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Autore: crisalide    27/10/2008    1 recensioni
Solo il vento freddo dell’inverno che artiglia la pelle nuda. Da sollievo, il vento che trasporta i lamenti. Che porta il freddo abbraccio del gelo, dove echeggiano solo i ricordi della morte
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CRISALIDE

CRISALIDE

Ha dimenticato qualcosa, questa primavera.

L’ha lasciato in un angolo e dimenticato, come una leggera cartaccia trasportata dal vento.

Mani pallide e fredde che hanno lasciato un sentiero di dolore sul vetro ghiacciato delle finestre.

Sospiri che lasciano il segno, esili gocce d’acqua che comunque prima o poi se ne andranno.

Scivoleranno sopra la superficie fredda e si disperderanno nell’aria.

Evanescenza di ricordi, evanescenza di emozioni.

Quando il buio e la pioggia si uniscono per rendere perfette le notti, indimenticabili.

Freddi sospiri che si insinuano tra le vie, che rubano sogni, che fanno rivivere le anime crepate; fievole sollievo, una momentanea ricucitura che non terrà poi molto.

Ma non importa.

La nebbia scende e copre, nasconde. I piccoli bambini perduti udiranno la sua triste canzone.

La seguiranno, bambole prive di qualsiasi volontà che non sia seguirla e perdersi, perdersi e non ritornare mai più. Diventeranno grandi, questi bambini.

E allora seguiranno ancora la nebbia?

Le fredde lacrime escono e dipingono il manichino, forse riusciranno a dargli vita. Un senso alla vita, forse? Contorni ad un’anima che riceve soltanto, sanguina ma non del suo sangue.

Perché in lei esiste solo l’involucro, il resto è esterno e sconosciuto.

Tatuaggi impressi nella mente che danno una parvenza di vita. La loro vita.

Burattino manovrato dai fili del mondo.

Bambola colorata da mani bendate, cieche.

Foglie morte trasportate dal vento che le schiaccia.

Anima violentata dal mondo, puttana mediocre dopo infiniti orgasmi.

È nata morta dentro, questa maschera.

E con il passare del tempo si è coperta di nastri di velluto, ha cercato le nuvole cariche di pioggia con i suoi occhi vuoti per vivere.

Per piangere la pioggia. Messaggeri neri come i corvi.

Croci rovesciate in una stanza buia e opprimente.

Ricerca disperata del calore che sembra essere l’unica protezione e il balsamo che cura la tua anima quando il freddo ricorda quanto sei morto. Quanto la tua stessa anima non ti appartiene.

Bisogno del sonno che interrompe la coscienza.

Troppi nastri di pelle morta che ricordano l’inconsistenza della tua volontà, solo momentanee sensazioni di appagamento e di piacere, passione oscura che si rivela nel sangue.

Occhi otturati dalla realtà che non vedono più niente.

Che non riescono più a sognare.

Ma in fondo non è così indispensabile sognare.

Solo il vento freddo dell’inverno che artiglia la pelle nuda. Da sollievo, il vento che trasporta i lamenti. Che porta il freddo abbraccio del gelo, dove echeggiano solo i ricordi della morte.

Dell’ eternità non c’è bisogno.

Basta questa notte, a portare piano piano verso la meta i perduti.

Urla di stelle cadute che portano la loro triste esistenza sotto i rami degli alberi spogli.

Mille gocce, si infrangono sui loro corpi: l’acqua sarà la loro tomba.

E con calma assisto a tutto questo, insetto gelato e morto dentro la propria crisalide.

Crisalide vuota piena di freddo.

Abbandonata dalla farfalla che non è riuscita a nascere.

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