Inspira. Espira.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Espira.
Sto camminando ininterrottamente
da un quarto d’ora su e giù per l’ingresso di casa mia. Dovrebbero essere qui
già da ben venti minuti. Di solito sono io quella sempre in
ritardo.
Di certo non stasera. Oggi è la
mia grande serata, quella per cui non sono pronta psicologicamente, nonostante
stia cercando di abituarmi all’idea da almeno un paio di giorni. Rimandata più e
più volte, è finalmente arrivata.
*dlin
dlon*
Finalmente! La mia mano esita
sulla maniglia, come a non voler dare l’impressione di essere lì ad aspettare da
chissà quanto ma, dopo appena dieci secondi, apro. ‘Non lo fissare’ mi
raccomando. Quello che ho davanti è il ragazzo più bello, più affascinante, più
attraente (più tutto, diciamolo) che io abbia mai visto. In nero e viola, sta
divinamente. Il viola è improvvisamente diventato il mio colore preferito,
nonostante mi ricordi il mio nome.
Ok, lo sto fissando. Prima regola
infranta.
<< Andiamo? >>
sorride, porgendomi un braccio. Vedo Norah sul sedile posteriore della macchina
che mi fa l’occhiolino, di sicuro c’entra qualcosa, e Todd impassibile sul
sedile anteriore. Fortunatamente la macchina è a pochi passi dall’ingresso, dato
che non credo che le mie ginocchia avrebbero resistito ancora a lungo senza
tremare e farmi cadere giù. Norah è stupenda, come al solito; forse anche io
avrei dovuto indossare qualcosa di più elegante data l’occasione.
Il posto è carino, o forse è
l’occasione che lo fa apparire tale. Sembra che conosca tutti qui; il tizio
all’ingresso, il cuoco che si è appena sporto dalla porta della cucina, la
cameriera che ci ha fatto accomodare, persino la donna alla cassa! Forse lo sto
osservando un po’ troppo. Ho lo sguardo fisso su di lui da almeno… uhm… venti
minuti come minimo. Cavoli, beccata! Si è appena voltato. Ordiniamo una pizza;
senza neanche guardare gli ingredienti, prendo la stessa pizza di Aaron. Che
combinazione, vero? Non sembra sorpreso, a dire la verità. Come se l’avere gli
stessi gusti gli facesse piacere. Ottimo! Norah dice che “mostrare interessi
simili” potrebbe essere una carta vincente. Speriamo che il piano funzioni,
mi sono preparata così tanto.
Parlando si scoprono affinità e
contrasti. Adoro persino discutere con lui, cosa decisamente rara. Esprimere i
miei pareri per poi essere quasi subito zittita per ascoltare il suono melodioso
della sua voce, con il suo accento. Sto dando i numeri; non posso pendere dalle
sue labbra come una perfetta idiota! Ma è così
bello farlo…
Sono arrivate le pizze. Norah e
Todd vengono serviti per primi, mentre io aspetto pazientemente quello che
accomunerà ancora di più la mia vita alla sua.
<< Ed ecco le vostre
Vulcano. Buon appetito! >> il cameriere mette un piatto davanti a me.
Guardo sognante il ragazzo accanto
a me che osserva il piatto come un bambino che ha appena scartato i regali di
Natale. Passano pochi secondi prima che io sposti lo sguardo sul piatto.
Spalanco gli occhi inorridita e sposto lo sguardo dal suo piatto al mio,
sperando di essere in un incubo; speranza assolutamente vana. Peperoncino e salame.
Odio la roba piccante. Spero di non morire di colpo in una sola
serata…
~
Sto praticamente preparando
l’interrogazione di biologia visto che, al posto della rana, sto vivisezionando
la pizza. Norah ha notato la mia faccia afflitta e ridacchia sotto i baffi;
probabilmente non è stata una buona idea seguire il suo
consiglio.
<< Non ti piace? >> mi
chiede Aaron che l’ha praticamente divorata.
<< Sì, sì certo che mi piace
>> afferro un pezzo di pizza e ne mordo un pezzo senza pensarci due volte
<< E’ davvero squisita >> dico sorridendo.
Passano cinque secondi e la lingua
comincia a bruciare in maniera inimmaginabile. Ne passano dieci e ho svuotato
mezza bottiglia d’acqua minerale. Allo scoccare dei quindici secondi, mi alzo di
scatto e vado verso il bagno. Decisamente troppo piccante.
~
Sono passati circa venti minuti. I
peggiori venti minuti della mia vita, passati nel bagno di un ristorante
sperduto; ovviamente da sola. Mi dirigo al tavolo con una faccia da funerale,
come se mi avessero appena ucciso il gatto. Da qui riesco a vedere il tavolo;
Todd mi dà le spalle, Aaron ride come un matto e Norah si morde un labbro
imbarazzata. Chissà cosa è successo. Mentre mi avvio verso il tavolo, la mia
espressione cambia radicalmente. Norah sta facendo la finta offesa per qualcosa
e Aaron… lui le ha preso la mano intrecciando le dita con le
sue.
Mi fermo di scatto. Non gli
importa nulla, nulla di me. E’ voluto uscire per Norah. Todd ha mentito
spudoratamente a me, a Norah. Come.. come ha potuto farci questo? Tento di
scappare, non voglio stare un secondo di più qui dentro. Mi manca l’aria, non ce
la faccio più. Passo accanto al tavolo giusto per sentirmi dire un “Ehi ma dov’eri finita?” dalla voce di
Norah.
<< Vado un attimo fuori, non
sto bene. >> rispondo per poi filare più in fretta possibile all’esterno
del locale. Mi sento così stupida. Come avevo solo potuto pensare che a lui potesse
piacere una come me?
Stupidastupidastupida.
<< Torna dentro. >>
non suona come una richiesta. Suona come un ordine.
<< Lasciami in pace,
imbroglione >> gli dico stizzita << Non mi importa niente adesso.
Voglio solo tornare a casa. >> comincio a camminare, con la consapevolezza
che di questo passo arriverò a casa tra circa due giorni. Ma non mi
importa.
<< Non fare la stupida.
Abbiamo già finito di mangiare, Aaron sta pagando il conto. Aspetta solo un attimo e andiamo via tutti
insieme. >> non capisce. Non capisce che un solo minuto potrebbe
uccidermi.
<< Todd… >> inspiro
profondamente << … no! >>
<< Allora, andiamo? >>
Aaron. E Norah. Sono usciti. Non ho scampo.
<< Sì andiamo. >> Todd
mi prende la mano e mi trascina controvoglia verso l’auto, facendomi salire sul
sedile anteriore. Non l’ho mai odiato come in questo momento. Il tragitto verso
casa sembrava lunghissimo. Norah, come sempre, scese per prima e ci salutò
calorosamente. Poco dopo mi arrivò un messaggio sul cellulare ‘So che ci
sei rimasta male. Ma ti giuro che non me ne importa niente, e lo sai. Spero che
tu non ce l’abbia con me. Ti voglio bene! N.
’
Non ce l’avevo con lei. Non lo
aveva mica preso lei per mano. Sorrisi; era davvero un’amica. Non molte si
sarebbero prese la briga di mandare un messaggio per qualcosa che non aveva
fatto. Ero fortunata. Eravamo davanti a casa di Todd; scese lentamente dall’auto
e giurai di aver visto uno sguardo di sfida con il cugino appena prima di
chiudere lo sportello.
Il silenzio regnava adesso sovrano
nella macchina. Nessuno dei due parlava; sarebbe stato il momento più felice
della mia vita, se non fosse stato per quello che avevo appena
visto.
La macchina si fermò appena prima
della porta di casa mia. Aprii lo sportello mormorando un ‘grazie per il passaggio’
e lo richiusi sonoramente poco dopo. Mi sentivo stanca, non vedevo l’ora di
entrare in camera mia e buttarmi sul letto per piangere o semplicemente cercare
di dormire. Mi fermai sulla soglia di casa per cercare le chiavi nella borsa.
Era questo il momento in cui odiavo la mia praticità nel vestire. Non le avrei
mai trovate senza svuotare del tutto quella borsa
enorme.
<< Cercavi queste?
>> mi voltai. Aaron teneva in mano le mie chiavi facendole dondolare
sull’indice; impossibile confonderle.
<< Ridammele. >> dissi
con tono asciutto. Non avevo nessuna voglia di parlare con
lui.
<< No. >> disse,
ghignando appena << Perché tutta questa ostilità? Cosa ti ho fatto?
>>
<< Niente. Sono solo stanca.
Voglio entrare in casa. Posso riavere le chiavi per favore? >> dissi
tentando di riprenderle, ma lui era di molto più alto di me e non riuscivo a
raggiungerle.
<< Non dirmi che è solo per
quel piccolo gesto al ristorante. Ti facevo di larghi orizzonti
>>
<< Non è per quello.
Piantala e fammi entrare. >>
<< No. >> disse
ridendo << Avanti, so che la situazione ti piace >> disse
avvicinandosi pericolosamente. Ancora un po’ e non
avrei più risposto delle mie azioni; il mio cervello stava per andare in
vacanza.
<< Vai via. >> cercai
di dire, ma la voce tremava un po’. Non era possibile che stesse capitando a me.
Non era materialmente possibile. No.
<< No. >> ok, la
situazione continuava a piacermi ed irritarmi contemporaneamente. Odiavo essere
contraddetta. Poi, fece quello che non mi sarei mai aspettata che facesse. Si
avvicinò sempre di più, velocemente. Io ero paralizzata sul posto. Nonèpossibilenonèpossibile. Era un
sogno. Anzi, meglio di un sogno. Quel momento l’avevo sognato molte, troppe
volte. Ma questo era infinitamente meglio. Il mio primo vero bacio. Con Aaron. Era troppo anche
per me.
Sorrise appena, soddisfatto, e
mise le chiavi nel palmo della mia mano.
<< Buonanotte…. piccola
>> sussurrò al mio orecchio per poi scomparire con la sua auto nella
notte.
~
Entrai in casa con un sorriso
ebete in faccia. La casa era al buio, tutti ormai dormivano. Feci luce con il
display del telefono. Giunsi in camera mia, senza uccidermi salendo le scale. Mi
sdraiai sul letto fissando il soffitto e chiusi gli occhi. Immaginai me e Aaron
in un prato verde, con una grande casa sullo sfondo con un bambino identico a
lui. Riuscivo quasi a toccarlo. Il mio sogno personale, quasi realizzato. Avevo
ragione, non sarei stata in grado di dormire quella notte. Avevo solo in testa i
suoi occhi, il suo viso, il suo sapore. Mi importava solo quello,
adesso.
Ritardo
folle rispetto al solito…
Spero
che ne sia valsa la pena!
Grazie
a tutti quelli che hanno commentato, letto e aggiunto la storia ai
preferiti.
Un
solo appunto:
~
freeze ~ il cavallo
che aveva Todd nel primo capitolo non era suo, era di Amy. Forse il particolare
era sfuggito ^^
Appuntamento al prossimo
capitolo!
~ Arianna ~