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Autore: FreDrachen    15/11/2014    3 recensioni
SOSPESA
La vita scorreva lenta e noiosa per Nidafjoll,principessa della Terra del Sole. L'unico a capirla é la sua viverna, Ratatoskr con cui aveva stretto un legame eterno.
La vita di corte così assillante per la sua natura indomabile,viene scardinata dall'arrivo di San eroe di una guerra combattuta anni prima di cui la principessa è all'oscuro. L'uomo sembra l'unico disposto a darle spiegazioni alle strane visioni sulla Gilda degli Assassini, annientata cinquant'anni prima.
Gli eventi crolleranno quando Nida verrà a sapere di un'atroce verità su di sé e il suo passato che la trasformeranno dalla principessa indomita che era,in una guerriera pronta a tutto per ottenere vendetta.
Della sua rabbia e del suo rancore approfitteranno gli elfi per riconquistare il Mondo Emerso.
Forze millenarie determineranno le sorti del mondo.
Nida riuscirà a scegliere tra la dannazione e la salvezza del suo mondo?
[crossover Mondo Emerso/Ragazza Drago]
Dal prologo:
Dubhe brandì la spada e la trapassò da parte a parte. I suoi uomini la imitarono.
La Gilda degli Assassini aveva cessato di esistere portandosi con sé questa tremenda previsione. In elfico.
Il nostro tempo tornerà.
Genere: Dark, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dubhe, Nuovo personaggio, Rekla, San
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 5

Gedd

Scese la lunga scala a chiocciola che portava ai sotterranei.
Nida dovette fermarsi più volte per aggirare le guardie di turno.
Quando finalmente arrivò in prossimità della cella indicatale da Galaga, individuò subito tre maghi, dei quali uno, in particolare, era abbigliato come i Fratelli della Folgore .
Nida notò sua nonna, in piedi davanti alla barriera eretta dai maghi intorno alla cella dove era rinchiuso l’elfo. Sentì il dialogo tra i due acceso da una nota di odio da parte dell’elfo.
«Chi sei?».
Le rispose solo un respiro affannato. L’uomo la guardava fisso negli occhi con un odio profondo.
«Tacere non ha senso», proseguì Dubhe. «Sappiamo già molte cose di voi».
Il malato continuò a guardarla con lo stesso implacabile odio.
«Ad esempio sappiamo che sei un elfo. Sappiamo che ce ne sono altri come te nel Mondo Emerso, sappiamo che siete voi a portare la malattia».
Ancora silenzio ostinato.
Dubhe insistette. «Se anche non parli, il tuo corpo parla per te. Finirai dai sacerdoti, lo sai? Analizzeranno ogni centimetro della tua pelle, scaveranno in ognuna delle tue piaghe per capire come curare questo flagello. Non sarà piacevole. E, soprattutto, non potrai farci niente».
L’elfo sorrise spavaldo.
«Hai poco da ridere», aggiunse Dubhe. «Chi ti manda? Cosa volete?».
«Ordina pure che frughino tra i miei intestini», disse l’elfo. Parlava con un forte accento, e pronunciava ogni parola con disprezzo. «Tanto siete già tutti morti».
«Questo lo credi tu. Vi abbiamo scoperto in tempo».
L’elfo sogghignò. «Siete degli stupidi. E siete finiti. Come avrebbe dovuto essere secoli fa. Ma quei tempi torneranno».
La regina incalzò ancora. «Chi ti manda?».
L’elfo la guardò con sdegno, sussurrando: « Unsere Zeit kommt wieder », poi sputò a terra.
Dubhe digrignò i denti: «Chiamate il Supremo Officiante. Ditele che domani può venire qui e trovare le risposte che cerca. E non permettete a questo verme di ammazzarsi, è chiaro? Ci serve vivo». Si voltò per uscire. Nelle orecchie, quell’ultima frase che la fece precipitare negli oscuri meandri del passato.
Il nostro tempo sta per tornare.
Nida osservò la scena nascosta dietro una colonna, attenta a non farsi scoprire. Si stupì quando capì il significato delle parole dell’elfo.
Aspettò che sua nonna se ne fosse andata, per avvicinarsi furtivamente alle spalle dei maghi.
 «Geh schlafen!*» mormorò la ragazza. Un attimo dopo e tre corpi s’accasciarono a terra addormentati e la barriera scomparve.
Nida s’avvicinò, squadrando l’elfo.
Aveva la pelle bianchissima e diafana, coperta da un lieve sudore e segnata da orribili macchie nere. Le unghie erano rosse di sangue, così come il naso e le orecchie. Aveva capelli lunghi e verdi, raccolti in una morbida coda, orecchie appuntite e corporatura snella e filiforme. Sembrava assopito e respirava con difficoltà.
Nida gli si avvicinò e gli toccò una mano. A quel contatto l’elfo aprì gli occhi viola intenso. Nida si ritrasse per paura di vedere l’odio che aveva scorto in quegli occhi, fino a qualche attimo prima. Rimase sorpresa di non vederlo, anzi, nei suoi occhi lesse una leggera supplica. Nida si sentì trafitta da quello sguardo. Si abbassò e gli mormorò all’orecchio: «Non avere paura. Troverò il modo di salvarti». L’elfo parve tranquillizzarsi da quelle parole e richiuse gli occhi.
“Già, ma come?” pensò Nida.
Pensò istintivamente al libro nero.
«Torno subito» disse all’elfo assopito, pur sapendo che non l’avrebbe sentita.
Tornò pochi minuti dopo con il libro sottobraccio. Iniziò a sfogliarlo finché non trovò quello che stava cercando. Era una cartina della Casa, con un tunnel sotterraneo che la collegava ai sotterranei del palazzo. Dopo averlo scoperto, Nida l’aveva percorso, fino a sbucare in un corridoio pieno di porte con sopra un cartiglio con inciso nomi di vari tipi di Guardie, in elfico. Aveva scoperto, leggendo il Libro, che erano le cariche più importanti nella Gilda. Andò istintivamente alla porta con inciso “Guardia dei veleni”. Non appena ne varcò la soglia si ritrovò catapultata in un laboratorio da erborista. C’era un letto ampio, una cassapanca e un tavolo. In un angolo alambicchi e uno scaffale pieno di strani barattoli. Era abbandonato da tempo.
“È il posto giusto dove nasconderlo”.
Prima tentò di tirarlo su, ma scoprì che per lei era piuttosto pesante.
“Per trascinarlo fin là ci vorrà un’eternità”.
Poi le venne in mente un incantesimo che aveva appreso in una delle lezioni di Theana.
«Stellung**» mormorò, pensando intensamente alla stanza.
Aprì gli occhi e si mise subito all’opera.
Con tutta la delicatezza possibile, issò sul letto l’elfo privo di sensi. Ora non restava che cercare un antidoto per contrastare il Morbo.
Per un secondo pensò all’elfo come un nemico, ma scacciò quel pensiero. “Si fida di me”.
Aveva sentito parlare dell’immunità delle ninfe a quel malanno. Andò spedita verso lo scaffale, dove trovò una serie di boccette, tutte etichettate.
Trovò subito il sangue di ninfa in una boccetta piena fino a metà.
“Mi basterà”.
Poi pensò ai vari sintomi tipici del Morbo, quindi si concentrò a cercare le varie erbe capaci a contrastarli.
“Ecco che la mia anima di botanico viene a galla”.
Le era sempre piaciuto studiare i vari tipi di erbe, però doveva studiare di nascosto, perché sua nonna gliene aveva proibito la pratica, così come quella della magia.
Cercò un contenitore e si mise a mescolare i vari ingredienti. Sangue di ninfa, digitale, drosera, belladonna e un pizzico di foglia viola. Aveva letto, su un libro, che sia la belladonna, sia la foglia viola, se assunte in quantità massicce, potevano diventare un veleno.
Quando ebbe finito, pregò che fosse sufficiente. Tirò su il corpo dell’elfo, perché poggiasse la schiena contro la parete. L’elfo socchiuse lievemente gli occhi.
«Bevi. Ti farà bene», gli sussurrò Nida dolcemente. Accostò alle sue labbra la ciotolina, contenente l’antidoto. Glielo fece bere, lentamente, e ne caddero solo poche gocce.
Dopo aver finito, lo fece sdraiare e rimase un po’ a contemplarlo. Il suo respiro si era fatto più regolare e sembrava dormisse tranquillo. Decise di tornare nella sua stanza.
Chiuse dietro di sé l’uscio, ripercorse a ritroso il tunnel e si dislocò in camera sua. Era quasi l’alba e, sapeva, che l’avrebbero chiamata di lì a poco. Così chiuse a chiave la porta e sprofondò nel sonno.
                                                                                  ***
Era in una palestra piena di gente che si stava allenando con qualsiasi tipo di armi. Notò  una piccola stanza, un po’ discosta, con una porta socchiusa, da cui proveniva un rumore di spade. Nida scostò la porta e li vide. Una ragazza sui vent’anni, riccia e bionda, che s’avventava contro un uomo muscoloso, con il torso nudo, che, semplicemente, si limitava a parare le scoccate.
La ragazza perse l’equilibrio, cadde a terra e si ritrovò la lama avversaria a un millimetro dalla sua gola. «Sei troppo lenta», l’apostrofò l’uomo. La ragazza lo guardò con odio, poi si tirò su. Ora che la vedeva con chiarezza in viso, poté ricollegarla  alla donna dei quadri. L’uomo intercettò il suo sguardo. Sorrise.
«Se continuerai così, anche se sei la favorita di Sua Eccellenza, anche se sei la nipote di Aster, non riceverai mai l’incarico. Sono io a decidere se sei pronta o meno. Perciò non osare  più mancarmi di rispetto».
La ragazza fu tentata a controbattere, ma si limitò a mordersi il labbro inferiore e a stringere la mano a pugno. Stavano per riprendere l’allenamento, quando arrivò una donna, una sacerdotessa, a giudicare dall’abbigliamento, una lunga tunica rossa con dei fregi neri, stretta in vita da una cintura argentata. Aveva occhi azzurri, glaciali ed era rasata. S’inchinò davanti all’uomo.«Sua Eccellenza richiede la presenza della vostra allieva nel suo studio. Immediatamente».
L’uomo borbottò, infastidito dall’interruzione.«Potete andare».
Rekla seguì la donna fino allo studio della Suprema Guardia. Entrarono, incrociarono le braccia e si portarono i pugni al petto. L’uomo rispose al saluto.
«Potete andare» disse, rivolto alla sacerdotessa.
«Per quale motivo mi avete convocata?», domandò Rekla non appena furono soli.
 «Ho un importante incarico da affidarti».
Rekla lo guardò, stupita. Fino a pochi attimi fa credeva che non sarebbe mai arrivato.
 «Ma prima voglio presentarti una persona».
Detto questo, la condusse nella navata principale del Tempio, dove li attendeva una persona, che, notandoli, andò loro incontro. Era un ragazzo alto e robusto, con i capelli biondi quasi bianchi e occhi chiarissimi. Indossava un giustacuore in cuoio, una casacca nera e un paio di brache dello stesso colore. Sorrise. Il tempo parve fermarsi per Rekla, davanti a quel sorriso.
 «Rekla, voglio presentarti Dohor, sovrano della Terra del Sole e nostro nuovo alleato».
« È un piacere conoscere la nipote di una figura famosa come Aster».
La ragazza si riscosse davanti alla mano tesa di Dohor. Voleva rispondere al saluto, ma non trovava le parole. Per cui si limitò a un sobrio:«Lieta di fare la vostra conoscenza».
«Bene, ora che vi siete conosciuti, ti dirò quale sarà il tuo compito».
«Potrei dirglielo io?»lo interruppe Dohor.
«Prego».
Il ragazzo prese fiato. Doveva trattarsi di un discorso abbastanza lungo.
«Come sapete, sono diventato sovrano e vostro alleato qualche mese fa. Fin da bambino, ho sempre avuto il sogno di poter avere il controllo assoluto su tutte le otto terre del Mondo Emerso. E ora che sono re ho la possibilità di farlo. Ho progettato di conquistare la Terra del Fuoco tra, più o meno, una settimana. Non so se avete sentito le voci che Ido e Aires hanno messo in circolo, per cercare di screditarmi, rivelando la nostra alleanza… Ecco, qui entri in gioco tu», disse, rivolto alla ragazza.
 «Cioè?».
«Yeshol mi ha detto che sei promettente, la più silenziosa. Ho bisogno di te per assassinare la Regina Aires».
Rekla strabuzzò gli occhi. Era un incarico che andava ben oltre la sua portata.
«Non so… ecco… se ne sarei capace», borbottò.
«Ce la puoi fare», disse con determinazione Yeshol.
Alla fine Rekla sospirò. «Quando si parte?».
«Domani. Usa il tunnel che collega la Casa e il palazzo a Makrat. Tieni», disse,  porgendole un vestito rosso fuoco di fattura semplice. «Quando saremo là, non potrai andare in giro vestita da assassina».
Rekla annuì.
«E comunque», continuò il giovane re, «durante la missione sarai mia sorella e diremo che mia moglie non è potuta venire, per questioni importanti».
Rekla annuì di nuovo, con una scusa lasciò i due uomini, e si recò nella sua stanza. Non riusciva a crederci, eppure eccolo lì. L’incarico a lungo desiderato. Uccidere la regina Aires. Non aveva pensato così in grande quando fantasticava su esso. Poi, però ebbe una folgorazione. Le guardie. Come avrebbe fatto ad aggirarle?
Fu come ricevere un’illuminazione.
Andò spedita nella sala delle Piscine, e si fermò vicino al piede destro dell’enorme statua di Thenaar che incombeva su di esse. Lì abbassò un porta-fiaccola e si aprì una porta che portava agli alloggi delle Guardie. Si fermò solo quando trovò ciò che cercava. L’alloggio della Guardia dei Veleni, un uomo basso e tarchiato, con un aspetto inquietante che le ricordava suo padre, morto qualche anno prima, per mano sua. Per fortuna era fuori dalla Casa per portare a termine una missione. Rekla si fermò davanti alla porta d’ebano.
« Aufmachen!***», mormorò, e la porta si aprì, con un cigolio. Si ritrovò in una stanza ampia con un letto, un tavolo colmo di libri di Magia Proibita e uno scaffale pieno di boccette. “Assomiglia alla stanza dove ho nascosto Gedd”, pensò Nida, che non si era persa una sola mossa di Rekla. Vide la ragazza trafficare con i barattoli, richiudersi dietro la porta con aria soddisfatta e raggiungere il centro della stanza.
                                                                             ***
Nida si svegliò di soprassalto. Aveva sognato. Di nuovo. Non sapeva cosa significassero quelle immagini, ma soprattutto, cosa avevano a che fare con lei. Domande su domande a cui non riusciva a trovare una risposta.
 
Scelse la notte. Era l’idea più sensata. Subito dopo cena, Nida si produsse in convincenti e fragorosi sbadigli, quindi annunciò ai suoi genitori e ai suoi nonni che andava a letto. E così fece, ma rimase sveglia, in allerta.
Quando fu sicura che tutti fossero a letto e che le guardie fossero lontane, sgattaiolò fuori dalla sua stanza e corse in cucina, dove prese un po’ di pane nero, carne secca e una brocca di acqua.
 « Stellung », mormorò, e si trovò nella stanza dove l’aveva nascosto.
L’elfo sembrava stare meglio. Aveva smesso di perdere sangue e sembrava meno pallido del giorno precedente. Nida lo contemplò al lungo. Aveva caratteri filiformi ed eleganti e dimostrava, si e no, venticinque anni. Gli si sedette accanto. L’elfo aprì gli occhi e li richiuse infastidito dalla luce delle fiaccole appese al muro.
«Ti danno fastidio? Vuoi che le spenga?», domandò Nida, con tono preoccupato.
«No,no. Ora mi abituo»sussurrò l’elfo.
Detto questo, provò a mettersi seduto con scarsi risultati. Nida lo agguantò per le spalle e lo costrinse a letto.
«Sei debole, adesso. Così rischi di peggiorare le cose», disse. «Ti ho portato del cibo e dell’acqua», aggiunse poi.
L’elfo divorò tutto e in fretta. Sembrava che non mangiasse da giorni.
«Chi sei?», le chiese quando ebbe finito, con un forte accento.
«La tua salvatrice. Mi chiamo Nidafjoll», gli rispose, porgendogli la mano.
«Io sono Gedd».
Nida vide nei suoi occhi sospetto, ma non se ne curò.
«Dove siamo?», domandò Gedd, guardandosi attorno.
«Nel sottosuolo di Nuova Enawar, nella Grande Terra. Al sicuro, se lo vuoi sapere», poi aggiunse: «Come ti senti?».
«Bene. Perché, come mi dovrei sentire?».
«Come uno scampato dal morbo». Gli raccontò tutto, di come l’avesse portato via dalla cella nei sotterranei e di come l’avesse curato.
L’elfo rimase in silenzio, perso nei suoi pensieri. Quando Nida ebbe finito, tra loro calò un silenzio tombale. A romperlo fu Gedd. «Perché mi dovrei fidare di te? Per colpa di quelli come te ho rischiato di morire».
A queste parole, Nida si infuriò tantissimo. «È questo il tuo ringraziamento per averti salvato la vita? Come puoi pensare una cosa simile dopo tutti i rischi che ho corso?». Anche quando notò il viso perplesso di Gedd, continuò: «Se mi avessero scoperto, anche se sono la principessa, mi avrebbero punito. Ma ho sorvolato su ciò che sei e ti ho salvato. E questo è il tuo ringraziamento. Mi sa che ho fatto male a salvarti».
Detto questo, Nida si volse dall’altra parte, e prima che si potesse alzare, la mano segnata da profonde macchie nere di Gedd strinse la sua.
«Scusa. Non volevo offenderti. E’ che ero scosso, per quello che è successo. Mi perdoni?».
Nida lo guardò con un mezzo sorrisetto. « Ich vergebe dir****». Notando l’espressione stupita di Gedd, scoppiò a ridere: «Ho studiato un po’ di elfico». Mentiva. Non l’aveva mai studiato, le veniva naturale parlarlo, e la cosa la inquietava un po’.
«Per ora starai qui finché non avrai recuperato le forze. Ti porterò cibo tutti i giorni. Intanto cercherò un modo per farti tornare dai tuoi simili».
Girò sui tacchi, ma appena appoggiò la mano sul pomello sentì un sussurro dietro di lei.
«Grazie».
Nida si girò e gli sorrise.
Si dislocò nella sua stanza, si buttò direttamente sul letto vestita e si addormentò all’istante.
 
* addormentatevi
** dislocazione
***apriti
****ti  perdono









Angolo autrice:ciau a tutti :D
Eccomi con un nuovo capitolo!
Abbiamo fatto conoscenza di un nuovo personaggio(lo avete riconosciuto?è una comparsa del "Il destino di Adhara" XD)
E abbiamo assistito a un nuovo pezzo del sogno...che ne pensate?
Ringrazio tutti voi che segute la storia...questo è molto importante per me :')
A presto <3

Drachen
   
 
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