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Autore: sheeranshobbit    16/11/2014    1 recensioni
"Quello era il giorno. Me l'ero ripetuto mentre salutavo mia madre che mi faceva le ultime raccomandazioni. Me l'ero ripetuto mentre mio padre mi ricordava di chiamare come minimo tre volte al giorno perché altrimenti si sarebbero preoccupati. Me l'ero ripetuto mentre aprivo la porta di casa per l'ultima volta, lasciando le mie chiavi sul comò dell'ingresso, perché tanto non mi sarebbero servite per un po'. Me l'ero ripetuto mentre afferravo il manico delle mie due valigie, zaino in spalla e Canon al collo, e mi dirigevo verso il taxi bianco che mi avrebbe accompagnata, perché i miei genitori dovevano lavorare."
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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        New York
 


Siamo entrambi d'accordo sul fatto che Lynch e Morris non debbano sapere niente di tutta questa faccenda, servirebbe solo a peggiorare le cose. Così lavoriamo buona parte della mattina per raccogliere i vetri rotti sparpagliati per il giardino, prima che quei due rientrino in casa.
Ed si è calmato e ha detto che porterà la macchina dal meccanico appena finiamo di sistemare, coprendo la storia con la scusa di ritiro per divieto di sosta.
Vado in cucina e prendo scopa e paletta da dietro il frigorifero, poi mi fermo a guardare la figura del rosso fuori dalla porta. La sua andatura ciondolante mi fa tornare in mentre la ferita sulla sua gamba e non posso fare a meno di sentirmi in colpa per tutto quello che sta succedendo. Non riesco più a vederlo solo come il delinquente che credevo fosse, ma rimane un interrogativo senza risposta. Cosa ci faceva Ed con gente come Vince? Posso fidarmi di lui ora?
 
Ormai è passata l'una e il mio stomaco brontola parecchio. Dei due uomini di casa ancora non c'è traccia, così io e Ed decidiamo di camminare fino al Mc Donald's più vicino per mettere qualcosa sotto i denti, dato che in frigorifero c’è solo uno yogurt scaduto e qualche barretta di cioccolato. Lasciamo sul tavolo un biglietto ricco di offese colorite riguardanti il ritardo di Lynch e Morris, poi ci incamminiamo.
L'aria è carica di umidità e un nebbiolina leggera mi picchietta la faccia di goccioline, ma si sta relativamente bene. Osservo Ed, ciuffo scompigliato e occhi persi in chissà quale angolo del mondo.
-Cosa ci facevi con gente come Vince?
Lo guardo mentre tossicchia imbarazzato e contrae la mascella.
-Niente..
-Insomma, tu non dai l'impressione di essere una persona cattiva, non come lui almeno..- insisto, mentre cerco di non inciampare sui sassi sconnessi della stradina. -Ci deve essere qualcosa che ti ha spinto ad unirti a loro.
-Tu non mi conosci- ribatte secco. Il tono amichevole di poco prima ha lasciato posto a quello sfacciato. Questa risposta dovrebbe mettermi a tacere, invece mi spinge solo a volerne sapere di più.
-Ti conosco abbastanza da sapere che sei migliore di loro.
-Chi te lo dice?
-Lo dico io.
Ridacchia nervosamente.
-Non mi conosci.. Non sono migliore di nessuno.
La sua espressione è chiara: non sta elemosinando complimenti o fingendosi umile. Lui lo pensa davvero.
-Siete diversi, Ed. Se ne renderebbe conto anche un bambino!
-Cat, smettila.
Lo sto esasperando, ne sono consapevole, ma non posso lasciare che anneghi nella sua infondata convinzione. Lui è migliore di così, non deve abbassarsi al loro livello solo perché fino a questo momento ha sempre pensato di non meritarsi niente di meglio.
-No, non la smetto. Apri gli occhi, rosso! Vince è un bastardo, ti sfrutta perché sa che può farlo.
-Vince non mi sfrutta!- sbotta lui, con un tono di voce più alto di quello che mi sarei aspettata. Una vecchietta con un foulard rosa sulle spalle borbotta qualcosa sul rispetto, mentre lancia un'occhiataccia al rosso, poi prosegue per la stradina. Un leggero venticello si alza e mi pento di aver indossato solo un paio di pantaloncini corti e una misera canottiera.
-Vince non mi sfrutta- ripete, con più calma. -E poi deve partire per New York entro Sabato per non so quali affari di famiglia. Almeno avremo un po' di pace per qualche giorno.
Sono scioccata.
-Cioè, aspetta.. Fammi capire. Tu.. Tu non vuoi reagire? Hai intenzione passare sopra a tutto?
-Sai com'è fatto Vince, non posso farci niente.
-Edward..
-Cat, basta. Lui sarà a New York e noi qui, non c'è niente di cui preoccuparsi. E nel frattempo penserò a qualcosa, ma sono affari miei..
Scuoto la testa e riprendiamo a camminare in silenzio.
-Rimani uno dei suoi burattini anche se lui è a New York. Te ne rendi conto, vero?
Io e la mia maledetta abitudine di pensare ad alta voce. Conta fino a dieci Cat, conta fino a dieci e poi parla.
Il rosso si ferma di colpo mentre un brivido mi percorre dalla punta dei piedi fino ai capelli. Siamo in un vicolo isolato, non molto lontani dal centro, ma comunque isolati. Io e lui. Nessuno nelle vicinanze. Se mi uccide ti ho voluto bene, mondo. Forse esagero, dove metterebbe il cadavere in pieno giorno?
Ed fa qualche passo verso di me mentre chiude le mani a pugno. Chiudo gli occhi, aspettandomi il peggio, quando una superficie calda mi solletica la pelle. Li riapro velocemente, appena in tempo per vedere il rosso che finisce di sistemarmi la sua calda felpa sulle spalle, per poi girarsi e riprendere a camminare. Io rimango li, incapace di muovermi, mentre mi crogiolo nel nuovo tepore che la felpa mi sta donando. Riesco a distinguere il suo profumo e mi lascio rapire dalla sua perfezione finché, finalmente, non mi viene in mente qualcosa di intelligente da dire.
Affretto il passo dietro Ed, che ormai è un paio di metri davanti a me.
-Ehm, grazie..
-Ho notato che avevi freddo.
Ridacchio imbarazzata, mentre il silenzio cala nuovamente. Il rumore dei nostri passi strascicati riecheggia per tutto il vicolo mentre il leggero venticello comincia a farsi più violento. Mi stringo nella felpa, accolta da un vortice del suo profumo. Sto perdendo la testa. Ed mi guarda e sorride.
-Mandi segnali contrastanti..
Lo guardo stupita.
-Cosa?
-Sembra che mi odi, anzi, sono più che convinto che tu mi odi. Però allo stesso tempo ti raggomitoli nella mia felpa come se fosse quella di Leonardo di Caprio. 
-Non ti odio.
Svoltiamo l'angolo e, finalmente, ci ritroviamo davanti al Mc Donald's, mentre il mio stomaco brontola in segno di approvazione.
-Io credo di si, invece.
-Ti dico di no.
Ed mi guarda, poi con un gesto improvviso mi avvicina a lui, tenendomi una mano calda sulla schiena. Siamo a pochi centimetri di distanza, i miei occhi piantati nei suoi, quasi grigi sotto la luce spenta del cielo.
-Dimostramelo- dice, con quel sorrisetto impertinente stampato sulla faccia. Sorrido a mia volta, mentre mi avvicino ulteriormente a lui. Vuole giocare? E allora giochiamo.
-Non oggi, amico- dico in un soffio, a pochi millimetri dal suo orecchio. Indugio qualche secondo sui suoi occhi e quando sento le vibrazioni del suo petto a contatto con la mia mano mentre ride, mi allontano.
 
Un clacson improvviso che suona esattamente alle nostre spalle mi fa sobbalzare.
-Ehi voi due!
Mi giro e la testa bionda di Morris sbuca dal finestrino.
-Cosa ci fate qui?
Sto pregando con tutte le mie forze che non abbiano assistito all'imbarazzante scenetta di poco fa.
-Abbiamo pensato di venire a mangiare qualcosa al Mc Donald's, dato che voi non vi facevate più vivi- dice scocciato Ed, ma Lynch e Morris sembrano assorti in un loro mondo separato.
-Sono felice per voi- ci liquida Lynch, con un tono di voce squillante e allegro, cosa abbastanza rara per mio cugino. Mi giro a guardare Ed, che però ha la mia stessa espressione confusa.
-Cosa..-
-Veloci, Ed prendi la macchina e raggiungeteci a casa. Abbiamo una grandiosa notizia!- mi interrompe Morris, sventolando il cappello rosso fuori dal finestrino mentre Lynch riparte sgommando.
-Ma..
-Noi non abbiamo una macchina..- conclude Ed al posto mio.
 
Dopo un'altro quarto d'ora abbondante di camminata, finalmente arriviamo a casa, esausti e ancora a digiuno. Non appena apro la porta un insieme di voci mi invade la testa.
-Chica mia, quanto tempo!- urla Mars, non appena metto piede in salotto. Nel giro di pochi secondi mi trovo strizzata tra le sue braccia.
-Andiamo, lasciala viva che è ancora giovane- sospira Mike mentre si alza dal divano per venirmi in contro.
-Mi siete mancati!- dico ridendo, mentre mi stacco da Mars e mi siedo su un divanetto, seguita da Ed.
-Ma non vi odiavate voi due?- sbuffa Lynch, indicandomi. Solo ora mi rendo conto di avere ancora addosso la felpa del rosso. Merda.
-E lo facciamo tutt'ora- ridacchia Ed, facendomi l'occhiolino mentre mi circonda con un braccio. Esiste un modo per scomparire dalla faccia della terra? Perché vorrei conoscerlo proprio ora.
-Mh vabhe. Allora, la grande notizia- riprende noncurante mio cugino.
-Abbiamo parlato con alcuni organizzatori, ci hanno detto che apprezzano quello che stiamo facendo e che ci hanno sentito suonare al Red Lion, sono rimasti molto impressionati e..
-I RED LIONS VANNO A NEW YORK!- urla Morris, facendo sobbalzare tutti i presenti. Mio cugino gli lancia un'occhiataccia.
-Non mi tenevo più- si scusa il biondo, ridendo.
L'esplosione di gioia invade la stanza, mentre io già mi immagino la nostra band di sbandati per le strade di New York, finché non mi accorgo dello sguardo preoccupato di Ed puntato nei miei occhi. E’ li che collego.
Stiamo andando da Vince.
      -Be’, io credo che andrò in camera mia, sono.. molto stanco- indugia Ed, guardandomi preoccupato.
Una volta uscito, tutti gli sguardi sono puntati su di me.
-Ehm..
-Non posso lasciarvi soli un minuto eh?- scherza mio cugino. Rido imbarazzata, perché non avrei comunque niente di meglio da rispondere.
-Credo che lo seguirò, sono molto stanca anche io- dico, sottolineando il tutto con uno sbadiglio mal riuscito. So di non aver convinto nessuno, ma sgattaiolo comunque fuori dalla sala, cogliendo all’ultimo le parole di Morris: “certo che sono strani quei due” seguite da uno shh generale.
Non faccio in tempo a svoltare l’angolo che Ed mi afferra per un braccio, dicendomi di fare silenzio mentre mi fa uscire dalla porta sul retro della cucina.
-Questo è un bel problema! Questo è un gran bel problema..-sussurra.
-New York è grande, Ed. Non lo incontreremo.
-Lui lo sa.
-Sa cosa?
-Lo verrà a sapere di sicuro. Non saremo noi a incontrare lui, sarà lui a cercare noi.
Quelle ultime parole mi fanno venire i brividi. Infilo le mani nelle tasche della felpa di Ed, mentre mi mordo un labbro. Immagino che mantenere la calma sia la cosa migliore da fare, anche perché non vedo molte alternative. Ed è già abbastanza agitato per tutti e due.
-Non devi dire niente a nessuno, non lo verrà a sapere.
-Ti ho cacciato io in questo casino- dice, guardando verso il basso. Non voglio che si senta in colpa per cose che non ha fatto. Alza la testa e i nostri occhi si incontrano, mentre io abbozzo un sorriso.
-Non è colpa tua- lo rassicuro, appoggiandogli una mano sul braccio.
Lui sorride a sua volta.
-Ti sta dannatamente bene il verde- dice, mentre sulla mia faccia si dipinge un sorriso idiota.
Cosa mi sta succedendo?

 
Chiedo umilmente scusa per questo mega iper ritardo. Molte di voi probabilmente mi avranno data per dispersa, uccisa dagli orsi polari, insomma, mi dispiace davvero tantissimo. Questo capitolo è stato un vero e proprio parto. Prima non avevo idee, poi quando mi sono venute non mi piaceva mai quello che scrivevo, poi ci si è messa anche la scuola che occupa la maggior parte del mio tempo. Insomma, sono un disastro. La prossima volta che ci metto così tanto ad aggiornare siete autorizzate a scrivermi messaggi minatori nella casella postale, così magari mi sveglio. 
Ringrazio tutti quelli che avevano riposto un minimo delle loro speranze in me, credendo al mio ritorno, davvero vi adoro! 
Come dicevo prima è un capitolo insipido, ma spero che il prossimo vi ripaghi :) 
Detto questo mi dileguo, e come sempre dico che mi farebbe molto piacere un vostro parere dalle recensioni. 
A presto, un bacio, Annie :)

 
  
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