ragazza ponendo la domanda cruciale.

"Oggi pomeriggio?"

"Sì. Mi tengo libera apposta per te... cioé, per noi. Non sai quanta voglia ho di rivederti! Mi manchi tantissimo."

"Oggi pomeriggio ho un turno di lavoro, Lidia... Mi dispiace tanto, davvero, perché anche io vorrei vederti. Ma non posso farmelo spostare con così poco preavviso; già l'hanno fatto stamattina affinché io potessi presenziare all'udienza. Sono desolato, ma non posso."

Ivan non riuscì a trattenere un sospiro di delusione.

"Oh... ok."

Lidia sbuffò corrucciata.

"Per stasera, altrimenti?" si ostinò, restia a cedere.

"Rimango a casa. C'è Alessia che deve preparare le sue cose per trasferirsi e io le do una mano affinché si sbrighi il prima possibile a lasciare la casa."

"Si trasferisce?" Lidia era rimasta di stucco. "E dove? Ma perché?"

"Perché fuori dal tribunale mi ha parlato in privato e mi ha detto che non vuole nulla dei miei soldi, né la casa che ho comprato con i miei risparmi poco prima che nascesse Emma. Dato che lei va a convivere con Giacomo non ha bisogno del 'tugurio malandato' in cui ci siamo trasferiti, perciò ha gentilmente rinunciato alla casa coniugale, che di solito spetta alla moglie in caso di divorzio. Poi firmeremo un documento ufficiale in cui verrà ratificata la sua rinuncia alla casa e ad altri beni comuni. E pensa che era stata proprio lei a scegliere quella casa sul Lungarno per trasferirsi... diceva che era una villetta molto graziosa. La trovava perfetta per noi tre, quando quel noi esisteva ancora."

"Pfff, quella donna è proprio una vipera. E anche scema. Davvero l'aveva scelta lei la casa?"

"Sì. Io non sarei mai andato a vivere in un posto così distante dall'ospedale in cui lavoro. Da dove abito io è molto scomodo raggiungere la struttura, ci vogliono almeno venti minuti" confermò l'uomo.

"Allora Alessia è proprio tonta."

"Solo in rarissimi casi" ironizzò Ivan.

Lidia scoppiò a ridere, nonostante l'amarezza che provava per il rifiuto che Ivan era stato costretto a darle alla proposta di prima.

"Lidia, sei qui dentro?" esordì una voce femminile dall'esterno del bagno.

La ragazza sentì la porta della toilette aprirsi. Istantaneamente chiuse la chiamata, mordendosi il labbro superiore con un canino, improvvisamente incerta. Qualcuno aveva per caso sentito la sua conversazione con Ivan?

Dall'altro capo del telefono, l'uomo si ritrovò a parlare da solo, sconcertato dal fatto che la ragazza avesse riattaccato. Era forse successo qualcosa? Magari era arrivato qualcuno e, per evitare di essere ascoltata, aveva interrotto la chiamata. Non sapeva però che la castana si trovava alla toilette e che la loro conversazione era stata forse scoperta da qualcuno che non doveva sapere nulla.

Lidia si fiondò fuori del bagno, andando a scontrarsi con una figura esile e dalla lunga chioma fluente. Con un grido entrambe le ragazze caddero sul pavimento, con la castana che sovrastava l'altra liceale. Si ritrovò col volto affondato nelle morbide, lunghe volute ramate della sua amica Aurelia, che invece cercava di sgusciare via da sotto il corpo di Lidia che gravava sul suo.

"Lidia, ma insomma! Ti vuoi alzare in piedi oppure ti devo scansare io?!" protestò con voce stridula e alterata, lanciandole un'occhiata di fuoco quando si liberò.

La compagna di classe, che si era rialzata in piedi, le tese la mano e l'aiutò a levarsi da terra, ridendo scompostamente per il piccolo incidente che aveva causato.

"Scusami! Non l'ho fatto apposta... Perché mi stavi cercando, però?" divagò.

"In classe è arrivato Marzi... ci fa sostituzione per quest'ora, senza tuttavia anticipare l'ultima. Praticamente ci dobbiamo sorbire non una ma due ore di letteratura tedesca. Marzi mi ha mandata a cercarti: è un quarto d'ora che dovevi rientrare in classe! Che cazzo stavi combinando?"

"Io... io... be', io... stavo..."

Aurelia lanciò un'occhiata agli auricolari che la ragazza stringeva ancora tra le mani.

"Stavi ascoltando della musica? E non potevi farlo in classe?" la interruppe, gettandole uno sguardo perplesso.

Lidia colse al volo la scusa che l'amica le aveva inconsapevolmente servito su un vassoio d'argento e confermò la sua ipotesi, tirando fuori uno sguardo contrito che risultò abbastanza convincente.

"Non pensavo che ci avessero assegnato qualcuno come sostituzione e quindi credevo di potermene restare fuori dell'aula per tutta l'ora. Mi dispiace... non mi sono accorta del tempo che passava. Credi che quel nazista si incazzerà? Devo trovare una scusa..."

"Gli diciamo che non stavi bene. E se ti chiede che cos'hai tira fuori la scusa del ciclo. Magari, per convincerlo, ogni tanto durante la lezione fa' finta di avere i crampi alla pancia e lamentati del dolore. Non ti romperà le palle più di tanto" suggerì Aurelia facendole l'occhiolino.

Le due ragazze scoppiarono a ridere insieme, poi si diressero verso la classe lentamente, chiacchierando tra loro.

"Perché prima ridevi? Ti ho trovata proprio perché ho sentito la tua risata" indagò la rossa.

Lidia preparò in breve tempo una scusa.

"Avevo messo la riproduzione casuale di tutti i file musicali del cellulare e quando mi hai trovata ridevo perché stavo riascoltando un audio di qualche mese fa. L'avevo registrato la sera del diciottesimo di Antonio, quando lui aveva alzato il gomito un po' troppo. Ti ricordi che si era messo a reinterpretare Lucio Battisti? Stonava come una campana arrugginita! Ci stavo crepando dalle risate e allora l'avevo registrato. Ho conservato quest'audio: è troppo divertente!"

"Me lo passi più tardi?" le chiese Aurelia con un sorrisetto furbo dipinto sulle labbra sottili, l'unica pecca, a detta sua, del suo volto altrimenti perfetto. "Almeno, se mi nega un favore, lo posso ricattare promettendogli di divulgare questa registrazione!" e rise.

"Ma no, povero Anto... mi dispiace, ma lo terrò per me" ribatté la castana, scuotendo la testa e preparandosi a inscenare la ragazza sofferente a causa del ritorno del ciclo che si era rifugiata in bagno in cerca di un po' di conforto.

Nascose le cuffie dentro alla tasca dei pantaloni, poi, di fronte alla porta chiusa della classe, assunse l'espressione più addolorata e incupita che potesse riuscire a inscenare, pronta a recitare il ruolo drammatico.


 

***


 

Quel pomeriggio Lidia stava riordinando la camera che condivideva con Eva, quando ad un certo punto il cellulare vibrò.

La ragazza stava pericolosamente in bilico sulla sedia della scrivania per rimettere a posto un CD dei System Of A Down in cima agli scaffali, quando il rumore la distrasse per un solo istante, facendole rischiare una brutta caduta.

"Maledetta goffaggine!" borbottò fra sé, stizzita dalla propria incapacità di stare in equilibrio a lungo.

Non le riusciva proprio di stare in piedi sui pattini a rotelle o da pista di pattinaggio, né sugli sci - anche se effettivamente non aveva mai sciato, per cui supponeva soltanto di non esserne capace -, né sullo skate di Mauro, né su quella sedia un bel po' traballante con cui stava rischiando l'osso del collo. Già era tanto che sapesse stare in equilibrio sulla bici o sullo scooter. Ma almeno quello le riusciva bene.

Cercò il telefono tra le coperte disfatte del letto. Quando guardò lo schermo illuminato rimase alquanto male: si aspettava un messaggio da parte di Ivan, al quale ne aveva spedito uno intorno alle due, poco prima che entrasse al lavoro. Invece le era arrivato un sms da Gianluca.

Perché devo avere alle calcagna un ragazzo petulante invece di suo fratello?, si domandò, scuotendo la testa.


 

Hey, Lidia!
Sono Luca. Mi chiedevo... ti va di vederci oggi pomeriggio? Per una cioccolata calda, in un posto molto carino che conosco io. Solo se vuoi, ovviamente. E solamente se non ti fai problemi a sorseggiare una cioccolata, come invece capita a tante ragazze. ;)


 

Quel messaggio screziato di ironia le strappò un sorrisetto, nonostante fosse scocciata dalla presenza sempre opprimente del ragazzo nella sua vita privata. Era piuttosto tormentoso, ma per quel pomeriggio decise di farlo contento, accettando di uscire con lui per un'oretta. Magari poi l'avrebbe lasciata in pace, si disse con un'alzata di spalle.

Contaci, le confermò la sua sarcastica vocetta interiore.

Lidia voleva vedere Ivan e invece non poteva. Quindi al diavolo tutto, mica poteva deprimersi così rimanendo in casa agli arresti domiciliari. In fondo era sola, che cosa ci faceva lì a sprecare un pomeriggio libero - o almeno pensava, dato che si era dimenticata di dover studiare storia dell'arte per il giorno seguente - dallo studio?

Eva, nonostante dovesse studiare storia per l'interrogazione del giorno dopo, era fuori con Matteo, o ciò almeno era quello che le aveva distrattamente detto; i suoi genitori, invece, in giro insieme per il centro storico, dato che non passavano un pomeriggio da soli da tantissimo tempo.

Lidia aveva chiamato anche Céline ed Enrico, ma la prima era dai nonni paterni per fare visita al nonno appena uscito dal centro di riabilitazione dopo l'ictus, mentre il secondo era a casa di amici. Si sentiva tremendamente sola a stare in casa per tutto il pomeriggio. Perciò accettò l'invito di Gianluca, per accontentare lui e per non annoiarsi in casa per altre interminabili ore di solitudine.


 

Ciao, Luca :)
Va bene, esco volentieri con te. Sono libera per qualche ora. Dimmi tu quando e dove ci vediamo.


 

Ti va bene se passo a prenderti intorno alle quattro davanti casa tua?


 

Perfetto. Conosci l'indirizzo?


 

Ti avevo già riaccompagnata a casa l'ultima volta. Credo di ricordarmi.


 

Ok. A dopo, allora!
Ps: non mi faccio problemi a mangiare cioccolata, non sono fissata con una dieta :P


 

Essendosi messa d'accordo con il ventiduenne, la ragazza si preparò per uscire, truccandosi leggermente e indossando abiti pesanti per proteggersi dal freddo. Uscendo di casa cinque minuti prima dell'ora prevista per l'incontro, si chiuse la porta alle spalle, attendendo poi lo studente seduta sugli scalini dell'ingresso mentre scriveva un messaggio ad Aurelia con il cellulare.

Una manciata di minuti dopo vide la Ford blu di Gianluca accostare al cancello dell'abitazione. La ragazza uscì dal perimetro del giardino e si rifugiò nell'abitacolo riscaldato dell'automobile per sfuggire al gelo tagliente che avvertiva sulla pelle delicata del viso, salutando con un cenno della mano il moro.

"Hey, Lidia" si limitò a salutarla con una mano, badando a non sfiorarla.

Da quando lei gli aveva stampato in faccia quel ceffone, non si era più azzardato a toccarla ed evitava qualsiasi contatto che avrebbe potuto essere frainteso, perfino un innocente abbraccio fra quasi-amici. Perché ciò potevano considerarsi, un po' meno di amici ma un po' più di conoscenti. E poi lui era innamorato di lei. Non la vedeva certamente come un'amica.

"Come va?" le domandò poco dopo, intavolando una conversazione.

Lidia era persa nei propri pensieri, ovviamente rivolti al di lui fratello Ivan, ma decise di mostrarsi interessata e rispose con quanta più gentilezza possibile allo studente, ponendogli poi lo stesso quesito.

"Mah, diciamo così così... è un periodo duro, questo. Ricominciano i corsi universitari e in più fra poco noi studenti saremo assegnati al tirocinio, perciò la mole di lavoro sulle nostre spalle aumenterà spaventosamente. Senza neanche contare i primi esami del quarto anno!"

Gianluca era visibilmente incupito da quella prospettiva, perciò Lidia sfoderò il suo sarcasmo per tirare fuori una battutina e farlo ridere.

"Be', considera il lato positivo: avrai troppo da fare per correre dietro le ragazze e tutto tornerà a favore della pace interiore di tuo fratello, che si sente tanto in dovere di impedirti di conquistarne così tante" sdrammatizzò, facendolo scoppiare a ridere.

"Povero Ivan: per i prossimi dieci anni l'avrò fatto invecchiare di più di trenta se non smette di corrermi dietro e di starmi sempre appresso a insegnarmi le buone maniere" sghignazzò Gianluca, lanciandole poi un'occhiata lunga e silenziosa.

Sotto quello sguardo grigio come il cielo di Firenze Lidia si sentì insicura riguardo ciò che aveva detto poch'innanzi, ma non le riuscì a capire cosa stesse passando nella testa del moro, incapace di penetrare quello sguardo indecifrabile.

Gianluca parcheggiò l'auto poco lontano dal centro storico, proponendole di fare una passeggiata. Era spuntato qualche pallido raggio di sole autunnale e l'aria si era fatta un pochino più calda, perciò la camminata si prospettava gradevole. Lidia e il ragazzo fiancheggiarono Palazzo Strozzi, percorrendo Via de' Tornabuoni, quindi si diressero fino al Lungarno Corsini attraversando Piazza della Trinità.

Gianluca tirò fuori il pacchetto di Marlboro e se ne accese una con l'accendino che si portava sempre in tasca, inspirando a fondo il denso fumo bianco per poi aprire la bocca e buttarlo fuori. Chiese alla ragazza se ne voleva una e le porse il pacchetto, ma lei scosse il capo asserendo che non fumava. Lui risistemò le Marlboro nella tasca della giacca, accanto all'accendino.

"Un giorno penso di andarmene da Firenze" disse ad un certo punto il ventiduenne con tono casuale, inspirando nuovamente. Spostò la sigaretta da una mano all'altra quando si accorse che l'odore del tabacco dava fastidio a Lidia, la quale stava sventagliando davanti al proprio viso una mano per scacciare lo sgradevole fumo.

"E perché mai?" indagò Lidia, incuriosita da quell'affermazione.

"Non credo sia la città che faccia per me. Penso di fare qualche esperienza lavorativa all'estero o comunque lontano dalla Toscana e poi di trasferirmi lì. Magari me ne andrò in Francia, anche se io e le lingue non andiamo molto d'accordo."

Lo studente espirò il fumo dalla bocca, sollevando una nuvola biancastra nell'aria fredda e umida.

"In Francia, te lo dico io che ci sono stata una settimana in secondo liceo, si mangia proprio da schifo... te la sconsiglio" replicò con un sorriso la ragazza. "Anche se le nana francesi devono essere tipi che ti si confanno. Sono tipe solari e sicuramente più estroverse di me" osservò poi, impertinente, strappandogli uno sbuffo canzonatorio.

"Nana?" Gianluca inarcò le sopracciglia, perplesso.

"Vuol dire 'ragazze' in gergo adolescenziale francese. Oppure anche 'pollastrelle', tanto per spiegare meglio il termine " spiegò la castana con un sorrisetto ironico.

"Come se io fossi solamente capace di pensare a quello e basta..." borbottò il giovane, fintamente irritato.

"Non mi hai lasciato un granché di impressione, la prima volta che mi hai voluto riaccompagnare a casa" lo riprese lei, continuando a camminare.

"Effettivamente hai ragione" concesse lui, tentennando la testa lievemente.

"Comunque, tu e Ivan vi assomigliate un sacco... anche lui non riesce a capire una singola parola in lingua straniera" commentò la castana, attirando su di sé lo sguardo dubbioso del ventiduenne.

"Vedo che conosci bene mio fratello."

"Mi ha vista nascere. Mia madre quel giorno è arrivata presto all'ospedale, intorno alle nove di mattina. L'attesa è stata lunga, poi intorno alle tre e mezza del pomeriggio è entrata in travaglio e io sono nata. Ivan stava facendo il turno da tirocinante nella stessa struttura quando sono cominciate le ultime contrazioni. E' accorso per essere al fianco di mia madre per non lasciarla da sola, dato che mio padre era a Siena in quei giorni. Praticamente, lui è stato il primo a prendermi dalle braccia dell'infermiera... è stato lui a porgermi a mia madre. Mi ha vista nascere e crescere ed è per questo che lo conosco. Poi le nostre famiglie sono anche amiche e il tutto ha incoraggiato questa conoscenza. Siamo... diciamo, amici da una vita. La mia, precisamente."

Il sorriso che illuminava il volto di Lidia era limpido ed innocente, anche se la ragazza avrebbe potuto aggiungere molto di più a proposito del suo rapporto di 'amicizia' con Ivan.

"Capisco." Gianluca annuì.

"L'ho frequentato nel corso della mia infanzia, anche se durante l'adolescenza mi facevo più i fatti miei e uscivo con gli amici anziché stare con i genitori e i loro amici. Però lo conosco abbastanza bene e mi accorgo che avete un sacco di punti in comune, anche se siete fratelli solo per metà. Tutti e due siete dei geni nelle materie scientifiche e delle frane nelle lingue straniere e nelle scienze umanistiche. Entrambi siete testardi e ironici. Anzi, sgradevolmente sarcastici, a volte."

La castana accennò una smorfia contrariata, scatenando l'ilarità del bruno.

"Maddài... non mi dire che ti offendi così facilmente" la prese in giro Gianluca.

"Sì. Posso? Oppure devo chiedere il permesso?"

"Non fa tanto ridere come battuta."

"Non ho il tuo senso dell'umorismo, sai?"

"O forse non ci provi a dovere" osservò il ragazzo.

Lidia gli sorrise obliquamente.

"Diciamo che forse hai ragione."


 

***


 

Un'oretta dopo, Gianluca e Lidia erano in un tranquillo, accogliente locale nella zona di S. Maria Novella, ad assaggiare la deliziosa cioccolata calda promessa in precedenza dal corvino.

"Hai ragione, è proprio squisita" squittì deliziata la ragazza dopo aver sorseggiato la bevanda. "Céline impazzirebbe se potesse assaggiarla... lei è molto golosa" aggiunse, soffocando la risata nel dolce aroma del cioccolato denso e saporito.

"Ne valeva o no la pena di provarla?" la stuzzicò Luca, felice di vederla così radiosa ed estasiato dalla bellezza che inconsapevolmente lei arricchiva con un sorriso smagliante e con le labbra rosse e carnose che gli facevano venir voglia di baciarle fino a renderle gonfie e voluttuose. Non sapeva che quelle labbra delicate le aveva già possedute suo fratello e la ragazza stava in guardia, decisa a non farglielo scoprire.

Lidia si era accorta che lui ogni tanto le lanciava un'occhiata ammirata, ma scelse di non farci caso per non rovinare quell'atmosfera rilassata appena creatasi.

Ma, sebbene i suoi propositi fossero fin troppo buoni e volenterosi, ciò non valeva per un'altra persona che di lì a poco arrivò a sconvolgere il delizioso clima di familiarità instauratosi tra i due amici.

Roberto entrò nel locale accompagnato da alcuni ragazzi. Inizialmente non si era accorto della presenza di Lidia, ma un suo amico, Edoardo, gli aveva sussurrato all'orecchio che c'era la sua ex seduta qualche tavolo più avanti insieme ad uno sconosciuto.

Gli occhi verde-castani del ventiquattrenne si posarono sulla sua precedente fidanzata, riducendosi a due sottili spilli quando la ragazza scoppiò a ridere ad una battuta del giovane seduto accanto a lei, che le teneva stretta una mano tra le proprie dita.

Roberto partì alla carica, desideroso di rovinare il pomeriggio a Lidia. La giovane lo aveva insultato e rifiutato varie volte da quando avevano ripreso i contatti e perciò lui, sentendosi ferito nell'orgoglio e umiliato di fronte agli amici, che ovviamente erano a conoscenza della sua assillante insistenza e dei netti rifiuti che riceveva, aveva in mente di sconvolgerle i piani, magari offendendola anche davanti a quello che, almeno ai suoi occhi, appariva come il misterioso ragazzo con cui la sua ex si frequentava.

Lidia avvertì istintivamente una presenza alle proprie spalle, perciò si voltò, sbattendo più volte le palpebre quando si accorse di avere a pochi passi di distanza Roberto, 'il Mollusco', che Enrico non era mai riuscito a sopportare.

"Ciao, Lilli cara" esordì lui, sogghignando malignamente.

"Roberto" bofonchiò la ragazza, improvvisamente innervosita, notando alle spalle dell'ex-fidanzato il suo gruppo di amici osservare la scena con interesse alquanto vivo. Si levò in piedi dalla sedia, fronteggiando il suo sguardo canzonatorio. "Che vuoi da me, di grazia?"

"Che dolcezza che tiri fuori. E' questo il modo di rivolgersi ad un ex?"

"Sì, se quello si è comportato da stronzo e dopo cinque mesi dalla rottura definitiva ancora ti assilla per rimettersi insieme a te" lo mise a tacere Lidia, lanciandogli un'occhiataccia di fuoco.

Gianluca, ancora seduto al suo posto, si alzò in piedi, non capendo bene cosa stesse succedendo.

"Chi è questo tizio, Lidia?" s'intromise.

"Sono il suo ex, rompicoglioni. E tornatene a sedere e fatti i cazzi tuoi, mica le voglio fare niente. Voglio solo parlarle" ringhiò il biondo, sostenuto dal mormorio di approvazione che riecheggiò serpeggiando tra i suoi tre amici.

"Luca, stanne fuori" l'avvertì la castana, lanciandogli uno sguardo eloquente.

"Luca... ma che nome simpatico" commentò Roberto, facendo montare la collera della diciottenne. "Insomma, Lilli, dopo che ci siamo lasciati ti sei data proprio da fare. Neanche il tempo di far passare cinque mesi che te la fai con un altro. Ma, dico io, ti sembra questo il modo di comportarsi? Salti da un letto a un altro come una cagna in calore" la insultò, aizzato dalle oscenità che il trio di idioti, a qualche metro di distanza da lui, gli suggeriva da dietro.

"Cazzo, sei venuto qui solo per insultarmi? Ma vattene affanculo, stronzo... va'! E fatti una vita tua: te non mi devi nemmeno più pensare, chiaro, coglione? Vattene via, insomma!" si difese la ragazza, punta nel vivo da quell'oltraggio, spintonandolo con le mani per farlo allontanare da sé.

Come poteva permettersi Roberto di offenderla accusandola di essere una poco di buono? Quando erano fidanzati, lui la prendeva in giro dicendole di essere troppo pudica. Quando voleva essere cattivo la accusava di essere frigida. In realtà Lidia era solamente insicura dei propri sentimenti. Come poteva consegnarsi ad un imbecille del genere?

Ora che l'aveva lasciato, però, si permetteva di insultarla proprio laddove non avrebbe potuto dire proprio niente, dato che non poteva vantare assolutamente un bel nulla: Lidia era ancora vergine e non era una stupida sprovveduta pronta a concedersi al primo che arrivava. No, lei era una ragazza seria. Forse troppo, ma abbastanza per evitare certi commenti offensivi.

Roberto le serrò strettamente i polsi tra le proprie grandi mani, costringendola ad rinunciare a spingerlo via, lasciandoglieli poi liberi. Ghignò sardonico.

"E piantala di difenderti! Tanto lo so che tipo sei: la solita santarellina pudica e schizzinosa pronta ad andare a letto col primo che viene! Hai capito che cazzo sei? Una troia! Prima con me recitavi la parte della frigida, e ora che sei libera da legami ti dai alla pazza gioia! Chi ti ha dato il diritto di vederti con chicchesia, quando ci siamo lasciati? Tua madre, per caso?" l'attaccò Roberto con foga, suscitando le risate di scherno del gruppo e attirando su Lidia le indiscrete occhiate degli altri presenti nel locale, compreso lo sguardo di rimprovero del proprietario, che temeva che la discussione potesse degenerare in una rissa, e l'espressione disorientata e contrariata di Gianluca.

Lidia sostenne lo sguardo sarcastico e le offese di Roberto con ammirevole sangue freddo, senza perdere le staffe né mostrare una qualsivoglia emozione, ma dentro di sé aveva voglia di mettersi a piangere. Che diritto aveva uno stronzo come lui di offenderla? Perché quella giornata doveva essere iniziata bene con il compito di fisica ben svolto e la positiva decisione del giudice a favore di Ivan nel processo, per poi peggiorare improvvisamente e degenerare? Che aveva fatto a ogni essere sovrannaturale, immaginario o reale che fosse, per meritarsi tutto questo? Avrebbe avuto voglia di urlare e gridare la sua collera. Arrossì intensamente e il suo volto divenne color porpora, ma non lasciò trasparire le sue emozioni violente.

Voleva Ivan accanto a sé, per sentirsi difendere, per farsi proteggere e consolare. Ma era da sola e doveva farsi valere senza l'aiuto di nessuno.

Gianluca, che per tutto il tempo era rimasto ad ascoltare le sferzanti offese di Roberto in piedi accanto alla castana, si fece avanti minacciosamente, innervosito e punto nel vivo. Chiunque fosse stato quel tizio sgradevole, non si sarebbe più permesso di insultare Lidia in quel modo.

Quindi si fece avanti, agitando il pugno minacciosamente sotto al naso adunco del biondo.

"Ma che cazzo vuoi te da Lidia? Chi sei? Che rompi? Ma vattene, stronzo, prima che ti faccia uscire i bulbi oculari per il culo, capito?!"

Roberto scoppiò a ridere fragorosamente.

Lidia cedette alle emozioni. Si sentì avvampare le guance ancor di più, poi le lacrime salirono pizzicandole gli occhi, difficili da mandare giù come un boccone amaro. Fremette al pensiero di aver subito quell'angheria abominevole dall'ex-fidanzato. Quell'essere senza spina dorsale non poteva permettersi di insultarla a quel modo. Anzi, non doveva nemmeno più osare parlarle o rivolgerle la parola.

Doveva sparire dalla sua vita. Subito. Immediatamente. Definitivamente.

Era livida di rabbia e frustrazione e stava per esplodere. Scansando bruscamente di lato la mole gargantuesca di Gianluca, la castana si fece avanti con determinazione, afferrando con presa ferrea il colletto della camicia candida di Roberto e trascinando il volto di lui sullo stesso livello del proprio, in modo da guardarlo dritto negli occhi, nonostante la differenza di dieci centimetri nell'altezza.

La sua ira divampò come una cupa, violenta fiammata.

"Sarà pure vero che mi sono sempre rifiutata di concederti la mia verginità, ma non puoi assolutamente accusarmi di essere una poco di buono. Piuttosto sei tu una troia, brutto puttaniere che non sei altro! Io ti ho lasciato perché la nostra storia era finita. Tu eri felice di aver riacquistato la libertà dei single, no?, e te la sei goduta alla grande. Io ho deciso di allargare la mia cerchia di amicizie e di conoscere nuova gente per provare ad incontrare qualcuno che non fosse stronzo come tu riesci benissimo ad essere. Ci siamo mollati cinque mesi fa e a te ora non deve importare né con chi mi frequento, né tantomeno se sto con qualcuno oppure no. Tu devi sparire dalla mia vita, hai capito?" gli ringhiò contro, con uno sguardo così duro e ostile da far abbassare lo sguardo al ventiquattrenne.

Gli sferrò uno schiaffo bruciante, guadagnando un'esclamazione soffocata di dolore e degli sguardi alquanto divertiti. Infine lasciò la presa sul colletto della camicia, allontanandosi dal biondo.

Lo fulminò con un'ultima occhiataccia colma di sdegno e riprovazione, poi prese la borsa e il cappotto dalla sedia su cui li aveva posati, senza dire nulla. A mento alto, ignorandolo e camminando fieramente dignitosa, lievemente impettita, Lidia si diresse al bancone, seguita passo passo da un alquanto disorientato Gianluca, e pagò le cioccolate che erano riusciti appena ad assaggiare.

"Ma tu guarda che idiota!" farfugliò fra sé una volta uscita dal locale, infuriata, incedendo a passo svelto con gli stivali borchiati sulla pavimentazione asfaltata della strada.

Lo studente universitario camminava al suo fianco, chiuso in un silenzio impenetrabile, tentato di farle delle domande a proposito di ciò che era successo prima ma dubbioso sulla reazione che avrebbe scatenato in lei. Perciò non le pose alcuna domanda, limitandosi a osservarla di sottecchi, taciturno. Lidia gli fu grata per la sua discrezione.

Come per una tacita richiesta subito compresa dal moro, i due ritornarono alla Ford blu, accomodandosi nell'abitacolo. Gianluca stava per rompere il silenzio di ghiaccio calato su di loro con un commento sulla rapida discesa del buio, quando la ragazza cominciò a singhiozzare appena.

Lidia si raggomitolò su se stessa, trattenendo al busto le gambe con le braccia, la testa china fra le ginocchia. Due lacrime salate solcavano i nivei pendii dei suoi zigomi arrossati dal freddo, cadendo con un fruscio ovattato, quasi impercettibile, sul tessuto beige dei jeans. Tirò su col naso, incapace a trattenersi, e cominciò a piangere piano, nascondendo il volto arrossato dal pianto contro le mani pallide a mo' di coppa.

"Lidia..." mormorò Gianluca dal proprio sedile di conducente, posandole cautamente un braccio sulla spalla e attirandola a sé per offrirle conforto.

A quel contatto la giovane si lasciò sfuggire un singhiozzo più forte, violento, che la scosse visibilmente e che fu seguito da una serie di singulti malrepressi. Reclinò la testa, nascondendola nell'incavo del suo collo. Rimase così, per alcuni minuti, tra le braccia consolatrici del ventiduenne, calmandosi lentamente.

"Mi dispiace, Luca..." balbettò ad un certo punto la ragazza, scostandosi bruscamente dal petto del suo interlocutore.

"Di cosa ti dispiace?" Gianluca era confuso; non capiva che cosa si dovesse far perdonare la castana.

"Mi dispiace che il nostro pomeriggio sia stato rovinato da quel deficiente di Roberto." Fece una pausa, asciugandosi il mascara colato a striscioline sottili lungo le sue guance arrossate. "Lui è il mio ex. L'ho lasciato perché mi tradiva: solamente perché non intendevo concedermi a lui, essendo insicura dei miei sentimenti. Litigavamo sempre, noi, e non sono mai stata sicura di ciò che provavo per lui. E adesso si permette pure di insultarmi! Proprio lui, quel bastardo capace solamente di infilarlo in ogni possibile fessura femminile!" disse in un singulto, continuando a versare lacrime mentre caparbiamente tentava di asciugarsele con il bordo della manica azzurra del cardigan.

"Ci sono in giro imbecilli del genere... Dispiace anche a me, Lilli, per ciò che è successo. Se l'avessi saputo, gli avrei spaccato la faccia!"

"No" si oppose la ragazza, piantandogli negli occhi uno sguardo fiammeggiante. "Ci sarebbe mancato solo il tuo intervento. Magari sarebbe finita pure con una denuncia contro di te per aggressione a quel coglione."

"Ok, come vuoi tu... Posso fare qualcosa per te? Hai bisogno di qualcosa?" si offrì Gianluca, sorridendole appena.

"Dimentica ciò che è successo, ti prego... fa' come se questo incontro sgradevole non fosse mai accaduto. E non perdere tempo con quel deficiente. Questa è una faccenda personale e la risolverò a modo mio, ma non voglio ingerenze dall'esterno."

"Ok, come desideri. Ma, se hai bisogno di aiuto o di sostegno, puoi sempre telefonarmi."

"Grazie, Luca, sei un amico."

Lidia accennò una smorfia che voleva essere un sorriso.

Il ragazzo comprese subito che era ora di salutarsi. Ma non voleva terminare lì il loro pomeriggio insieme: aveva in programma di convincerla a uscire con lui a cena e non intendeva perdere l'occasione. Quindi si fece avanti, tentando di trattenerla con sé ancora per qualche ora.

"Però... sei sicura di non volerne parlare? Magari davanti ad una pizza, più tardi... Forse ti sentirai meglio, se ti liberi" insistette.

Lidia fece segno di diniego con la testa, scuotendo la serica massa di boccoli castani dai flebili riflessi ramati.

"No, ma grazie comunque, Sei gentilissimo, davvero, ma preferisco tenere per me certi pensieri. E mi piacerebbe restare da sola. Potresti accompagnarmi a casa, per favore? Te ne sarei grata."

Seppur a malincuore, Gianluca non poteva negarle quel piacere, per cui la riaccompagnò fino all'abitazione, salutandola con un innocente bacio a stampo sulla guancia, mormorandole all'orecchio che non doveva piangere per colpa di uno stronzo come il suo ex. La castana gli sorrise riconoscente, poi sussurrò uno svelto 'Ciao' e aprì frettolosamente il cancello del giardino, mettendo fine, di fatto, a quel pomeriggio iniziato bene e finito con un disastro.

Appena lo incontro, questo Roberto del cazzo, lo spello vivo, si adirò Gianluca nell'abitacolo, rivolgendo tutti i pensieri assassini che richiamò alla mente all'ex-ragazzo di Lidia che era riuscito a farla piangere.

Lidia, invece, non appena mise piede nella casa deserta, si fiondò in camera, mettendo a tutto volume 'Hybrid Theory' dei Linkin Park, urlando tutto lo sdegno, la rabbia, l'umiliazione e la frustrazione che ribollivano dentro il suo spirito turbato al ritmo degli screams e dei growls furibondi e strazianti delle voci di Chester Bennington e Mike Shinoda.

Quindi, dopo aver cantato e gridato tutte le tracce del disco e aver raggiunto il parossismo dell'emozione, la ragazza spense il lettore CD e, raggomitolandosi sul letto con un cuscino di piume stretto convulsamente tra le braccia, pianse a lungo, sfogando le emozioni negative che la corrodevano dentro, bisognosa come non mai dell'abbraccio protettivo e consolatorio di Ivan sulle sue spalle inermi alle prepotenze del mondo esterno.


 

***



N.d.A.
Salve a tutti! :D
Eccomi qui con il nuovo capitolo. E con le guest star dell'aggiornamento, Roberto e Gianluca. Li rivolevate indietro, quindi eccoli qui. Roberto è un imbecille e usa un linguaggio offensivo, che spero non troviare troppo volgare. Gianluca invece si sta solo innamorando come una pera cotta della bella protagonista e viene continuamente friendzonato. Fin lì tutto normale, o quasi.
Passando alle considerazioni generali, aggiungo che questa è la seconda parte di un megacapitolo spaventosamente lungo di quarantacinque pagine - wtf!!! sì, sono impazzita - e terminerà con il prossimo. Quindi ancora la situazione non è chiusa completamente.
Poi, vorrei dire che sono arrivata appena a terminare il capitolo ventisei, perciò avrò altre due settimane di copertura prima di entrare in crisi di voglia e stress. Forse farò capitoli più brevi, perché quindici pagine a capitolo sono impossibili da scrivere e procedo a rilento. Inoltre, la scuola mi sta massacrando, perciò devo comunque allentare un po'. Il tutto a discapito della storia, ma non posso tirare avanti, altrimenti D:
Per finire, dato che sono pure in ritardo pazzesco per la cena - ehm... ^^'' -, ringrazio vivamente controcorrente e Tanny per aver recensito il capitolo scorso! Mi ha fatto piacere leggere i vostri commenti *-*
Bon, termino qui, e un grazie anche a chi ha letto tutta la fiction fino ad ora!
Buona serata, alla prossima!


Flame
  
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