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Autore: ermete    17/11/2014    3 recensioni
Questa sarà una raccolta di diversi tipi di flash fic: le prime 3 sono reaction-fic alla terza stagione, mentre le altre saranno storielle scemine ispiratemi da gif e fanart varie. Sarà spessissimo presente il tema degli animali (Sherlock gatto per la maggiore XD). Accetto eventuali prompt! Nel capitolo 1 sposterò l'indice :3
Note: johnlock e tomcroft forever
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Sherlock è un nome da femmina




Alla fine era tornato tutto alla normalità. Sempre che la vita di Sherlock Holmes e John Watson possa definirsi normale, ovviamente. Sì, perché dopo il ritorno di Sherlock, la faccenda di Magnussen, il forzato matrimonio e l’altrettanto inevitabile divorzio di John e Mary, l’emulatore di Moriarty e la finta gravidanza dell’ex signora Watson, inseguire i criminali per le vie e per i tetti di Londra era la tanto agognata normalità per l’unico consulente investigativo al mondo e il suo fedele aiutante.

Non che l’atmosfera fosse del tutto tranquilla, non ancora. Troppe cose erano successe per chiudere definitivamente quei lunghi e difficili capitoli ed iniziarne uno nuovo senza che gli strascichi di quanto accaduto li influenzasse.

Ed è per questo che, all’ennesima dimostrazione di parkour su e giù per le scale di emergenza e per i tetti dei palazzi, il cuore di John si ferma prima di pompare sangue a sufficienza per liberare nell’aria un urlo udibile nonostante l’inquinamento acustico presente nel centro di Londra.

“SHERLOCK!”

E Sherlock inchioda a tre metri dal perimetro esterno dell’ennesimo tetto che stava per saltare, che sì, forse era un po’ troppo distante da quello successivo. Inchioda e i tre metri di distanza gli danno il tempo sia per frenare la corsa a due passi dal ciglio del palazzo, sia per capire e decidere che non gli importa di quello spacciatore, che lo inseguirà un altro giorno, che starà nascosto per qualche giorno prima di vendere nuovamente la propria merce, che, in quel momento, John è più importante di qualsiasi altra cosa.

“John” si gira verso il dottore e, in caso ce ne sia ulteriore bisogno, si sposta ulteriormente dal bordo del tetto. Non sa cosa dire, non sa come affrontare quella paura che attanaglia il cervello e il cuore del suo buon dottore. Gli hanno puntato la pistola addosso più volte dopo che Mary che gli ha sparato, eppure la reazione di John di fronte alle pistole non è neanche paragonabile all’effetto che gli fa vederlo vicino ad una grande altezza.

John lo raggiunge dopo aver ripreso fiato e lo colpisce non troppo forte da farlo sanguinare, ma abbastanza da fargli bruciare la guancia e lui stesso non può fare a meno di notare di aver mancato, inconsciamente ma non troppo, naso e denti. E quella realizzazione lo fa sedere a terra, piedi a martello, ginocchia piegate e testa nascosta tra di esse.

Sherlock apre la bocca, ma non dice nulla. Si guarda attorno, come alla ricerca di un aiuto che sicuramente non arriverà dato che si trovano su un tetto, e dopo essersi arreso all’evidenza, si china e si siede accanto a John. Lo osserva e ascolta il suo silenzio prima di alzare il braccio destro sulla sua schiena e strofinarla nel tentativo di essere rassicurante: non sa se ha raggiunto il suo scopo, ma nel dubbio è pronto a schivare un altro eventuale pugno.

“Sherlock” inspira John, ancora nascosto nella sua nicchia che gli depriva un sufficiente quantitativo d’aria da evitargli un attacco di panico “Dobbiamo per forza seguirli sui tetti i criminali? Non possiamo farlo per strada?”

“John, se i criminali salgono sui tetti come possiamo seguirli per strada?”

John ride: certo, non fa una piega. “Capisci quello che ti sto chiedendo?”

“Certo, non sono stupido.”

“Allora perché mi rispondi in quel modo!” sbotta John, riemergendo dal proprio nascondiglio.

“Ti ho risposto razionalmente, John” inspira Sherlock “Io so rispondere solo così.”

John lo guarda a fondo e pensa che non è vero. Pensa che non è vero perché ha visto come si era rivolto a lui sulla pista di decollo, accanto all’aereo che li avrebbe nuovamente divisi, probabilmente per sempre. Ha visto con che occhi l’ha guardato e ha letto pure tra le righe di quel Sherlock è un nome da femmina.

“Sherlock” deglutisce John, allora, in cerca di quel coraggio che, dopo avergli fatto fare trenta, gli faccia fare anche trentuno “C’è qualcosa che io possa fare o dire affinché tu decida di non rischiare più la tua vita con leggerezza?”

“John, io…” Sherlock sa che dovrebbe allontanarsi un poco da John, almeno qualche centimetro, ma non riesce a farlo. Perché sa che la risposta che sta per dare potrebbe compromettere definitivamente quel briciolo di speranza che lo lega a lui in modo speciale. Quindi gli sta vicino finché può, almeno finché John non lo caccerà via “…io darò la caccia ai criminali finché avrò gambe per correre. Fa parte di me, scusami.”

John annuisce e, contrariamente a quanto pensava Sherlock, invece di allontanarsi slitta un poco verso di lui, finendo quasi tra le sue braccia “Questo lo so e io ti aiuterò finché potrò farlo, ma quello che intendo è…” alza lo sguardo verso l’alto, poi lo riabbassa sui tetti che si stagliano loro di fronte “…i tetti Sherlock. Io ti ho visto cadere e di notte sogno ancora quel momento. Tu… noi, daremo la caccia ai criminali, ma ti prego, pensaci due volte prima di saltare da un tetto. Ti prego.”

“John…” Sherlock sospira per quella vicinanza e non può che annuire, seppur distrattamente, alla sua richiesta “Cercherò di evitare i tetti.”

John sorride ed è divertito dalle guance di Sherlock che, da bianche lattee, diventano rosse come il più buono dei vini. E decide che probabilmente è il momento. Lassù, su quel tetto, dove gli occhi di Sherlock sono languidi e fissi sulle sue labbra perché mai sono stati così vicini “Sai. Penso che mi sarei battuto per chiamarla Sherley, se fosse realmente esistita.”

“D-davvero?”

“Sarebbe stato il mio modo di dirti ‘Anche io’.”

Sherlock sbatte le sopracciglia più volte, senza controllo “L’avevi capito.”

“Non sono stupido, sai?”

Sherlock scuote diligentemente il capo e si morde l’interno delle labbra, imbarazzato.

È in quel momento che John allunga il collo e salva le labbra di Sherlock da quel piccolo supplizio impegnandole con le proprie, imponendosi in quel bacio in apparenza spavaldo che nasconde in realtà gli ultimi bricioli di insicurezza.

Sherlock mugola per la sorpresa e si adatta al ritmo imposto da John anche se, a differenza sua, non riesce a mascherare quanto sia impacciato di fronte a quella magnifica e inaspettata sorpresa.

“John” dice poi, Sherlock, con un fil di voce “Mi tremano le gambe ora.”

John sorride e, dopo essersi alzato, offre il proprio aiuto a Sherlock “Vorrà dire che ti terrò la mano mentre scendiamo. E anche mentre torniamo a casa. E mentre saliamo le scale. E mentre…”

Sherlock si alza con l’aiuto della mano di John e interrompe la sua lunga lista spalancando la bocca incredulo “Sicuro?”

John intreccia le dita delle loro mani e sa che, ormai, di risposta ce n’è una sola “Sherlock è un nome da femmina.”

E Sherlock, che stringe la mano di John così forte da rischiare di fargli male, non può che annuire a sua volta “Anche io.”
 
   
 
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