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Autore: Dania    15/11/2014    1 recensioni
Castiel salva la vita di Dean Winchester.
Questo è il modo in cui i due ragazzi si conoscono, ma il loro rapporto è destinato ad evolversi e cambiare attraverso il tempo e gli incidenti di percorso.
(Quattro volte in cui Castiel ha salvato la vita a Dean ed una in cui era Dean a dover salvare Castiel.)
Genere: Drammatico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Titolo: How to save a life
Fandom: Supernatural
Personaggi: Castiel/Dean Winchester
Rating: SAFE
Parole: 1043/5483
Capitolo: 1/5
Prompt: Rosso, Verde, Azzurro per il WRPG di Maridichallenge
Avvertimenti: AU, Slice of Life, Fluff, Drammatico, menzione di dipendenza da alcolici e droghea tratti demenziale, probabilmente OOC
Note: Okay, mi scuso perché ci sono delle cose che molto probabilmente sono irrealistiche, ma, ecco, servivano e non sapevo come sistemarle in altro modo. In più questa è la prima storia veramente drammatica che scrivo, quindi non so esattamente come sia venuta (anche se io ci sono stata malissimo, quindi immagino che sia okay).
Il titolo è lo stesso di una canzone dei The Fray.
Riassunto: Castiel salva la vita di Dean Winchester. Così inizia il loro rapporto, ama questo crescerà e cambiarà con il passare del tempo e degli incidenti.
La storia sarebbe una os, ma dalla struttura in cui l'ho scritta credo di poterla pubblicare in capitoli su EFP. Visto che comunque sono tutti abbastanza corti credo ne pubblicherò uno ogni due giorni. (E' completa, non preoccupatevi, niente ritardi questa volta!)
Disclaimer: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla.




1. Quella volta per strada.

La prima volta che lo incontra è una mattinata di novembre, una di quelle in cui tutto sembra essere grigio e bagnato e in cui ti domandi se ancora riesci a ricordarti l'azzurro del cielo e il calore del sole sulla pelle o se ormai ti sei semplicemente abituato a vivere in un mondo di perenne pioggia. Ad essere del tutto sinceri all'inizio nemmeno lo vede. È troppo impegnato a camminare a passo spedito, il trench stretto in petto e l'ombrello un mano, per non arrivare in ritardo a lavoro, quindi non fa caso agli altri passanti, altrettanto imbacuccati e preoccupati a bagnarsi il meno possibile e a far tutto con quella frenesia tipica delle grandi metropoli. Solo che quello stupido decide di sfidare la sorte e tentare un suicidio proprio mentre lui si trova là vicino.
Come già detto sta camminando con una certa fretta, già pregustando il sapore del caffè sulla lingua ed il calore della tazza a scaldargli le mani rosse e gelate. Poi con la coda dell'occhio lo vede: un ragazzo che cerca di attraversare la strada, ignorando totalmente semafori, strisce pedonali e traffico. Normalmente non se ne preoccuperebbe, davvero. Un sacco di persone attraversano la strada lontano dalle zone dedicate ai pedoni, ma generalmente quando lo fanno è perché o non si vede nemmeno una macchina al l'orizzonte o si è capaci di destreggiarsi nel traffico ed arrivare fino al marciapiede dirimpetto. Questa volta, però, il ragazzo sembra confuso, non ha la sicurezza di chi compie quel gesto con una certa abitudine.
Si muove senza nemmeno pensare, i muscoli che agiscono più per istinto che per un vero comando. Allunga qualche passo e afferra il ragazzo per una spalla, trascinandolo verso di sé. Pochi secondo dopo un camion, con una velocità eccessiva per un giorno di pioggia e per trovarsi nel centro città, passa esattamente nel punto in cui si trovava il ragazzo.
Lo guarda negli occhi, mente lo tiene ancora stretto al petto.
« Volevi farti ammazzare? » ringhia, mentre si rende conto di aver trattenuto il fiato o di aver bisogno d'aria nei polmoni, neanche avesse appena corso una maratona, non è sicuro quale delle due. Solo che ogni pensiero viene spazzato via da un paio di occhi. Occhi confusi ed opachi, ma nonostante tutto di un verde indimenticabile, che continua a dare l'idea del brillante che avrebbe dovuto avere normalmente, anche se adesso è spento, come se non vi fosse più vita.
Il ragazzo si scosta leggermente e lui si accorge che lo sta ancora tenendo stretto – forse un po' troppo stretto – e quindi lo lascia andare, la mano che indugia però sulla sua spalla, non certa che sua corretto lasciarlo andare.
« Hey, tutto bene? » Lo scruta, indeciso se gli interessa di più il suo lavoro – e il non sentire le urla di Rodric – o se preferisce assicurarsi che uno sconosciuto arrivi sano e salvo in ospedale.
L'altro sembra riscuotersi e si guarda intorno, probabilmente cercando di capire con precisione cosa fosse appena accaduto.
« Io, ehm, sì, credo di sì. » Punta lo sguardo nei suoi occhi e tutto sembra scomparire, dal grigio che lo circonda alla pioggia che gli batte leggera sui capelli.
« Non sono sicuro di cosa sia appena successo, però. » ammette passandosi una mano tra i capelli, forse in leggero imbarazzo. « Come ti chiami? » Stringe le labbra ed assottiglia lo sguardo. Decisamente meglio rischiare un licenziamento piuttosto che lasciare una persona confusa da sola in mezzo alla strada, dove potrebbe cercare di uccidersi. Ancora.
« Dean. » risponde. « Dean Winchester. »
Okay, perfetto pensa, non è messo così male da non ricordarsi nemmeno chi è.
« Io sono Castiel Novak. » Prende un respiro profondo. « Quanti anni hai? » esita « Ti ricordi dove abiti? » « Occhioni azzurri, vuoi anche il numero del mio conto in banca? » risponde con un mezzo sorriso, più reattivo e in sé di quanto non lo fosse fino a pochi minuti prima.
Si morde un labbro. « Sto solo cercando di valutare la tua situazione. Hai colpito la testa? » Piega il capo di lato, cercando di scturarlo meglio. « No. Io sto— sto bene, veramente. » Fa qualche passo indietro, interrompendo completamente il loro contatto tra spalla e mano, mentre scuote la testa, una via di mezzo tra lo scacciare brutti pensieri e il riprendere controllo di sé stessi.
Castiel stringe le labbra in una linea sottile, perché no, quella non è un'espressione da sto bene, ma non dice nulla, si limita ad osservarlo. Alla fine tutti hanno qualcosa che vogliono tener nascosto o hanno bisogno di tempi diversi per rivelarlo, quindi perché insistere? « Mi sai dire il tuo contatto per le emergenze? »
« Hey, piano tigre! Ancora non concludiamo questa uscita e già mi chiedi il numero di un altro? Non ti sembra di correre un po'? » Si sistema i vestiti, dando delle pacche alle braccia, come per togliersi della polvere raccolta chissà dove.
« Cosa? » Corruga le sopracciglia, senza capire completamente l'uscita del ragazzo. « Te lo ricordi il numero del tuo contatto per le emergenze? » Il capo sempre piegato un po' di lato.
« Certo tigre. Tranquillo, non ho battuto la testa. » Sorride, in una maniera che si imprime a fuoco nella memoria Castiel, con un sorriso solare, che però assomiglia troppo a quello di un bambino che ha intenzione di compiere una qualche marachella. « Grazie a te, occhioni azzurri, che mi hai stretto così forte che a momenti non motivo soffocato, altro che investito! »
Si sente a disagio, scrutato da quegli occhi verdi – e spenti – e incapace di staccare i propri da quel sorriso.
« Sei per caso ubriaco? »
« Din din! Mi sa che abbiamo un vincitore! »
Dean – ha detto di chiamarsi così, no? – continua a sorridere, mentre lo accompagna in ospedale. Ogni tanto gli capita anche si dire alcune di quelle strane cose che lui non riesce a comprendere fino in fondo, dove non sa mai quanto siano serie e quanto una presa in giro, dove si nasconda la verità, in quelle parole, e dove si fermi semplicemente la facciata.
   
 
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